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Una vita significativa
Per significativa non intendo una vita buona o ricca, ma una in cui troviamo un senso, in cui ci sentiamo "noi", nel bene e nel male.
Adesso, qual è il nostro modo di rapportarci a un disturbo, psicologico, psichiatrico, ecc.? In cosa consiste questo disturbo, intanto, lo sappiamo? Intendo in cosa consiste per noi, ovviamente, non come risultato di una diagnosi esterna. E, posto che la risposta sia sì (e non penso sia così scontato), perché decidiamo di preoccuparcene? Tale spinta viene da noi, da un reale desiderio di vivere meglio, oppure è un'operazione "etico-matematica", del tipo "il buon senso vuole che curiamo i disturbi", senza però provare una vera motivazione "nostra"? |
Re: Una vita significativa
Per me il disturbo consiste nel non provare entusiasmo o passione per qualcosa, avere il desiderio o l'aspirazione di inoltrarsi in nuove azioni e scoperte.
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Re: Una vita significativa
Dimenticavo: parte del disturbo è anche il volersi sentire parte di una comunità, che sia famigliare, religiosa, politica o altro ma non riuscire a dare concretezza a questo bisogno. La solitudine non mi piace ma non mi piace nemmeno la compagnia a dire il vero, mi piace l'idea della compagnia, una visione tutta mia a cui non riesco ad accedere all'atto pratico in quanto le relazioni umane comportano una serie di compromessi che non sono in grado (o non voglio?) affrontare.
Per soddisfarmi ci vorrebbero persone immaginarie che si accendono e si spengono quando lo dico io :D |
Re: Una vita significativa
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Re: Una vita significativa
Domanda interessante, me lo diceva sempre la psicologa che dovevo vedere cosa davvero volevo io, non cosa la società di aspettava da me. A me in realtà certi comportamenti super asociali che non mi dispiacciono. Però non è solo la società che ti deve apprezzare, ma anche le singole persone, e le singole persone se sei troppo in una certa maniera non ti apprezzano. Esempio estremo, mettiamo che a uno piaccia fare il barbone e non vuole lavorare ecc, è chiaro che è difficile possa stabilire legami profondi, quindi magari accetta di lavorare, trova un compromesso, anche se a lui andrebbe benissimo fare il barbone a vita
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Re: Una vita significativa
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Re: Una vita significativa
Autenticità.
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Re: Una vita significativa
Sì, il disturbo credo di identificarlo, è questa carenza di interesse verso le persone e verso le attività, che si ricollega un po' a quanto dice il Muttley.
Quanto alla vita significativa, ci sto pensando da quando ho aperto il topic, ma ora che sto mangiando fagioli e bevendo birra affumicata ho realizzato che ciò che mi manca più di tutto è proprio questo, ovvero il discutere di queste cose nella quotidianità con persone in carne e ossa, mi manca il trovare questo genere di disposizione ad interrogarsi un po' su tutto nel mondo esterno. Perché questa è una cosa che farebbe parte di me, ma che nella mia esperienza di vita ho trovato così poco all'esterno da spingermi a estraniarmi da tutto. In altri termini: se ciò che per me è significativo per gli altri è superfluo se non bizzarro o addirittura deprecabile, la tendenza a estraniarsi è un risultato logico, e al contempo se questa tendenza è apparentemente così singolare in rapporto a quelle che invece sono le propensioni comuni, è anche logico possa essere definita "disturbo" in quanto scostamento non funzionale dalla norma. |
Re: Una vita significativa
la mia sofferenza deriva dalla differenza tra quello che vorrei e quello che sono.
io davvero vorrei una tipologia di donna, ma devo ancora fare pace con me stesso e ricostruirmi da zero. |
Re: Una vita significativa
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Ma non è questo il punto. Il punto è: quelli che avete elencato, a parte claire che ha dimenticato le pillole serali, sono al più possibili sintomi, non disturbi di per sé. Non sono problemi concreti e affrontabili, o almeno non li percepite come tali. Trattarli come disturbi, da questo punto di partenza, è roba buona per ossessioni e seghe mentali (e complessi). In quest'ottica, data una situazione frustrante che qualifichiamo come risultato di un disturbo o problema, senza però percepire quest'ultimo, la vita oggi non può essere significativa. Ovvero, non possiamo fare nulla per raggiungere ciò che vorremmo, e nemmeno metterci l'anima in pace, come ad esempio per l'invecchiamento, senza aver l'impressione di esserci negati un tentativo. Siamo "in folle". Abbiamo energia e voglia di fare, ma non sappiamo cosa. |
Re: Una vita significativa
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Re: Una vita significativa
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Re: Una vita significativa
La sera solo qualche goccia di laroxyl dietro le orecchie
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Re: Una vita significativa
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Se la macchina è rotta vai dal meccanico, se ti rompi in piede dall'ortopedico, se hai il cervello nella merda e vuoi sapere cos'è vai dallo strizza. |
Re: Una vita significativa
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Re: Una vita significativa
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Re: Una vita significativa
In cosa consiste questo disturbo? Nel vivere e rapportarmi con gli altri con il freno a mano tirato e non con naturalezza. Un senso di vergogna ingiustificato che mi impedisce (o limita) di essere me stesso, di fare esperienze di vita, di aprirmi con le persone, di capire cosa mi piace o non mi piace... Questo poi mi causa ansia, bassa autostima, malessere...
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Re: Una vita significativa
Invece sì, il meccanico ti aggiusta il pezzo ma se tu non hai cura della macchina, non fai la revisione, non cambi l'olio, insomma le cose delle macchine che non le so, non ti resta in salute.
Il medico delle malattie fisiche idem, anzi chi ha una minima esperienza sa che il grosso lo fai tu, impegnandoti a prendere le medicine, seguire le indicazioni, organizzarti. Io ho comunque solo risposto al fatto che chiedevi la diagnosi a chi ha esposto i sintomi di un male. A ciascuno le sue competenze. |
Re: Una vita significativa
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Sbrogliare le matasse è difficile, e lo è in particolar modo quando le matasse includono non solo nodi psicologici, ma anche questioni molto più materiali. Non credo tanto di essere affetto da un disturbo che mi abbia impedito di cogliere opportunità che ho trovato sulla mia strada ma che ho ignorato (anche se riguardo qualcosa la dinamica potrebbe anche essere descritta così); io quando ho intravisto opportunità mi sono speso tentando di inseguirle, il problema è che non ha funzionato. Piuttosto, mi verrebbe da dire che "il disturbo", se proprio vogliamo definirlo con questo termine, mi ha fatto vedere opportunità dove però non c'erano, ma teoricamente avrei potuto rendermene conto in anticipo se il disturbo stesso non avesse offuscato la mia visione. Al contempo devo anche ammettere che il disturbo mi ha protetto da consapevolezze che mi avrebbero fatto male ... però ci penso e ripenso e concludo che in fin dei conti le avrei rette e sarei andato oltre, per cui non è che mi abbia reso un gran servizio. E quindi si merita di essere chiamato disturbo, quel cattivone. :D Ma con questo discorso (avevo scritto disturbo :laugh: ) mi sa che sono partito per la tangente, non mi aspetto sia granché comprensibile. |
Re: Una vita significativa
Tra l'altro proprio il volerci dimenticare e non volerci far carico dei nostri disturbi (non i sintomi, i disturbi) spiega perché i disturbati svalutano gli altri disturbati, in cui si vedono riflessi, e cercano come partner i normaloni. Incidentalmente.
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