Salve a tutti, mi chiamo Niccolò. Sono un ragazzo di 19 anni e sono da tre anni che evito la scuola. Evito le amicizie, evito nuove situazioni, evito tutto ciò che comporta interazione sociale.
Sono molto timido sin da quando sono nato, e la paura opprimente e limitante si è accentuata a partire dai dieci anni. Dentro di me sento un fortissimo vuoto, un vuoto incolmato, un vuoto assente. Un vuoto privo di significato.
Soffro anche di depressione unipolare maggiore, sono stato ricoverato due volte. Ora sto meglio, ma non riesco a cambiare i miei pensieri, costantemente tristi, pessimisti, spesso autocritici verso me stesso.
Ma della depressione poco mi interessa, perché il vero male, la causa di tutto è sicuramente la mia personalità. So che forse è un po' presto per parlare di personalità, specialmente perché se ne parla verso i 21 anni, però mi sono reso conto di una cosa: ho vissuto così tanto con gli adulti, i miei genitori, la mia famiglia, che sono cresciuto più in fretta degli altri.
Ho un'eccessiva sensibilità, un eccesso d'ansia, spesso mi basta guardare gli sguardi delle altre persone e intravedo come un piccolo spiraglio di disinteresse, denigrazione, odio, noia, rabbia verso di me. Anche ogni loro parola, come viene detta, come viene trattata desta in me timore e preoccupazione, di conseguenza evito quella persona o persone.
Inoltre vivo in un mondo tutto mio, fatto dalla musica al pianoforte (non mancano i miei sogni di suonarlo davanti ad un pubblico), a navigare in internet, a scrivere e, prima che io non fossi depresso, la lettura.
Ho fatto una scuola che non mi piaceva, ho fatto scelte sbagliate che, con il tempo, hanno rovinato la mia vita.
Ora mi trovo in un mondo che non mi appartiene, alienato in una società che non riesco ad affrontare, rinchiuso in una gabbia di dolore e sofferenza. Per fortuna, e dico proprio per GRANDISSIMA fortuna, ho la mia famiglia, con cui passo l'80% delle mie giornate. Il resto in solitudine, a pensare, a riflettere, a chiedermi perché della mia esistenza, a domandare ossessivamente e indefinibilmente cosa realmente sarà il mio futuro.
Io vedo il mio futuro come un futuro triste, un futuro solitario, un futuro che poco conosce l'umanità, che estraniato e rigurgitato in un mondo parallelo all'apparenza sembra quasi svanire, scivolare, scorrere, sfogliare pagine infinite, in un labirinto eterno dove l'uscita non esiste e non esisterà mai.
Mi vedo come incapace, inetto, ingenuo, insignificante, ossessivamente sensibile, emotivo, ma anche privo di speranze, privo di reale affetto, incapace ad esprimere emozioni (se non scrivendo), confuso, disorientato, come un bimbo che s'è perduto, come un cane abbandonato, come l'effimera bellezza di un'anziana signora.
Frequento una psicologa, prendo psicofarmaci per la depressione, ma non riesco a trovare un sollievo. Non riesco più a trovare il piacere di un tempo, non riesco più ad essere costante, al contrario vivo con l'esasperata consapevolezza che io, privo d'amor proprio, non ho e non avrò mai futuro.
Un saluto.
Niccolò.