Antefatto rapido: i miei amici sono usciti per andare in un posto che io detesto, motivo per cui ho declinato qualunque invito a unirmi a loro.
E' circa mezzanotte e come sempre sono al computer, e come spesso in questo periodo sono su questo forum. Alcune cose che ho letto mi hanno gettato come in preda a una tetra meditazione e sono un pò inquieto. Mi chiedo perchè non mi piaccia l'idea che un giorno forse anche io potrò guardare un uomo negli occhi e sentire la sua paura e vederlo farsi indietro, o perchè non mi convinca tanto l'idea di poter un giorno dire che sarò considerato un uomo brillante e disinvolto pur essendo rimasto positivo e profondo come sono sempre stato.
Avevo già deciso di uscire di casa: da parte ho una sigaretta scippata a un mio parente e sento che è il momento di usufruirne. Già so, tra l'alto, che cercherò di intercettare i miei amici all'uscita del locale; nel nostro gruppo ci sono minorenni e rincasare prima dell'una è sempre un imperativo. Esco, sicuro dei miei calcoli, nella testa ancora quei pensieri e qualcosa a metà tra lo scoramento e un disgusto che voglio mandar via.
Vado, fumando, sul lungomare. Sono solo e inizio a camminare guardandomi un pò intorno. Per via di una particolarità nel modo in cui porto i capelli mi è capitato spesso di essere insultato, guardato, indicato o di vedere gente ridere e pensare che ce l'avessero con me. Questa sensazione mi segue sempre un pò e cammino cercando di tenermi a distanza dai gruppi di gente. Dato che mi gira un pò la testa (fumo sporadicamente), mi siedo in un punto che mi accorgo essere talmente buio da potermi nascondere perfettamente se fossi un animale in fuga. Dopo un pò, finita la sigaretta e sentitomi abbastanza un animale in fuga, mi alzo e mi dirigo verso il locale.
Entro e mi siedo vicino all'entrata, insieme ad altri che stanno aspettando. Sono sulla strada della gente che esce e al primo gruppetto che vedo arrivare mi arrendo subito alla...fobia...ed esco. La sola idea che possano guardarmi, sorridere, pensare minimamente a me mi fa sentire come sulla graticola. Esco e mi appoggio a un pilastro.
Esce un altro gruppo e rimane li davanti a parlare. Tengo le mani dietro la schiena e guardo dall'altra parte, ma mi rilasso forzatamente quando penso a quanto mi sento ridicolmente pietrificato. Affronto (?) con il volto il gruppo: ma nessuno pensa a me. Mi sposto allora un pò verso la porta per guardare dentro, reprimendo l'allarme che suona di nuovo nel ritrovarmi sulla linea di vista di tutti quelli che escono. Ma anche stavolta nessun inconveniente. Passano meno di 10 minuti e i miei amici sono fuori. Tutto come previsto.
Saluti, chiacchiere, solite cose. Dopo pochissimo il mio amico "più amico" dice di dover accompagnare un paio di compari a casa, e si avvia con loro, e io decido di seguirli. Saluto tutto gli altri e mi avvio. Mentre raggiungiamo la macchina, si chiacchiera del più e del meno. Evito di pensare a quanto potrei apparire ridicolo per essermi presentato poco fa in quel modo, manco fossi in astinenza da amici. Ma ormai so che le gente pensa agli altri molto meno di quanto gli altri credano e vorrebbero, e comunque non ho più 15 anni. Penso quindi innanzi.
In macchina, il mio amico mi dice che gli altri ragazzi hanno deciso di concludere la serata a casa di un altra amica, prossimo alla partenza, e che lui aveva preferito lasciar stare per via di impegni il giorno dopo. Io, naturalmente, non ne sapevo nulla ne qualcuno all'uscita del locale mi ha detto qualcosa. Sempre tanto cari, i miei amici. Ma vabbè.
Ho altro a cui pensare, comunque: domenica è il mio compleanno e il mio amico mi fa sapere che lui e gli altri stanno aspettando che io decida cosa fare. Devo organizzare io. E' ovvio, ma davanti a questa semplicissima cosa rimango muto per quasi tutto il tragitto: dovrei prendere il telefono, chiamare quelle persone a uno a uno e dirgli "domenica è il mio compleanno, facciamo così così così", e sentirli magari cascare dalle nuvole, chiedermi altre cose che potrei non sapere ancora, doverli richiamare, capire che gli sto rompendo le palle e che magari vorrebbero dirmi che se ne sbattono del mio compleanno ma che non possomo dirmelo perchè è peccato, e tante altre cose. Sono nel terrore più puro; non ho neanche il coraggio di chiedere al mio amico quanti potremmo essere e se ci sia la possibilità di restare a piedi, dato che lui è uno di quelli che guida e sarebbe come chiamarlo direttamente in causa.
Alla fine, in qualche modo ho risolto: ho vuotato il sacco con il mio amico e con 2 conti so che ce la dovremmo fare, per il resto mi appoggerò a un sito che usiamo tutti per far sapere dove e quando, e nel frattempo cercherò un posto adatto. Magari mi procurerò anche una torta. La possibilità di ridurre il contatto con gli altri a zero nell'organizzare mi libera da ogni peso, e ritorno a casa più o meno tranquillo.
Domani ho da studiare: roba di programmazione. Rivolgo un ultimo pensiero al professore di quell'esame, che dopo due-tre anni di insegnamento ha lasciato un bug nel primo codice della prima serie di slide del suo corso. E l'ho dovuto anche risolvere, per fortuna in poco tempo. Cosa da niente, comunque.