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Muttley_upgrade_version 20-08-2008 01:48

La paura come stimolo all'azione
 
Vi capita mai di agire esclusivamente perché motivati e spinti dalla paura? Paura degli altri ovviamente, una delle paure più grandi che l'essere umano conosca, socialfobico o meno. Io mi sono accorto che il timore reverenziale che nutro nei confronti del prossimo (principalmente il frutto di un'educazione errata) è in determinate situazioni l'unica molla che mi porta ad ovviare a quella naturale inclinazione all'ignavia che mi caratterizza da molto tempo.
Ai tempi della scuola per esempio, studiavo unicamente perché mi sentivo messo sotto ricatto dalla famiglia e dalle sue pressioni affinché mi laureassi; analoga situazione negli ambienti professionali, dove a spingermi non è il desiderio di fare bene le cose o anche semplicemente la volontà di mettermi in buona luce agli occhi degli altri, ma il timore di sbagliare, di essere giudicato improduttivo e pigro. Mi trovo quindi nella situazione di comportarmi nella giusta maniera solo se c'è quell'agitazione creata dalla convizione di essere sotto l'occhio vigile di qualche "cane da guardia".
Il problema invece è che dovremmo agire per il nostro piacere, per il desiderio di sentirci realizzati e completi (senza ovviamente mancare di rispetto agli altri, alle loro esigenze e sensibilità) e non per scansare le ire e le punizioni di chi sta sopra di noi.

David3 20-08-2008 01:51

ma che stai a di' ? :D

JohnReds2 20-08-2008 02:09

Quote:

Originariamente inviata da Muttley_upgrade_version
Ai tempi della scuola per esempio, studiavo unicamente perché mi sentivo messo sotto ricatto dalla famiglia e dalle sue pressioni affinché mi laureassi; analoga situazione negli ambienti professionali, dove a spingermi non è il desiderio di fare bene le cose o anche semplicemente la volontà di mettermi in buona luce agli occhi degli altri, ma il timore di sbagliare, di essere giudicato improduttivo e pigro.

Oddio Muttley sono uguale spiccicato a te!

Ultimamente sto avendo un discreto successo in un lavoro che non mi piace assolutamente, ma che mi riesce poichè mi impegno per il timore di essere giudicato un incapace...e tutti mi dicono "vedi che stai andando bene, è il tuo lavoro perfetto!" e mi trovo nella spiacevole situazione di dover continuare una cosa di cui mi frega poco ma che mi risce per pressioni esterne, che a loro volta generano pressioni a non abbandonarla, che a loro volta mi spingono a fare bene, in un circolo vizioso un pò fastidioso.

L'unica differenza è che io andavo bene nello studio perchè mi piaceva, sono "simile a te" solo per quanto riguarda l'ambito lavorativo.

calivero 20-08-2008 10:33

ma comunistmuttley, di solito è il contrario, anche se quest'anno ho agito un sacco, producendo molto, soprattutto per evitare di incontrare persone che mi danno l'ansia l'anno prossimo
quindi si, ho agito e mi sono portato avanti per paura
e questo forse mi farà risparmiare dei soldi
evvai, hai trovato un altro motivo per essere very fobic, bravo muttley :lol:

bardamu 20-08-2008 11:21

La famosa maschera altro non è che questo: agire in funzione degli altri piuttosto che di sé stessi, per ricercarne l'approvazione e fuggirne il giudizio negativo. Agire per assecondare le proprie paure. Per quel che mi riguarda lo associo più ai microcomportamenti che alle grosse decisioni: cercare di compiacere le persone, avere un atteggiamento conciliatorio, reprimere lati del nostro carattere che consideriamo eccessivi perchè magari potrebbero urtare gli altri.
Nascondere le nostre paure agli altri, è esso stesso un atteggiamento dettato dalla paura.
L'agire riguarda spesso anche il non fare. Tutti i comportamenti atti a nascondere noi stessi agli altri, tutte le cose a cui rinunciamo, l'evitare, sono scelte fatte dalle nostre paure per noi.

L'agire è solo l'altra faccia della medaglia del non agire, alla base di tutto c'è la scelta. Sono le nostre scelte che sono dettate dalla paura, e a seconda che la paura sia maggiore per l'agire o per il non agire, ci comportiamo di conseguenza.

Who_by_fire 20-08-2008 12:35

Re: La paura come stimolo all'azione
 
Quote:

Originariamente inviata da Muttley_upgrade_version
Mi trovo quindi nella situazione di comportarmi nella giusta maniera solo se c'è quell'agitazione creata dalla convizione di essere sotto l'occhio vigile di qualche "cane da guardia".

Posso capire.

Tristan 20-08-2008 13:40

Idem con patate (questa l'ho imparata qui).
Con qualche differenza per lo studio, però. Il ricatto della famiglia se c'è è così ben mascherato da sembrare indifferenza. O forse è solo stanchezza. Magari lo sentissi.
Il periodo in cui ho lavorato è stato forse l'unico, dopo molto tempo, in cui ho fatto qualcosa con continuità. Ed era principalmente lo spauracchio del Grande Capo (il cane da guardia, appunto) a farmelo fare. Ancora oggi ne temo lo sguardo, neanche riuscisse a leggermi nel pensiero.
Ho sempre pensato a me stesso come a quei cani da corsa, quelli che inseguono la finta preda (che se mangiano tra l'altro è finita, non corrono più).
Non mi pare d'aver fatto mai altro, tanto che mi chiedo se sono davvero capace di capire cosa voglio per me stesso. Purtroppo agisco così anche e soprattutto per le scelte importanti.
Poi quando ad un certo punto sento lontano il cane da guardia, mi fermo, mi chiedo perché faccio quello che faccio (e per chi) e non so darmi una risposta.

clizia 20-08-2008 17:37

Capita anche a me di agire e di cercare di svolgere al meglio un compito per paura di sbagliare o di essere additata come una persona poco capace…
Tendo ad essere perfezionista e a impiegare anche il triplo delle forze nello svolgere un compito proprio perché temo che potrebbe risultare invece svolto male, oppure valutato come non all’altezza delle aspettative altrui.
Questo mio problema si chiama ansia da prestazione, almeno per me è così.

In realtà, però, la paura non mi spinge solo all’azione eccessiva, quanto piuttosto al suo contrario: mi sento a volte così inadeguata rispetto al compito che dovrei portare a termine, che mi tiro indietro per paura del fallimento o di non essere capace…
Mi faccio prendere così dall’ansia anticipatoria, incomincio a vedere mille ostacoli tra me e la realizzazione di un progetto, tanto che nel giro di pochissimo mi ritrovo impantanata all’interno di quegli ostacoli che io stessa ho contribuito ad ingigantire con la sola mente. Il risultato è che mi ritrovo chiaramente invischiata in tutte queste problematiche, finendo col rinunciare a tutti quei progetti che non mi sembrano alla mia portata.

Per farvi un esempio, vorrei tentare la sorte ed insegnare l’italiano e la cultura italiana all’estero (mi sono anche inserita nella graduatoria di due paesi)….come me, altri insegnanti hanno fatto lo stesso, ma con uno spirito ben diverso dal mio: lo hanno fatto tanto per provarci e, se verranno chiamati, si butteranno in una situazione nuova e mai affrontata prima con spirito pioneristico e con la voglia di fare tutto appellandosi esclusivamente all’arte di arrangiarsi lì sul momento.
Al contrario, io mi sento emotivamente in difficoltà nel gestire ciò che è nuovo, non riesco a buttarmi sino a quando non mi sento ultra-preparata e sicura per quella cosa. Ad esempio stavo pensando addirittura di non accettare le chiamate sino a quando non avrò prima una soluzione a questi ostacoli (o presunti tali):

1) conoscere sufficientemente la lingua del paese in cui andrò a stare (dovrei fare ad es un corso di tedesco o francese!)
2) Aver frequentato un corso (con tanto di esame) che mi dia gli strumenti per insegnare l’italiano come l2 (lingua seconda)
3) un metodo che mi aiuti a reperire il materiale in loco affinchè io possa preparare delle lezioni di cultura italiana, altrimenti sono spacciata.

Mi accorgo di come io senta il bisogno di tenere sotto controllo TUTTO, altrimento cado nel panico più totale, non mi sento padrona del mio agire e mi avverto inadeguata alle richieste del mondo esterno…
Razionalmente sono cosciente che il tempo per prepararmi bene non sarebbe mai sufficiente e di questo passo, all’inseguimento di una perfezione impossibile, passeranno almeno altri 3-5 anni prima di potermi sentire pronta per questa esperienza....e intanto che mi crogiolo le occasioni svaporano nell'aria e gli anni adatti per far certe cose passano...

La paura di sbagliare e di essere giudicati degli inetti, la tendenza al perfezionismo mi porta quindi ad impantanarmi in una serie di richieste che io faccio a me stessa per sentirmi all’altezza del compito…la mia soglia di valutazione è così alta che non sono in grado di buttarmi allegramente nelle nuove esperienze; a volte mi chiedo se sia io poco capace con tutto ciò che ha a che fare con la pragmaticità e la vita reale…a volte mi vengono dei seri dubbi….

Pride4 20-08-2008 21:53

Memole!

Muttley_upgrade_version 21-08-2008 02:24

Clizia, cosa ti spaventa esattamente? La paura di apparire inadeguata davanti agli altri o davanti a te stessa e alle tue aspirazioni? Io mi sono sempre sentito ultracondizionato dal giudizio altrui, avendo poi ricevuto un'educazione repressiva e autoritaria ho sviluppato una sensibilità esagerata ai rapporti di dominio e gerarchia, al punto tale che le mie prestazioni ne vengono completamente inficiate.

clizia 21-08-2008 18:25

Quote:

Originariamente inviata da Muttley_upgrade_version
Clizia, cosa ti spaventa esattamente? La paura di apparire inadeguata davanti agli altri o davanti a te stessa e alle tue aspirazioni? Io mi sono sempre sentito ultracondizionato dal giudizio altrui, avendo poi ricevuto un'educazione repressiva e autoritaria ho sviluppato una sensibilità esagerata ai rapporti di dominio e gerarchia, al punto tale che le mie prestazioni ne vengono completamente inficiate.

Anche io ho avuto un’educazione autoritaria ma anche e soprattutto iper-critica e fortemente giudicante….ricordo che non potevo permettermi di sbagliare nemmeno sulle piccole cose, perché ogni mio errore mi sarebbe costato rimproveri e ulteriori critiche.
Ad essere sincera temo il giudizio degli altri, ma soprattutto non ho abbastanza fiducia in me stessa e nelle mie capacità a tal punto da sentirmi sicura nel riuscire a gestire un compito, e questo perché semplicemente non mi reputo all’altezza, visto che di fondo nessuno dei miei familiari ha mai mostrato di credere in me o mi ha mai dato quella fiducia necessaria per essere serena nel cimentarmi in qualsiasi tipo di sfida atta a misurare il mio valore.
Ho sempre odiato le competizioni (da quelle sportive a quelle lavorative e scolastiche), perché appunto ogni sfida richiede non solo tenacia e impegno (queste caratteristiche posso anche averle), quanto più che altro una fredezza ed una serenità fondamentali per valorizzare le proprie capacità.
Ecco, temo così tanto il giudizio - ma soprattutto credo così poco in me stessa -, da rendere la metà di quello che potrei realmente….quando studiavo il pianoforte (per scelta personale) a casa riuscivo molto bene nei pezzi studiati con fatica, mentre davanti ad un insegnante o ad un sguardo esterno mi sentivo talmente giudicata ed inibita da sentirmi bloccata ed incapace di rifare con altrettanta scioltezza ciò che avevo imparato da sola….per me tutto ciò è molto invalidante.


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