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14-07-2008, 15:17
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#1
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Esperto
Qui dal: Mar 2008
Ubicazione: In the clouds...
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Quote:
Originariamente inviata da Lice
Ammirerò sempre chi riesce a conservare intatta almeno una parte dell'innocenza dell'infanzia...
Quando hai postato le sigle dei vecchi cartoni animati mi sono venuti in mente alcuni pensieri...
Il fatto che all'epoca si guardassero quelle imagini con un sincero stupore e gioia...adesso mi accorgo che guardandoli l'occhio mi cade sull'estetica, sul fatto che quei disegni non mi piacciono...e mi stupisco a ripensare a quanto invece il mio sguardo da bimba fosse diverso...
Però anche io ho conservato intatta una parte nfantile...
Mi piacerebbe tanto tornare a fare cose che facevo da bambina...tipo correre a perdifiato tra i campi, con le braccia spalancate e le dita che sfiorano l'erba alta o arrampicarsi sugli ulivi...cose da riprovare tutte... :P
Toglimi una curiosità, pur essendo coetanee, io quei cartoni non li ho riconosciuti...se mi concentro mi vengono in mente solo cartoni dall'aspetto più recente (tipo Hallo Spank...o altri).
A quando risalgono i tuoi primi ricordi d'infanzia?
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Ciao Lice,
a dire il vero ho moltissime memorie legate alla primissima infanzia, tanto che anche i miei familiari rimangono spesso stupiti di quanto io ricordi relativamente a eventi e fatti anteriori ai miei 4 anni d’età. Aprirei forse una parentesi forse troppo lunga, però certamente, questo aspetto della mia personalità così legato al passato, sta ad indicare forse un rapporto molto complesso con la mia infanzia, di cui conservo tantissimi ricordi, ma che amo e odio allo stesso tempo. Diciamo che per me è soprattutto positivo tutto quello che è attinente al recupero di sensazioni dimenticate, di percezioni del mondo, di fantasie e di credenze che costellarono i miei primi anni di vita.
Posso affermare che per me l’infanzia possiede un’aura fragile ma nel contempo fatata, che mi fa vivere con una sorta di sussulto interiore tutto ciò che riesco a recuperare di quell’allora “quasi mitico”, quando ancora tra il singolo e la dura realtà si frappone un velo immaginifico, in grado di attutire i contraccolpi della vita e di trasfigurarne le miserie in speranza. Ovviamente parlo della primissima infanzia (2-max. 7 anni), quando cioè non si è ancora consapevoli di sè e manchiamo di quel principio di realtà, che, al contrario, ci fa percepire tutta la durezza delle situazioni più difficili…
Insomma, posso dire di avere nostalgia per un tempo in cui bastava una bugia di un adulto per impedire alle lacrime di rigare un volto imbronciato e quasi “sull’orlo della disperazione”, quando bastava rifugiarsi nei propri mondi fantastici perché anche la morte potesse venire sconfitta da un semplice atto di volontà…
Dopo questa lunga introduzione, posso dirti che i miei primi ricordi risalgono ai tempi dell’asilo nido, e quindi sono precedenti ai 3 anni.
Riguardo ai cartoni ricordo che quelli che ho citato io sono tutti risalenti all’ ’81 e l’84, anche se credo che “L’uccellino azzurro”non sia stato replicato mai più al di là del 1983. Quindi ero piccolissima quando l’ho visto per l’ultima volta, ma sono rimaste comunque vivide dentro di me le sensazioni che quello strano e inquietante anime sapeva comunicarmi, assieme all’idea tristissima di una felicità sempre così vicina eppure dolorosamente sfuggente (rappresentata appunto dall’uccelino azzurro che nessuno riesce a catturare).
“Marco” lo vedevo sempre all’asilo, e lo ricordo piuttosto bene, mentre “Lucy may” è stato replicato sino al ’90, quindi non è difficile da ricordare, così come il “mago di oz”, il più recente di tutti. Il primo “piccole donne” è piuttosto vecchio e la storia la ricordo poco, ma è ben scolpita nella mia mente la scena di quando - il sabato a pranzo -, cercavo di mangiare in fretta le polpette cucinate da mio nonno per correre in salone con l’intento di non perdermi neanche la sigla, che mi piaceva così tanto, con tutte quella fanciulle che spiccano il volo dall’altalena, seguite dai loro ingombranti gonnelloni colorati!
Veramente trovi brutti quei disegni? Io li trovo carini e soprattutto quelli del mago di oz li trovo piuttosto originali e naif…Lucy May per me è disegnato molto bene; soprattutto gli sfondi paesaggistici non sono affatto male: sanno catapultarti nelle atmosfere di un’Australia di fine ‘800, presa all’assalto dal flusso migratorio dei poveri d’Europa.
Riguardo allo zecchino, anch’esso fa parte del mio bagaglio di memorie infantili e ancora oggi apprezzo alcune sonorità di alcuni vecchi brani anni fine anni’70 e ’80, che - lungi dal modello “tagliatelle di nonna Pina” (fracassona, nazionalpopolare e ammiccante ad un vasto pubblico trash) -, sanno ancora oggi restituirmi il senso di meraviglia, tutto insito nel mondo infantile.
E così rivaluto proprio le canzoni dimenticate e messe in ombra da un modello di musicalità per bimbi sempre più commerciale e priva di quel senso di meraviglia che invece dovrebbe caratterizzare la prima fase della vita di un uomo. Adoro tutte quelle canzoni desunte da un repertorio folkloristico-tradizionale, dove, invece di sonorità pop, prevalgono suoni di campanelle, tinitinnii sottili, flauti traversi, strumenti di paesi lontanissimi ma dal suono delicato e evocatori di sogni infantili. Allo stesso modo, mi piacciono canzoni in grado di rievocare, con suoni cristallini, immagini d’infanzia provenienti da paesi di tutto il mondo.
Certo, alcune cose non “suonano più come una volta” i suoni sembrano farsi sempre più sbiaditi e fiacchi.
Anche i belissimi libri di fiabe - che ancora custodisco - giacciono come muti, e le parole appaiono scolorite e poco pregnanti, incapaci di dare corpo a quelle storie che un tempo animavano la mia mente. Insomma, ricerco quello stesso stupore tra le cianfrusaglie confuse e ammaccate del passato, eppure alcune cose sembrano incapaci di parlarmi come un tempo, forse perché – dentro di me- qualcosa si è definitvamente rotto, oppure sono semplicemente cresciuta….
C’è uno scrittore M. Ende (cosiderato per ragazzi, ma per me va ben oltre), che riesce ancora abbastanza bene coi suoi libri a farmi rivivere certe sensazioni legate alle facoltà immaginative tipiche dell’infanzia, ma ovviamente usa strategie narrative più sofisticate per permettere all’adulto di reimmergersi e recuperare certe sensazioni ormai dimenticate…
Eccoti il video promesso, “l’aquilone dei sogni” a Lice, brano tradizionale nipponico legato alla festa dei bambini, celebrata in primavera. I bimbi fanno volare aquiloni a forma di carpa, per raccogliere i sogni che fluttuano, invisibili, nell’aria. ‘sta bimba non canta benissimo e infatti è molto più valorizzata la parte corale, soprattutto, quindi, la parte finale del brano.
Visto che sei polacca Lice, ti linko anche quest’altro brano appunto polacco. Alterna parti riflessive e malinconiche ad un ritornello gaio e festoso. È un invito a vivere senza troppi pensieri gli ultimi attimi dell’estate, prima che questa si dissolva nel cupo e gelido inverno polacco…ti ricorda nulla la canzone? Anche questa credo che sia folk, così come quasi tutte le canzoni straniere che partecipavano allo zecchino di un tempo….
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14-07-2008, 19:49
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#2
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Banned
Qui dal: Oct 2006
Ubicazione: Falerone (Fm)
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Torna nell'aldilà... :x
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14-07-2008, 22:25
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#3
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Esperto
Qui dal: Mar 2008
Ubicazione: In the clouds...
Messaggi: 1,188
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Caro harvest, mi sa che è morto pure il topic, assieme a te......siete spirati in contemporanea, oppure sei tu che con il tuo alone di morte hai sparso un virus letale, tanto da ucciderlo anzitempo....
Bè, caro morto, volevo rispondere solo ad una domanda che mi aveva fatto Lice nell'altro trhead e non sapendo dove farlo - per non cadere proprio fuori tema -, ne ho aperto un altro (questo qui) che è già deceduto.....vabbè, sono cose della vita, "che ce voi fà".....
Mo torno dillà a vedè "accattone", prima che crepi pure lui...
Se vedemo
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14-07-2008, 22:42
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#4
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Esperto
Qui dal: Jul 2007
Messaggi: 1,411
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Che significato dai a questo lato del tuo carattere? Non hai paura che questo "giardino segreto" della tua mente ti spinga a rifugiarti in certe sensazioni la cui essenza è tutta nel passato e che non hanno ragion d'essere nel presente, per la persona adulta che sei ora? Non parlo di espressioni quali "rimanere un po' bambini", "mantenere viva la propria giocosità" o variazioni del fanciullino pascoliano, intendo più l'innocenza come un'arma a doppio taglio, che ci permette di continuare a vedere cose che sfuggono agli "adulti" ma allo stesso tempo ne cela altre, forse meno pure e immacolate, ma reali, tangibili e appartenenti a questo mondo.
Ho sempre pensato che ad ogni fase della vita corrisponda una certa visione del mondo, e che queste visioni si possano "ricordare" e indossare come un paio di occhiali, così come s'indossa un ricordo, ma mai sentire veramente proprie, una volta conclusa la fase a cui appartengono. Come diceva il tuo Sartre, ciò che dona il senso dell'avventura è il pensiero che quell'esperienza sia conclusa, irripetibile perchè appartenente al passato. E' in questo senso che guardo alla mia infanzia: spensierata, si, piena di corse a perdifiato nei campi, di giochi all'aperto, di spensieratezza e di parole che curavano, di quella sensazione perenne come se una rete fosse sempre pronta ad accogliere ogni tua caduta, ma anche conclusa e compiuta, e per questo irripetibile.
Non posso dire altrettanto della mia adolescenza, che è stata in gran parte non vissuta e inesistente. Per questo non riesco a metterla da parte e cerco istintivamente di riviverla.
Non posso fare a meno di pensare che se si cerca di rivivere età che non ci appartengono più, o non si sono chiusi i conti con quella particolare fase della nostra vita, oppure non siamo del tutto capaci di vivere quella che ci appartiene qui e ora, nel presente.
Non sto dicendo che sia il tuo caso, sono solo curioso di sapere come spieghi a te stessa questo tuo spiccato lato caratteriale, in rapporto ai tuoi disagi personali.
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15-07-2008, 00:14
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#5
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Principiante
Qui dal: Jul 2008
Ubicazione: palermo
Messaggi: 22
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quoto il tuo silenzio per solidarietà...a volte meglio stare in silenzio che dire stronzate che sembrano cannonate....non mi riferisco a te, parlo in generale alla gente di mer.. che si incontra nella vita
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15-07-2008, 02:10
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#6
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Intermedio
Qui dal: May 2008
Messaggi: 101
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Ricordo il buio e poi una luce bianca.
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15-07-2008, 10:32
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#7
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Esperto
Qui dal: Mar 2008
Ubicazione: In the clouds...
Messaggi: 1,188
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Originariamente inviata da bardamu
Che significato dai a questo lato del tuo carattere? Non hai paura che questo "giardino segreto" della tua mente ti spinga a rifugiarti in certe sensazioni la cui essenza è tutta nel passato e che non hanno ragion d'essere nel presente, per la persona adulta che sei ora? Non parlo di espressioni quali "rimanere un po' bambini", "mantenere viva la propria giocosità" o variazioni del fanciullino pascoliano, intendo più l'innocenza come un'arma a doppio taglio, che ci permette di continuare a vedere cose che sfuggono agli "adulti" ma allo stesso tempo ne cela altre, forse meno pure e immacolate, ma reali, tangibili e appartenenti a questo mondo.
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Ti rispondo con ordine. Sinceramente, almeno nel mio caso, l’attaccamento a questi ricordi non mi limita nel guardare alla durezza della realtà, perché il mio “lato fanciullesco” (chiamiamolo così), non è ideologico, né tanto meno strumentalizzato per seppellire la complessità reale della vita adulta che può far paura. Non c’è, insomma, un atteggiamento retorico nel mio rifarmi a l’infanzia….
Quote:
Originariamente inviata da bardamu
Ho sempre pensato che ad ogni fase della vita corrisponda una certa visione del mondo, e che queste visioni si possano "ricordare" e indossare come un paio di occhiali, così come s'indossa un ricordo, ma mai sentire veramente proprie, una volta conclusa la fase a cui appartengono. Come diceva il tuo Sartre, ciò che dona il senso dell'avventura è il pensiero che quell'esperienza sia conclusa, irripetibile perchè appartenente al passato. E' in questo senso che guardo alla mia infanzia: spensierata, si, piena di corse a perdifiato nei campi, di giochi all'aperto, di spensieratezza e di parole che curavano, di quella sensazione perenne come se una rete fosse sempre pronta ad accogliere ogni tua caduta, ma anche conclusa e compiuta, e per questo irripetibile.
Non posso dire altrettanto della mia adolescenza, che è stata in gran parte non vissuta e inesistente. Per questo non riesco a metterla da parte e cerco istintivamente di riviverla.
Non posso fare a meno di pensare che se si cerca di rivivere età che non ci appartengono più, o non si sono chiusi i conti con quella particolare fase della nostra vita, oppure non siamo del tutto capaci di vivere quella che ci appartiene qui e ora, nel presente.
Non sto dicendo che sia il tuo caso, sono solo curioso di sapere come spieghi a te stessa questo tuo spiccato lato caratteriale, in rapporto ai tuoi disagi personali.
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Mi chiedo perché in genere qui dentro si parli spesso dell’adolescenza come età non vissuta, e quindi da rimpiangere nella misura in cui non si sono fatte certe esperienze relative alle prime esperienze col gruppo dei pari o con l’altro sesso, mentre si tace sull’infanzia, dando per scontato tutto il percorso insito in essa.
Si salta a piè pari la prima fase della vita, quasi dando per scontato che sia un’età priva di esigenze da soddisfare; forse perchè essa è un’età caratterizzata dall’ afasia, in cui non si è in grado di verbalizzare a se stessi le proprie esigenze più profonde, né di analizzarle, perciò si scambia questa incapacità con il fatto di non avere esigenze esplicite da rivendicare (il termine in-fanzia deriva appunto dal latino in – fateor e cioè essere al di qua del linguaggio, della parola). Magari, poi, da adulti si portano dietro determinate esigenze inespresse o insolute, ma non siamo in grado di riconoscerle una volta cresciuti, perché non le abbiamo verbalizzate allora, quando si viveva appunto sulla propria pelle quell’assenza, incapaci di metterla a fuoco di fronte a se stessi.
Perché dai per scontato che sia normale rimpiangere l’adolescenza credendo che l’infanzia sia per forza di cose s-pensierata?
Sinceramente la mia è stata molto piena di pensieri, in quanto costretta a gestire, a suo tempo, un fardello emotivo al di sopra della mia maturità affettiva ed emozionale. La prima fase della vita dovrebbe essere appunto s-pensierata, per permettere all’individuo di maturare un’identità affettiva ed emozionale solida, che gli servirà una volta divenuto adulto. Avendo io vissuto situazioni familiari molto complicate e dal clima poco sereno, posso affermare di non avere di conseguenza maturato appieno un’emotività solida, quasi che il processo di formazione della mia sfera emotiva non si sia del tutto concluso.
Tutt’oggi, posso dire che questo processo – come dire- incompiuto, mi rende appunto ancora oggi un po’ bambina e insicura nella gestione delle mie emozioni (non parlo di maturità mentale, quella credo di averla.)
Essere legati al passato è quindi spia di un’esigenza che non è stata del tutto soddisfatta, legata a quella fase della vita in cui ognuno dovrebbe sperimentare certe sicurezza affettive e apprendere a la gestione della propria sfera emozionale. Ma per me così non è stato.
Un altro aspetto che ha giocato tanto è sicuramente il provenire da una famiglia che mi ha educato non solo molto rigidamente e in maniera iper-critica, ma anche inconsapevolmente volta a reprimere l’ assertività dei figli, rendendo così molto più arduo il cammino per crearmi una mia personalità, perché ogni cosa che poteva nascere a partire da una mio atto di volontà, veniva quasi sempre annullato dalle decisione altrui….per farti un esempio, io ho fatto il liceo scientifico pur odiando la matematica, ed ho vissuto questa scelta come una forzatura alla mia personalità, che mi ha anche creato problemi negli studi.
Comprenderai che, quando si fa fatica a trovare una propria personalità, sia poi quasi “naturale” appoggiarsi su quello che è venuto prima (i gusti infantili), quando non si è liberi di sperimentare, attraverso prove ed errori, la propria personalità adulta, perché vivi in una situazione in cui appunto le tue decisioni o scelte vengono annullate da quelle altrui, anche se nello stesso tempo ero spesso richiamata ad essere autonoma e dindipendente, sin da molto piccola.
Comunque essere legati alle cose dell’infanzia forse rappresenta anche un ritorno a quel noto che non spaventa, ad una dimensione protetta abbastanza innocua e prevedibile.
Comunque sia, pian piano, mi sono scrollata sempre più di dosso “la mia coperta di Linus”, anche se ciò non significa rifiutare in blocco tutte le passioni del passato. Il piacere che provo in alcune cose – vedere anime ecc – è riattualizzato da una scelta che ora come ora è diventata adulta e consapevole. Che a me piaccia ad es “lady Oscar” o “anna dai capelli….” Fa parte della me stessa di ora, e non di allora. Ad esempio, cartoni che adoravo un tempo, ora non mi dicono più nulla, e cartoni che mi piacevano meno prima, mi piacciono molto adesso, perché li ho riscoperta con gli occhi di adulta. Ad esempio, “anna dai capelli rossi” era un anime che da piccola non capivo affatto, e me ne sono appassionata solo crescendo, proprio perchè l’ho trovato molto più consonante ai gusti di adesso e a quelli sorti con l’adolescenza…..
Comunque, come lessi in un bellissimo libro di filosofia che si chiamava “la malinconia e il fondamento assente”, si dice esplicitamente che i temperamenti malinconici e riflessivi sono quasi sempre rivolti al passato…
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15-07-2008, 10:34
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#8
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Esperto
Qui dal: Mar 2008
Ubicazione: In the clouds...
Messaggi: 1,188
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Quote:
Originariamente inviata da Ceresrossanino
quoto il tuo silenzio per solidarietà...a volte meglio stare in silenzio che dire stronzate che sembrano cannonate....non mi riferisco a te, parlo in generale alla gente di mer.. che si incontra nella vita
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Mi scuso con tutti se i miei post non parlano di tresche, di fidanzati mancati, vedove o spose cadavere....bè, sono un po' noiosa...ormai la signorina Rottemayer che c'è in me sta prendendo sempre più piede all'interno della mia personalità....
Chi non è interessato non posti e basta, invece di scrivere queste osservazioni poco felici.
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15-07-2008, 12:26
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#9
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Avanzato
Qui dal: Jan 2008
Messaggi: 358
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Originariamente inviata da clizia
Mi chiedo perché in genere qui dentro si parli spesso dell’adolescenza come età non vissuta, e quindi da rimpiangere nella misura in cui non si sono fatte certe esperienze relative alle prime esperienze col gruppo dei pari o con l’altro sesso, mentre si tace sull’infanzia, dando per scontato tutto il percorso insito in essa.
Si salta a piè pari la prima fase della vita, quasi dando per scontato che sia un’età priva di esigenze da soddisfare; forse perchè essa è un’età caratterizzata dall’afasia, in cui non si è in grado di verbalizzare a se stessi le proprie esigenze più profonde, né di analizzarle, perciò si scambia questa incapacità con il fatto di non avere esigenze esplicite da rivendicare (il termine in-fanzia deriva appunto dal latino in – fateor e cioè essere al di qua del linguaggio, della parola). Magari, poi, da adulti si portano dietro determinate esigenze inespresse o insolute, ma non siamo in grado di riconoscerle una volta cresciuti, perché non le abbiamo verbalizzate allora, quando si viveva appunto sulla propria pelle quell’assenza, incapaci a metterla di fuoco di fronte a se stessi.
Perché dai per scontato che sia normale rimpiangere l’adolescenza credendo che l’infanzia sia per forza di cose s-pensierata?
Sinceramente la mia è stata molto piena di pensieri, in quanto costretta a gestire, a suo tempo, un fardello emotivo al di sopra della mia maturità affettiva ed emozionale. La prima fase della vita dovrebbe essere appunto s-pensierata, per permettere all’individuo di maturare un’identità affettiva ed emozionale solida, che gli servirà una volta divenuto adulto. Avendo io vissuto situazioni familiari molto complicate e dal clima poco sereno, posso affermare di non avere di conseguenza maturato appieno un’emotività solida, quasi che il processo di formazione della mia sfera emotiva non si sia del tutto concluso.
Tutt’oggi, posso dire che questo processo – come dire- incompiuto, mi rende appunto ancora oggi un po’ bambina e insicura nella gestione delle mie emozioni (non parlo di maturità mentale, quella credo di averla.)
Essere legati al passato è quindi spia di un’esigenza che non è stata del tutto soddisfatta, legata a quella fase della vita in cui ognuno dovrebbe sperimentare certe sicurezza affettive e apprendere a la gestione della propria sfera emozionale. Ma per me così non è stato.
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Non do affatto per scontata l'ipotesi che l'infanzia sia stata per tutti un'età felice, o che l'adolescenza sia per tutti un periodo difficile.
Quello che dicevo è che dietro all'attaccamento verso fasi della vita che non ci appartengono più, spesso si nasconde un senso di incompletezza verso quegli anni, una sorta di conto in sospeso, nel tuo caso con l'infanzia, che ci si porta appresso nella speranza inconscia di "concludere" in qualche modo le cose, di comprendere tale periodo e riuscire a fornirgli, tramite la ragione e il nostro carattere ormai formato, un senso compiuto. Si tratta di riuscire a chiudere un capitolo che forse inconsciamente consideriamo ancora aperto, continuando a rivendicare per noi le cose che allora non abbiamo avuto.
Il contraltare di tutto ciò, la lama a doppio taglio di cui parlavo, consiste nel fatto che questo mettere al centro della nostra attenzione un'età che non è più la nostra, può in realtà essere un meccanismo di difesa da un'attualità che ci spaventa e che abbiamo difficoltà a gestire.
L'attaccamento riveste così il duplice ruolo di "capitolo non chiuso" e di "rifugio della mente". D'altra parte l'indecisione e la volontà di tenersi sempre delle porte aperte sono caratteristiche tipiche di noi persone introverse.
La mia intenzione non è certo quella di ridurre questo tuo lato caratteriale a semplice infantilismo (parola che non mi piace, perchè figlia di un modo di pensare troppo pragmatico e freddo), ma di riuscire a collegarlo in qualche modo al tuo presente, che penso abbia punti in comune col mio (dato che siamo entrambi iscritti a questo forum e condividiamo certi interessi). La mia infanzia, a differenza di te, la considero tutto sommato felice, nonostante non sia stata perfetta. Riesco comunque a vederla come compiuta e i tanti piccoli ricordi di cui è formata bastano a ritenermi soddisfatto e a darmi la sensazione di averla vissuta appieno.
Radicalmente diversa è stata la mia adolescenza. Sono stati anni letteralmente vuoti, tant'è che ho pochissimi ricordi di quel periodo e sono tutti annebbiati. Ho vissuto per anni come anestetizzato.
Quote:
Originariamente inviata da clizia
Un altro aspetto che ha giocato tanto è sicuramente il provenire da una famiglia che mi ha educato non solo molto rigidamente e in maniera iper-critica, ma anche inconsapevolmente volta a reprimere l’ assertività dei figli, rendendo così molto più arduo il cammino per crearmi una mia personalità, perché ogni cosa che poteva nascere a partire da una mio atto di volontà, veniva quasi sempre annullato dalle decisione altrui….per farti un esempio, io ho fatto il liceo scientifico pur odiando la matematica, ed ho vissuto questa scelta come una forzatura alla mia personalità, che mi ha anche creato problemi negli studi.
Comprenderai che, quando si fa fatica a trovare una propria personalità, sia poi quasi “naturale” appoggiarsi su quello che è venuto prima (i gusti infantili), quando non si è liberi di sperimentare, attraverso prove ed errori, la propria personalità adulta, perché vivi in una situazione in cui appunto le tue decisioni o scelte vengono annullate da quelle altrui, anche se nello stesso tempo ero spesso richiamata ad essere autonoma e dindipendente, sin da molto piccola.
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Anch'io come te sconto un'educazione che ha in qualche modo represso la mia assertività, non tramite la rigidità ma per via di una mancanza quasi totale di stimoli. Mi hanno lasciato vivere, ma non mi hanno guidato in alcun modo, ho così finito per ricercare l'approvazione nei miei genitori (mio padre in primis) e negli altri, per sopperire a questa mancanza di una figura che tirasse fuori ciò che avevo dentro.
Tutto questo discorso m'interessa proprio perchè come te in questo periodo sto cercando in qualche modo di avvicinarmi a sensazioni del passato con le quali sento di non avere conti in sospeso. Nel tuo caso è l'infanzia, nel mio l'adolescenza. Sto facendo cose attualmente che mi portano alla mente l'adolescenza non vissuta, e nonostante le viva con la mia consapevolezza attuale, il desiderio razionale è proprio quello di provare certe cose per poterle finalmente percepire come "concluse", mettendole una volta per tutte da parte. Imparare l'età per poterla abbandonare consapevolmente. Se è vero che non si possono saltare le tappe della vita, la cosa migliore che possiamo fare è viverne una versione diversa, mediata dalla nostra consapevolezza attuale, ma sempre allo scopo di riuscire a chiudere i conti col passato. Non è vero che bisogna reprimere i pensieri rivolti al passato...volenti o nolenti essi tornano sempre a bussare alla nostra porta e cacciarli indietro significa solo farci del male.
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Originariamente inviata da clizia
Comunque sia, pian piano, mi sono scrollata sempre più di dosso “la mia coperta di Linus”, anche se ciò non significa rifiutare in blocco tutte le passioni del passato. Il piacere che provo in alcune cose – vedere anime ecc – è riattualizzato da una scelta che ora come ora è diventata adulta e consapevole. Che a me piaccia ad es “lady Oscar” o “anna dai capelli….” Fa parte della me stessa di ora, e non di allora. Ad esempio, cartoni che adoravo un tempo, ora non mi dicono più nulla, e cartoni che mi piacevano meno prima, mi piacciono molto adesso, perché li ho riscoperta con gli occhi di adulta. Ad esempio, “anna dai capelli rossi” era un anime che da piccola non capivo affatto, e me ne sono appassionata solo crescendo, proprio perchè l’ho trovato molto più consonante ai gusti di adesso e a quelli sorti con l’adolescenza…
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Il senso credo sia proprio questo: comprendere l'età che si sente incompiuta tramite gli strumenti intellettuali di cui disponiamo ora, ma non solo. Occorre anche in qualche modo "sentire" quell'età e riviverla a livello di esperienze, per permettere alla nostra parte inconscia e istintiva di fare lo stesso lavoro che la nostra parte razionale compie sotto i nostri occhi. Non solo il nostro pensiero deve dare significato al passato, ma il nostro essere tutto, corpo compreso (penso alla tua passione per un certo modo di vestire, ai capelli lunghi che dicevi di avere, alla bambola di cui hai postato la foto ecc.), deve esperire in qualche modo ciò che sentiamo come non concluso.
Penso che ragionare in questi termini delle nostre inclinazioni verso il passato non possa che portarci più velocemente ad una risoluzione verso noi stessi, togliendo di mezzo razionalmente tutti i sensi di colpa che ne possono derivare (le famose accuse di infantilismo). Ancora più in generale, collegare le nostre età e vederle come un'unica grande evoluzione, in rapporto fra di loro, può aiutarci a capire molte cose che altrimenti resterebbero invisibili.
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15-07-2008, 12:34
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#10
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Intermedio
Qui dal: Jul 2008
Messaggi: 247
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ammazza logorrizia, a legger tutto diventano ricordi d'infanzia letti nella vecchiaia :lol:
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15-07-2008, 21:09
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#11
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Esperto
Qui dal: Mar 2008
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Messaggi: 1,188
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Quote:
Originariamente inviata da bardamu2
Non do affatto per scontata l'ipotesi che l'infanzia sia stata per tutti un'età felice, o che l'adolescenza sia per tutti un periodo difficile.
Quello che dicevo è che dietro all'attaccamento verso fasi della vita che non ci appartengono più, spesso si nasconde un senso di incompletezza verso quegli anni, una sorta di conto in sospeso, nel tuo caso con l'infanzia, che ci si porta appresso nella speranza inconscia di "concludere" in qualche modo le cose, di comprendere tale periodo e riuscire a fornirgli, tramite la ragione e il nostro carattere ormai formato, un senso compiuto. Si tratta di riuscire a chiudere un capitolo che forse inconsciamente consideriamo ancora aperto, continuando a rivendicare per noi le cose che allora non abbiamo avuto.
Il contraltare di tutto ciò, la lama a doppio taglio di cui parlavo, consiste nel fatto che questo mettere al centro della nostra attenzione un'età che non è più la nostra, può in realtà essere un meccanismo di difesa da un'attualità che ci spaventa e che abbiamo difficoltà a gestire.
L'attaccamento riveste così il duplice ruolo di "capitolo non chiuso" e di "rifugio della mente". D'altra parte l'indecisione e la volontà di tenersi sempre delle porte aperte sono caratteristiche tipiche di noi persone introverse.
La mia intenzione non è certo quella di ridurre questo tuo lato caratteriale a semplice infantilismo (parola che non mi piace, perchè figlia di un modo di pensare troppo pragmatico e freddo), ma di riuscire a collegarlo in qualche modo al tuo presente, che penso abbia punti in comune col mio (dato che siamo entrambi iscritti a questo forum e condividiamo certi interessi). La mia infanzia, a differenza di te, la considero tutto sommato felice, nonostante non sia stata perfetta. Riesco comunque a vederla come compiuta e i tanti piccoli ricordi di cui è formata bastano a ritenermi soddisfatto e a darmi la sensazione di averla vissuta appieno.
Radicalmente diversa è stata la mia adolescenza. Sono stati anni letteralmente vuoti, tant'è che ho pochissimi ricordi di quel periodo e sono tutti annebbiati. Ho vissuto per anni come anestetizzato.
Anch'io come te sconto un'educazione che ha in qualche modo represso la mia assertività, non tramite la rigidità ma per via di una mancanza quasi totale di stimoli. Mi hanno lasciato vivere, ma non mi hanno guidato in alcun modo, ho così finito per ricercare l'approvazione nei miei genitori (mio padre in primis) e negli altri, per sopperire a questa mancanza di una figura che tirasse fuori ciò che avevo dentro.
Tutto questo discorso m'interessa proprio perchè come te in questo periodo sto cercando in qualche modo di avvicinarmi a sensazioni del passato con le quali sento di non avere conti in sospeso. Nel tuo caso è l'infanzia, nel mio l'adolescenza. Sto facendo cose attualmente che mi portano alla mente l'adolescenza non vissuta, e nonostante le viva con la mia consapevolezza attuale, il desiderio razionale è proprio quello di provare certe cose per poterle finalmente percepire come "concluse", mettendole una volta per tutte da parte. Imparare l'età per poterla abbandonare consapevolmente. Se è vero che non si possono saltare le tappe della vita, la cosa migliore che possiamo fare è viverne una versione diversa, mediata dalla nostra consapevolezza attuale, ma sempre allo scopo di riuscire a chiudere i conti col passato. Non è vero che bisogna reprimere i pensieri rivolti al passato...volenti o nolenti essi tornano sempre a bussare alla nostra porta e cacciarli indietro significa solo farci del male.
Il senso credo sia proprio questo: comprendere l'età che si sente incompiuta tramite gli strumenti intellettuali di cui disponiamo ora, ma non solo. Occorre anche in qualche modo "sentire" quell'età e riviverla a livello di esperienze, per permettere alla nostra parte inconscia e istintiva di fare lo stesso lavoro che la nostra parte razionale compie sotto i nostri occhi. Non solo il nostro pensiero deve dare significato al passato, ma il nostro essere tutto, corpo compreso (penso alla tua passione per un certo modo di vestire, ai capelli lunghi che dicevi di avere, alla bambola di cui hai postato la foto ecc.), deve esperire in qualche modo ciò che sentiamo come non concluso.
Penso che ragionare in questi termini delle nostre inclinazioni verso il passato non possa che portarci più velocemente ad una risoluzione verso noi stessi, togliendo di mezzo razionalmente tutti i sensi di colpa che ne possono derivare (le famose accuse di infantilismo). Ancora più in generale, collegare le nostre età e vederle come un'unica grande evoluzione, in rapporto fra di loro, può aiutarci a capire molte cose che altrimenti resterebbero invisibili.
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In realtà, anche io non ho assaporato sino in fondo l’adolescenza, ma tutto ciò – almeno nel mio personale caso - è stata la conseguenza diretta di un’infanzia non esperita sino in fondo, così come avrei desiderato. Quando le altre ragazze a 12-13 anni già sognavano di diventare grandi, io ero al contrario volta ancora a contemplare quel passato che tutto ad un tratto si era dileguato senza far rumore, senza che realmente fosse stato in grado di donarmi quelle normali certezze, che ogni bambino avrebbe dovuto avere ormai consolidato una volta giunto alle soglie dell’adolescenza.
Insomma, già a 12-13 anni avvertivo dentro di me l’amarezza del rimpianto, la sensazione dell’ingiustizia di essere considerata dagli altri non più una bambina, pur sentendomici ancora tanto. Al contrario si pretendeva da me un’autonomia e una sicurezza che non ero riuscita a costruirmi entro i primi 10 anni di vita.
Che senso poteva avere, per me, nella pre-adolescenza, incominciare a staccarmi dai genitori per ricercare conferme dal gruppo dei pari, se prima non sentivo di averne ricevute da piccola in quell’ambito privato-familiare, alla base di quello che sarebbe venuto dopo?
Di conseguenza, anche la mia adolescenza è iniziata molto più tardi rispetto a quella delle mie coetanee e quindi, anche questa seconda fase della vita, è stata vissuta da me un po’ marginalmente, però – a differenza di molti qua dentro – solo come effetto di una causa più remota.
Tu sostieni che si possa vivere in maniera diversa ciò che non è stato pienamente vissuto, per poi superarlo definitivamente. Comprendere razionalmente ed emotivamente per poi superare, insomma.
Al contrario di te, io penso che ogni fase esistenziale che non è stata esperita al momento giusto, permarrà per sempre rattrappita e acerba dentro di noi, reclamando il suo angolino di esistenza all’interno del nostro essere, dal momento che non ha avuto modo di essere goduta e “centellinata” quando invece avrebbe dovuto.
Ciò che è incompiuto rimarrà sempre tale dentro di noi e, a livelo metaforico, trovo calzanti tutte quelle metafore letterarie che mettono in scena fantasmi (hai letto “all’uscita” di Pirandello??), anime in pena incapaci di trovare realmente pace nella morte, in quanto consci di avere lasciato qualcosa di incompiuto sulla terra. Ciò che non è stato portato a termine, quindi, rimane e rimarrà per sempre sepolto in noi come fonte di tormento e logorio, nonostante non manchi l’impresa di arginare determinati meccanismi interiore.
Ciò che forse ci rimane di fare, è quanto meno tentare di limitare questa “coazione a ripetere” ciò che non c’è più e che non ha trovato il suo reale compimento.
Al contrario, il segreto sarebbe quello di valorizzare il più possibile la sofferenza che ne è scaturita, senza subirla passivamente o rimanerne vittima. Quello che più mi spaventa è il rischio di rimanere vittime di se stessi, di parti di sé incompiute, che rivendicano vita, soffocando di conseguenza l’espressione dell’io presente.
L’immagine del Vischio di Pascoli rende a perfezione l’idea di un elemento parassitario (l’io passato di cui il poeta non riesce a liberarsi) che giace al fondo di noi e che si nutre a discapito dell’io presente, sottraendogli così forza ed energia.
Sicuramente la strada per mantenere un proprio equilibrio e per imparare a lasciare andare naturalmente ciò che è stato, è la presa di coscienza di sé, unita alla volontà di volgere, anche quella che può sembrare una propria mancanza, in strumento conoscitivo di se stessi e della realtà.
Se ci pensi, tantissimi artisti hanno avuto infanzie negate, storie esistenziali drammatiche, ma la loro àncora di salvezza è stata sicuramente quella di trasformare in creazione e in strumento conoscitivo quel vortice interiore, che avrebbe invece potuto essere un’arma di autodistruzione e di autocondanna….
Una nota finale sull’adolescenza: anche io non posso dirla di averla vissuta con pienezza, ma non la rimpiango affatto; quando vedo a scuola certe dinamiche che avvengono tra i coetanei, la logica del branco che spadroneggia, non posso fare altro che ringraziare tutti i giorni Iddio (anche se non sono credente!) per avermi fatto superare un’età così ingrata e dominata dalla cieca furia dell’istinto (almeno tra gli 11 ed i 16 anni è proprio così).
Avendo io trascorso l’adolescenza in una scuola di coatti (in cui si è diplomata due anni dopo di me pure una famosa velina-show-girls-valletta-presentatrice-“ocomevoletechiamarla”), mi ricordo di quanto al tempo fossi fiera di distinguermi da “cotal massa informe” di giovani e col tempo anche la solitudine non mi è nemmeno più pesata….
Ps: scusa per gli errori di battitura, le sviste ecc....ma ho scritto molto velocemente stamattina, perchè dovevo correre via!
PPs: le canzoni che ho postato, anche se hanno fatto parte del mio bagaglio di memorie le trovo comunque oggettivamente belle anche oggi e mi procurano tuttora - senza stare ad analizzare troppo tutto - comunque una gioia, un piacere...
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15-07-2008, 21:10
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#12
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Originariamente inviata da calitelo
ammazza logorrizia, a legger tutto diventano ricordi d'infanzia letti nella vecchiaia :lol:
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Bè, almeno sai come passare il tuo tempo.....sennò cosa ci fai te con tutto sto tempo libero? leggi i miei post!!! E' u nuovo hobby da oggi, per te :P
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15-07-2008, 23:00
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#13
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Originariamente inviata da clizia
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Originariamente inviata da Lice
Ammirerò sempre chi riesce a conservare intatta almeno una parte dell'innocenza dell'infanzia...
Quando hai postato le sigle dei vecchi cartoni animati mi sono venuti in mente alcuni pensieri...
Il fatto che all'epoca si guardassero quelle imagini con un sincero stupore e gioia...adesso mi accorgo che guardandoli l'occhio mi cade sull'estetica, sul fatto che quei disegni non mi piacciono...e mi stupisco a ripensare a quanto invece il mio sguardo da bimba fosse diverso...
Però anche io ho conservato intatta una parte nfantile...
Mi piacerebbe tanto tornare a fare cose che facevo da bambina...tipo correre a perdifiato tra i campi, con le braccia spalancate e le dita che sfiorano l'erba alta o arrampicarsi sugli ulivi...cose da riprovare tutte... :P
Toglimi una curiosità, pur essendo coetanee, io quei cartoni non li ho riconosciuti...se mi concentro mi vengono in mente solo cartoni dall'aspetto più recente (tipo Hallo Spank...o altri).
A quando risalgono i tuoi primi ricordi d'infanzia?
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Ciao Lice,
a dire il vero ho moltissime memorie legate alla primissima infanzia, tanto che anche i miei familiari rimangono spesso stupiti di quanto io ricordi relativamente a eventi e fatti anteriori ai miei 4 anni d’età.
Posso dirti che i miei primi ricordi risalgono ai tempi dell’asilo nido, e quindi sono precedenti ai 3 anni.
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Trovo incredibile il fatto che tu abbia dei ricordi così vividi dei tuoi primissimi anni di vita...è una cosa che mi affascina moltissimo!
Ho cercato di concentrarmi sulla mia infanzia per tentare di ricordare qualcosa di altrettanto indietro nel tempo...ma ho come la sensazione che i miei ricordi siano più il frutto dei racconti legati ad episodi che mi sono stati narrati da mia mamma, piuttosto che ricordi autentici e cristallini...
Tra le cose che mi ha raccontato mia mamma, ad esempio, c'è il fatto che da bimba io fossi pazzamente innamorata di Sampei e che ogni volta che veniva trasmessa una puntata del cartone mi arrabbiassi con la ragazza che nell'anime era la sua fidanzata... :lol:
Io però non me lo ricordo...così come non ricordo quel bambino a cui pare io corressi dietro dicendogli che un giorno ci saremmo sposati... :lol:
Mi pare sempre che i miei ricordi di questi eventi siano stati generati dai racconti e non che siano stati recuperati dalla memoria...non so se è solo una sensazione o qualcosa in più.
Però ho la sensazione che sia successo qualcosa di molto brutto nella mia infanzia, che mi sia stato fatto qualcosa...ma quando cerco di ricordare cosa ho solo una sensazione sgradevole...
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Originariamente inviata da clizia
Veramente trovi brutti quei disegni? Io li trovo carini e soprattutto quelli del mago di oz li trovo piuttosto originali e naif…Lucy May per me è disegnato molto bene; soprattutto gli sfondi paesaggistici non sono affatto male: sanno catapultarti nelle atmosfere di un’Australia di fine ‘800, presa all’assalto dal flusso migratorio dei poveri d’Europa.
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In effetti Lucy May è carino.
Mi sono ricordata che, quando da piccola, andavo in Polonia dai miei cugini (mio cugino ha un'anno in più di me, mia cugina un'anno in meno), la sera dopo cena, tutti aspettavamo con trepidazione la "dobranocka" che potrebbe essere, infelicemente, tradotta come "buonanottina"... :?
Durava all'incirca una ventina di minuti e conteneva cartoni, storie disegnate o racconti di fiabe fatti da un narratore.
Ai tempi, venivano trasmessi sia cartoni in bianco e nero, sia a colori.
Ti posto 2 cose al 100% polish...
Il primo link è ad una storia disegnata e doppiata in bianco e nero...ne vidi parecchie all'epoca.
Il secondo link è di un cartone stra-famosissimo in Polonia, di produzione interamente polacca...ci sono delle vie in alcune città polacche che recano il nome dei protagonisti, ossia "Bolek i Lolek".
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Originariamente inviata da clizia
Anche i belissimi libri di fiabe - che ancora custodisco - giacciono come muti, e le parole appaiono scolorite e poco pregnanti, incapaci di dare corpo a quelle storie che un tempo animavano la mia mente. Insomma, ricerco quello stesso stupore tra le cianfrusaglie confuse e ammaccate del passato, eppure alcune cose sembrano incapaci di parlarmi come un tempo, forse perché – dentro di me- qualcosa si è definitvamente rotto, oppure sono semplicemente cresciuta….
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La frase che ho sottolineato mi ha particolarmente colpita...direi commossa e riempita di malinconia.
E' una cosa che faccio anch'io...sarebbe meglio dire facevo, prima che l'apatia risucchiasse persino quel genere di ricerca nostalgica di uno stupore irrecuperabile...
Sono cresciuta, ma mi sento molto più piccola dell'età che ho...
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Originariamente inviata da clizia
C’è uno scrittore M. Ende (cosiderato per ragazzi, ma per me va ben oltre), che riesce ancora abbastanza bene coi suoi libri a farmi rivivere certe sensazioni legate alle facoltà immaginative tipiche dell’infanzia, ma ovviamente usa strategie narrative più sofisticate per permettere all’adulto di reimmergersi e recuperare certe sensazioni ormai dimenticate…
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"La storia infinita" e "Momo" hanno fatto rivivere anche a me certe sensazioni...
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Originariamente inviata da clizia
Eccoti il video promesso, “l’aquilone dei sogni” a Lice, brano tradizionale nipponico legato alla festa dei bambini, celebrata in primavera. I bimbi fanno volare aquiloni a forma di carpa, per raccogliere i sogni che fluttuano, invisibili, nell’aria. ‘sta bimba non canta benissimo‘ e infatti è molto più valorizzata la parte corale, soprattutto, quindi, la parte finale del brano.
http://it.youtube.com/watch?v=ZsitHTOZK0g
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In effetti la bambina del video non è intonatissima... :lol:
Ho notato che alcuni bambini si erano messi a ridere mentre stonava... :lol:
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Originariamente inviata da clizia
Visto che sei polacca Lice, ti linko anche quest’altro brano appunto polacco. Alterna parti riflessive e malinconiche ad un ritornello gaio e festoso. È un invito a vivere senza troppi pensieri gli ultimi attimi dell’estate, prima che questa si dissolva nel cupo e gelido inverno polacco…ti ricorda nulla la canzone? Anche questa credo che sia folk, così come quasi tutte le canzoni straniere che partecipavano allo zecchino di un tempo….
http://it.youtube.com/watch?v=b33sP4nQjEQ
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Mmmhh...la canzone non la conosco, ma certe sonorità non mi sono del tutto estranee...evidentemente, sepolti nella memoria, ci sono anche quei tipi di ritmi e suoni.
P.S. Mi dispiace di non aver risposto prima al topic, ma sono presa dai preparativi pre-partenza per queste vacanze...che si preannunciano parecchio ansiogene. :lol:
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15-07-2008, 23:19
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#14
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Esperto
Qui dal: Jun 2008
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Originariamente inviata da clizia
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Bè, almeno sai come passare il tuo tempo.....sennò cosa ci fai te con tutto sto tempo libero? leggi i miei post!!! E' u nuovo hobby da oggi, per te :P
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tutto questo tempo libero?
mi sa che sei informata male
non credo esista qualcuno qui più impegnato di me :lol:
per questo prediligo i post brevi e coincisi
però son curioso di vederti sabato, x vedere se anche dal vivo loghi, in tal caso ti appiccicherò il bollino da estroversona seduta stante
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16-07-2008, 20:33
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#15
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Esperto
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Originariamente inviata da cali
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tutto questo tempo libero?
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non credo esista qualcuno qui più impegnato di me :lol:
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Ma non è che il vero estroversone sei in realtà tu? Ti senti la musica a "palla" da "coatti discotecari", vai a fare una vacanza dove si fanno balli di gruppo del tipo "balliamo tutti assieme il ballo della meringa" et similia......e poi dici a me che sono estroversona solo perchè un pochettino "chiacchierona"? :wink:
Mi sa che in fondo al tuo animo giace uno spirito desideroso di lanciarsi nel vortice dell'estroversione più totale, tra balli, confusione e donnine in minigonna....
mica sei come me, che - da vera introversa - mi dedico alla contemplazione, alla riflessione ecc.....poi ho un hobby (si fa per dire!) " very very fobic": il latino!!
hehe, calimero, ! Mi sa che dovrò procurarmi io, per te, il bollino estroversone!
Ovviamente scherzo....per me ognuno esprime la propria timidezza e i propri disagi in modi diversi; non è solo il silenzio totale o l'essere di poche parole ad essere la spia di un certo modo di essere o di sentirsi nel mondo. E' importantissimo, poi, anche quello che comunichiamo a livello di linguaggio fisico extra-verbale, senza che ce ne rendiamo nemmeno conto....
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