Re: si guarisce dal DEP?
Le uniche due cose che ho raggiunto nella mia vita e che posso perlomeno paragonarle un minimo agli altri sono il diploma di maturità e il lavoro.
Per il resto lasciamo perdere, perché gli altri che non hanno i problemi che ho io hanno raggiunto tutta una serie di cose che io non raggiungerò mai:relazioni, moglie, figli, amici, esperienze eccetera eccetera. |
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l'odio per me stesso. io non voglio essere come sono. anche perché essere come sono è molto doloroso. e sono certo di non poter cambiare, per questo vorrei morire. |
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E chi sono "gli altri"? La media? E poi fai decidere sul da farsi ai risultati statistici che "in media" ti dicono che i casi umani non ottengono le stesse cose degli "altri"? E come fai a capire se rientri in quella media oppure no? Per non sbagliare ti assegni i risultati peggiori? E blablabla...blabla...blablabla...bla. E' tutto un discorso senza senso razionalizzato all'inverosimile. Ci sono troppe variabili in gioco: passato, contesto ambientale, sociale, economico, etc. E alla fine dei conti tutto dipende molto anche da come tu prendi la tua situazione. Non è facile per nessuno, soprattutto qui. Però può cercare di fare quel che si può. Non preoccuparti che alla fine schiattiamo tutti. Ma proprio tutti. |
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E in ogni caso io sarei tra quegli individui deboli e difettosi. |
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Può essere che sbaglio, ma eugenetica era forse quella messa in pratica dal medico nazista karl Brandt che fu poi processato a Norimberga nel famoso processo ai dottori e poi impiccato?
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Io preferisco riconoscermi che non sono una brutta persona, che il mio valore non è inferiore, che ho dei meriti. Perché è così. Non si sta meglio, quindi magari non serve a niente acquisire questa consapevolezza e smettere consciamente di fare schifo a se stessi, ma io sento di doverlo a me stessa e non ne posso fare a meno. E poi penso che a qualcuno possa essere utile. |
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Comunque molte donne applicano già l'eugenetica senza neanche rendersene conto. |
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Se su 200 persone i casi umani sono 50 e tra queste 50, 10 sono diplomate, mentre sulle restanti 150, 50 sono diplomate già si ha un parametro, 1/3 dei casi restanti si diploma mentre solo 1/5 dei casi umani arriva al diploma. Non capisco che difficoltà ci sarebbero nel valutare cose del genere. Sto sparando numeri a testa di cavolo, è un esempio. C'è poi una correlazione tra valore sociale e livello di istruzione, perché poi magari si può osservare che le persone più istruite dispongono di più mezzi (economici e non) rispetto a quelle non istruite. Quote:
Ma secondo te se fossimo stati tutti allo stesso livello perché mai poi si è deciso di dare pensioni o un certo sostegno economico a certi tipi persone? Anche quelle disturbate mentalmente? Così per sfizio? :nonso: Se per valore si intende una cosa praticamente scollata dal resto, sì, va bene, abbiamo tutti lo stesso valore, ma alla fine è un parametro praticamente insignificante in senso concreto. Se per valore, si intende proprio il valore sociale che ci concede o accorda la comunità nella quale siamo inseriti, non è affatto vero che tutti hanno lo stesso valore, ossia che tutti vengono trattati in modo equo. Questo non capita nemmeno in una famiglia, figuriamoci se la cosa è vera nella comunità allargata. Direi che può essere un ideale verso cui cercare di tendere un mondo in cui hanno tutti lo stesso valore, ma non una realtà, un qualcosa che c è già. |
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Lo dico perché più di una volta ho letto di persone che dicono che se hai il lavoro riesci ad avere una vita sociale e di relazioni. Nel mio caso posso dire che non è così. Avere il lavoro non mi ha mai fatto risolvere il fatto di essere completamente fuori dal mondo, fuori da ogni discorso di relazioni, amici, vita sociale. Sul lavoro stesso vengo visto come un asociale strano sfigato, anche se direttamente in faccia non lo dicono. Non vado più da 2 anni in mensa con gli altri, me ne sto sempre per i fatti miei, non parlo con nessuno a meno di cause di forza maggiore. Per quanto riguarda me lo confermo. Avere il lavoro non mi ha mai risolto nulla dal punto di vista della fobia, dell'isolamento sociale. Nulla, assolutamente nulla. |
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Io ho scritto quello che davvero penso: lui ha valore esattamente come qualsiasi altra persona, non si deve sminuire solo perchè soffre di un disturbo psichico (cosa che sicuramente non è nemmeno da attribuire a lui, ma al contesto in cui è cresciuto, educazione, modelli di riferimento, traumi, genetica e tante altre variabili). Volevo solo rassicurare Gendo e dirgli che se vuole può affrontare il suo problema. Poi che ci siano delle ingiustizie nella vita è innegabile. Ti lascio alle tue elucubrazioni. |
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anche se a volte sono così feroce verso me stesso, quando divento razionale la vedo allo stesso modo. per la precisione, il valore di ognuno è dato dal semplice fatto che esiste, ed è giusto che se lo attribuisca senza delegare a nessuno questo compito. poi sì, c'è la realtà del sociale, ma la società è un mostro in costante cambiamento per il quale ciò che vale oggi domani sarà il contrario, io non affiderei questa importanza a questo "mostro" che può anche impedirci di vivere, ma non può cambiare le nostre idee. perlomeno non dobbiamo permetterglielo. non facilmente. |
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sono abbastanza immutabili, ci sbatto il grugno da quando avevo 16 anni, mo ne ho 32. boh. se non ci fossero altre persone legate a me tirerei volentieri una riga sulla mia esistenza. |
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Poi io non ho menzionato casi specifici o la tua esistenza, sei tu che vuoi leggere in questo modo quel che ho scritto. Se il senso che dai tu a "valore" è un altro poi non dovresti essere toccato in minima parte da quel che ho scritto, io ho cercato di chiarire cosa intendevo. Io non so niente di Gendo, non mi sentirei di rassicurarlo subito, visto che non lo conosco, non so in che situazione sta, che aspettative ha. Proprio perché non voglio sparare sentenze su situazioni specifiche che non conosco non direi come te che "se vuole può affrontare il suo problema" che in pratica significa "se vuole può risolverlo", poi se si vuol dire "se vuole può provare a risolverlo" non c'è nemmeno bisogno di dirlo, è una sorta di tautologia, cosa impedirebbe di provare a risolverlo anche quando le possibilità di risolverlo sono ignote o scarse? Questa cosa si può fare, chi lo nega. E' vero l'esatto contrario, non sono io a sparare sentenze riguardo a situazioni che non conosco. Se si vuole fare una stima generale della cosa pare sia vero che i disturbi di personalità siano i più ostici dal punto di vista clinico. |
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Ad esempio quando ti dicono "se ti vuoi bene impara a dire di no" poi non si sa perché in certe situazioni non vale piú la cosa e se un ragazzino si rifiuta di andare a scuola poi qua non è piú valida la cosa. Se dici di no ad una cura che secondo loro è buona e tu non sei affatto d accordo qua poi le cose cambiano e dire di no significa non volersi bene. Mi infastidiscono molto questi discorsi stereotipati che girano intorno all' espressione "volersi bene" forse farebbero bene a non usarla proprio, ma ci cadono sempre nella stessa retorica e io ci rinuncio a convincerli. In concreto loro soltanto ci sono a disposizione per parlare con qualcuno di quello che mi va (cose brutte, disturbanti e noiose che altri non ascolterebbero volentieri) e quindi mi adatto e cerco di non fare scivolare piú la conversazione in questi buchi neri di senso. Non contestualizzano bene le cose, se dici di no al lavorare ad esempio qua poi il "no" lo si contestualizza e se uno non ha mezzi per vivere bene poi non diventa cosí chiaro che magari si è capacissimi di farlo, di dire di no ma che questo no potrebbe avere anche ripercussioni negative che si vorrebbero evitare per questo poi si è forzati dalle circostanze a dire di sí anche a un lavoro di merda che toglie la salute fisica e mentale. Le cose sono piú complesse rispetto a questi discorsi stereotipati e superficiali. Mi sembra che è con tutta la categoria che vengono a crearsi queste cose qua, ma sono le uniche persone un po' piú accorte con cui poter parlare, io sento il bisogno di fare questa cosa e li uso, ma se si pensa che queste loro "tecniche" o "idee" siano utili, per me non lo sono, sarò un caso a parte, non lo so. Io non voglio dirlo apertamente ma a me sembrano proprio cretini nel non afferrare certe cose. Se io sto messo male in una situazione è ovvio che il mio dire sì è forzato, se uno mi punta una pistola e mi chiede i soldi sarei capacissimo di dire di no, il problema non è questo, il vero problema per me è che se mi comporto così rischio di essere impallinato non essendo capace di spaccargli la testa, vorrei evitare l'impallinamento e trovandomi in quella situazione dico di sì, ma è un sì forzato, non lo faccio volentieri. Il volersi o non volersi bene in dinamiche del genere per me non c'entra una cippa, al più può essere vero che io mi autovaluto male e magari sono capace di spaccare la testa al rapinatore e quindi potrei dire di no senza rischiare di essere impallinato, ma di nuovo non c'entra nulla col volersi o non volersi bene. La possibilità e capacità di negozioare all'interno di un certo contesto sociale dipende da un mucchio di fattori, direi che quello di volersi bene o non bene non c'entra nulla. Se si ha il potere di negoziare e il rifiuto non produrrà gli effetti nefasti si dirà no facilmente anche al rapinatore, ma dire di no e poi essere impallinati non capisco davvero cosa dovrebbe dimostrare alla fine, io non mi sentirei forte e abile così, non è per questo che mi sento debole, se vengo impallinato dicendo no, resto uguale, non mi sentirei più forte. Non si condivide nemmeno nello stesso senso il significato di forza e potere. Per me avere potere significa controllare le conseguenze oggettive non solo il proprio comportamento, il potere di dire no lo possiedo ma sono impotente nell accedere alla situazione che desidero: evitare l impallinamento e salvare i soldi. Loro si concentrano sul no o il mio rifiuto, io mi concentrerei sul perché non dico no in situazioni del genere. Non afferro come il non dire di no da solo risolverebbe la situazione se l'ho valutata correttamente. |
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Nella vita ci si può reinventare millemila volte, e in fondo è quello che fanno tutti: adattarsi.Aggiustare l'asticella. Lo diceva anche Darwin. Pure io ho cose inconscie che non cambiano mai, ma la mia asticella del "come dovrei essere-come dovrebbero andare le cose" ormai tocca terra. E sono ancora qui. Non sono felice, ma non ho rimpianti né sensi di colpa. Non sono più brava di altri, é che non ho mai avuto alternative: ad arrendermi non sono mai stata capace, non sono fatta per la rassegnazione. |
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