Come affrontare l'insignificanza della vita?
Che non è una copia di questa discussione, o comunque un modo per chiedere di nuovo quale è il senso della vita. Ho fatto un passo avanti, affermo che non ci sia nessuno scopo su cui si possa fondare in modo convincente la propria esistenza e il proprio agire o non agire nel mondo, senza necessariamente riferirsi in modo arbitrario a dei valori e a delle priorità; il che comunque ci può stare: se la vostra fede nella scienza e nella ragione, o la fede in Dio, o la fede nell'uomo e nei rapporti umani, giustifica ed è in grado di gettare le basi del vostro muovermi nel mondo sono contento per voi; ciò non toglie che tutto questo sia arbitrario, frutto di riflessioni e significazioni personali e che in quanto tali costituiscano un terreno troppo inconsistente per gettare le fondamenta del mio senso. L'arbitrarietà, la libertà sembra rivelarsi ora una trappola. Resta l'insignificanza, la mancanza di punti di riferimento. Come conviverci con.. pace? Senza inventarsi magari passatempi pericolosi e distruttivi?
In altri termini, come si supera il nichilismo? |
Re: Come affrontare l'insignificanza della vita?
Come hai detto tu; costruendosi qualcosa di personale.
Personale però non vuol dire arbitrario. Nel senso che non viene definito ad hoc, ma emerge da esperienze significative vissute dalla persona. Se non fosse così, la persona in questione non crederebbe nei propri valori e nei propri ideali. |
Re: Come affrontare l'insignificanza della vita?
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Re: Come affrontare l'insignificanza della vita?
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Dai tempo al tempo... qualcosa troverai di sicuro :) Ti posso dire che fino a uno o due anni fa io non avevo idea di quale potesse essere il mio scopo, poi pian piano si è concretizzato :) |
Re: Come affrontare l'insignificanza della vita?
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Vediamo se altri han da dire la loro. |
Re: Come affrontare l'insignificanza della vita?
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Tu mi dirai: e certo, ma da dove parti? quali sono i punti di partenza, gli assiomi morali/etici/estetici da cui derivare il senso complessivo della propria vita? Al che ti risponderei che anche questi, proprio come le regole imperfettamente sensate di prima, sono oggetto di perfezionamento. Quindi, assunto che il senso umano è umano, (mentre, perdonami la banalità, un fiore è assolutamente in grado d'essere un fiore senza avere la minima idea di cosa significhi essere un fiore), ti direi di partire da quel che sei in questo momento e avanzare da li Quote:
Come redimersi? questo dipende da te, non so potresti partire dalla poesia, per esempio, o dalla musica, o dalla filosofia, o anche dalla vita comune, dalle persone reali. Come ho detto dipende da te (e personalmente credo sia una fortuna che sia così) |
Re: Come affrontare l'insignificanza della vita?
Più che insensata la mia vita personale e individuale sembra solo brutta, a volte spregevole, spesso faticosa.
Se non si desse alcun senso, perché mai si dovrebbe star male? Ad esempio, se sei malato non dovresti essere orientato contro la malattia, altrimenti almeno nelle intenzioni un senso all'esistenza glielo dai. Se è vero che un senso all'esistenza non lo si dà dovrebbe starci bene tutto così com'è, e quasi nessuno fino ad ora è riuscito a raggiungere questi livelli di non-senso. Se non si desse alcun senso alla vita secondo me si dovrebbe star bene o quanto meno non male: se una persona sta male per qualche motivo è proprio perché dà un senso all'esistenza (e questo senso, ossia verso, o orientamento risulta o irrealizzabile o inaccessibile per svariati motivi). Se dai un senso privilegiato all'esistenza e questo senso ti è precluso inizi a star male, se non dai davvero alcun senso e ne fossi capace di far questo non ci sarebbe alcun motivo per star male. Spesso si sta male solo perché si desidera e vuole che le cose stiano in un modo ma non stanno così, l'istinto stesso ci spinge a dar senso... Il dolore no, l'assenza di dolore sì, e non possiamo proprio eliminarla questa cosa qua. Chi afferma che sta cercando di dare un senso alla vita e non lo ha e sta male per questo, per me afferma qualcosa di falso, non può essere vera questa cosa qua, se sta male è proprio perché un senso all'esistenza glielo dà ancora ma è un senso che non risulta realizzabile. Se davvero il problema consistesse nel fatto che una persona non dà senso alla vita, non potrebbe nemmeno porre o porsi il problema relativo all'assenza di senso o provare una sorta di repulsione verso questa assenza, perché già questo senso di repulsione significherebbe un dar senso alla vita. Che la propria vita particolare o lo stesso universo vada verso la completa distruzione o che vada altrove perché bisognerebbe dispiacersi nel primo caso e rallegrarsi nel secondo se è vero che non si esprime un giudizio relativo ad un senso preferibile? Se davvero non diamo alcun senso a tutto questo e non ci sono versi preferibili per noi, perché dovremmo preoccuparci di eventualità del genere? Che il mondo sprofondi in un buco, insieme al nostro corpo e tutto il resto, a noi cosa ce ne dovrebbe fregare se è vero che adesso non diamo senso a quel che abbiamo intorno? :nonso: |
Re: Come affrontare l'insignificanza della vita?
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Ciao :) |
Re: Come affrontare l'insignificanza della vita?
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Quando si arriva al discorso "insignificanza della vita", forse è il momento di passare ai farmaci. |
Re: Come affrontare l'insignificanza della vita?
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Re: Come affrontare l'insignificanza della vita?
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Re: Come affrontare l'insignificanza della vita?
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Re: Come affrontare l'insignificanza della vita?
@ Buck 90
Con "arbitrario" io intendevo proprio il contrario; dal vocabolario: "Che dipende dalla volontà e dall’arbitrio del singolo senza riferimento a legge o norma esteriore". Quindi c'è modo di dare una preferenza; una preferenza, come diceva Fluviale, inserita sullo sfondo di una storia, che cioè assume un significato alla luce di quella storia e nessun altra. Quindi arbitrio comunque condizionato, vincolato ai significati che hanno le cose per noi. Come è ovvio. Comunque per il resto anche gli assiomi, che so, etici, per me sarebbero insoddisfacenti, poiché se a dominare l'uomo e il mondo fossero dei principi incontestabili, tutto si appiattirebbe e conformerebbe a questi. Si sarebbe tutti soggiogati a questi.. e l'arbitrio? La possibilità di scegliere anche il male? Io rivendico il mio diritto di scegliere il male, anche se poi non lo sceglierei probabilmente. Per il resto le attività a cui dicevi di dedicarsi ci stanno però, se appunto questa energia non viene investista con la prospettiva futura di una qualche realizzazione di obiettivi più grandi e che non siano semplicemente impiegare del tempo presente che non si sa come spendere, be non so con quanta convinzione e serietà le si può accostare. Anche se soffocata, anche se non presente in superficie, deve esserci necessariamente una specie di fede a persuaderci che ciò che facciamo valga la pena di essere fatto. E questo quando tutto sommato non si è conosciuta la sofferenza. Quando invece manca un senso, e in più per qualche motivo, malattie fisiche o disagi psichici, si soffre, allora non c'è da stupirsi se qualcuno aggirando tutta la trafila filosofica-speculativa sui significati delle cose, si va a stendere sui binari più vicini. @ XL se leggi sopra io non ho detto che soffro. Io mi lamento ma mi balocco nell'insignificanza e nei miei lamenti, talvolta mi intrattengo anche piacevolmente con il mio dolore; per me la distruttività è legittima tanto quanto la creatività; infatti quale pretesto migliore di questo si può avere per agire come ci pare e piace sputando sugli altri se lo si vuole? Evidentemente mi rendo conto da me che si aprono prospettive anche positive in questa distruzione dei dogmi e delle verità, religiose o scientifiche che siano e che forse dopotutto e malgrado tutto la cooperazione e la ricerca collettiva sia più proficua, anche per il singolo, del conflitto e del capriccio. Ma così.. è fede anche questa. |
Re: Come affrontare l'insignificanza della vita?
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Chi non desse davvero significato e senso a nulla di quel che ha attorno perché dovrebbe stare male? :nonso: Anche se una persona stesse ferma in un punto e demotivata non avrebbe motivo di crucciarsi per questa cosa, perché non dando alcun senso all'esistenza non avrebbe nemmeno motivo di credere che una persona debba "non essere demotivata" che è sbagliato e male star così e così via. Nel momento in cui pensa "questa situazione è male" ed immagina una situazione diversa che glidica "bene" già sta dando un senso alla sua esistenza. Io personalmente a non dar senso all'esistenza non ci sono mai davvero riuscito e mi sembra che la vita ne abbia fin troppo per me di senso. Se ci sono problemi, i problemi non dipendono e non possono dipendere secondo me da un'incapacità di dar senso, se ci fosse davvero questa mancanza o incapacità a monte non dovrebbe poter nemmeno porsi alcunché come problema, perché non ci sarebbe alcun verso giudicato preferibile (nemmeno a livello immaginario) dal soggetto stesso, tutto sarebbe più o meno equivalente e piatto. La presenza di una dicotomia tra male e bene soggettivi testimonia comunque la presenza nel soggetto di un dar senso alla vita soggettivo. Paradossalmente è proprio quando si osserva una persona star male e percepire il proprio mal di vivere che si può dedurre che non abbiamo a che fare con una persona che non dà alcun senso alla vita. Chi sta male un senso alla vita lo dà comunque anche se per ora è inaccessibile. Viceversa chi davvero non desse alcun senso alla vita non potrebbe star male in alcun modo né tracciare alcuna linea di demarcazione a qualsiasi livello tra ciò che preferisce e ciò che non preferisce, ciò che giudica bene per sé e ciò che non giudica bene per sé, tra ciò che la vita dovrebbe essere secondo lui e quel che la vita è. In pratica e in conclusione io dico questo: non dare senso alla vita non può produrre alcuna forma di male o di dolore. Chi avesse davvero raggiunto questo stato qua non avrebbe alcun motivo per liberarsene (né da questo, né da qualsiasi altro stato) e quindi non può essere vero che produce dolore e sofferenza il non dare senso, perché per chi non dà senso davvero a nulla il dolore poi non dovrebbe essere percepito come qualcosa di così diverso dal piacere in termini di preferibilità: per una persona del genere insomma il dolore apparirebbe e verrebbe esperito, che so, come un colore, il nero per esempio, e il piacere come un altro colore, che so il bianco, ma questa persona non potrebbe più percepire alcuna spinta repulsiva o propulsiva interna pro o contro questi stati. Può essere vero che individui del genere si autodistruggerebbero velocemente, ma loro soggettivamente non percepirebbero alcun senso di male in tutto questo, questo senso negativo potremmo darglielo noi che giudichiamo magari male certi stati e un senso a quel che abbiamo attorno lo diamo comunque, ma non loro. Qua chi è depresso o chi si suicida non si suicida mica in questi stati psicologici qua! Anzi, ci si uccide in stati rancorosi, tristi, con un senso di abbandono e così via, per questo non può essere vero che è la mancanza di senso a produrre e spingere le persone ad ammazzarsi o cose del genere, ma l'esatto contrario. |
Re: Come affrontare l'insignificanza della vita?
@XL
Continui con il discorso del dolore e del bene e del male che con me non c'entra più visto che io sono arrivato a dire che è giustificabile creare come lo è il distruggere, operare il bene come operare il male. Quella dicotomia l'ho superata, (nel senso che male e bene non li ritengo valori assoluti). E l'insignificanza si pone proprio perchè entrambi questi atteggiamenti sono giustificabili e portano con sé dei significati, frutto di esperienze reali. Un senso, visto che affronti i discorsi letteralmente, finchè siamo una coscienza e siamo perciò destinati a stabilire valori delle cose, necessariamente deve esserci, è quello della nostra autobiografia; è costitutivo di noi stessi di attribuire significati, è costitutivo delle cose di farsi attribuire dei significati. La coscienza e il suo rapporto con il mondo si producono proprio così. Letteralmente parlando quindi un senso c'è. E non esiste considerazione, anche quella dell'insignificanza, che travalichi una costitutiva necessità di stabilire significati e sensi e priorità, perchè siamo noi stessi dei significati e sensi essendo ripeto un'autobiografia fatta di esperienze e concetti. Ma questo è solo un modo superficiale di affrontare il problema. Io ho usato ancora l'espressione del senso della vita, ma è evidente che questo problema l'ho già superato se dico che ogni uomo è letteralmente "un senso", una biografia che ha con il mondo una relazione particolare di reciproca determinazione, fatta.. di sensi; di significati. E che cosa vuol dire parlare di senso dunque o di fondamento dell'esistenza, se siamo coinvolti ciascuno in relazioni, rapporti in continua evoluzione già sensati, cioè fatta di sensi, di significati? Questo discorso è chiuso. La mia domanda invece è, se è possibile a prescindere dalla propria esperienza personale, quindi a prescindere da quella che può essere stata la storia particolare di ciascuno, che è questo “particolare” a determinare un senso piuttosto che un altro che giustifichi e fondi un operare bene o un operare male, un operare costruttivo o uno distruttivo, se è possibile trovare un senso oltre questa particolarità autobiografica, e particolare. |
Re: Come affrontare l'insignificanza della vita?
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Probabilmente starò proiettando in questi post, e per questo ti chiedo di non offenderti se le mie parole possono sembrare insolenti, ma francamente non vedo come una persona che goda della propria vita possa stare lì a domandarsi il senso del proprio godimento, convincersi in fine che esso un senso oggettivo non ce l'ha, e poi a causa di questo disperare. Rispondi a me. Che non-senso ha il piacere? Che non-senso ha il dolore? Che non-senso ha la miseria o la frustrazione? la miseria si spreca nei miserabili, credi a me Quote:
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Mi rendo conto di quanto queste parole possano suonare vuote, a seconda della storia personale di chi le legga (che ne sa un bambino africano di che sapore c'ha una brioche alla crema?), ma fidati se ti dico che un senso esse possono, volendo, avercelo. |
Re: Come affrontare l'insignificanza della vita?
"insignificanza della vita?" è un ossimoro
Avrei preferito un "Come affrontare l'insignificanza della mia/nostra vita?" (ovviamente ci metto dentro pure la mia) |
Re: Come affrontare l'insignificanza della vita?
Thread molto molto interessante. Faccio anzitutto i complimenti all'autore per aver sollevato un tema così profondo.
Se ho capito il punto di QuantumGravity, chiede se ci sia un senso esterno a noi che possa giustificare la nostra vita, la nostra esperienza ecc. detto brutalmente, penso di no. Non esiste un senso, altrimenti non saremmo qui a porci la domanda, ma riconosceremmo la divinità o principio che regola tutto. In particolare, se un Essere Superiore si manifestasse in mezzo a noi e ci desse prova inequivocabile dei suoi poteri allora saremmo costretti a dire, si, lui è il senso della nostra vita ecc. ecc.; egualmente, se anche ci fosse un principio scientifico che spiega tutto, beh allora avendolo capito e compreso avremmo nelle nostre mani un potere assoluto, ma come vedi bene non è così (ci sono anche prove scientifiche che la nostra conoscenza è e sarà sempre limitata). Cosa si può fare allora? Studiare, formarsi una coscienza critica e decidere quale (tra senso e non-senso, diciamo) sia la cosa più probabile. In questo studio, dovremmo fare una cosa moooolto difficile, cioè estraniarci quanto più dalla mentalità della nostra epoca e cercare la risposta anche nel passato, visto che questa domanda se la sono posta più o meno molti filosofi, scienziati e teologi e ricordarci che non si può giungere alla certezza assoluta, ma ad una ragionevole approssimazione. |
Re: Come affrontare l'insignificanza della vita?
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Re: Come affrontare l'insignificanza della vita?
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Siamo sicuri che se ci fosse un Essere Superiore ci sarebbe un senso e chi ha dato origine a Esso |
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