Re: Andare in terapia
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secondo: tu hai mai frequentato terapeuti? mi sa di no. Io si, e tanti. |
Re: Andare in terapia
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Per poter trovare la persona giusta spesso bisogna fare vari tentativi, La tenacia qui come in altri campi e' importante. In linea di massima è consigliabile scegliere un indirizzo che ha dato prova di buoni risultati con la fobia sociale (ad esempio il cognitivo comportamentale) ed una persona di esperienza (quindi non troppo giovane) . Inoltre è importante un elemento di sintonia interpersonale che varia da persona a persona e che, basandosi sulle proprie esperienze personali non è facilmente generalizzabile. C'è anche da dire che la psicoterapia richiede anche un impegno personale molto maggiore rispetto ad altre forme di terapia. E questo rende l'esito tutt'altro che scontato |
Re: Andare in terapia
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Re: Andare in terapia
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Re: Andare in terapia
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E' una sorta di petizione di principio, si presuppone quel che si dovrebbe poi dimostrare, e la cosa divenendo circolare non potrà mai funzionare. Un ragionamento analogo... Per diventare intelligenti bisogna scegliere un buon maestro, siccome i maestri validi in italia son pochi e la maggior parte sono impreparati, qui come in altri campi vale sempre lo stesso principio: per fare scelte giuste non bisogna essere degli stupidi. E' come chiedere ad un depresso d'essere ottimista e continuare a tentare con le terapie che dovrebbero poi curare anche l'assenza di ottimismo. Se la strategia generale di cura richiede in buona misura certe capacità che dovrebbe poi far acquisire la cura stessa non potrà funzionare secondo me. In ambito psicoterapeutico a problemi del genere non si è mai pensato seriamente. Ad esempio spesso i problemi sono proprio motivazionali, ma si richiede a monte che la persona sia già molto motivata. Un discorso o persuade o non persuade, non si può chiedere ad una persona di essere ben disposta ad essere persuasa da un argomento altrimenti l'argomento non funziona. Se l'argomento è davvero persuasivo per quel tizio, al tizio non bisogna chiedergli nient'altro, resterà persuaso, se è persuasivo davvero per lui. E' come dire "ho un argomento che ti convincerà che dio esiste" però funziona solo cone persone che si sforzano ad aver fede, se non ti convince non è colpa mia, è colpa tua, ma l'argomento funziona. Ma annatevene a quel paese. |
Re: Andare in terapia
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E' una caratteristica carente nei fobici? SI, non c'e' dubbio ma uno sforzo per superare i propri limiti bisogna farlo. E anche se i terapeuti fossero tutti validi, lo sforzo di volontà del paziente sarebbe comunque importante. Il terapeuta serve proprio per massimizzare i propri sforzi. Lo stesso vale per i farmaci. Ma dubito che inventeranno mai un rimedio che ti tolga la fobia senza il contributo di volontà delle persone. Tu hai fatto l'esempio dell'insegnante. Ebbene nessun insegnante per quanto bravo riesce ad ottenere risultati se il proprio allievo non si impegna. Poi se vogliamo pensare che la fobia sia una tara genetica immodificabile, e indipendente dalla volontà , benissimo. Ma non vedo che serva pensarla così |
Re: Andare in terapia
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Io dico solo che è una scemenza chiedere ad una persona sforzi di volontà per far funzionare una terapia, se il problema della persona consiste proprio in una carenza di forza di volontà. Se non concordi fammi capire dov'è l'errore, a me sembra abbastanza chiaro la scemenza dov'è. E' chiaro che in casi del genere bisogna creare qualcosa che aggiri e non presupponga questa capacità qua per far funzionare le cose. Se hai un computer che può fare certe operazioni base, che fai? Gli chiedi uno sforzo per farne di più? E ha senso la cosa? Se la richiesta "Computer calcola questo!!!" non produce un'acca, conviene insistere e credere poi che quell'entità possa volere qualcosa indipendentemente praticamente da tutto il resto? La sua struttura, l'ambiente ecc. ecc. La volontà non è un entità indipendente che influenza qualcosa, è un'entità emergente dal contesto, nel contesto c'è anche la genetica ma non solo questa, c'è tutta la propria storia, la struttura mentale e cerebrale e i motivi personali per cui si fa o non si fa qualcosa. |
Re: Andare in terapia
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E in questo caso per altro non si sta parlando di risolvere la fobia da soli con il semplice ausilio della la forza di volontà, ma di usarla per persistere nel cercare aiuto. Poi che la terapia richieda un impegno è un altro aspetto collegato, ma appunto il terapeuta dovrebbe appunto fungere da supporto emotivo e cognitivo per rendere questo sforzo meno pesante. Tu parli di un sistema per aggirare la volontà. Io invece penso che bisogna aggirare l'idea di essere incapaci, e la difesa che consiste nel fuggire di fronte ad un problema. Ad esempio la desensibilizzazione sistematica consiste nell'affrontare situazioni temute in maniera progressiva ( lo sforzo di volontà rimane, ma non è al di sopra delle capacità del paziente) Poi se qualcuno ha inventato un sistema che non richiede questo impegno personale e questo sforzo di volontà me lo faccia sapere. Io non ne conosco. |
Re: Andare in terapia
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Io penso al contrario che molti di loro siano profondamente inibiti, e non riescano a riflettere pienamente sui propri reali desideri. E che, per motivi che non capisco (forse legati al sentire un dovere di essere padroni di sé), ne inventino alcuni, che poi portano dal terapeuta. Ovviamente, non "riescono" a realizzarli, poiché non sono obiettivi che si pongono davvero, ma semplicemente parole slegate dalla loro realtà. Non si conoscono. Non sanno chi sono, ma simulano di saperlo. A questo punto i terapeuti esortano alla forza di volontà. Prendono cioè per buona la bugia del paziente. Il quale avrebbe invece bisogno di iniziare a focalizzarsi su di sé, a dirsi la verità e a fare i conti con le conseguenze. Ovviamente non sostengo che valga in generale. Vale però sicuramente per me. |
Re: Andare in terapia
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Perché non lo faccio? :pensando: Perché non voglio farlo (nel contesto attuale ecc. ecc.). Ma se non voglio fare uno sforzo di volontà, come si può sostenere che posso adesso volere qualcosa che poi in pratica non voglio? :interrogativo: E' sempre poi la mia volontà che ha qualcosa di mancante, e lo sforzo in pratica non posso farlo proprio per questa mancanza di motivazione. In tutti questi discorsi per me qualcosa e più di qualcosa non torna mai. Se mi dici "deve cambiare qualcosa per voler qualcosa", può essere anche giusto però poi le cose da cambiare bisogna comunque volerle cambiare, ricadiamo nello stesso problema di partenza, non si può volere di più di quel che si vuole effettivamente. |
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Re: Andare in terapia
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E avere la pazienza di trovare quello giusto. Che se sarà quello giusto, capira se il problema è legato alla paura o invece ai fattori di cui parli tu. |
Re: Andare in terapia
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Durante la crescita un bambino viene gravemente ignorato, sminuito e mortificato. Desidera qualcuno che lo riconosca come soggetto, razionale e reattivo, con cui avere un rapporto intimo fondato sulla fiducia, in cui può parlare liberamente di tutto. Viene trattato, in famiglia e fuori, come un oggetto. Si mostra esitante: nessuno gli parla, ma dicono che è timido. Si mostra aggressivo: nessuno gli parla, ma dicono che è stronzo. Si mostra gentile condiscendente con tutti (mortificandosi): nessuno gli parla, ma dicono che è un "bravo ragazzo". Si mostra strano: nessuno gli parla, ma dicono che è scemo, o ha "problemi psicologici". Questa solitudine, il bambino non riesce ad affrontarla. La vive inizialmente in modo conflittuale ("quanto sono stronzi questi qui che non fanno quello di cui ho bisogno"), poi cede, e inizia a dar loro ragione ("se sono frustrato, sono io ad essere difettoso"). Se la timidezza (ad esempio) è una reazione emozionale a una situazione spiacevole, che richiederebbe, per essere superata, un dialogo con qualcuno, il ragazzo inizia, dando ragione al contesto in cui è immerso, a trattarla come una caratteristica (come l'altezza e il colore degli occhi). Non più "ho bisogno di parlare con qualcuno", ma "sono timido e devo cavarmela da solo per evitare guai peggiori". Si è dunque profondamente mortificato, rinunciando a prendersi sul serio e trattandosi come un oggetto. A questo punto va da un terapeuta chiedendogli di essere aiutato a correggersi (come si farebbe con un insegnante di dizione o col dentista). Partendo dal presupposto mortificante di cui sopra, non ottiene alcun risultato. Si tratta di un problema che coinvolge le emozioni, e dove mai si può andare se si è smesso di attribuire valore alla propria vita emotiva? Ha senso a questo punto dire che il problema è che non si ha abbastanza forza di volontà? Io credo di no. Credo anzi che sia una cosa molto dannosa, che spinge a confermare il proprio modo mortificante di vivere, trattandosi come oggetti difettosi e non come persone. |
Re: Andare in terapia
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Re: Andare in terapia
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Re: Andare in terapia
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Re: Andare in terapia
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Tu non sei mosso dalle tue "motivazioni" come un burattino, ma hai voce in capitolo. Puoi magari non avere una spinta emotiva, ma trovare motivi razionali per forzarti a muoverti comunque. Come nella vita poi si trovano quasi tutti a fare. |
Re: Andare in terapia
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Io non sono credente, ho forti dubbi, posso secondo te con uno sforzo iniziare a credere come un altro tizio? :interrogativo: Deve innescarsi una forma di persuasione comunque secondo me e non coincide con una decisione mia indipendente. Io per persuadermi da solo devo trovare l'argomento giusto e corretto per me, ma questa correttezza non scelgo io a monte quale sia, sono in buona misura dominato da queste regole qua, e non posso tirarmi fuori da questa serie di vincoli-mare tenendomi da solo per i capelli (che tra l'altro ho pure perso :mrgreen:). Le credenze non le riesci a modificare nemmeno menandolo qualcuno, magari alla fine ti dirà solo che hai ragione che è così, ma in cuor suo non ci crederà a certe cose se non sei riuscito a persuaderlo davvero. Come può la volontà essere indipendente se poi si ammette che è regolata anche dalle credenze e si suppone che queste sfuggono al controllo volontario. Ci si può autopersuadere che qualcosa è vera o falsa secondo noi liberamente? Posso io oggi tornare a credere a Babbo Natale con una scelta immediata? Io penso di no. Se una persona non è persuasa a far qualcosa, non potrà inventarsi dal nulla i motivi per agire, dovrà trovarne alcuni che fuonzionino con lei... Ma questa cosa non è affatto certa, così come si potrebbe non trovare mai una dimostrazione persuasiva dell'esistenza o non esistenza degli ufo, si potrebbero non trovare mai dei motivi per risolversi ad agire in certi modi strutturati. Io non direi manco che l'io non è padrone in casa propria, a me pare sia proprio in affitto e non è padrone di un bel niente, nemmeno del naso in mezzo alla faccia. |
Re: Andare in terapia
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Il motivo razionale per muoversi può essere "la mia analisi potrebbe essere sbagliata, anche se non capisco come, forse è il caso di seguire il consiglio di Tizio, o di rischiare e vedere i risultati". |
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