Salve ragazzi.
Sono un ragazzo di 20 anni.
Nel diciassettesimo anno di età, dall'instaurarsi di rilevanti conflitti con numerose persone, si cementa in me una particolare timidezza che diventa da quel momento parte integrante del mio carattere, ponendo ostacoli di non poco conto fra me ed i miei amici (ostacoli insormontabili nel caso delle interazioni con l'altro sesso). Il tempo non sistema certo le cose in maniera naturale e miracolosa, nel giro di 2 anni la timidezza si aggrava, oramai è definibile solo come fobia sociale.
Sui 19, deciso con fermezza a non farmi dominare dalla paura, mi impongo di costruire nuove amicizie e di buttarmi a capofitto nel sociale. Nonostante il carico di fatica per nulla trascurabile, rimango stupito dei risultati che conseguo. Riesco finalmente a fidanzarmi, ed a condurre una vita universitaria più che attiva.
Il tutto non produce però il risultato sperato, nel giro di pochi mesi sorgono altri conflitti e situazioni per nulla piacevoli che umiliandomi sistematicamente, mi segnano profondamente (e permanentemente, penso) nell'orgoglio e nella persona. La fobia sociale infatti rimane parte integrante del mio essere, trovando la sua causa prima nella cosapevolezza della più che provata, verificata, dimostrata e ridimostrata inesistenza di una
morale nell'uomo in grado di mantenere un'amicizia o un'amore, saldi in maniera sufficiente da poterci costruire sopra una qualsiasi esperienza significativa (perdonatemi la prolissità).
Orbene, finora lo scritto lascia trasparire che l'asocialità sorga prevalentamente da una scelta maturata razionalmente da esperienze negative, e non già causata dalla fobia sociale (che ricopre fin qui un ruolo secondario).
A questo punto posso dirmi spaventato e provare notevole vergogna dall'ammettere di essere preda di una
irrazionale paura a condurre qualunque tipo di interazione di un certo livello.
C'è da dire che la fobia è fortunatamente limitata alle sole persone che conosco, e fra queste, a quelle che sono meno capaci di "comprendermi". Tuttavia la sola ipotesi di poter incontrare una di queste persone provoca in me un atteggiamento totalmente restio a frequentare luoghi dove la loro presenza è anche solo minimamente probabile.
Così, sfiduciato
razionalmente nei confronti dell'uomo medio e da questo terrorizzato
irrazionalemente, decido di ridurre quanto più possibile i contatti sociali, cercando comunque di non evitare quelle situazioni necessarie per crearmi una vita soddisfacente (ho smesso di frequentare l'università, ma non credo smetterò mai di presentarmi agli esami, nonostante l'orribile e rivoltante stato d'essere che mi provocano professori e compagni).
Ora, nella calma silente della mia camera dedico gran parte del mio tempo ad ampliare la mia conoscenza, a svagarmi con piacevoli attività quali la musica e la lettura, ed a trovare una possibile soluzione a questo problema.
Vi ringrazio in anticipo del vostro tempo, spero di potervi ricompersare dedicandovene un po' del mio