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Vecchio 17-02-2010, 16:03   #1
Principiante
L'avatar di Pinosolitario
 

Cari ragazzi, aiutatemi.

Sono un po' disorientato, sono appena arrivato qui e non so quale sia la sezione giusta per parlare dei miei problemi (vedi presentazione: "Orfano"). Provo dunque a mettere il mio post in questa sezione generale, se avrò sbagliato mi orienterete altrove.

Confesso che pur essendo da una vita preda di idee un po' strane e ossessive che mi hanno sempre impedito di crescere davvero e di agire in modo "normale" mai avrei pensato di finire così.
Ma non pretendo formule magiche, al momento mi accontenterei di qualche consiglio pratico.

Il problema è questo:
-avendo ormai assodato che non sarò più felice (o beatamente incosciente...) come prima;
-essendo straconvinto che la vita d'ora in poi mi spaventerà soltanto;
-non potendo in alcun modo evitare il raffronto tra il tempo buio attuale e la serenità del passato;
-pur riconoscendo la validità di alcuni consigli che ho ricevuto in merito alla mia ossessione, del tipo "quando ti vengono pensieri malati non fermartici sopra", "alzati e imponiti di fare qualcosa di pratico, qualsiasi cosa che ti permetta di distogliere la tua attenzione", "esci, va' in libreria, in biblioteca, al cinema", "iscriviti a questo e a quello", "occupati di volontariato così vedi che c'è chi sta peggio" e cose simili:
ebbene, io non riesco a mettere neanche il naso fuori dal tunnel nel quale mi trovo; giro e rigiro attorno al "pensiero malato" cercando di risolvere l'irrisolvibile; dovrei distogliermi e invece mi ci fermo come se volessi a tutti i costi trovare dentro di me una soluzione; mentre invece razionalmente so bene che se una solozione c'è non sta di sicuro dentro di me.
La razionalità non mi basta perché mi sento ostaggio della parte irrazionale di mé stesso, e da questa mia situazione non so uscire. E anche se qualcuno mi trascina temporaneamente e a forza in un contesto teoricamente più sereno (ringrazio per questo il mio prezioso fratello che a volte ci prova), anche mentre fruisco del temporaneo beneficio non posso non considerare l'abisso che mi separa dalla vera serenità o anche soltanto da una vaga parvenza di essa. E questa consapevolezza uccide in me ogni sollievo anche temporaneo, e mi annulla quell'energia che mi sarebbe invece indispensabile per uscire fuori dal pozzo nel quale sono caduto.

Insomma, c'è qualcuno che mi possa dare qualche consiglio pratico per distogliermi dai miei "pensieri malati"? Grazie per quanti vorranno rispondere.
Vecchio 17-02-2010, 16:12   #2
Banned
 

Quote:
Originariamente inviata da Pinosolitario Visualizza il messaggio
Insomma, c'è qualcuno che mi possa dare qualche consiglio pratico per distogliermi dai miei "pensieri malati"? Grazie per quanti vorranno rispondere.
consiglio pratico

rivolgiti ad un terapeuta: prediligi quelli con un approccio meno "classico" e più "comportamentale"/"life coaching"

hai bisogno di qualcuno che ti scuota e ti motivi... da solo non ne esci...
Vecchio 17-02-2010, 21:28   #3
Avanzato
L'avatar di calimeno
 

quali sono i tuoi pensieri malati?
Vecchio 17-02-2010, 22:41   #4
Esperto
L'avatar di MarcheseDelGrillo
 

Quote:
Originariamente inviata da stewie Visualizza il messaggio
consiglio pratico

rivolgiti ad un terapeuta: prediligi quelli con un approccio meno "classico" e più "comportamentale"/"life coaching"

hai bisogno di qualcuno che ti scuota e ti motivi... da solo non ne esci...
Quoto.

Iniziare a vivere normalmente è possibile, bisogna solo volerlo ed essere disposti a mettersi seriamente in gioco per cambiare. Una volta acquisiti questi due fondamentali presupposti, bisogna iniziare a prendere in considerazione l'idea di contattare uno specialista.

Personalmente ti consiglio uno psicologo/psicoterapeuta ad orientamento cognitivo-comportamentale, come quello che mi sta seguendo in questo periodo. E' un approccio molto diverso dalla tradizionale analisi, diretto al problema e di durata relativamente breve (da pochi mesi ad un anno, a seconda della problematica e della sua complessità).

Inoltre colgo l'occasione per sfatare uno dei miti legati alle psicoterapie cognitive. Si dice che siano superficiali e che si concentrino esclusivamente sul sintomo, trascurando le cause profonde dei disagi.

In verità quest'affermazione è spesso frutto di malafede (vedi alcuni analisti che cercano di arrogare una presunta superiorità degli approcci tradizionali) oppure di ignoranza.
Questa critica poteva essere mossa più che altro al "primo cognitivismo", di stampo estremamente razionalista, superato oramai da una ventina d'anni.

Lo sviluppo del cognitivismo tradizionale ha infatti imboccato oggi una via "post-razionalista", caratterizzata da una rinnovata attenzione al dato emotivo che sta dietro il sintomo (cosa effettivamente trascurata dal primo cognitivismo).

Tutto ciò rappresenta un grande progresso del cognitivismo, perchè non si và solamente a lavorare sugli effetti di ciò che proviamo ( il "sintomo":comportamenti che ci mettono a disagio e sottostanti pensieri che li causano), ma anche (e soprattutto) sul significato emotivo che "riveste" il sintomo, che è UNICO e PERSONALISSIMO (e proprio in virtù di questo il post-razionalismo rifiuta di trattare i pazienti come soggetti classificabili).

Il bravo terapeuta è in grado di "disegnare" la "mappa dei significati emotivi" del paziente; in poche parole riesce a capire con che tinta emotiva coloriamo la nostra esperienza.
Questo non solo grazie ai resoconti del vissuto quotidiano del paziente (che rappresenta comunque l'oggetto di maggior interesse nella terapia), ma anche grazie all'analisi del suo passato (che è oggetto di una breve "scomposizione", per capire quando e in che occasioni possano essersi originati certi significati emotivi).

E' bene che le persone sappiano che, se ci si affida a gente in gamba e si è disposti a mettersi veramente in gioco (perchè entrare in terapia alla fine è questo), si può iniziare un percorso di crescita che potrebbe rivelarsi risolutivo.
Vecchio 18-02-2010, 00:44   #5
Esperto
L'avatar di starlight
 

ciao......anke io soffro in parte di disturbi di pensieri ossessivi...
l'unica cosa che posso dirti dopo 5 mesi di intensa terapia....nn è certo ke il problema nn c'è..o che ci sia una soluzione...o che magari devi impegnarti in altro...xke la testa torna sempre lì....

bisogna o bisognerebbe..imparare a destrutturare il pensiero negativo in sè e x sè.......aihmè sò che nn è cosa facile...ma ci vuole molta pazienza!
Vecchio 18-02-2010, 01:03   #6
Principiante
L'avatar di Pinosolitario
 

Quote:
Originariamente inviata da calimeno Visualizza il messaggio
quali sono i tuoi pensieri malati?
Sostanzialmente il problema è uno solo: la solitudine esistenziale che mi procura la recente perdita di mamma, e questo genera diversi pensieri malati.
Ad esempio mi rammarico di non essermi mai adoperato abbastanza per rendermi indipendente psicologicamente e materialmente da lei; e anche se adesso riuscissi a raggiungere qualche piccolo successo in questo campo (e lo dovrò fare per forza) mi rammarico di non averlo fatto finché lei era in vita, quando magari avrebbe potuto essere fiera di me e invece non lo è mai potuta essere.
Oppure l'idea che uno con i genitori morti vale molto meno, come persona, di uno con i genitori vivi; da cui l'invidia insostenibile verso persone che vivono ancora pur avendo superato l'età della mia mamma morta.
L'incapacità di guardare avanti, l'insistenza nel guardare solo indietro scavando nella memoria per trovare rimpianti e colpe da addossarmi, commesse quando il mio tempo era felice e incosciente, un tempo che non tornerà mai più.
L'idea che comunque agirò non servirà in nessun modo a far rivivere la mia mamma, l'unica ragione di soddisfazione che avevo nel fare ciò che facevo.
L'idea che tutti hanno una famiglia e io invece un po' alla volta l'ho persa e non ritornerà più.
Le statistiche sull'età media dei decessi e sull'età media che hanno i figli quando perdono i genitori, e i numeri in generale connessi con fatti di questo tenore. Numeri che mi rigirano in testa cercando una impossibile quadratura che non viene mai.
La solitudine di una vita vuota che mi impedisce di guardare avanti e mi fa concentrare solo sul passato.
E potrei continuare, ma non mi sento disposto a parlare proprio di tutto.
Tutti questi pensieri sono per me paralizzanti, mi impediscono di agire, mi rallentano i riflessi, mi dilatano il tempo necessario a ogni piccola attività, mi impediscono di programmare, progettare, agire.
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