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La rassegnazione
Spesso si sente parlare di questo concetto come se fosse una cosa negativa. Ok, se c' è rassegnazione allora è automatico che c' è qualcosa che non piaccia e che si da per scontato che sia una condizione irragiungibile, ma a volte per me bisogna prendere atto di certe cose e rassegnandosi il tutto diventa più accettabile. Ah, sia chiaro, il mio discorso si applica a degli ideali utopici, non a cose che sono alla nostra portata per avere la scusa di non muovere dito. Se uno, per esempio, sogna che non ci siano più morti di fame di fatto deve rassegnarsi. E rassegnandosi la vive in maniera molto migliore rispetto a quando la sentiva come una cosa "inaccettabile". Naturalmente si può applicare lo stesso discorso anche per i nostri problemi. Voi che ne pensate?
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Re: La rassegnazione
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Re: La rassegnazione
Vedere qualcuno che si rassegna ci mette davanti ai nostri limiti, che sono difficili da accettare.
Poi ci sono una serie di credenze per cui si è speciali, bisogna seguire i propri sogni e si può ottenere tutto ciò che si vuole (solo e solamente comprando il prodotto x). Da questo punto di vista è impossibile rassegnarsi. E a volte anche smettere di comprare :ridacchiare: |
Re: La rassegnazione
Ecco, appunto, bisognerebbe vedere se le cose siano effettivamente immutabili. A rassegnarsi si rischia di diventar pigri, di lasciarsi andare all'inerzia, il che francamente, almeno per quanto riguarda me, non farebbe altro che rendermi miserabile e cinico.
Detto questo però credo che, piuttosto che la rassegnazione, l'accettazione della propria vulnerabilità possa essere una cosa molto positiva. Specie se si soffre di disturbi d'ansia, di panico e robe del genere.. Mi spiego meglio: accettare di avere dei problemi, delle difficoltà, degli handicap, ti permette di non soffrire troppo del fatto che la tua vita, in questo determinato momento, sia relativamente difficile, purchè qualche graduale processo di miglioramento tu lo stia mettendo in atto. Poi, si spera che, col tempo, questi miglioramenti si accumulino, e qualche cambiamento sostanziale avvenga. Voglio dire, in ogni caso a me pare che questo sia l'approccio migliore |
Re: La rassegnazione
Io non credo nel rassegnarsi ("la rassegnazione dei deboli è la forza dei prepotenti"), quanto nell'accettazione del proprio essere limitati, e dunque della possibilità di soffrire (o che qualcun altro soffra).
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Re: La rassegnazione
beh le cose che voglio io sono Impossibilissime nel vero senso del termine, eppure.... rassegnarmi vorrebbe dire lasciar stare tutto e vivere senza star male troppo. ma è impossibile, sono le cose che desidero Veramente....
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Re: La rassegnazione
ci rassegniamo solo davanti alla morte... anzi neanche
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Re: La rassegnazione
rassegnarsi come voler accettare serenamente delle cose del nostro carattere, secondo me è la cosa più giusta da fare. Per dire io non sono una grande compagnona, una persona carismatica e che la gente di solito cerca, ho quelle poche conoscenze e mi va bene così. Una volta da ragazzina ci soffrivo per il fatto di avere pochi amici, adesso invece conosco i miei limiti e li accetto.
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Re: La rassegnazione
Io da una parte sono rassegnata, ormai vedo tutto troppo lontano da me. So che se non ho conquistato nulla in questi anni è solo colpa mia, solo che più il tempo passa e più è dura... Ho capito che a non andare bene sono io e non gli altri, che non ci sarà mai nulla per cui mi accontenterò perché mi vedrò sempre sbagliata, che sia per un lavoro, per un'amicizia o per una relazione. Ho degli amici, per cui mi conviene tenermeli stretti, ma non so quanto saprò resistere a me stessa...
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Re: La rassegnazione
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Re: La rassegnazione
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Re: La rassegnazione
Una rassegnazione vale più di mille speranze.
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Re: La rassegnazione
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Come ho già spiegato altrove, qua si fa confusione relativamente al termine "accettazione" che viene usato quasi come un qualcosa che ha a che fare con un'alterazione dell'esame di realtà. Anche se io sapessi che dopodomani devo morire ed è davvero così in base a tutti gli esami medici e quant'altro, non è detto che io poi accetti questa condizione senza avere alcuna forma di negativismo. Sarebbe utopico per me vivere di più in base a quel che so, ma se poi sento che desidero molto vivere di più, quel che so non fa sparire di certo questo atteggiamento qua. Conoscere qualcosa e comprenderla nei minimi dettagli non aiuta affatto ad accettarla secondo me, non riesco nemmeno ad afferrare la connessione precisa della comprensione con l'accettazione psicologica (dato che quest'ultima ha a che fare con dei giudizi di valore soggettivi e non con una qualche forma di conoscenza razionale del come stanno le cose). Se io voglio vivere in certi modi e tutta la conoscenza del mondo mi fa comprendere che tra un paio di giorni dovrò morire, prendo benissimo atto che per me risulta impossibile vivere più di un paio di hiorni in base ad ogni esame razionale (di tutto lo scibile e di come stanno le cose) ma per caso questo mi potrà aiutare ad accettare la situazione facendo sparire ogni atteggiamento negativo verso di essa? Si accetta quando il proprio giudizio negativo nei confronti di questa o quella situazione ha cessato di essere tale e non in relazione ad una qualche forma di consapevolezza o conoscenza di come stanno le cose in relazione poi al nostro potere. Il nostro giudizio non sta da nessuna parte là fuori, non si creda che una persona se ne può liberare osservando qualcosa o con la consapevolezza o "essendo meno viscerale" grazie chissà a quale tipo di atto di volontà che controlla tutto. Si può comprendere che il mondo è fatto così e colà, ma questo cosa ha a che fare col nostro giudizio nei confronti di questa o quella determinazione? Giudizi e preferenze non si comprendono... Si sentono... Queste viscere qua non le si può di certo estirpare via con la cosiddetta "ragione" (con l'"io" e tutti questi prodotti qua)... Che per me è anche una cattiva ragione intesa in tal senso. Io sto ragionando ora e mi sembra che non arrivo alle stesse conclusioni. Io dico che non si può non essere viscerali e chi afferma questo afferma il falso, perché in fondo ogni tipo di motivazione che lo spinge a far qualcosa o meno non poggia proprio su nulla se non sulle "viscere", ed è sempre grazie a queste "viscere" che funziona la ragione stessa. Puoi comprendere che una certa donna non ti ama e non ti amerà e non potrai mai averla, ma anche avendo compreso che la situazione è compromessa definitivamente, secondo te in base a questo ci si rassegnerà e si accetteranno le cose? Si è preso spesso atto da un bel pezzo che certe cose stanno in certi modi, ma lo stesso non le si accetta. L'accettazione, lo ripeto, dipende dai nostri giudizi in relazione alla realtà e non direttamente da un qualche esame di realtà, credendo che più si conosce più si accetta si afferma una stupidaggine per me. Se la conoscenza della realtà va fortemente in conflitto con le preferenze e desideri di un individuo non credo che grazie ad una maggiore conoscenza le cose miglioreranno necessariamente. Può essere addirittura auspicabile non conoscerle certe cose per ridurre certi tipi di conflitti che poi producono sofferenza. La rassegnazione e l'accettazione va anche bene per me, ma si dovrebbe essere rassegnati davvero (nel senso che non si sente più il desiderio di certe cose impossibili effettivamente) e non solo a parole. Siccome la maggior parte delle volte le persone sono rassegnate solo a parole, non trovo positivo questo atteggiamento qua... La rassegnazione verbale e non sentita produce più malanni che benefici. Delle persone si dicono e affermano "io so che le cose stanno così quindi l'ho accettato" e poi rompono i coglioni in tutti i modi... E si lamentano anche di situazioni che dicono di aver accettato completamente... A parole però... Dico, ma non è più onesto e sincero ammetterlo che si desidera anche qualcosa di impossibile e non si è emotivamente rassegnati? :nonso: |
Re: La rassegnazione
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Re: La rassegnazione
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Re: La rassegnazione
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Re: La rassegnazione
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Poi sarebbe anche auspicabile accettare tutto, perché mai dovremmo fare qualcosa? Non pensi? Ad esempio tu hai scritto Quote:
Al più potrebbe dar fastidio a te una persona che non muove un dito perché non esprimendo più alcun giudizio non ha nemmeno motivo di muoverlo un dito, ma mica si sta scusando? Scusando rispetto a cosa se è questo quel che sente? Penso comunque che l'accettazione o è vera e reale o non lo è. Se è reale non bisogna mica sforzarsi, si accetta e basta e non si giudica più negativamente quel che capita al di fuori del nostro potere, ma se non lo è reale e si vuole accettare a parole senza un sentire davvero profondo e radicato non serve a nulla e sarebbe comunque una "scusa" anche nei casi di impossibilità, una scusa per mostrarsi "adulti" e "razionali". Il punto è che non accettiamo tutto quel che cade al di fuori del nostro potere, non siamo fatti così. "Meglio accettare là dove non si possono cambiare le cose", vero, ma come si dovrebbe raggiungere questo stato qua in cui non c'è conflittualità tra quel che si desidera davvero ottenere e quel che si può ottenere? Fosse possibile fare questa cosa sempre avremmo risolto ogni forma di malanno e sofferenza umane già ora... Sempre a parole gli strizzacervelli dicono di possedere metodi per fare queste cose qua, ma com'è che poi vedo sempre persone attorno a me (che fanno uso degli strizzacervelli e) che si lamentano di un mucchio di cose che loro non possono modificare direttamente? Io certe cose le ho accettate di più col tempo, ma non credo di aver usato strategie precise, un po' sono anche cambiato proprio biologicamente (ad esempio la voglia di far sesso con gli anni è diminuita proprio) un po' hanno influito certi fattori esterni. Mentre altre cose inaccessibili (credo, perché non ne sono neanche mai completamente certo che lo siano) continuo a non accettarle. Purtroppo ho constatato che la maggior parte delle persone che a parole dicono di accettare, poi nei fatti non accettano affatto, accettassero davvero non avrebbero bisogno di ricordarlo al mondo intero che lo accettano così com'è e se ne starebbero zitte senza rompere i coglioni agli altri. Riporto comunque un brano che associo automaticamente a questo tipo di argomenti qua. - Elicone: Buongiorno Gaio. - Caligola: Buongiorno Elicone. (pausa) - Elicone: Sembri affaticato. - Caligola: Ho camminato molto. - Elicone: Sì, la tua assenza è durata a lungo. (pausa) - Caligola: Era difficile da trovare. - Elicone: Che cosa? - Caligola: Quello che volevo. - Elicone: E cosa volevi? - Caligola: La luna. - Elicone: Cosa? - Caligola: Sì, volevo la luna. - Elicone: Ah! (pausa) Per fare che? - Caligola: Ebbene!… È una delle cose che non ho. - Elicone: Certamente. E ora, è tutto a posto? - Caligola: No, non ho potuto averla. - Elicone: È seccante. - Caligola: Sì, è per questo che sono affaticato. (pausa) Elicone! - Elicone: Sì, Gaio. - Caligola: Tu pensi che io sia pazzo. - Elicone: Sai bene che io non penso mai. Sono fin troppo intelligente per pensare. - Caligola: Sì. Infine! Ma io non sono pazzo e anzi non sono mai stato così ragionevole. Semplicemente, mi sono sentito all’improvviso un bisogno di impossibile. (pausa) Le cose, così come sono, non mi sembrano soddisfacenti. - Elicone: È un’opinione abbastanza diffusa. - Caligola: È vero. Ma prima non lo sapevo. Ora, lo so. Questo mondo, così come è fatto, non è sopportabile. Ho dunque bisogno della luna, o della felicità, o dell’immortalità, di qualcosa che sia forse insensato, ma che non sia di questo mondo. - Elicone: È un ragionamento che sta in piedi. Ma, generalmente, non lo si può sostenere fino in fondo. - Caligola: Tu non ne sai nulla. È perché non lo si sostiene mai fino in fondo che nulla è ottenuto. Ma forse basta restare logici sino alla fine. (pausa) So anche quello che pensi. Quante storie per la morte di una donna! No, non è questo. Credo di ricordarmi, è vero, che qualche giorno fa, una donna che amavo è morta. Ma cos’è l’amore? Poca cosa. Questa morte non è nulla, te lo giuro; è solamente il segno di una verità che mi rende la luna necessaria. È una verità molto semplice e molto chiara, un po’ stupida, ma difficile da scoprire e pesante da portare. - Elicone: E qual è dunque questa verità, Gaio? - Caligola: Gli uomini muoiono e non sono felici. (pausa) - Elicone: Andiamo, Gaio, è una verità con la quale ci si può benissimo arrangiare. Guardati attorno. Non è questo che impedisce loro di mangiare. - Caligola: Allora, è che tutto, attorno a me, è menzogna, e io, io voglio che si viva nella verità! E ho giustappunto i mezzi per farli vivere nella verità. Perché io so ciò che manca loro, Elicone. Essi sono privi della conoscenza e manca loro un maestro che sappia ciò di cui parla. - Elicone: Non ti offendere, Gaio, di quello che sto per dirti. Ma tu dovresti anzitutto riposarti. - Caligola: Questo non è possibile, Elicone, questo non sarà mai più possibile. - Elicone: E perché dunque? - Caligola: Se dormo, chi mi darà la luna? (pausa) - Elicone: Questo è vero. (pausa) - Caligola: Ascolta, Elicone. Sento passi e rumori di voci. Mantieni il silenzio e dimentica di avermi visto. - Elicone: Ho capito. (pausa) - Caligola: E, se vuoi, d’ora innanzi aiutami. - Elicone: Non ho ragioni per non farlo, Gaio. Ma so molte cose e poche mi interessano. In cosa dunque posso aiutarti? - Caligola: Nell’impossibile. - Elicone: Farò del mio meglio. |
Re: La rassegnazione
Io direi accettazione più che rassegnazione, una differenza sottile.
Anche l'esempio che hai fatto, si tratta di accettare quello che non si può cambiare. Rassegnarsi secondo me implica che puoi fare qualcosa. |
Re: La rassegnazione
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Re: La rassegnazione
@XL molto bello il dialogo che hai proposto, mi da sensazioni di speranza ma nello stesso tempo di una lotta inutile per questa e dell' infelicità esistenziale di un mondo che non appartiene ai molti.
Mi ha fatto riflettere. |
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