![]() |
è morto un tizio, non ce ne frega niente ma una piccola riflessione
morto Alessio Sanzogni, incidente stradale sull'A4
http://www.ansa.it/sito/notizie/cron...648211499.html casualmente pochi giorni fa ero finito a leggere la biografia di questo ragazzo, ex manager di chiara ferragni, classico giovane prodigio, responsabile di Vouitton per l'Italia, determinante per il fenomeno ferragni, ha dato vita a diverse attività che fatturano milioni, e neanche 30 anni ovviamente la mia invidia si è diffusa in lungo e largo aaaaaah se avessi un minimo della sua forza, intraprendenza, voglia di rischiare, fare, agire, se spendessi ogni minuto libero come lui a progettare, tentare, fallire, realizzare. . e d'un tratto sbam, è morto a me ha dato da riflettere, forse lo darà anche a qualcuno di voi prima o poi tutto finisce, ha senso disperarsi ogni giorno, o magari forse è il caso di soffrire un po' meno? alla fine, che differenza ci sarà tra essere stati bene o male in questa vita? |
Re: è morto un tizio, non ce ne frega niente ma una piccola riflessione
Esatto... bisogna fare il minimo indispensabile... perché poi sottoterra non ci porti niente...
|
Re: è morto un tizio, non ce ne frega niente ma una piccola riflessione
Solo che vederla in questo modo potrebbe essere scoraggiante, piu' un pensare "tanto poi" e che quindi non vale la pena sbattersi tanto.
Cio' anche fara' che i risultati facilmente saranno peggiori e questo potrebbe aumentare lo star male (e' solo una vita ma il tempo quando si soffre puo' passare molto lento...vero che si puo' sempre farla finita, ma poi magari c'e' l'inferno o la reincarnazione e si e' daccapo..) Ma se a te invece pensar cosi' aiuta a esser piu' sereno ben venga. |
Re: è morto un tizio, non ce ne frega niente ma una piccola riflessione
Chiarisco la mia riflessione
Il fatto che tutto finisca deve influenzare l'abbandonarsi quotidiano alla disperazione, magari aiutare a dare un po' di giusto valore alla sofferenza, che deve essere misurata ai problemi in modo oggettiva e non di più Deve anche aiutarci a capire che di qualcosa di cui si sente terribilmente la mancanza, in fondo possiamo accettare il fatto di non averla, perché tanto alla fine amen, se c'è stata o non c'è stata non sarà valsa la disperazione spesa Ossia, posto che il dolore ci sia , dovremmo dargli la giusta misura Per il resto, chiaro che deve rimanere il tendere alla felicità, il fare progetti e cercare di relizzarli Spero sia chiara la distinzione |
Re: è morto un tizio, non ce ne frega niente ma una piccola riflessione
Certo, prima o poi schiattiamo tutti, immagino però che dal punto di vista individuale faccia una certa differenza il come si è vissuto fino a quel punto. :sisi:
Invece mi lascia perplesso e mi pare piuttosto significativo il fatto che possa venire spontaneo l' interessarsi a dei prodigi di "successo" e realizzazione sociale, quando ci si trova dal lato opposto dello spettro. |
Re: è morto un tizio, non ce ne frega niente ma una piccola riflessione
Io posso impormi di pensare quello che voglio, e quello che dici tu è giusto, inutile accorarsi, etc.. però poi c'è un'inconscio che ti fa risvegliare durante la notte e ti dice che non hai fatto abbastanza, che gli altri hanno e tu no.. morale della favola: prendere sonniferi più potenti.
|
Re: è morto un tizio, non ce ne frega niente ma una piccola riflessione
Quote:
Intanto stiamo vivendo. Quindi certo che c'è differenza. Se solo potessi pagare per avere un minimo di serenità d'animo... |
Re: è morto un tizio, non ce ne frega niente ma una piccola riflessione
Quote:
Vale la pena non dormire la notte in preda all'angoscia? |
Re: è morto un tizio, non ce ne frega niente ma una piccola riflessione
Mi piace questa tua riflessione.
Io credo che ci debba portare a riflettere sul significato della sofferenza. Ad esempio, prendiamo il tuo sentimento di "rosikamento" nei confronti di questo ragazzo qua (sentimento peraltro condiviso). Quote:
Viceversa, il piacere dovrebbe indirizzarti verso ciò che è evolutivamente utile e buono. Come il cibo o il sesso. O un rifugio caldo mentre infuria la tempesta. Ovviamente, come ogni sistema evolutivo e istintivo, è prono a errori e distorsioni. Ad esempio, si soffre a studiare duro, a correre, a fare una dieta. E parimenti col piacere, si può finire vittime di compulsioni negative sul lungo termine (cibo insano, masturbazione compulsiva, diventare top poster di FS...). Ora, se tu chiedi che significato ha la sofferenza (o la gioia) nel complesso dell'ordine universale, non otterrai risposte. E' da quando l'uomo è uomo che si pone questa domanda. Ha inventato le religioni nel tentativo di darsi pace, con risultati alterni. Ha cercato risposte con la filosofia. Nell'impossibilità di rivolgere al quesito il metodo scientifico, sovente si è rifugiato in un nichilistico edonismo. La verità però è che una risposta a questa domanda non ce l'ha nessuno. Ognuno si deve creare il suo significato. In tutto ciò, tu dovresti essere agevolato, essendo credente (se non ricordo male e se le cose non sono cambiate). Ti confesso che anche io, essendomi posto la questione innumerevoli volte, alla fine sono dovuto ricorrere in una qualche forma di fede. Più vaga e astratta di quella religiosa, ma diciamo che mi sono convinto che un senso deve pur esserci e boh. Più interessante tuttavia è stata per me la ricerca del significato di questa domanda. Che significato ha porsi il quesito del significato del dolore? Dal punto di vista psicologico se ne è evinto che nel mio caso è un meccanismo dissociativo di fuga. Quando provo troppo dolore e frustrazione, quando sento che le cose che mi fanno soffrire sono al di là del mio controllo, pormi questi quesiti mi porta a distaccarmi dalla realtà, e quindi sentirmi "bene". Tra virgolette, perché non è una sensazione positiva di quelle che ti indicano una direzione corretta. Ma è uno stato di paralisi che, pur necessario come autodifesa psichica in certi momenti, può procurare forma di dipendenza. Ad un certo punto infatti può diventare più comodo gingillarsi in questi pensieri esistenziali piuttosto che affrontare la consapevolezza che si ha davvero possibilità di intervenire nel reale: solo che costa un certo quantitativo di sbattimento. Torniamo alla sofferenza di cui parli all'inizio, del tuo rosikamento. Cosa ci racconta, e che senso ha? Ci racconta che c'è una persona che ha raggiunto un punto di espressione del suo potenziale molto elevato, e al confronto noi avvizziamo. Non è questa la missione a cui ogni individuo dovrebbe ambire, realizzarsi? Concretizzare il suo potenziale? Mettere a frutto i suoi talenti, in modo che quando il padrone ritornerà gli si potrà offrire il guadagnato? Quella sofferenza ha senso perché ti dice che devi fare di più. Che magari non hai ricevuto tanti talenti come il ragazzo (sicuramente molto in gamba) morto, ma poco o tanto che ti sia stato dato, va messo a frutto. Se invece la sofferenza che provi ti paralizza fino a condurti all'inazione, allora certamente non ha alcun senso. Dormire in preda all'angoscia non ti aiuterà a realizzarti; agire attraverso un atto concreto che dimostri qual è il tuo potenziale e lo trasformi in risultato, sì. |
Re: è morto un tizio, non ce ne frega niente ma una piccola riflessione
Quote:
D'altronde se siamo quello che siamo.. e si vede che è giusto così. "se io avessi la forza di volontà di quello" "se io fossi come quello" "se fossi meno fobico.." ha senso domandarsi queste cose? In fondo credo di no. Siamo quello che siamo e molto probabilmente è il massimo che possiamo dare. Altrimenti se potevamo dare di più l'avremmo dato. Eri quasi arrivato ma non ce l’hai mai fatta, e se dovevi farcela ce l’avresti già fatta (cit. il mio film preferito) |
Re: è morto un tizio, non ce ne frega niente ma una piccola riflessione
Quote:
|
Ci penso spesso, la vita è breve, a volte poi in un lampo tutto svanisce. Ma non è svanito il. Lavoro di quel ragazzo la sua passione le sue doti e svanita la sua persona, il suo cuore ha smesso di battere, tutti prima o poi dobbiamo lasciare questo corpo che morirà la trovo una cosa sublime ma anche spaventosa. Il fatto che sia un destino condiviso non me la rende meno inquietante, come forma di consapevolezza, un salto nel buio. si muore soli, cosi come si nasce. Quindi c'è questo Dono o maledizione qualcuno può dire e viene il pepe al culo di dover fare questo e quell'altro perché c'è il tempo che scade. Ma è possibile morire senza rimpiangere nulla? Quante cose si fanno solo perché qualcun altro decide delle nostre vita, perché ammaestrati?
Io non sento dentro di me una vera missione, o meglio la percepisco ma non la comprendo, e una specie di ombra indecifrabile, pero la felicità e lo stare bene penso sia il massimo a cui posso aspirare, qualunque nome questa felicità abbia e se esiste, quello che voglio e realizzarmi nella scoperta di me e sorprendermi fino alla morte. Amo le storie di chi si perde in montagna, nei deserti, negli oceani e sà che morirà nel giro di pochi giorni senz acqua o di freddo.. Lontano da tutto e tutti . Mi chiedo cosa pensano e mi dico che è possibile che ci sarò io al loro posto, tutto è possibile.. |
Soffrire può renderti più consapevole e umano oppure più pazzo? A cosa invece la sofferenza da significato per voi?
|
Re: è morto un tizio, non ce ne frega niente ma una piccola riflessione
L'unica cosa che posso rispondere al post di da'at articolato ed esauriente è che non mi sembra abbia toccato uno dei punti che mi sembra fondamentale, cioè l'accettazione.
Senza nemmeno stare a domandarsi perché, ma prendendo atto che così è, che l'impegno che dobbiamo mostrare a noi stessi cmq non ci porterà tutti ai massimi risultati Io e qualcun altro qui dentro, dobbiamo fare pace con la vita, per tanti motivi fare del nostro meglio ci porterà al massimo ad un certo livello e poi basta, e allora non ha senso soffrirne più del dovuto, ancor più con la consapevolezza che questa vita non è eterna Se il mio massimo è avere un tetto sulla testa, dei pasti regolari, la possibilità di ascoltare musica e vedere dei bei film, dovrò impegnarmi e darmi da fare per riuscire ad ottenerlo e poi stare il più possibile in pace con me stesso, non posso star male tutti i giorni perché più di questo non posso ottenere Ripeto, alla luce del fatto che tra un giorno o una settimana posso morire Se fossimo immortali, allora si che sarebbe un guaio! |
Re: è morto un tizio, non ce ne frega niente ma una piccola riflessione
Quote:
Questo è un grosso peccato, e non c'entra l'essere credente |
Re: è morto un tizio, non ce ne frega niente ma una piccola riflessione
Quote:
Non lo so. Secondo me l'accettazione è più un raggiungimento che un'azione. Tanto che se scorri lo storico di fs troverai pagine e pagine di utenti vari che domandano la stessa cosa, su piani a volte differenti: come faccio ad accettare l'assenza di vita sentimentale? Come faccio ad accettare che non riuscirò a realizzarmi? Come faccio ad accettare che resterò vergine a vita? Il rischio di concentrarsi sul pensiero esistenziale dell'impermanenza della vita l'ho già esposto, così come ti ho testimoniato che mi è diventato a un certo punto della vita un ostacolo da cui dovermi liberare. Io credo sia dovuto al fatto che se ti concentri su qualcosa di negativo (per accettarlo) comunque finisci per rievocarlo. E quindi alla fine diventa un'autotortura. Invece, prova con la gratitudine. Esprimi ogni mattina un pensiero di gratitudine (verso Dio, o la natura, la vita o quel che vuoi) per ciò che hai, per ciò che provi, per l'opportunità che ti è stata data di essere. Ciò rivolge il pensiero alla positività, e di conseguenza conduce a una vera accettazione che non sia un cantarsela&suonarsela. Magari non è detto che sia facile (specie per chi è su questo forum e presumibilmente soffre da tanti anni), e ci vuole lo stesso uno sforzo cosciente per dire "Sono grato alla vita per ciò che mi ha offerto!". Ma penso sia una transizione cognitiva che alla lunga produce risultati. ;) |
Re: è morto un tizio, non ce ne frega niente ma una piccola riflessione
Rifacendomi alla parabola dei talenti che e' stata prima citata credo che bisogna avere la misura dei propri talenti che possono essere minori (e non solo in senso di capacita' visto che questa gente realizzata e che suscita ammirazione ha di solito comunque avuto anche condizioni di partenza favorevoli) o anche semplicemente di diverso tipo, quindi non ha senso fare confronti.
Poi nella parabola dei talenti il denaro viene fatto fruttare per darlo al Signore... insomma io lo interpreto come che bisogna mettere a frutto le proprie capacita' per farne beneficiare Dio, la societa' o almeno qualche essere vivente insomma suppongo che agli occhi di Dio sia preferibile un San Francesco a un imprenditore di successo magari nemmeno sempre correttissimo, cioe' quanti soldi si fanno e quanto si suscita ammirazione son affari solo del singolo, certo di per se' gradevoli ma che possono anche magari avere un effetto negativo immergendo piu' nel materialismo, magari narcisismo e distogliendo dalla spiritualita'. |
Tutti gli orari sono GMT +2. Attualmente sono le 03:59. |
Powered by vBulletin versione 3.8.8
Copyright ©: 2000 - 2025, Jelsoft Enterprises Ltd.