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L'università ha riaperto porte che dovevano restare chiuse
Buonasera.
Io, fin da piccolo, mi sono sempre sentito "diverso": molto riservato, non riuscivo a trovarmi a mio agio sia con gli adulti che con gli altri bambini (mia madre è stata perfino costretta a non mandarmi all'asilo) e tendevo a chiudermi in me stesso (ho imparato a leggere a tre anni, e da allora ho sempre preferito i libri alle persone). Nel periodo "elementare", a scuola stavo tranquillo e riuscivo a legare con gli altri bambini (mi sono fatto pure qualche amico che ancor oggi, dopo quasi 14 anni, è piacevole incontrare), ma in altri contesti non riuscivo a separarmi dai miei genitori per più di qualche minuto, alle feste mi sentivo a disagio, la notte ero spesso agitato e dormivo pochissimo... In tutto questo, va detto anche che mi è capitato, qualche volta, di assistere a liti violente tra i miei genitori (cosa divenuta sempre meno frequente con gli anni, ma allora non rarissima). Periodo successivo: le scuole medie. Anche qui, ho stretto un paio di rapporti che sono durati nel tempo, e i miei disagi sono rimasti, attutiti però dal fatto che i miei genitori hanno iniziato a lasciarmi a casa da solo (la quale cosa, stranamente, mi ha fatto "migliorare") e soprattutto dall'aiuto di una persona (la mia professoressa di italiano) eccezionale, che ha cercato di farmi "amare me stesso per come sono" e mi ha aiutato a "sentirmi a casa" anche a scuola. Purtroppo però, alla fine della scuola media, aver scoperto che una ragazza (di cui ero infatuato) mi aveva preso in giro per quasi due anni mi ha intristito molto e mi ha fatto "perdere autostima". Un paragrafo a parte merita il discorso "gite scolastiche": delle due gite "lunghe", la prima l'ho vissuta in maniera terribile (piangendo in continuazione, lottando con me stesso per non prendere il telefono e chiamare mia madre per chiederle di riportarmi a casa...); la seconda, invece, l'ho vissuta in modo più sereno (certo, il giorno prima di partire ho pianto, e il primo giorno di gita è stato triste, ma per il resto del viaggio mi sono goduto ogni momento). L'estate dopo la terza media è stata terribile: ininterrottamente, mi sono sentito morire (fino a pensare di provvedere io stesso in tal senso... e in effetti ci ho pure provato, ma all'ultimo mi è mancato il coraggio)... Una situazione del genere è durata per tutto il primo anno di liceo: ero triste ed isolato, e ho addirittura meditato di lasciare la scuola. Durante l'estate tra il primo ed il secondo anno, la riscoperta della musica dei Pink Floyd (l'album "The wall", soprattutto) e le opere di Haruki Murakami mi hanno trasmesso l'idea che si potesse "continuare a vivere". Deciso a mettere in pratica tali propositi, ho iniziato il secondo anno di liceo, il quale è stato molto più tranquillo, fino al momento della gita, durante la quale si è ripetuto il copione già visto per quella di seconda media. Il terzo anno di liceo è stato in generale tranquillo, tranne che per due eventi (la morte di uno zio e di un prozio) che mi hanno turbato, ma non destabilizzato (ho sempre avuto questo atteggiamento di quieta accettazione di fronte alla morte). Nel frattempo, abbiamo accolto in casa un gatto. Per me è stata, ed è tutt'ora, un'esperienza unica e meravigliosa: dare amore e ricevere amore, senza muri, ansie o insicurezze (anche se, per i primi giorni, mentre tutti correvano dietro al micio, io in un angolo piangevo credendo che lui volesse gli altri gatti, quelli con cui viveva prima). Anche il quarto liceo è stato molto tranquillo. Nel corso di quest'ultimo, tra l'altro, ho deciso di partecipare ad uno "stage" a New York. Il giorno prima di partire ho - come al solito - pianto, ma una volta lì mi sono divertito (solo la notte, quando io ero in camera e i miei compagni tutti in giro, mi sentivo ansioso e malinconico... ma riuscivo comunque a dormire). Sono stato felice di stare lì, e sono stato felice di tornare. Il viaggio scolastico più felice della mia vita. Arriviamo ora al quinto anno di liceo. Esso inizia tranquillamente, con un nuovo professore di filosofia (una persona stupenda: simile alla professoressa di italiano delle medie, ma più "amico" che "mammo") e tanta volontà di impegnarsi per gli esami. Ma a metà Ottobre, il primo crollo: non riesco più nè a studiare nè a mangiare, qualsiasi cosa mi causa crisi di pianto, ho continui attacchi di panico, la notte non dormo più... dopo un mese così, scongiuro i miei di permettermi di andare da uno psicoterapeuta. Loro, dopo molte resistenze, accettano. Incontro il dottore, e iniziamo a discutere il mio caso. Alla fine della prima seduta, lui vuole vedere i miei genitori, e in mia presenza parla anche con loro, e formula la diagnosi: i loro atteggiamenti iperprotettivi mi hanno fatto credere di aver bisogno di loro e di essere "inadeguato alla vita". Iniziano allora le sedute, a cadenza settimanale, durante le quali io devo parlargli di ciò che ho pensato durante la settimana (o propone lui un tema di discussione), e insieme ne discutiamo, riconducendo il tutto al mio senso di inadeguatezza. Con lui esploro vari aspetti della mia vita, e imparo a comprenderli (tranne quello legato al mio disagio quando mi raffronto con cose che mi ricordano la mia infanzia, anche se io avrei voluto approfondirlo). Tali sedute si interrompono per il periodo natalizio. A quel punto, io mi sento già molto più tranquillo, e medito di interrompere le sedute, ritenendomi "guarito". Ma, il 6 Gennaio, avviene un altro crollo, peggiore del precedente, e ritorno dunque, appena possibile, dal terapeuta. Con lui, riprendiamo il discorso già visto prima, e continuiamo le sedute. Durante tali sedute, lui mi spiega che l'attività sessuale/sentimentale potrebbe aiutarmi a "maturare", che l'inadeguatezza che sento è un'illusione (più volte cerca di dimostrarmi come io non abbia nulla meno degli altri), che le mie "percezioni di malattia" sono dovute al senso di inadeguatezza (che mi farebbe, a suo dire, rifugiare nella finzione di malattia per non affrontare la realtà della mia mente), che le mie paure "infantili" derivano dalla medesima ragione (si, ho paura del buio)... fino ad arrivare al momento in cui mi dice "la tua ansia non può essere combattuta, solo accettata". Arrivato a questo punto (quindi, circa a metà Marzo) io, complice anche il fatto che stavo iniziando a "diffidare" di lui (lo vedevo sempre meno come "confidente" e sempre più come un professionista che cerca di mantenere la sua clientela), ho interrotto le sedute. A questo punto, la situazione è stata sostanzialmente tranquilla: ho continuato a studiare, ho sostenuto gli esami di maturità (ho pure preso 100) e ho vissuto serenamente il mese di Luglio. Ad inizio Agosto, appena ho dovuto riprendere in mano i libri per studiare per il test di una discreta università relativamente vicina a casa mia (la quale, comunque, sarebbe un "ripiego" qualora non riuscissi a partire per l'altra università), le crisi sono ricomparse. Ho dunque trascorso il mese appena finito tra alti e bassi, oscillando tra momenti di cauto ottimismo, momenti di drammatico pessimismo e momenti di tragica determinazione ("soffrirò, sicuramente... sarà durissima, sicuramente... ma questa è la mia occasione per riscattarmi dai miei handicap... e poi, un'università prestigiosa come quella mi garantirà un accesso privilegiato al mondo del lavoro"). Ieri, ho avuto una notizia in un certo senso confortante: un mio amico (che, psicologicamente, si trova anche lui in difficoltà... anche se forse in maniera più "soft"... e sa della mia situazione), il quale inizialmente aveva deciso di frequentare la (pessima) università della mia città, mi ha detto che, qualora dovesse essere ammesso all'università prestigiosa che io probabilmente frequenterò (entrambi abbiamo fatto il test, ma io ho ottenuto un punteggio che mi consente l'accesso diretto, mentre lui deve attendere la pubblicazione della graduatoria), sta seriamente pensando di venire con me... ciò mi aiuterebbe ad essere meno solo, e mi darebbe un po' di coraggio... Nel frattempo, ho svolto delle ricerche, e ho scoperto il disturbo evitante di personalità, nei cui criteri diagnostici (che vi invito a leggere da Wikipedia... qui, riporto solo i miei commenti ad ogni punto) in parte mi rispecchio: 1 - questo non lo so, visto che non ho mai lavorato 2- sono molto timido nei rapporti interpersonali, e mi sblocco solo dopo un po'... quindi forse io questo sintomo lo manifesto, in parte... 3- la mia vita sentimentale è nulla, quindi non so se agirei così 4- qui mi ritrovo in pieno 5- questo è vero 6- inferiore agli altri no... ma gli altri due descrittori mi rappresentano 7- questo è vero in parte... se devo fare qualcosa di nuovo, di solito lo faccio senza troppo curarmi dell'imbarazzo - che comunque di solito non provo, visto che molte delle cose che faccio mi riescono bene - E mi rispecchio in parte anche nei sintomi (per la cui lettura rimando sempre a Wikipedia): 1- proprio di questo stiamo discutendo... 2- qui in generale mi rispecchio: ho degli amici, ma a pochissimi confiderei la mia situazione, e ad uno solo l'ho effettivamente confidata 3- la prima parte l'abbiamo già discussa sopra... la seconda è completamente vera 4- questo in generale è vero 5- questo a volte si verifica, a volte no... 6- ho sempre avuto un ottimo rendimento, e riesco a concentrarmi al meglio su ciò che faccio, a meno che le crisi di panico non prendano il sopravvento... Questa, in sintesi, è la mia storia. Ma qual è, dunque, lo scopo di questo topic? Uno, semplicemente: io vi ho raccontato la mia vita, ora voi dite qualcosa, qualunque cosa: ditemi che sono un malato incurabile, ditemi che non soffro di alcun disturbo mentale, ditemi che sono solo timido, ditemi che ce la posso fare... qualcosa... |
Re: L'università ha riaperto porte che dovevano restare chiuse
Il mio "qualcosa" è semplice e breve. Anzitutto non sei affatto incurabile, a mio parere hai solo cercato la soluzione in una direzione improduttiva. Non credo sia possibile cambiare assetti caratteriali di questo genere semplicemente parlando con qualcuno. Sì, so che molti diranno che la psicoterapia li ha aiutati. Possibile, ma basta fare un po' di ricerche per scoprire che la percentuale di successi è bassa e le ricadute pressoché la norma. Forse un giorno si ammetterà che la psicoterapia è qualcosa per casi iperselezionatissimi e molto particolari. Nel frattempo molti psicoterapeuti poco seri professionalmente, ringraziano e incassano.
Quello che ti suggerisco ti parrà un po' strano ma almeno è una cosa pratica. Hai paura del buio? Cerca un corso di speleologia e frequentalo (se ti interessa, poi in MP mi dici dove vivi e ti dico dove cercare intorno a te) (*). E' molto ma molto ma molto divertente e lo speleologo è un tipo di persona molto particolare. Divagando un po': per motivi tecnici, la spelologia si può fare solo in gruppo e questo seleziona automaticamente un tipo umano molto alla mano. Ovviamente spiegherai che lo fai per superare un tuo problema eccetera eccetera, e ti aiuteranno perché tanti hanno paura del buio ma poi la superano. Riuscirai a scendere e salire sulle corde e questo ti darà un'enorme soddisfazione e aumenterà in te la fiducia di potercela fare da solo. Quando avrai "vissuto" l'assenza di luce diretta in un contesto di divertimento e allegria, capirai la lezione importante: un problema si affronta esponendosi a quello che provoca il disagio in dosi piccole, controllate e crescenti. Non andando da qualcuno e parlandoci. E soprattutto, mi auguro, avrai visto che una volta trovato il metodo, lo potrai applicare anche ad altro. Augh, ho parlato. (*) dubito che darai credito a questa mia idea, ma se mi dovessi contattare e non rispondo a stretto giro, non è per disinteresse ma perché sarò fuori diversi giorni senza Internet, o comunque con difficoltà di collegamento. |
Re: L'università ha riaperto porte che dovevano restare chiuse
Ciao Pokorny,
grazie innanzi tutto per aver risposto :) Con la tua prima osservazione, mi hai di fatto confermato una cosa che (come evidente dalla mia storia) già da qualche mese immaginavo: che la psicoterapia non basta, anzi spesso è completamente inutile. Per quanto riguarda la seconda parte del tuo discorso, purtroppo non ho nè il tempo nè il denaro per seguire quel tipo di corso: ora, sto studiando (come ho scritto nel post prima), e da Ottobre studierò ancora di più... peccato, perchè l'idea mi interessava, soprattutto vista la sua tesi di fondo... A proposito di questa tesi, personalmente credo che potrebbe funzionare nel mio caso... se solo fosse applicabile: praticamente, io mi ritrovo a dover scegliere tra: - una città distante più di 1000km da casa mia, dove sarò solo (le visite quindicinali dei miei genitori non saranno, ne sono certo, in alcun modo paragonabili alla loro presenza), dove non conoscerò (almeno nel primo periodo) nessuno e dovrò sostanzialmente "imparare a vivere" - (se supererò l'esame, cosa molto improbabile) una città a 100km da casa mia, ma in cui dovrò vivere, per forza (il regolamento dell'istituto lo impone), almeno quattro giorni a settimana in un collegio con altre 100 persone... sarei a casa ogni weekend, è vero, ma temo che questo mi impedirebbe di fare nuove amicizie e "sbloccarmi"... Dunque, non ho idea di come procedere per "piccoli passi" :piangere: |
Re: L'università ha riaperto porte che dovevano restare chiuse
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Com'è possibile che non te li abbia fatto raccontare? :o Quote:
Ah c'è pure il teorema per dimostrare che non hai nulla meno degli altri? Come se uno non si rendesse conto che a volte le paure sono irrazionali...ma le si hanno comunque, no? Accettare una ceppa! C'è solo bisogno di trovare uno psicologo degno di questo nome, ecco cosa bisogna fare. |
Re: L'università ha riaperto porte che dovevano restare chiuse
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Il fatto per cui ho continuato ad andare da lui per quasi tre mesi è che la sua diagnosi mi ha "convinto": analizzando me stesso, mi rendo conto che in effetti c'è dell'inadeguatezza nella mia percezione di me stesso... e soprattutto, mi ha convinto quando mi ha detto "io non ti proporrò psicofarmaci, perchè tu non hai patologie, e dunque nulla che richieda una cura farmacologica, la quale tra l'altro rincoglionisce, più che risolvere il problema" (una mia prozia, schizofrenica, è stata devastata dai farmaci, e quindi io mai e poi mai assumerei psicofarmaci... prendo solo un po' di valeriana quando sono molto agitato, ed in genere funziona: non mi toglie l'ansia, ma mi aiuta a controllarla e a riposare). |
Re: L'università ha riaperto porte che dovevano restare chiuse
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Non è una strada sana secondo me, tende a negare i disagi che provi, che ci sono, nonostante tutte le dimostrazioni del mondo, e non c'è niente di male o sbagliato a provarli in sé (e con questo non intendo dire che devi tenerteli), sono delle spie d'allarme e vale la pena ascoltarle e capire perché si accendono senza giudicare se "funzionino bene". Io con quel cavolo di ragionamento "non ho niente di meno", per tanto tempo ho pensato "ma allora perché non riesco a studiare, lavorare, ecc" :piangere:, è colpa mia? Per pigrizia/idiozia/cattiveria/chi più ne ha più ne metta? E non osavo nemmeno andare da uno psicologo perché "non ho problemi". :moltoarrabbiato: Quote:
Gli psicofarmaci se non ti convincono non li prendere, non sono mica obbligatori e non è nemmeno detto che rincoglioniscano. A volte servono, non sono la soluzione eh, ma aiutano sul breve termine a sopportare certi stati d'animo (per lavoro/scuola/ecc). Sul lungo termine serve una psicoterapia. Comunque essendo lui uno psicologo (almeno da quanto ho capito), non può nemmeno prescriverteli i farmaci e non è competente in merito. L'inadeguatezza nella percezione di noi stessi è abbastanza comune, chi non si sente critico nei confronti di sé stesso? La cosa più importante è se ti ha aiutato davvero, non se fa diagnosi. |
Re: L'università ha riaperto porte che dovevano restare chiuse
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Re: L'università ha riaperto porte che dovevano restare chiuse
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Spero che tu abbia più fortuna nel caso ti rivolgessi ad un altro psicologo (che poi ce ne sono di validi, bisogna solo "scovarli"). Quote:
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Non ho parole :mannaggia: Cioè farebbe il suo lavoro ben sapendo che "rincoglionisce" la gente? *Mega-super facepalm* non so che altro dire. Speravo fosse ignoranza... |
Re: L'università ha riaperto porte che dovevano restare chiuse
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1- non c'è pericolo: i miei mi hanno chiaramente detto che mi supporteranno per quanto possibile, ma che un altro psicologo non lo pagheranno (gli ho fatto spendere quasi 800€ per il primo... e i risultati li abbiamo visti tutti...) 2- io credo che lui abbia cercato di dire che io la nevrosi la ho veramente, ma che l'inadeguatezza che sento è solo apparente 3- Per questo ad un certo punto ho iniziato a dubitare: va bene che il terapeuta sei tu, ma cazzo almeno ascoltami quando ti parlo... 4- non so che pensare in merito: oggettivamente sono d'accordo con lui (ho visto i risultati degli psicofarmaci sulla mia prozia), ma soggettivamente che proprio lui dica ciò mi stupisce... Ps: possiamo parlare di altri argomenti legati alla mia situazione? Le "rimuginazioni" legate al mio periodo dallo psicologo mi tormentano già da mesi, preferirei non rievocarle ancora ed ancora :'( |
Re: L'università ha riaperto porte che dovevano restare chiuse
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Ne parlavo solo perché ormai vedo nella psicoterapia la (mia) soluzione. Magari per te c'è un'altra strada, siamo tutti diversi. Comunque non sei inguaribile :) , ci sta che puoi rielaborare da solo le tue esperienze (mostri già parecchia iniziativa nel farlo), abitare da soli aiuta a rendersi indipendenti e un amico con cui confidare i propri disagi aiuta moltissimo. Buona fortuna con l'uni! |
Re: L'università ha riaperto porte che dovevano restare chiuse
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Il problema è che ho visto che il discorso stava vertendo solo su quella parte della mia esperienza, ed onestamente - per i motivi che ti ho già detto - preferirei non parlarne troppo :) Quote:
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Re: L'università ha riaperto porte che dovevano restare chiuse
Up... nessun altro vuole parlare con me? :(
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