Armeni contro greci-ortodossi per il posto in pole position davanti alla tomba di Gesù
Mariam ha 12 anni e si sente un'eroina. Insieme alle compagne del collegio armeno ha messo in salvo lo stendardo della Madonna dalla furia dei monaci, avvinghiati come in un match di wrestling davanti all'Edicola del Santo Sepolcro. È mezzogiorno. Sullo spiazzo davanti alla chiesa più famosa della cristianità, sovrastata dal minareto della moschea di Omar, si parla solo della guerra santa per il diritto alla pole position davanti alla tomba di Gesù. I soldati israeliani hanno appena ammanettato due religiosi, un prete armeno e l'avversario ortodosso con la tonaca nera e la lunga barba ispida come in una fiaba del russo Afanasiev. All'interno della basilica, ancora addobbata per la festa armena della Croce, l'aria è satura d'incenso e il pavimento disseminato di pezzi di candele, carbone, pietre come dopo una manifestazione politica dispersa dalle cariche della polizia. "Ogni volta è la stessa storia" osserva Christian Manougian, 35 anni, originario di Yerevan, scendendo nella cripta di San Gregorio, la porzione del Santo Sepolcro che la legge ottomana del 1852, assegna agli armeni. Lo scorso anno, ammette, fu costretto a menare le mani: "I greci si sentono padroni. Siamo tutti cristiani ma ci combattiamo come fossimo ebrei e musulmani". Non c'è pace in Città Santa. Don Matteo Crimella, studioso dell'École biblique, era al Santo Sepolcro ieri mattina alle 11, quando la processione guidata dal patriarca Torkom Manoogian, con il piviale d'oro d'ordinanza, ha raggiunto l'Anastasi, l'ultima dimora di Cristo prima della resurrezione. "La liturgia armena prevede che ogni 9 novembre il vescovo e i seminaristi portino il proprio frammento della croce al sepolcro" racconta don Matteo. Nel mese di settembre tocca a latini e ortodossi: il legno della reliquia è lo stesso, ma le tre principali confessioni cristiane che custodiscono i luoghi sacri lo venerano a turno. Secondo il diritto consuetudinario bisognerebbe celebrare una volta ciascuno, da anni però armeni e greci si battono come tifosi di calcio per la vittoria, la bandierina su un metro di terra in più: "Quando il corteo è arrivato davanti all'edicola ha trovato un custode ortodosso impassibile. Non doveva essere lì durante la cerimonia. Invano padre George Hintlian gli ha urlato in inglese di andar via." La maggior parte dei monaci greci parla solo l'idioma del Pelopennoso ma capisce bene l'abc bellico, sfortunato esperanto di Terra Santa.
"Volevano provocarci" attacca padre Pakrat, diacono armeno con la dalmatica, la lunga veste rossa accompagnata dal cappuccio di raso nero. Nelle immagini televisive si vedono molti religiosi sfilarsi l'abito talare per non essere identificati. Cronaca di una guerra annunciata, conferma Micky Rosenfeld, portavoce della polizia israeliana: "Sapevamo che sarebbe successo, era questione di tempo". Un anno fa, durante i preparativi per la messa di Natale, ortodossi e armeni si erano picchiati nella basilica della Natività, a Betlemme. Stavolta la polizia era preparata: 40 agenti e un reparto delle forze speciali.
Chi ha scagliato la prima pietra? L'eterno dilemma mediorientale s'infrange sulle mura antiche. "Stavamo protestando pacificamente per il nostro diritto a restare nella chiesa" spiega padre Serafim, un greco con la barba lunga e il cilindro nero. Mostra gli occhiali rotti da un pugno, icona tragica di una fede accecata.
"Sembrava di essere allo stadio - continua don Matteo Crimella -. I monaci che si lanciavano candele e incensieri, i pellegrini in fuga, la polizia israeliana affiancata dai militari armati di mitra. Uno spettacolo tristissimo in quello che dovrebbe essere il teatro simbolo dell'umanità". Yosef, falegname palestinese cristiano, un abitué della domenica mattina, si è ritrovato asserragliato con le figlie di 8 e 12 anni come durante l'intifada: "Ho visto un gruppo di armeni aggrapparsi ai capelli di un greco e strappargliene una ciocca". Sul pavimento a pochi metri dal sepolcro c'è un brandello di stoffa, un lembo di tonaca.
"È sempre peggio, l'anno scorso a Betlemme c'erano monaci con le pietre in tasca" ammette padre Ibrhaim Falts, parroco di Gerusalemme. Ieri si è combattuto con gli arredi sacri. Mariam e le amiche ripiegano lo stendardo e si fanno il segno della croce: la Messa, per ora, è finita.