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Masochismo morale e bisogni autopunitivi
Riflettevo sul bisogno alienato di punizione che probabilmente è attivo in molte (se non tutte) le esperienze psicopatologiche. Ma non solo.
Si tratta solitamente di un bisogno inconscio che si traduce attivamente in comportamenti atti per es. all'autosabotamento sociale, ad una perpetua frustrazione di qualche tipo, all'ostacolare la realizzazione di affetti sinceri o progetti...ecc. Insomma in una parola: soffrire. Se il bisogno diventa cosciente, come può accadere nella depressione, allora il dolore viene giustificato: lo si merita a causa della propria malvagità, del male "oscuro" che si alberga e dell'inadeguatezza fino ad arrivare al suicidio, che è poi una condanna a morte rivolta a se stessi. Si tratta anche di fobia della felicità: non essendone meritevoli bisogna troncarla sul nascere ogni volta. O prima che arrivi sul serio. Più felicità adesso vuol dire più male poi. Quali sono le vostre esperienze a riguardo? Vi riconoscete in queste dinamiche? Quali, se ci sono, dei vostri percorsi di vita sono stati oggetto del vostro masochismo morale? |
Re: Masochismo morale e bisogni autopunitivi
Immagino sia una dinamica riconducibile alla mancanze di cure (nel senso più ampio del termine).
Da un lato ci si allea con chi non riconosce il nostro "diritto ad esistere", dall'altro si esaspera il proprio malessere, vittimisticamente e rivendicatoriamente. Del tipo: mi danneggio così tu sarai contento di me. Continuerò a farlo finché non mi vedrai ed ascolterai. Ci si danneggia/invalida al contempo per punirsi (convalidando l'atteggiamento altrui) e per punire gli altri (contrastandolo). La logica sottostante sembra affine allo spirito sacrificale di talune culture (tra cui quella cattolica), che si fonda sull'idea che chi si mortifica sia meritevole. Qualora il merito non venga riconosciuto, iniziano le rivendicazioni rabbiose (coscienti o meno). Su questa dinamica credo che si fondi anche l'invidia rancorosa che hanno alcune persone che soffrono nei confronti di chi sta bene (e ancor di più nei confronti di chi sta male, ma supera i propri problemi). Se mortificarsi è un dovere, perché gli altri vi sfuggono? Se è una nostra scelta, osservare chi è più leggero ci ricorda ciò a cui rinunciamo. Houellebecq la descrive molto bene in un saggio su Lovecraft ("Contro il mondo, contro la vita"), dipingendo l'autore come una persona cristallizzata in un modo di essere mortificante ed autopunitivo, ed al contempo ostile ad ogni manifestazione di vitalità. Se si ribalta l'atteggiamento (da passivo ad attivo), si giunge al perfezionismo e alla volontà di soggiogare (noi stessi e gli altri). |
Re: Masochismo morale e bisogni autopunitivi
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Re: Masochismo morale e bisogni autopunitivi
Sulla prima parte del tuo discorso non avevo riflettuto. Ma ci sta.
Ciò porterebbe dunque a un circolo vizioso che di fatto è funzionale a mantenersi perennemente in questo stato di cose. Paura del cambiamento e paura delle emozioni positive (?). Più che altro avevo preso in considerazione la mortificazione vissuta come necessaria, come un espiazione (come nel caso di un certa cultura religiosa) di un proprio male, di una propria imperfezione. Il dolore diventa così una purificazione essenziale al proprio "equilibrio morale". Condivido il discorso sul "mal comune mezzo gaudio": mi è parso di riconoscere in alcune persone a me care che questi meccanismi fossero un strategia messa in atto per accollarsi e condividere una parte di sofferenza che gli stava intorno. Come se una propria personale felicità fosse una cattiveria, un tradimento dell'altro. Dunque è necessario il proprio sacrificio e scontare la giusta parte di sofferenza che ci spetta... |
Re: Masochismo morale e bisogni autopunitivi
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Re: Masochismo morale e bisogni autopunitivi
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Re: Masochismo morale e bisogni autopunitivi
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Re: Masochismo morale e bisogni autopunitivi
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La frase in grassetto era la mia convinzione profonda: non valgo nulla (dovuto a metri di giudizio distorti) quindi non merito nulla, né in campo amicale né in quello sentimentale, ecco perchè in alcune situazioni nettamente favorevoli, in cui bastava da parte mia uno sforzo minimo per costruire affetti sinceri o cose simili, io mi allontanavo e rispondevo subito di no. Ora che ne sono (quasi) uscito, ci ho riflettuto su e ho capito che da parte mia avveniva una “autocensura” molto profonda, non solo a livello di pensiero ma anche fisico: ricordo una occasione, in cui una ragazza (che mi piaceva e a cui piacevo) voleva abbracciarmi per una gentilezza che le avevo fatto, la mia reazione ISTANTANEA fu di darle uno spintone e allontanarla da me. Inutile aggiungere come mi comportavo quando qualcuno/a mostrava interesse di qualsiasi tipo per me. |
Re: Masochismo morale e bisogni autopunitivi
Diciamo che se l'istinto di sopravvivenza e quello di riproduzione son messi alle strette in situazioni difficili dove scarseggiano le risorse fisiche e mentali dobbiamo dare la colpa a qualcosa, trovare un nemico fuori un ostacolo da superare, se per qualche motivo risulta impossibile il nemico siamo noi stessi, e la forza indirizzata verso l'esterno ha un riflusso interno, molte persone convivono e vanno avanti si abituato a mile sciagure, l'elaborazione del mondo esterno dei problemi e delle difficoltà a volte porta a rifiutarsi di agire e del senso di colpa forse di un mare di rimpianti.
Mia visione attuale. |
Re: Masochismo morale e bisogni autopunitivi
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Re: Masochismo morale e bisogni autopunitivi
In astratto è difficile stabilire se poi in linea di massima si attua sempre il comportamento oggettivamente sbagliato forse ci sono delle particolari situazioni in stallo, emozioni non elaborate da un diverso o più ampio punto di vista ed ogni volta che ci si pone di fronte a qualche situazione del genere si ricade nell'abitudine del pensiero disfunzione e la conseguente strategia di risposta risulta portare sempre allo stesso punto, nel complesso la propria identità e l'abitudine sono più forti di tanti ragionamenti, cioè un fatto o un esperienza ci mette in discussione, a volte succede più per caso, il coraggio di cogliere una novità e non rimanere inamovibili nelle battaglie perse a tavolino.
Beh cmq mi interessava anche la questione del retaggio culturale cattolico, oppure di una questione generale, penso che tutti si facciano del male, il domandone che ci si potrebbe porre è: Dove vuoi arrivare? |
Re: Masochismo morale e bisogni autopunitivi
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Re: Masochismo morale e bisogni autopunitivi
So bene cosa vuol dire. Si crede in un destino che ci si costruisce da soli, e che cala inevitabilmente per confermarci in quello che siamo, assolvendoci così dai nostri errori, dalla nostra scelta autodistruttiva. E' una conferma a quello che dentro di noi sospettiamo. E quando sembra tardare si diventa inquieti, si è come la vittima che chiude gli occhi nell'attesa del colpo di grazia che non arriva.
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Re: Masochismo morale e bisogni autopunitivi
e per chi ad esempio come me si ritrova a desiderare punizioni fisiche?
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Re: Masochismo morale e bisogni autopunitivi
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Ecco, ammettere una ipotesi positiva per la mia vita era un "grande scandalo" solo pochi anni fa. |
Re: Masochismo morale e bisogni autopunitivi
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Ad occhio e croce direi che si tratta della stessa cosa solo che si manifesta in maniera cosciente ed esasperata, credo. La punizione fisica (come nel caso dell'autolesionismo) dovrebbe funzionare come una sorta di "riparazione" del proprio male che, venendo riconosciuto e oggettivato dagli altri tramite la punizione fisica, dovrebbe estinguere momentaneamente la colpa (e qui mi ricollego a il post iniziale di Angus). |
Re: Masochismo morale e bisogni autopunitivi
Io mi ritrovo soprattutto nella frase "il dolore viene giustificato: lo si merita a causa della propria malvagità, del male "oscuro" che si alberga e dell'inadeguatezza fino ad arrivare al suicidio, che è poi una condanna a morte rivolta a se stessi".
Credo di essere il più duro giudice di me stesso. La verità è che probabilmente non riesco a perdonarmi nulla. Talvolta penso di essere un mostro e di non meritarmi nulla; arrivo addirittura a ritenermi il male per le pochissime persone con cui ho intrattenuto rapporti più profondi, nel senso che mi ritengo corresponsabile della loro infelicità, fino ad arrivare al punto di ritenermi non solo un essere indegno di essere amato, ma anche una persona che avrebbe fatto meglio a non nascere per non creare problemi agli altri. La soluzione a cui di solito sarebbe quella di troncare i rapporti, semplicemente perché credo che il suicidio farebbe soffrire gli altri molto di più; però alla fine per mia debolezza e pigrizia(?) o semplicemente per impossibilità fisica e per la mia volontà di mantenere rapporti umani, non ci riesco e provo a convivere con questi sentimenti. Capisco che sono pensieri disfunzionali, ma come possono essere se non del tutto eliminati, quantomeno tenuti a freno? |
Re: Masochismo morale e bisogni autopunitivi
"Più felicità adesso vuol dire più male poi".
Questa frase mi rispecchia molto. Non che nella mia vita ci siano stati dei grossi episodi per attingere a piene mani dalla felicità, ma in quei rari casi, il pensiero della controparte negativa non mi ha mai permesso di goderne come avrei dovuto... "E' come da piccoli, rubare le caramelle dal vaso in cima all'armadio... forse la mamma non ti scoprirà la prima volta, ma prima o poi le caramelle nel vaso finiranno e la punizione arriverà..." |
Re: Masochismo morale e bisogni autopunitivi
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Re: Masochismo morale e bisogni autopunitivi
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