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Ho sceso dandoti il braccio
Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio. Il mio dura tuttora, né più mi occorrono le coincidenze, le prenotazioni, le trappole, gli scorni di chi crede che la realtà sia quella che si vede. Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio non già perché con quattr'occhi forse si vede di più. Con te le ho scese perché sapevo che di noi due le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate, erano le tue. |
Ho sempre adorato questa poesia di Montale...
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Anna ho comprato un pezzo di terra,
ho un cavallo, una frusta e sollevo la polvere e chiamo il vicino e gli tocco la spalla oppure un altro, un sogno più piccolo. Io e te insieme abitiamo una stanza e abbiamo vetri contro il vento e la pioggia e un cuscino un pò grande che basta per due guardami in faccia ho gli occhi castani. (Tito Balestra) |
Montale... :oops: :cry:
Casa sul mare ll viaggio finisce qui: nelle cure meschine che dividono l’anima che non sa più dare un grido. Ora i minuti sono eguali e fissi come i giri di ruota della pompa. Un giro: un salir d’acqua che rimbomba. Un altro, altr’acqua, a tratti un cigolio. Il viaggio finisce a questa spiaggia che tentano gli assidui e lenti flussi. Nulla disvela se non pigri fumi la marina che tramano di conche I soffi leni: ed è raro che appaia nella bonaccia muta tra l’isole dell’aria migrabonde la Corsica dorsuta o la Capraia. Tu chiedi se così tutto vanisce in questa poca nebbia di memorie; se nell’ora che torpe o nel sospiro del frangente si compie ogni destino. Vorrei dirti che no, che ti s’appressa l’ora che passerai di là dal tempo; forse solo chi vuole s’infinita, e questo tu potrai, chissà, non io. Penso che per i più non sia salvezza, ma taluno sovverta ogni disegno, passi il varco, qual volle si ritrovi. Vorrei prima di cedere segnarti codesta via di fuga labile come nei sommossi campi del mare spuma o ruga. Ti dono anche l’avara mia speranza. A’ nuovi giorni, stanco, non so crescerla: l’offro in pegno al tuo fato, che ti scampi. Il cammino finisce a queste prode che rode la marea col moto alterno. Il tuo cuore vicino che non m’ode salpa già forse per l’eterno. |
Tu non ricordi la casa dei doganieri
sul rialzo a strapiombo sulla scogliera: desolata t’attende dalla sera in cui v’entrò lo sciame dei tuoi pensieri e vi sostò irrequieto. Libeccio sferza da anni le vecchie mura e il suono del tuo riso non è più lieto: la bussola va impazzita all’avventura e il calcolo dei dadi più non torna. Tu non ricordi; altro tempo frastorna la tua memoria; un filo s’addipana. Ne tengo ancora un capo; ma s’allontana la casa e in cima al tetto la banderuola affumicata gira senza pietà. Ne tengo un capo; ma tu resti sola né qui respiri nell’oscurità. Oh l’orizzonte in fuga, dove s’accende rara la luce della petroliera! Il varco è qui? (Ripullula il frangente ancora sulla balza che scoscende...) Tu non ricordi la casa di questa mia sera. Ed io non so chi va e chi resta. |
PERFAVORE
MORTE LIBERAMI! |
Quote:
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......considerando la mia fobia delle rampe la tramuterei in:
"Ho salito,dandoti il braccio,almeno un milione di scale ed ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino" :P P.S:Che pure il poeta in questione non soffrisse di "fobia delle scale"?! :lol: |
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