Sono un ragazzo di 25 anni, scrivo dalla provincia di Vercelli e non ricordo di preciso cosa stessi cercando, quando sono capitato fra queste pagine, la prima volta.
Magari qualcosa che ha a che vedere con quel mio essere, così, sbilanciato sopra il baratro dell'apatia, vocato al caos e al disorientamento interiore, in bilico su uno sgangherato piedistallo di inadeguatezza e vergogna. Nonché solo da anni, sotto tutti gli aspetti.
È probabile che abbia digitato qualcosa come “fuori dal mondo” piuttosto che “forse sono morto: questo è il vestibolo?” per cercare di dare un senso a quella staticità, assenza di ambizioni, passioni, emozioni e che infine, tramite varie contorsioni, sia arrivato qua.
In certi giorni, credo che non esista cannone in grado di svegliarmi, sparando, da quel nulla, da quella rintronatura invadente. Vuoto e suonato, mio malgrado, come una campana.
Da sempre timido e introverso, con un passato trascorso a stretto contatto con la sofferenza, in quella famiglia già di per sè problematica, ho vissuto i miei primi 20 anni fra solitudine ricercata, vergogna e disagio crescente nel rapportarmi con gli altri. Seppur accettato, a scuola come altrove, ho sempre cercato di evitare, benchè desiderando, ogni tipo di situazione sociale di piacere, chiamiamola così, che andasse oltre il dovere. E posso dire di essere riuscito, col tempo, a ricavarmi un angolo di isolamento, una sorta di loculo ermetico.
Per Zeus, nel tempo ho avuto anche qualche amico che non fosse solo profittatore, sono stato innamorato cotto e mi sono fatto grasse risate. Ma (poichè c'è sempre un MA) non sono mai stato in grado di coltivare alcunchè. Come un coglionazzo, mi sono sempre tirato indietro. Vuoi per senso di inadeguatezza, vuoi per non osare, “disturbare” o semplicemente... vergogna.
Ad oggi, la mia autostima viaggia sotterranea come una talpa. Ogni tanto smuove un po' di terra, ma temo sia pesantissima da risollevare. Complici alcuni fatti, qualche ulteriore sgambetto e qualche caduta in più. Artefice io stesso, in certe malefatte e nel vedere sempre quel bicchiere mezzo vuoto.
Ora, non saprei se tutto ciò rientra nella patologia e in che misura. Posso solo dire di essere ansioso, che attualmente la mia vita sociale al di la del lavoro, rasenta lo zero e che quello che trovo descritto nel disturbo evitante, probabilmente sono io. A volte ho l'impressione di aspettare, ma cosa
Godot? Gli arcangeli trombettieri? La caduta dell'impero? Un meteorite? Basterebbe una svolta. Forse.
E mentre il tempo va, qui ci sarebbe da correre: cerco le scarpe, ma non le trovo.
Cavolo, ho scritto troppo. Basta, basta!
Per i mod:
forse avevo cercato di registrarmi qualche tempo fa, ma sinceramente non ricordo più niente. Ve lo dico nel caso troviate una corrispondenza o chessò io. Se non trovate niente vuol dire che mi si è fulminata anche la memoria. Portate pazienza, se potete.
Grazie, attendo sentenza.