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varykino 07-10-2017 14:25

Re: Non sentirsi uomini.
 
Quote:

Originariamente inviata da Maca (Messaggio 2008913)
Magari dico una cazzata, ma la struttura di mani e polsi dipende anche dall'uso. Tutti gli artigiani/operai/meccanici che conosco hanno delle mani grandi e robuste, mentre medici/impegnati/architetti hanno mani sottili ed esili. Non credo sia solo genetica

certo sono deformazioni professionali , mio padre aveva delle mani da pianista fini , facendo l artigiano da tutta la vita gli son venute 2 mani enormi .

aveva un busto piccolo ed era magrolino , se lo guardi ora nn lo diresti mai che era cosi , proprio perchè il lavoro manuale l ha modificato del tutto , mo c ha il busto di andrea barzagli tipo :sisi: , na bestia .... ovviamente sono modifiche che avvengono nel tempo tipo dopo 30 anni di lavoro o giu di li .

nn è tutta genetica come dite sopra , molti muratori che vedete grossi quando hanno iniziato erano spesso magrolini ma lo facevano lo stesso , poi ovvio c è pure la percentuale di quelli già grossi , ma il lavoro costante ti deforma del tutto .

ovviamente all epoca iniziavano a lavorare a 14 anni facendo lavori pesanti , ora fino a 40 noi alleniamo le dita sulle tastiere e i pollici sui cell cosa vuoi sviluppare :sisi:

pure se fai ginnastica nn basta , lavorare è un altra cosa .

io cmq preferisco oggi , chissenefrega magari del bustone e le braccione se magari devi lavorà a 14 anni e buttare la vita a fare lo schiavo .

An.dream 07-10-2017 14:38

Re: Non sentirsi uomini.
 
Infatti non è solo genetica; l'esercizio fisico e il carico sull'osso sono stimoli che aumentano la neoformazione ossea. Soprattutto in giovane età, chiaro, ma fino a poco tempo fa era la norma che i 16enni lavorassero.

Warlordmaniac 07-10-2017 15:04

Re: Non sentirsi uomini.
 
Quote:

Originariamente inviata da Ruggero (Messaggio 1998798)
Un mio grande problema è che non mi sento un uomo. Questo è dovuto al mio fisico. Adesso non si nota perchè sono ancora molto in sovrappeso, ma una volta terminato il percorso di dimagrimento tornerò ad avere il fisico di un tempo, ossia gracile e più simile a quello di una ragazza che a quello di un uomo.

Sono basso ed ho le mani da bambina, le spalle sono strette e il mio peso forma sarebbe 60 kg scarsi, non ho mai visto uomini col polso più sottile del mio. Non mi sento per nulla virile, in passato sono stato preso di mira dai classici stalloni alti e possenti come colonne greche. Il 90% delle volte succedeva quando mi vedevano insieme ad una ragazza e spesso ho fatto la figura di quello che non sapeva/poteva proteggerle.

Il mio terapeuta dice che è una mia fissa, ma quando incrocio per strada uomini alti spesso mi guardano con uno sguardo che comunica " potrei ucciderti se voglio " oppure " sei vivo solo perchè io ho deciso di non ucciderti". Altre volte noto sguardi di pietà e compassione, in particolare da donne over 50.

Chi di voi ha questo problema?

Se vuoi posso aiutarti. Penso di avere il polso più sottile del tuo.

Mike Patton 07-10-2017 15:55

Re: Non sentirsi uomini.
 
A me un anello da donna mi va largo al dito :D

~~~ 07-10-2017 17:27

Re: Non sentirsi uomini.
 
Uommene,
uommene

Keith 07-10-2017 17:40

Re: Non sentirsi uomini.
 
Quote:

Originariamente inviata da varykino (Messaggio 2008944)

Fichissima sta cosa! funzionasse anche dopo i 40 anni inizierei subito a fare l'operaio, ma mi sa che se cominci tardi ti spacchi solo le ossa e rimani gracile :sisi:
Vabbè, posso sempre dire che ho un fisico aristocratico :D

~~~ 07-10-2017 17:51

Re: Non sentirsi uomini.
 
Elias Lindzin, 141565, piovve un giorno, inesplicabilmente, nel Kommando Chimico.
Era un nano, non piú alto di un metro e mezzo, ma non ho mai visto una muscolatura come la sua.
Quando è nudo, sí distingue ogni muscolo lavorare sotto la pelle, potente e mobile come un animale a sé stante; ingrandito senza alterarne le proporzioni, il suo corpo sarebbe un buon modello per un Ercole: ma non bisogna guardare la testa.
Sotto il cuoio capelluto, le suture craniche sporgono smisurate.
Il cranio è massiccio, e dà l’impressione di essere di metallo o di pietra; si vede il limite nero dei capelli rasi appena un dito sopra le sopracciglia.
Il naso, il mento, la fronte, gli zigomi sono duri e compatti, l’intero viso sembra una testa d’ariete, uno strumento adatto a percuotere.
Dalla sua persona emana un senso di vigore bestiale.
Veder lavorare Elias è uno spettacolo sconcertante; i Meister polacchi, i tedeschi stessi talvolta si soffermano ad ammirare Elias all’opera.
Pare che a lui nulla sia impossibile.
Mentre noi portiamo a stento un sacco di cemento, Elias ne porta due, poi tre, poi quattro, mantenendoli in equilibrio non si sa come, e mentre cammina fitto fitto sulle gambe corte e tozze, fa smorfie di sotto il carico, ride, impreca, urla e canta senza requie, come se avesse polmoni di bronzo.
Elias, nonostante le suole di legno, si arrampica come una scimmia su per le impalcature, e corre sicuro su travi sospese nel vuoto; porta sei mattoni per volta in bilico sul capo; sa farsi un cucchiaio con un pezzo di lamiera, e un coltello con un rottame di acciaio; trova ovunque carta, legna e carbone asciutti e sa accendere in pochi istanti un fuoco anche sotto la pioggia.
Sa fare il sarto, il falegname, il ciabattino, il barbiere; sputa a distanze incredibili; canta, con voce di basso non sgradevole, canzoni polacche e yiddisch mai prima sentite; può ingerire sei, otto, dieci litri di zuppa senza vomitare e senza avere diarrea, e riprendere il lavoro subito dopo.
Sa farsi uscire fra le spalle una grossa gobba, e va attorno per la baracca sbilenco e contraffatto, strillando e declamando incomprensibile, fra la gioia dei potenti del campo.

L’ho visto lottare con un polacco piú alto di lui di tutto il capo, e atterrarlo con un colpo del cranio nello stomaco, potente e preciso come una catapulta.
Non l’ho mai visto riposare, non l’ho mai visto zitto o fermo, non l’ho mai saputo ferito o ammalato.
Della sua vita di uomo libero, nessuno sa nulla; del resto, rappresentarsi Elias in veste di uomo libero esige un profondo sforzo della fantasia e dell’induzione.
Non parla che polacco, e l’yiddish torvo e deforme di Varsavia; inoltre, è impossibile indurlo a un discorso coerente.
Potrebbe avere venti o quarant’anni; di solito dice di averne trentatre, e di avere procreato diciassette figli: il che non è inverosimile.
Parla continuamente, degli argomenti piú disparati; sempre con voce tonante, con accento oratorio, con una mimica violenta da dissociato.
Come se sempre si rivolgesse a un folto pubblico: e, come è naturale, il pubblico non gli manca mai.
Quelli che capiscono il suo linguaggio bevono le sue declamazioni torcendosi dalle risa, gli battono le spalle dure entusiasti, lo stimolano a proseguire; mentre lui, feroce e aggrondato, si rigira come una belva entro la cerchia degli ascoltatori, apostrofando ora questo ora quello; a un tratto ghermisce uno per il petto con la sua piccola zampa adunca, lo attrae a sé irresistibile, gli vomita sul viso attonito una incomprensibile invettiva, poi lo scaglia indietro come un fuscello, e, fra gli applausi e le risa, le braccia tese al cielo come un piccolo mostro profetante, prosegue nel suo dire furibondo e dissennato.
La sua fama di lavoratore d’eccezione si diffuse assai presto, e, per l’assurda legge del Lager, da allora smise praticamente di lavorare.
La sua opera veniva richiesta direttamente dai Meister, per quei lavori soltanto ove occorressero perizia e vigore particolari.
A parte queste prestazioni, sovrintendeva insolente e violento al nostro piatto faticare quotidiano, eclissandosi di frequente per misteriose visite e avventure in chissà quali recessi del cantiere, di dove ritornava con grossi rigonfi nelle tasche e spesso con lo stomaco visibilmente ripieno.
Elias è naturalmente e innocentemente ladro: manifesta in questo l’istintiva astuzia degli animali selvaggi.
Non viene mai colto sul fatto, perché non ruba che quando si presenta un’occasione sicura: ma quando questa si presenta, Elias ruba, fatalmente e prevedibilmente, cosí come cade una pietra abbandonata.
A parte il fatto che è difficile sorprenderlo, è chiaro che a nulla servirebbe punirlo dei suoi furti: essi rappresentano per lui un atto vitale qualsiasi, come respirare e dormire.
Ci si può ora domandare chi è questo uomo Elias.
Se è un pazzo, incomprensibile ed extraumano, finito in Lager per caso.
Se è un atavismo, eterogeneo dal nostro mondo moderno, e meglio adatto alle primordiali condizioni di vita del campo.
O se non è invece un prodotto del campo, quello che tutti noi diverremo, se in campo non morremo, e se il campo stesso non finirà prima.
C’è del vero nelle tre supposizioni. Elias è sopravvissuto alla distruzione dal di fuori, perché è fisicamente indistruttibile; ha resistito all’annientamento dal di dentro, perché è demente. è dunque in primo luogo un superstite: è il piú adatto, l’esemplare umano piú idoneo a questo modo di vivere.
Se Elias riacquisterà la libertà, si troverà confinato in margine del consorzio umano, in un carcere o in un manicomio.
Ma qui, in Lager, non vi sono criminali né pazzi: non criminali, perché non v’è legge morale a cui contravvenire, non pazzi, perché siamo determinati, e ogni nostra azione è, a tempo e luogo, sensibilmente l’unica possibile.
In Lager, Elias prospera e trionfa. è un buon lavoratore e un buon organizzatore, e per tale duplice ragione è al sicuro dalle selezioni e rispettato da capi e compagni.
Per chi non abbia salde risorse interne, per chi non sappia trarre dalla coscienza di sé la forza necessaria per ancorarsi alla vita, la sola strada di salvezza conduce a Elias: alla demenza e alla bestialità subdola. Tutte le altre strade non hanno sbocco.
Ciò detto, qualcuno sarebbe forse tentato di trarre conclusioni, e magari anche norme, per la nostra vita quotidiana.
Non esistono attorno a noi degli Elias, piú o meno realizzati? Non vediamo noi vivere individui ignari di scopo, e negati a ogni forma di autocontrollo e di coscienza? ed essi non già vivono malgrado queste loro lacune, ma precisamente, come Elias, in funzione di esse.
La questione è grave, e non sarà ulteriormente svolta, perché queste vogliono essere storie del Lager, e sull’uomo fuori del Lager molto si è già scritto.
Ma una cosa ancora vorremmo aggiungere: Elias, per quanto ci è possibile giudicare dal di fuori, e per quanto la frase può avere di significato, Elias era verosimilmente un individuo felice.



Primo Levi, Se questo è un uomo

Mushroom 07-10-2017 20:02

Re: Non sentirsi uomini.
 
Quote:

Originariamente inviata da Maca (Messaggio 2008940)
Te lo hanno detto esplicitamente o è una tua convinzione?

Mel' hanno detto, a causa di questo ho anche avuto una forte delusione sentimentale un paio d' anni fa, che mi ha gettato ancor di più nello sconforto.

Maca 07-10-2017 21:09

Quote:

Originariamente inviata da Dedalus (Messaggio 2009084)
Al contrario di quel che si pensa, comunque, proprio l'uomo devirilizzato, libero dai ruoli e dagli obblighi preformati dalla forza muscolare e dagli imperativi sociali di esibirla, è quello che il futuro richiede e che perciò va incentivato e incoraggiato.

Concordo appieno. Un uomo con forte intelligenza mi appare supersexy, probabilmente perché è quello che meglio mi ispira per la sopravvivenza della specie

CHAD 07-10-2017 22:23

Re: Non sentirsi uomini.
 
Io fisicamente sono discreto, sono alto un metro e ottanta, ho abbastanza muscoli sulle braccia e sulle gambe, peso 71 kg, ho il 45 di piede e sono mediamente peloso, poi ho un naso abbastanza delicato, alla francese, anche se un pò storto.
Purtroppo però ho alcuni complessi, la calvizia avanza, si vedono i primi capelli bianchi, ho i polsi delle braccia un po' piccoli, le mani non sono grandissime, e soprattutto non ho il mascellone, anzi la mia testa è alta e stretta.


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