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la centralità dell'io
Da 5 mesi ho iniziato a lavorare come promoter, ciò mi ha consentito di entrare in contatto con moltissime persone. Sapete di cosa mi sono reso conto? Per essere bravi interlocutori è sufficiente ASCOLTARE e parlare delle cose di cui si interessa l'altro. Non serve null'altro, nessuna storia interessante da raccontare, nessun evento particolare della tua giornata, niente che possa mettere al centro dell'attenzione il tuo io. Non c'è nulla da fare, siamo degli inguaribili egocentrici. Se volete risultare interessante a qualcuno ascoltate quello che ha da dire e parlate di ciò che gli interessa.
Per suffragare la mia tesi, ho provato a prlare di me con persone conosciute da poco, l'effetto ottenuto è il totale disinteresse, invece facendole parlare e parlando di loro, sono riuscito ad attirare subito la loro attenzione. Forse è questo che distingue un amico da un conoscente, gli amici sono disposti anche ad ascoltare, non solo ad essere ascoltati. Voi cosa ne pensate? P.s. io sto cercando di cambiare approccio in questa direzione, prima parlavo troppo di me |
Re: la centralità dell'io
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Re: la centralità dell'io
Basta che poi appena inizio a parlare io non volino pesci in faccia e rotture di cazzo.
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Re: la centralità dell'io
E' la scoperta dell'acqua calda :( purtroppo funziona così.
Quello che stona è lo stare sentire gli altri per interagire e poi fregartene. |
Re: la centralità dell'io
E' sicuramente tutto vero.
E' una bella sfida quella di adottare la strategia che hai indicato, far parlare gli altri di sè e dimostrarsi interessati. E' un metodo che ti fa ottenere anche l'effetto positivo di distogliere l'attenzione dell'altro da te e dalla tua vita, che è ciò che noi fobici desideriamo di più. Certo, a onor del vero la riflessione che mi viene da fare in chiave un pò polemica è che in questo modo noi non facciamo altro che alimentare l'ego degli altri. La lettura che do di questa dinamica non è che la gente ha un ego meno sviluppato del nostro, al contrario, in realtà tutti abbiamo un ego che necessita di essere alimentato: tutte le persone gradiscono ricevere domande e poter parlare di sè; allo stesso modo noi, se non avessimo la fobia del giudizio altrui, gradiremmo parlare di noi. Non riusciamo a farlo liberamente e questa è un'ulteriore causa di frustrazione. Comunque per adottare in modo efficace la strategia che Maximum suggerisce, è indispensabile, come premessa, essere interessati dagli altri. Io devo far domande al mio interlocutore perché mi interessa sinceramente sapere di lui. Questo è qualcosa che per noi timidi o fobici è molto difficile. Noto su di me che spesso la fobia sociale mi fa vedere gli altri non come persone a tutto tondo, ma esclusivamente come giudici dei miei comportamenti. Gli altri ai miei occhi non sono persone, sono i mostri del mio incubo. E' chiaro che con questa distorsione cognitiva io non sarò mai interessato ad informarmi della loro vita, vorrò solo trovare il modo più veloce per scappare da loro. Questo appiattimento degli altri nel ruolo stereotipato di "cattivi" è ciò che ci impedisce di adottare con loro un dialogo spontaneo, in cui si fan domande perché davvero si vuole sapere. |
Re: la centralità dell'io
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Non si interagisce per poi fregarsene, se ci pensi nessuno fa cose in modo del tutto disinteressato, c'è chi ti ascolta per fare colpo su di te, per ottenere la tua attenzione o i tuoi favori. Purtroppo la verità è che questo accade in due situazioni: 1 sei una figa della madonna :mrgreen: 2 sei nella stanza dei bottoni, ed il successo/prestigio di un altro dipende da te. Noi poveri mortali dobbiamo imparare ad ascoltare ed ad interessarci in modo sincero! Per me è difficile, dato che ho sempre e solo pensato a me, mancando totalmente di empatia. Mi spiace averlo capito solo ora |
Re: la centralità dell'io
beh, sì, modestamente quando sono obbligato ad interagire applico questa modalità da tempo immemore
in genere la vita altrui è di una noia, ma di una noia, ma di una noia, che non si può capire :miodio: che poi molto dipende dal fatto che non la sanno raccontare non sanno raccontare un aneddoto, si perdono in mille dettagli inutili, non sanno esporre un'opinione in modo convincente, oppure pensano di avere provato esperienze esclusive e bizzarre quando semplicemente hanno fatto cose che tutti fanno mamma mia che fatica socializzare :miodio: |
Re: la centralità dell'io
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E' vero doppiamo imparare ad ascoltare in modo sincero, ma questo risulta difficile se in una vita causa il carattere, siamo stati sempre poco empatici. Poi riusciremo veramente a cambiare adesso? |
Re: la centralità dell'io
Praticamente bisogna fingere di ascoltare, prendere per il culo, ma ci si stanca, se non si é davvero interessati, ascoltare tutti belli e brutti:interrogativo:...naaaa:D
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Re: la centralità dell'io
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Per la paura del giudizio altrui, ti capisco, anch'io lo soffro, secondo me devi trovare qualcosa che ti sproni a relazionarti. Trovare lavoro come venditore aiuta, ti mette nelle condizione di dover fermare gente e ti obbliga a relazionarti ed a imparare delle tecniche relazionali per riuscire a convincere l'interlocutore. Ti saranno utili pure per vendere te stesso, io sono convinto che mi stia aiutando a crescere. |
Re: la centralità dell'io
Personalmente io cerco sempre di individuare ciò che interessa gli altri e parlo di quello, raramente affronto argomenti che interessano anche me. Risultato? Io riesco a conoscere la persona, la persona non riesce a conoscere me. La persona è appassionata di pesca? Anche io sono appassionata di pesca, è interessata di motori a scoppio? Anche io sono interessata di motori a scoppio. è interessata ai Lemuri del Madagascar? Anche io sono interessata ai Lemuri del Madagascar. Questo è molto frustrante e de-energizante per me, inoltre mi annoio immensamente a socializzare ecc.
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Re: la centralità dell'io
Tutto perfetto, unica pecca, secondo me, questo:
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Parlare troppo di sè è un errore, si. Ma la cosa va bilanciata. |
Re: la centralità dell'io
Questi thread coi titoli kunderiani.
Moltissimi hanno paura di star soli coi loro pensieri, qual è la novità?; questo lo sa ogni parrucchiera, lo si vede ogni volta che ci si confessa laicamente ad un qualche sconosciuto. Il problema è che l'orecchio accoglie di tutto ma non è una puttana, la cacofonìa del rumore lo sfianca, la monotonìa del pensiero lo rende ottuso. Per far fessi e contenti gli altri basta dire Sì sì ogni tanto, così, a casaccio, finché hanno solo voglia di buttarsi le parole fuori dalla testa. |
Re: la centralità dell'io
Fai bene, sono assolutamente d'accordo! Anch'io nella "terapia" di miglioramento che sto seguendo, tento di ascoltare gli altri mostrandogli una vera attenzione. D'altronde è la stessa cosa che noi vorremmo da loro... hai detto delle cose giustissime. Fa la differenza tra conoscente e amico ma anche tra amico e amante. Insomma, fai la differenza in tutto. :applauso:
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Re: la centralità dell'io
Ottimo post! Veramente bello e utile! :)
Anche io ho fatto qualche riflessione in merito all'argomento e ne approfitto per scriverle qui! Allora, noi pensiamo spesso che la situazione sociale e la situazione asociale, siano le medesime. Se ad esempio noi ascoltiamo l'altra persona, lei sarà il centro dell'attenzione, mentre se parliamo solo noi, saremo noi il centro dell'attenzione e quindi non si sfuggirà alla logica centralizzante. E invece, se invece di parlare di noi stessi senza che ci venga chiesto lo facciamo quando la persona mostra interesse verso di noi, e viceversa, si crea una unione fra le due persone, un legame che le rende tutt'uno che è la base di qualsiasi rapporto umano. Nel caso in cui ognuno parlasse di sé oltre l'interessamento dell'altro invece si creerà una frattura, che è alla base dell'asocialità e dell'isolamento delle persone. |
Re: la centralità dell'io
Dal punto di vista della crescita personale invece di parlare di meno (che in sé leva i sintomi non la causa di ciò che ti fa "parlare troppo") penserei all'origine del problema :nonso:
Dal punto di vista del promoter è molto funzionale, non c'è che dire :bene: |
Re: la centralità dell'io
A mio parere, ci sono varie principi da applicare nei nostri casi.
PRINCIPI DI SOCIALIZZAZIONE 1° Principio, detto "La distribuzione delle energie": «Se una persona soffre di un male specifico è prioritario che la persona stessa focalizzi le proprie energie sull'eliminazione di tale male, e dunque su se stessa. In caso contrario, cioè in presenza di benessere, le energie della persona vanno distribuite verso l'esterno.» 2° Principio, detto "La distribuzione dei piaceri": «Se una persona soffre di un male specifico è necessario che tale male sia espresso in direzione di persone fidate in maniera tale da focalizzare la loro attenzione su di esso. In tutti gli altri casi [cioè, se la persona sta bene] è opportuno che essa distribuisca il suo piacere e il suo benessere agli individui circostanti.» 3° Principio, detto "L'interattività": «Un individuo per integrarsi nella società deve aprirsi e interessarsi a ciascun individuo che lo circonda, piuttosto che effettuare operazioni opposte di imposizione dell'Io o di chiusura agli stimoli esterni.» 4° Principio, detto "L'equilibrio": «Un individuo in società deve assimilare informazioni a sufficienza riguardo alla persona con cui interagisce ed adottare un comportamento adeguato alla situazione, nei limiti della propria etica.» Quindi, nel complesso, le energie e il piacere vanno direzionati verso l'esterno quando sono presenti, bisogna interagire con sostanzialmente chiunque (quando c'è l'occasione naturalmente) ed adeguarsi alla persona che ci sta accanto. Questo ovviamente se non si sta male, nel qual caso è lecito avvisare del proprio male chi ci è più caro e focalizzarci su di noi. Quindi nel caso si stia male le fasi dovrebbero essere queste: 1^ fase: Riconoscimento del malessere. Si deve riconoscere che c'è qualcosa che non va e va curato. 2^ fase: Ricerca di aiuto. Se non riusciamo a curare da soli il malessere bisogna consultarci con persone competenti e/o care. 3^ fase: Cura del male. Il male va curato con costanza una volta riconosciuto, perché la sua presenza impedisce una vita adeguata. 4^ fase: Fine della centralità dell'Io. Se il male viene curato allora non c'è più alcun motivo per non interagire, e bisogna seguire i principi di socializzazione. |
Re: la centralità dell'io
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1 sorriso, anche la persona più stronza del mondo restituisce SPONTANEAMENTE il sorriso, questo ti pone in una condizione migliore per provare l'approccio; 2 offrire vantaggi, nell'esposizione più che esporre sterilmente le caratteristiche del prodotto devi entrare nel'ottica dell'acquirente e pensare quali sono i vantaggi che potrebbe trarne se acquistasse il prodotto; 3 ascoltare quello che hanno da dire gli interlocutori, molte volte capita che se ne escano con delle osservazioni che rimandano alla loro vita, bisogna saperle cogliere e spronarli a parlarne. Il solo fatto di poterne parlarne con qualcuno li rende automaticamente riconoscente nei tuoi confronti e saranno più invogliati a fare quello che gli chiedi. Nel mio caso, fargli provare un prodotto. Ora voi penserete: "eh che brutta persona, si interessa degli altri solo per raggiungere un mero fine commerciale", vero, ma d'altronde anche quando cerchiamo altre tipologie di interazioni sociali lo facciamo in modo totalmente disinteressato? No, abbiamo tutti un fine. In quest'ultimo caso non vendiamo un prodotto, vendiamo noi STESSI. Qui entra in gioco la parte più difficile bisogna credere in se stessi, fino a quando non si crede nel prodotto (noi) e saremo convinti che la persona con cui parliamo potrà avere di meglio, perderemo ogni possibilità di convincere la persona. Non c'è nulla da fare, le persone fiutano l'insicurezza, come gli squali sentono l'odore del sangue in acqua da chilometri di distanza. Come dicevo il risultato che si ottiene dipende da come si applicano i principi, come ogni altra cosa che si impara va sperimentata e solo con la perseveranza si possono migliorare i risultati |
Re: la centralità dell'io
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Re: la centralità dell'io
Perché ci manca solo che la scuola assecondi le tendenze manipolatrici di individui che già c'hanno poca voglia di stare lì ad ascoltare, come “nozionismo”, qualcosa di non immediatamente finalizzabile.
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