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Who_by_fire 09-01-2009 20:05

Non è vero che il giudizio degli altri non conta!
 
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icek 09-01-2009 20:09

sintetizzando:EQUILIBRIO :D

JohnReds2 09-01-2009 20:19

Hai ragione. Io personalmente però ho bisogno di fare un altro pò il menefreghista...

Ramirez 09-01-2009 20:26

Vivendo in un contesto sociale la approvazione/disapprovazione degli altri
conta.
Siamo isole interconnesse dalla corrente.

Bisogna poi distinguere e sopratutto saper riconoscere l'approvazione disinteressata da quella generata a scopo utilitaristico.

L'approvazione degli altri non deve divenire un motivo ossessivo, una dipendenza.

Ognuno di noi avrà costruito dentro di se una scala di valori etici che ci permette di giudicare autonomamente il nostro operato.

E poi che caz.o sentirsi dire "hai fatto proprio una bella cosa" mica è una bestemmia, che diamine.

Who_by_fire 09-01-2009 20:27

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cancellato2369 09-01-2009 20:45

conta è vero...ma...IL GIUDIZIO DEGLI ALTRI SEI TU STESSO A CREARLO...

insomma...sei tu a dover prendere le redini x uscire dalla fobia....e una volta usciti, beh...sei tu che se ti dimostri propositivo non puoi che suscitare una buona sensazione....certo x essere un po' il leader ci vuole quel pizzico in più di capacità di giocare innanzitutto con se stessi e gli altri...

estremilio 09-01-2009 21:00

Re: Non è vero che il giudizio degli altri non conta!
 
Quote:

Originariamente inviata da Who_by_fire
Conta eccome, invece!

E' vero che un primo passo da fare per riuscire a sbloccarsi e a vincere la timidezza (quando si tratti di timidezza esagerata e disfunzionale) è recuperare l'autostima e dimenticarsi temporaneamente del giudizio degli altri. Non permettere che la propria vita e le proprie azioni vengano influenzate da come gli altri (inevitabilmente) ci etichettano: "intelligente", "stupido", "pigro", "attivo", "carismatico", "debole", "capace", "incapace"...................
Insomma, regalare un bel "chissenefrega" all'universo (cit.).

Il menefreghismo verso la valutazione (o svalutazione) da parte degli altri è in nome della necessità di fare il proprio percorso personale con i propri ritmi (p.es.: prima la serenità interiore e poi le realizzazioni intellettuali/professionali) ed è volto a costruire una propria fiducia in sé un minimo svincolata da quella che gli altri e il mondo concreto ci accordano.

Però.....

Ad un certo punto, quando ci si è liberati un po' dall'assillo dell'ansia sociale e si riesce a sopportare lo sguardo altrui senza frantumarsi in mille pezzettini, ci si rende conto che il giudizio degli altri conta. Anzi, è molto importante.

Paradossalmente infatti questo stesso menefreghismo che in un primo momento aiuta ad emanciparsi, in seguito, se protratto come un'abitudine, può farti impantanare e crogiolare nella situazione della "persona che fa il proprio percorso con i propri tempi, perché, capperi, la serenità interiore è più importante di ciò che si conclude in concreto!".
Il giudizio degli altri (chiamatelo super-io se vi va) pone un limite a questo "tempo personale" che altrimenti verrebbe protratto all'infinito (anche perché è pressoché impossibile trovare uno stato di serenità interiore perfetta: ci sarà sempre da combattere un po'), impedendo di concretizzare qualunque cosa.

Non basta riuscire a non farsi disintegrare dallo sguardo altrui.
Bisogna anche imparare a farsi stimare, per quello che possiamo e quello che siamo, dagli altri. Accettando eventualmente di non corrispondere pienamente all'aspettativa astratta che ci siamo costruiti, però agendo!
E farsi stimare non solo in un qualche senso vago, ma concreto: bisognerebbe riuscire a creare un qualche tipo di fiducia. Non sto parlando del diventare di punto in bianco leader o estroversi.
Questo vale sia in campo relazionale che in campo professionale (che è sempre anche un ambito sociale).

Tutto ciò non (più) per compiacere gli altri, ma per realizzare se stessi in questo mondo concreto e non (solo) nel chiuso della nostra testa.
Cfr. la mia firma (al 09/01/2009).




Non so se sono stato molto chiaro...Magari aggiungerò qualche commento per chiarire (e chiarirmi) meglio le mie osservazioni.

quoto completamente perchè è l'intero percorso che ho fatto io.
quando ho deciso di non usare più l'account orso_bipolare stavo passando nella seconda fase, quella del recupero dell'autostima.
ne è testimone animasolfa di questo.

Rickyno 09-01-2009 22:18

Io non penso che conti il giudizio degli altri...

anzi non conta proprio nulla... perchè dovrebbe ?? la nostra vita su sta terra è transitoria... una volta morti in pochi si ricorderanno di noi e anche quei pochi creperanno prima o poi e di noi non resterà nessuna traccia...

quindi SE e dico SE si sta bene con se stessi chi se ne frega di essere stimati dagli altri ? ma poi gli altri chi ??
basta star bene con se stessi...

e il menefreghismo è in assoluto l arma migliore per star bene con se stessi...
anche perchè il concetto di "stima" ed "essere ben visti" è estremamente "volatile" per così dire....
ciò che può essere da stimare per alcuni può essere da disprezzare per altri, e così via..

UltraFobic 09-01-2009 23:55

who devi leggere dei libri interessanti

Who_by_fire 10-01-2009 00:31

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Originariamente inviata da UltraFobic
who devi leggere dei libri interessanti

Dimmi. :)

CapitanFobic 10-01-2009 00:32

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Originariamente inviata da Who_by_fire
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Originariamente inviata da UltraFobic
who devi leggere dei libri interessanti

Dimmi. :)

no, dimmi tu, i titoli :D (era un'affermazione :p)

Who_by_fire 10-01-2009 02:53

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Originariamente inviata da CapitanFobic
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Originariamente inviata da Who_by_fire
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Originariamente inviata da UltraFobic
who devi leggere dei libri interessanti

Dimmi. :)

no, dimmi tu, i titoli :D (era un'affermazione :p)

Quello che ho scritto è tutta farina del mio sacco. O meglio: è quello che vedo succedere nella mia vita - o che credo di vedere.

A parte la citazione del "super-io": quella, sarà perché ho i due volumazzi dell'opera omnia di Freud sul comodino, che mi sono dilettato di leggere diverso tempo fa (mica tutto!! qua e là...) e che ora stanno prendendo polvere...

RagionierFantozzi 10-01-2009 03:30

Fregarsene del giudizio degli altri non è facile soprattutto quando le persone ti affibiano lo stesso aggettivo tante volte, non a caso si dice che le parole fanno male più delle mazzate.

cancellato2822 10-01-2009 04:07

Re: Non è vero che il giudizio degli altri non conta!
 
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Originariamente inviata da Who_by_fire
Conta eccome, invece!

E' vero che un primo passo da fare per riuscire a sbloccarsi e a vincere la timidezza (quando si tratti di timidezza esagerata e disfunzionale) è recuperare l'autostima e dimenticarsi temporaneamente del giudizio degli altri. Non permettere che la propria vita e le proprie azioni vengano influenzate da come gli altri (inevitabilmente) ci etichettano: "intelligente", "stupido", "pigro", "attivo", "carismatico", "debole", "capace", "incapace"...................
Insomma, regalare un bel "chissenefrega" all'universo (cit.).

Il menefreghismo verso la valutazione (o svalutazione) da parte degli altri è in nome della necessità di fare il proprio percorso personale con i propri ritmi (p.es.: prima la serenità interiore e poi le realizzazioni intellettuali/professionali) ed è volto a costruire una propria fiducia in sé un minimo svincolata da quella che gli altri e il mondo concreto ci accordano.

Però.....

Ad un certo punto, quando ci si è liberati un po' dall'assillo dell'ansia sociale e si riesce a sopportare lo sguardo altrui senza frantumarsi in mille pezzettini, ci si rende conto che il giudizio degli altri conta. Anzi, è molto importante.

Paradossalmente infatti questo stesso menefreghismo che in un primo momento aiuta ad emanciparsi, in seguito, se protratto come un'abitudine, può farti impantanare e crogiolare nella situazione della "persona che fa il proprio percorso con i propri tempi, perché, capperi, la serenità interiore è più importante di ciò che si conclude in concreto!".
Il giudizio degli altri (chiamatelo super-io se vi va) pone un limite a questo "tempo personale" che altrimenti verrebbe protratto all'infinito (anche perché è pressoché impossibile trovare uno stato di serenità interiore perfetta: ci sarà sempre da combattere un po'), impedendo di concretizzare qualunque cosa.

Non basta riuscire a non farsi disintegrare dallo sguardo altrui.
Bisogna anche imparare a farsi stimare, per quello che possiamo e quello che siamo, dagli altri. Accettando eventualmente di non corrispondere pienamente all'aspettativa astratta che ci siamo costruiti, però agendo!
E farsi stimare non solo in un qualche senso vago, ma concreto: bisognerebbe riuscire a creare un qualche tipo di fiducia. Non sto parlando del diventare di punto in bianco leader o estroversi.
Questo vale sia in campo relazionale che in campo professionale (che è sempre anche un ambito sociale).

Tutto ciò non (più) per compiacere gli altri, ma per realizzare se stessi in questo mondo concreto e non (solo) nel chiuso della nostra testa.
Cfr. la mia firma (al 09/01/2009).




Non so se sono stato molto chiaro...Magari aggiungerò qualche commento per chiarire (e chiarirmi) meglio le mie osservazioni.



Non conta una mazza il giudizio degli altri, semmai l'effetto che fai ...sugli altri.

Il giudizio é una parola grossa.

Who_by_fire 10-01-2009 04:37

Re: Non è vero che il giudizio degli altri non conta!
 
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bardamu 10-01-2009 13:28

In linea di massima sono d'accordo con ciò che scrivi, anche se non vedo tutta questa rigidità schematica nelle cose. Lo stesso schematismo è un limite, se non si è capaci di trascenderlo e uscirne per vivere le emozioni. La chiarezza che ci si deve creare prescinde in una certa misura da esso. La base è sicuramente costruirsi una propria serenità personale e raggiungere una stabile pace col mondo, per poter procedere oltre. Incaponirsi con quella che chiami fase 2, quando dentro si vive ogni più piccola cosa con l'angoscia, l'ansia e la paura di venire giudicati, smascherati o etichettati, è una strategia che non paga. Per molto tempo ho provato anch'io e il risultato è violentarsi sempre di più. Ma vivere violentandosi non ha senso, si fanno cose, ma queste cose non ci danno la soddisfazione che ci darebbero se le vivessimo serenamente, condividendole e vivendole in maniera aperta e sociale. Tutto rimane segreto e nascosto, mentre la tensionne generata dal continuo forzarsi si accumula e ci rode dentro, rovinandoci lentamente e inesorabilmente.

Il pericolo del crogiolarsi nella fase uno è reale, ma il passaggio fra le due fasi lo vedo molto più sfumato e irregolare.
La cosa principale poi è che tutto è volto, almeno per quel che mi riguarda (ma credo che ad un livello generale, la mia situazione sia condivisa da parecchia gente qua dentro, anche se non tutta), ad un recupero del nostro lato emotivo e della nostra spontaneità, rieducando in qualche modo il pensiero e l'eccessiva cerebralità, in funzione di una leggerezza che non è "disimpegno", "disinteresse" o "menefreghismo" (del giudizio altrui per esempio), bensì un modo di vivere la realtà più vicino alle cose e alle persone e meno mediato e appesantito dagli schemi disfunzionali che ci siamo creati negli anni per non soffrire. Una leggerezza in qualche modo simile a quella del Calvino delle Lezioni Americane, per chi ha presente.

La prima fase è paradossalmente una rinuncia al bisogno di fasi e di imposizioni rigide. Se ha successo, la seconda fase è qualcosa di automatico e spontaneo, il desiderio di concretizzare e di buttarsi nella mischia viene naturale ed è accompagnato da emozioni positive quali il senso di esaltazione e di sfida e il desiderio di esprimere se stessi.
La voglia produrre, di trovare il proprio posto nel mondo, di porsi degli obiettivi, cresce in conseguenza alla propria ritrovata stabilità, al fatto che si riescono ad affrontare gli altri senza ansie e paure abnormi.
Darsi degli obiettivi è qualcosa che si fa spontaneamente, per un bisogno interiore ben diverso da quello razionale e calcolato di "dover dimostrare" (a sé o agli altri).

Se la transizione fra queste due ipotetiche fasi non avviene in maniera automatica, spontanea e naturale, significa a mio avviso che la prima fase, l'inizio, il cominciamento del proprio cammino personale, non ha dato i frutti che doveva dare, ma ci si è forse in qualche modo ingannati, per la smania di ottenere cose concrete da gettare in pasto ai soliti meccanismi nocivi.

Il proprio percorso, se procede nella direzione giusta, funziona un po' come il Barone di Munchhausen, che riusciva a sfuggire alle sabbie mobili tirandosi per i capelli...diventiamo noi stessi il motore delle nostre azioni, gli stimoli giungono dalle nostre emozioni e sensazioni, piuttosto che dalle idee razionali che cerchiamo di imporci (le famose "decisioni a tavolino").

Ciò che ho scritto è forse un po' confuso, ma è difficile spiegare a parole, in maniera razionale e a chi poi si aspetta spiegazioni razionali, cose che si muovono in direzione fondamentalmente opposta.

estremilio 10-01-2009 15:49

Quote:

Originariamente inviata da bardamu
Lo stesso schematismo è un limite, se non si è capaci di trascenderlo e uscirne per vivere le emozioni.

Io invece trovo molto importante lo schematismo, inteso però come simbolismo, non come punto di partenza ma come simbolo di un punto di arrivo che riassume un concetto, un'idea che hai fatto tua dopo .
Allora rivedendo certe frasi come mantra, in esse rivedi tutto il vissuto, le esperienze che ti hanno portato a quelle conclusioni.

Ma io non posso spiegare a te il significato di una frase se tu non hai fatto il tuo percorso per arrivarci, perchè il significato della meta è il viaggio, non la meta.

La foto di gruppo di alcuni alpinisti in cima ad una montagna per loro significa il ricordo dei passaggi difficili che hanno superato per arrivare lì, per te invece non dice nulla.

Casa mia è piena di soprammobili simbolici, che per me riassumono mete di un mio viaggio interiore.

Who_by_fire 10-01-2009 19:52

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bardamu 10-01-2009 21:17

Quote:

Originariamente inviata da Who_by_fire
Ma le emozioni non c'entrano niente! Stiamo parlando di un modo di comunicare chiaramente delle idee/delle esperienze, non di esprimere le emozioni ad esse collegate.
(Non sono HurryUp)

Le emozioni c'entrano sempre, non si può tirarle fuori da un discorso sul proprio percorso riducendo (sintetizzando) tutto ad un "darsi da fare". Io mi rivedo nelle due fasi che hai individuato, ma trovo che lo schema preso così di per sé "non quadri". Il passaggio da una fase all'altra, che è il punto nel quale tu individui un rischio di possibile stallo, assume tutta un'altra valenza se si inquadra tutta la questione da un punto di vista meno razionale/analitico. In particolare il rischio che individui, per come intendo io la prima fase, non sussiste se essa viene affrontata davvero fino in fondo.

Quote:

Originariamente inviata da Who_by_fire
Se hai presente, Calvino parla non solo di leggerezza, ma anche di rapidità e di esattezza.

Si ma qui si parlava di come l'eccessivo uso dell'analisi razionale finisca per "appesantirci", a discapito di quella leggerezza delle emozioni di cui si parlava. Il resto è un altro discorso.

Quote:

Originariamente inviata da Who_by_fire
Quote:

Originariamente inviata da bardamu
La prima fase è paradossalmente una rinuncia al bisogno di fasi e di imposizioni rigide. Se ha successo, la seconda fase è qualcosa di automatico e spontaneo, il desiderio di concretizzare e di buttarsi nella mischia viene naturale ed è accompagnato da emozioni positive quali il senso di esaltazione e di sfida e il desiderio di esprimere se stessi.

Non per tutti: per me forse no. Sono due cose diverse.

Sono due cose diverse dal punto di vista logico. Ma se le guardi da fuori sono entrambe razionalizzazioni, quindi in parte estranee alla fase 1, che presuppone un recupero della propria emotività.

Comunque tutto questo è molto pesante e mi accorgo che anch'io sono pesante mentre ne parlo, non si possono trasmettere cose di questo tipo scrivendo su un forum, ci sono dei limiti. E' come descrivere il silenzio parlando a voce, in un certo senso è come tradire l'oggetto in sé.

giordano 11-01-2009 00:31

accidenti che pensieri profondi e difficili ...provo invidia per i vostri cervelli
..il mio è in grado di pensare solo questo : il Menefreghismo totale ..è valido solo per chi ha intenzione di restare da solo ..perchè ti porta solo che all'esclusione sociale ....è sicuramente una sensazione di libertà che personalmente vorrei tanto provare anche solo per un giorno ma credo che per me sia pura utopia..
nella società moderna il giudizio altrui è importante e condizionante per tutti
..nn si può vivere solo che per se stessi ( alla lunga CHE PALLE!) ..la vita è condivisione ..ed è anche vedere noi negli occhi dell'altro


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