Quote:
Originariamente inviata da stewie
consiglio pratico
rivolgiti ad un terapeuta: prediligi quelli con un approccio meno "classico" e più "comportamentale"/"life coaching"
hai bisogno di qualcuno che ti scuota e ti motivi... da solo non ne esci...
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Quoto.
Iniziare a vivere normalmente è possibile, bisogna solo volerlo ed essere disposti a mettersi seriamente in gioco per cambiare. Una volta acquisiti questi due fondamentali presupposti, bisogna iniziare a prendere in considerazione l'idea di contattare uno specialista.
Personalmente ti consiglio uno psicologo/psicoterapeuta ad orientamento cognitivo-comportamentale, come quello che mi sta seguendo in questo periodo. E' un approccio molto diverso dalla tradizionale analisi, diretto al problema e di durata relativamente breve (da pochi mesi ad un anno, a seconda della problematica e della sua complessità).
Inoltre colgo l'occasione per sfatare uno dei miti legati alle psicoterapie cognitive. Si dice che siano superficiali e che si concentrino esclusivamente sul sintomo, trascurando le cause profonde dei disagi.
In verità quest'affermazione è spesso frutto di malafede (vedi alcuni analisti che cercano di arrogare una presunta superiorità degli approcci tradizionali) oppure di ignoranza.
Questa critica poteva essere mossa più che altro al "primo cognitivismo", di stampo estremamente razionalista, superato oramai da una ventina d'anni.
Lo sviluppo del cognitivismo tradizionale ha infatti imboccato oggi una via
"post-razionalista", caratterizzata da una rinnovata attenzione al
dato emotivo che sta dietro il sintomo (cosa effettivamente trascurata dal primo cognitivismo).
Tutto ciò rappresenta un grande progresso del cognitivismo, perchè non si và solamente a lavorare sugli
effetti di ciò che proviamo ( il "sintomo":
comportamenti che ci mettono a disagio e sottostanti
pensieri che li causano), ma anche (e soprattutto) sul
significato emotivo che "riveste" il sintomo, che è UNICO e PERSONALISSIMO (e proprio in virtù di questo il post-razionalismo rifiuta di trattare i pazienti come soggetti classificabili).
Il bravo terapeuta è in grado di "disegnare" la "mappa dei significati emotivi" del paziente; in poche parole riesce a capire
con che tinta emotiva coloriamo la nostra esperienza.
Questo non solo grazie ai resoconti del vissuto quotidiano del paziente (che rappresenta comunque l'oggetto di maggior interesse nella terapia), ma anche grazie all'analisi del suo passato (che è oggetto di una breve "scomposizione", per capire quando e in che occasioni possano essersi originati certi significati emotivi).
E' bene che le persone sappiano che, se ci si affida a gente in gamba e si è disposti a mettersi veramente in gioco (perchè entrare in terapia alla fine è questo), si può iniziare un percorso di crescita che potrebbe rivelarsi risolutivo.