Quattro anni fa morivano dei ragazzi che non conoscevo.
Accadde proprio qui, nella mia città.
Furono vittime di un incidente stradale: due ragazze molto carine e un ragazzo un poco più piccolo, che un tempo conoscevo almeno di vista perché alle medie, prima che cominciassero le lezioni, veniva con me e con un mio amico a passeggio lungo il corridoio da poco illuminato dell'istituto scolastico che, specie al primo mattino, mi sembrava tristemente simile a una galera.
Era un ragazzo dal fare tranquillo e sereno, e passeggiare con lui ricordo mi rilassava prima che cominciassero le lezioni - io che a scuola sono sempre stato così teso nonostante allora andassi piuttosto bene.
Finite le medie, non ci parlai più.
Non so in che punto della sua vita, entrò a far parte del gruppo che era stato il mio diversi anni prima, diventando intimo amico degli amici che avevo frequentato anch'io, e che adesso non sentivo più solo perché mi sembrava una faticaccia il solo chiamarli.
Era un gruppo vario ed elastico, a volte si riunivano in poche persone, altre si gonfiava, e allora si poteva riunire tutta la mia città nei pressi del posto dove stavano loro abitualmente.
C'era questo ragazzo di un anno più grande di me. Forse bravo ragazzo, anche se gasato al massimo. Non lo so, non lo conobbi mai. Da adolescente era grasso, dall'aria pacioccona, con gli occhiali e i capelli biondi.
Stava, prima di entrar a far parte anche lui del gruppo che era stato il mio, presso una comitiva di ragazzi che si riunivano nei pressi dei giardini comunali; io, vedendoli, li chiamavo scherzosamente i GASATONI perché la loro passione principale erano i motorini e la loro occupazione era quella di modificarli sempre di più per farli andare sempre più veloce. C'erano motorini, tra quelli, che sfioravano i 140 e che quando passavano facevano un rumore veramente infernale, neanche fossero state delle fottutissime Harley.
Tra questi ragazzi c'era lui, che sarebbe stato l'assassino, ancora grassottello, anche se poi sarebbe presto dimagrito. Guidava un Fantom bianco dalla vernice opaca e lo si vedeva sfrecciare a tutta velocità su strade molto trafficate e affollate all'interno della cittadina mia dove il limite era giustamente sui 30 o 40.
Molte volte seppi che fu fermato dai carabinieri, molte volte fece cazzate, anche se dopo un po' lo si vedeva di nuovo sfrecciare per la città, freccia incosciente e inestinguibile nel giorno e nella notte: una freccia senza bersaglio però, che qualche arco coglione avesse fatto partire per sbaglio, o per inutile civetteria.
Una volta, perdendo il controllo del suo motorino, seppi da buone fonti, cioè da lui stesso, che sfasciò addirittura la vetrina di un negozio del centro, facendo numerosi danni, e si vociferava che adesso, per una sorta di punizione della legge, non potesse prendere la tanto desiderata patente prima dei ventuno.
Erano circa quattro anni fa che stavo dormendo tranquillo, ignaro d'ogni sofferenza, quando fui svegliato da insistenti sirene che attraversando il centro abitato sembravano allontanarsi sempre di più, la loro cantilena fastidiosa ma necessaria sempre più ridotta a un tenue eco.
L'ambulanza, che li per lì non mi impressionò affatto, era diretta nei pressi di un importante centrale elettrica che si trova fuori città. Lì era accaduto il tragico incidente che ammutolì per diversi giorni, e per diverse ragioni, l'intera cittadina mia, che avrebbe pianto per questi figli morti che erano simpaticamente conosciuti da tutti.
Il giorno dopo la triste notizia non si fece attendere.
Il ragazzo biondo, di cui ho parlato poco prima, quello gasatone, che sfrecciava sempre troppo veloce per le strade della mia città, presa finalmente la patente, aveva preso la macchina di suo fratello, che non poteva ancora guidare perché troppo potente, e nei pressi d'un curvone era uscito fuori strada, sbattendo subito dopo su un palo alla velocità di 160 all'ora. In una strada dove il limite consentito era 50.
L'unico illeso fu lui, che si trovava al posto di guida, sfacciatamente fortunato senza averlo chiesto.
Gli altri tre ragazzi che viaggiavano con lui, tutti secchi.
Le due ragazze erano veramente carine. Ancora oggi si possono vedere le loro foto su facebook. Loro morirono sul colpo. Credo stessero dietro.
L'altro ragazzo, quello che un pochino conoscevo dai tempi delle medie, morì durante la notte, tutto il corpo distrutto, sfasciato, arreso.
Tre fiammelle di preziosa vita spente perché un fanatico testa di minchia non sapeva della grande utilità del freno. Poi si seppe che stava andando a 160 perché quando la macchina sbatté, il contachilometri si bloccò sulla velocità che stava tenendo poco prima. Lo notarono anche gli inquirenti.
Il ragazzo sulle prime sembrò sconvolto. Riuscì, e in questo fu coraggioso, a estrarre i corpi dei suoi amici morti dalla macchina che stava cominciando a prendere fuoco. Chiamò i soccorsi e quando arrivarono salì sopra un muro sotto il quale scorreva il canale dell'acqua e minacciò seriamente di buttarsi. Adesso, non solo si è ripreso, ma ha ricominciato a modificare la macchina. Ha molti amici e molte amiche, è pienamente inserito all'interno della comunità, pure se il padre dovette giocarsi la casa che si stava costruendo per ripagare le famiglie coinvolte, dato che l'assicurazione non accettò di risarcirle. E come avrebbe potuto, dato che guidava una macchina che non poteva guidare.
Il giorno dopo ci fu una sorta di grossa fiaccolata organizzata dai ragazzi della mia città, alla quale non partecipai perché neanche in quell'occasione fui capace di dominarmi e vincere il rifiuto per lo stare nei grossi gruppi.
Oggi, io andrei a quella fiaccolata.