Originariamente inviata da Atlas
milo, non è irraggiungibile, ma lo diventa se catastrofizzi così.
La tua è una fantasia come ti hanno detto.
REALTA':
Siamo d'accordo che la passo a prendere per 19e30, prendo la mia vecchia decappotabile abbasso il tettino che si incastra bestemmio e mi ripeto che sono uno stronzo e se la decappottabile ce l'hanno solo i pirla un motivo ci sarà, vado in depressione, mi smerdo la camicia di sudore unto, la leva resiste, poi cede, sono in ritardo, riparto grattando in terza e mi dirigo verso casa sua, apro il cellulare (nessun messaggio) gli faccio uno squillo, non risponde, mi preoccupo vado in ansia, gli faccio una videochiamata mi attacca nel muso arriva messaggio (StOimPgnata) e dopo essersi fatta attendere qualche minuto arriva, la vedo uscire dal portone e spontaneamente ho le ansie, come starò, puzzerò, ho messo troppo o poco profumo, il dopobarba cozza con il deodorante il gel cozza col profumo e come avrò la camicia - anche lei ricambia trafelata e già sudata con delle vistose gore sotto le ascelle della maglietta bianca. Sale in macchina lamentandosi del fatto che non si è lavata i capelli, ma con questo caldo il phon se ne va in culo.
Lei non è particolarmente bella, è un "tipo" raccattata su tinder dopo una settimana di scambi e cedimenti, anonima, stanca, vestita con i peggiori vestiti buoni dell'armadio, un filo di trucco a nascondere i canali che si diramano dagli occhi e gli affossamenti sotto le orbite. Una goccia di buon profumo salva l'insieme, poi si volta, ti impone il tuo ruolo, capisco che sono già in difetto, non mi sono imposto, non ho già deciso e non ho energizzato l'incontro con una sferzata di virilità, mi riprendo, decidi di andare al lago, gratto la prima, fa caldo, anche essendo a fine giornata e con la capotte abbassata è come stare in un forno, procedo a bassa velocità, lei sta in silenzio e manda un sospiro, si aggiusta malamente nella plastica semisciolta dei sedili neri in finta pelle, sento le notifiche di wazzap, non il mio, il suo, una, due, tre, lei si immerge in un un'universo tutto suo da cui riemerge per pochi attimi con una risatina o uno sbuffo. Mi scatta un selfie, seguono risatine. L'intero viaggio pare durare anni.
Arriviamo al lago, sono affamato, dichiaro che ho fame, lei alza lo sguardo dallo schermo e dice che ha fame anche lei, mi guardo intorno, il parcheggio rovente vibra come un miraggio anche se strisce di arancione già compaiono verso l'orizzonte, apro google maps cerchi pizzeria asporto, trovato, accanto a due metri una pizzeria napoletana, lei ti segue, ha messo via il cellulare, si fa vento con la mano, giro l'angolo c'è un internet point/barbiere/mesticheria cinese, ricontrollo, è quella , lei si è già rotta il cazzo, "senti ma lo conosci stò posto o no?" sì sì, aspetta, è sto coso, vado in merda, giro intorno, ancora un quartiere ed eccola, la pizzeria gestita da un cingalese, un'angolo ricavato in un bagno di un garage, nel pavimento ancora le rotate di una panda, il forno incastrato dentro il muro da cui l'intonaco e una composizione di vecchie e nuove piastrelle danno l'idea di una recente esplosione. Non c'è molta scelta, ma la pizza e pizza ma pagare scopro che lui non ha resto, lei d'altro canto ha rimesso la faccia nello schermo e non ha neppure accennato a tirare fuori il portafogli. Esco giostrando con due mani i cartoni delle pizze e due birre pagate come una cena di pesce, la giornata muore come un dipinto lasciato sotto il sole e all'arancione va aggiungendosi il viola e lo scarlatto. Cerco disperatamente una panchina per IL MIO momento magico, la trovo, ci sediamo, accanto un secchio dell'immondizia lasciato a fermentare e più in là sacchetti e mascherine sotto i cespugli, e bottiglie di plastica e fazzoletti sporchi. E quello non è cioccolato.
Mi accorgo che le birre sono chiuse, lei me le prende stizzita e le apre con un gesto esperto sventrando il tappo contro il bracciolo della panchina. Intorno il ronzio degli insetti e l'urlo degli uccelli di laguna che assomigliano a grida d'aiuto di una donna, mastichiamo la pasta fredda della pizza che immagino sia gusto polistirolo. Vorrei dire qualcosa ma l'unica cosa che mi viene in mente è la storia di quell'operaio addetto allo smistamento bagagli che rubò un aereo e dopo due giravolte decise di schiantarsi contro un cucozzolo. Non è un buon argomento di discussione, e lei anche se non si è immersa nello schermo bianco del suo smartphone non spiccica parola.
E poi arrivano le zanzare, e decido di portarla via da lì.
provo a baciarla e lei si scosta - no guarda non è il caso-
Gli scosto i capelli
- no cazzo non mi toccare-
gli sfioro la guancia e lei si rivolta furiosa
- ora hai rotto il cazzo piantala! vuoi fare il fidanzatino non so nemmeno chi cazzo sei -
e io rispondo incazzato della serata di merda che sto vivendo
- hai passato tutto il tempo con quel cellulare del cazzo, ma vaffanculo!-
segue scenata
Riprendo la macchina per riaccompagnarla a casa, l'aria è più fresca la capote è bloccata e non risale, così patiamo il freddo fino al ritorno, siamo arrivati l'accompagno al portone e lei si gira e infila per il portone di casa.
Arrivato a casa cancello il suo numero e la blocco.
Mi accorgo che non mi ricordo più come si chiama.
Questo è l'esperienza che hanno i normies. 1 su 100 di queste è la fantasia che hai descitto tu, il resto è la mia
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