Originariamente inviata da FolleAnonimo (Messaggio 2603187)

Avevo diciotto anni e un ragazzo coetaneo si avvicina nel mezzo della piazza e mi fa il gesto delle corna rock'n'roll, con uno sguardo cosi timido e cosi perduto.
È stato un disastro di un attimo, in meno di trenta secondi ero già andato via, un mezzo saluto, gli ho fatto una sorta d'inchino.
Come due forze gravitazionali che si respingono e rimbalzano via.
Ci penso spesso, è capitato altre volte ma il risultato è lo stesso, non è solo la paura ma la mancanza delle chiacchiere stesse.

Originariamente inviata da Equilibrium (Messaggio 2603291)

Menomale che no gli hai fatto il sorrisino, perchè sicuramente le insicurezze del fobico gli avrebbero dato come chiave interpretativa una risatina di scherno per il suo malessere e si sarebbe infobicato di piu, probabilmente sarebbe corso poi in bagno a scagazzare.

Originariamente inviata da FolleAnonimo (Messaggio 2603362)

Non è tanto un fastidio a causa del umore quanto una incapacità fondamentale unita allo scoraggiamento in generale.
Cioè cosa mi porta veramente la chiaccherata? Mi farà sentire meglio?
La risposta a questa domanda è stata sempre no.
Quella sensazione di oppressione prende forma proprio da questi eventi, un incontro casuale per esempio, cresce un aspettativa che qualunque sia l'umore o per quanto sia piacevole quella persona la rende intollerabile.
Cosa posso dirle? Che non ho il desiderio di vivere e da dieci e passa anni mi trascino?
Perché dovrei dirgli una cosa del genere? Per la sua pietà o per obbligare quella persona a considerarmi importante?
E dal punto vista tecnico è orribile provare cosi tante sensazioni e vivere la consapevolezza che quel incontro è solo li per quel momento.
Ma se anche fosse qualcosa di più, che le posso dire se non provo interessi, se non ho passatempi, argomenti di conversazione.
Perché dovrei esistere ai suoi occhi?
Questo è essere aridi e quando si è approcciati non vale niente.