http://hyperboleandahalf.blogspot.it...-part-two.html
mi ha colpito molto l'analogia con la perdita dell'interesse verso i giochi che si facevano da bambini, e quella parola,
detachment, distacco, scollamento dalla realtà.
Effettivamente anche io da bambino giocavo molto da solo. Avevo una collezione di vari pupazzetti, per lo più dinosari, qualche sorpresa kinder o qualche figura disney, e li facevo combattere. Organizzavo dei tornei e li prendevo a due a due, muovendoli nell'aria con le mie mani, si tiravano calci e pugni, facevano mosse al limite delle leggi della fisica, il tutto nella mia mente, e mi divertivo, ero felice! D'un tratto, tuttavia, questi giocattoli persero totalmente significato. Divennero semplici modellini di plastica in scala, senza alcuna attrattività.
Adesso, a tornate alterne, sembra che non riesca più a giocare con la realtà, e che tutto sembra così "privo di significato". Provo la stessa sensazione che provai nel passaggio all'età adolescenziale, pescando nel cestone dei giochi i miei pupazzetti e rendendomi conto che farli combattere fra loro non era altro che muovere due pezzi di plastica con le mie mani. Per fortuna non in questo specifico momento, però ne sono uscito abbastanza di recente da ricordarne la sensazione.
E forse è lì che bisogna ripartire. Riacquistando quella fantasia che fa da collante fra la realtà esteriore e il nostro mondo interiore, ed è in grado di dare significato, "colore", alle cose, agli eventi, e ricavarne delle emozioni.
Vediamo di provarci fin da subito, con una corsetta, approfittando del sole.