Originariamente inviata da Amylee17
Per lunghi anni, (quattro per l’esattezza, ma sono stati molto sofferti, ma pur sempre mai comparabili e paragonabili neanche minimamente ad ORA), ho avuto inizialmente vaghi, irrilevanti e sconsiderati pensieri di suicidio, poi questi progredivano aumentando ma sempre in maniera futile, leggera e poco importante, mano a mano con il tempo cominciavano a prendere forma, con il passare del tempo la forma diventava consistente…ecc, ecc fino a che i pensieri diventavano idee, prima mi dicevo “ma no, mai compirò un atto così insulso, egoista e orrido, e poi in fin dei conti sono certa che a tutto c’è un rimedio, si può sistemare tutto, anzi questa non è altro che un’esperienza che mi porterà ad aiutare, sondare in profondità e capire gli altri di più – già da quando non ero ammalata, sognavo, aspiravo a diventare psichiatra o psicologa-psicoterapeuta. Sono sempre stata affascinata morbosamente dalla Psiche, dall’inconscio e dalla “profondità”- Ho sempre pensato (e tuttora affermo questo) che il mio unico scopo, la mia esistenza dovesse essere finalizzata ad aiutare gli altri, anche sacrificando tutta me stessa, la mia bramosia era questa. Ho sempre avuto un amore ingente verso l’umanità. Anche se disprezzo notevolmente l’umanità presa nel contesto generale, il mondo che corre attualmente, la frenesia, la schematicità, la banalità e soprattutto l’indifferenza, la superficialità e la mancanza dei valori ”, poi il pensiero divenne “ è un atto che certamente non compirò, ma intanto fantastico, resterà sempre come un qualcosa che “vorrei ma non posso”, in seguito l’idea di suicidio si placò, pensando che non avrei il coraggio di compiere quest atto e non sapendo proprio trovare la giusta maniera (volevo una morte accidentale per non causare sofferenza ai miei genitori) , ho avuto un periodo di disturbo bipolare, caratterizzato da episodi ipomaniacali (cercavo anche se cautamente e “dolcemente” di tagliarmi le vene… e questo per un periodo piuttosto duraturo, ho trascorso quasi una notte intera fuori di casa da sola, così via), poi entrai in uno stato di malinconia e angoscia totale, niente più atti autolesionostici o manifestazioni di scandalismo, e guardavo fuori dalla finestra del piano superiore dicendomi “ma sì, rimando per un altro po’, vediamo che succede,mi hanno prescritto un nuovo farmaco, e poi buttandomi da qui al massimo finisco in carrozzina, al che mi manderanno in un ospedale psichiatrico e resterò segregata per tutta la vita”
Per il resto, ho avuto quattro ricoveri in psichiatria, assumo e ho assunto numerosi farmaci (tutti, dico tutti, fuorché i triciclici, non ancora almeno, sarà il prossimo e ultimo tentativo, MA dubito, in tal caso dovrei concedermi ancora del tempo, e questo pensiero mi distrugge, mi dispera, mi angoscia, mi terrorizza)
Ho avuto un recente tentativo di suicidio (quattro bottigliette di gocce En, inoltre le ho assunte a scuola, avevo ripreso a frequentare dopo 3-4 anni di assenza assoluta.)
Ora sono sotto continua sorveglianza da parte dei miei genitori. Ma durante questa notte, facendo assoluto silenzio sono riuscita a trovare un paio di grosse forbici.
Poi devo organizzare tutto il piano accuratamente. Penso comunque di tagliarmi le vene , non voglio buttarmi sotto una macchina, per non coinvolgere l’autista. Altro? Suggerimenti?
Voglio una morte “dolce”, Indolore e soprattutto SICURA. Non voglio rischiare minimamente di finire in manicomio/ospedale psichiatrico. Ho la fobia degli ospedali, strutture, comunità terapeutiche. Mi viene il respiro spasmodico, panico, angoscia e vampate di calore, solo al pensiero.
Vado in cura psicoterapeutica da una psichiatra analista da 3 anni (prima un paio di psicologi) una volta a settimana, il che risulta inefficace, lei è comunque in gamba, non c’è niente da dire, è la primaria dell’ospedale. Ma mi pare distaccata e sensibile fino a un certo punto. In più ora mi reco da uno psicologo cognitivo-comportamentista, con cui mi trovo meglio, avverto in alcuni tratti “affinità” (nel senso quando mi comprende), e comunque il suo approccio (più dolce, delicato, sensibile, indulgente, calmo, placato e riflessivo, umano) mi tranquillizza poi. E sembra che afferri abbastanza facilmente (non all’istante, è chiaro). Mi trovo piuttosto in sintonia con lui durante il colloquio,tutto sommato.
Dunque, arriviamo al dunque, ora come ora non mi resta che pianificare il momento decisivo.
Non mi suiciderò per rassegnazione. Questa non è una battaglia, è la mia esistenza.
Alcuni potrebbero rivolgermi questa domanda: << Ma perché vuoi cessare di vivere, quando non ti sei ancora introdotta nella vita?perchè togliersi questa possibilità? Perché non provare a vivere? Come fai a constatare che nulla potrà accadere nella tua vita, se non dai alla vita stessa questa possibilità, la possibilità di uno o più eventi?>>
La realtà, è che gli eventi appartenenti al mondo esterno sono davvero numerosi, tanto numerosi quanto banali, consistenti di atti ed azioni (lavoro, tempo libero dedicato allo sport, dopo cena l’incontro fra la falange di un pub o discoteca, ecc.. ecc…), conoscere gente, frequentare il più possibile, stare assieme agli amici, anche il partner è una figura importante per essere considerati adeguati alla società. Amici che vanno e vengono, amori che vanno e vengono, incontri sfuggenti. E tutto ciò cosa produce? Sono tutti all’incerca dello svago, divertimento, piacere, uscite collettive e fare strage possibilmente, emozioni ed emozioni. Tutto ciò è comune, “di norma”, andante, ordinario… Si vive alla giornata. Quanta superficialità e ‘scarsa’ o meglio dire ‘nulla’ sensibilità.
Io non voglio inserirmi nella società, integrarmi, interagire (per dire il contrario perché la gente QUANTO interagisce?veramente interagisce? Il contatto è inesistente fra le persone, quel contatto umano sottoforma di calore, voglia di ascoltare l’altro e condividere le emozioni l’uno con l’altro. Uno sguardo è un contatto, non c’è nessuno che ti guardi mentre parli. L’attenzione per la voce e non solo per la parola, l’espressione del viso, una carezza, un abbraccio…dove sono finiti i gesti d’affetto , il contatto (nel senso non fisico ma umano) ?
A queste persone potrei dire di aver vissuto tantissimo invece, anche un’intera era. Senza passato però. È come se passato-futuro-presente non fossero definibili, anzi non lo sono se ci pensate bene. In realtà vivo nel DOLORE, vivo di dolore, angoscia, disperazione, oppressione. Mi sento afflitta e abbacchiata. Vivo nello spicco del dolore (quello in cui la lama penetra in te e tu avverti un male straziante) vuoi urlare ma c’è una corda che ti lega stringendoti forte alla gola, stai soffocando, ma piangi, la lama continua a penetrare dentro e non ti dà tregua. Neanche mezzo istante di sollievo.
L’altra parte della sofferenza invece è la parte melanconica: la malinconia perenne, abulia, apatia, energia, disforia. A me viene questa similitudine associata alla malinconia: è come un fiume che non scorre. Ma in sé racchiude sicuramente molto……. Un fiume alquanto intenso e per questo “boccato, paralizzato” in un certo senso.
Potrei vedere il mondo sotto un'altra prospettiva, ma in egual caso mi toglierei la vita per L’Ingente,Infinito,Profondo,Intenso DOLORE che mi coltella atrocemente Dentro, mi soffoca. È insopportabile. Urlo, piango e mi dispero, mi fa troppo male, un male insopportabile.
Ritorniamo alla MORTE. Suicidio. Non è una forma di rassegnazione o evasione. Io mi sottraggo si, ma non agli altri, non al mondo ma alla mia esistenza interna. Ho vissuto troppo, intensamente e molto profondamente. IL DOLORE SI. Io so cosa è il dolore. Sono arrivata ad una difficoltà estrema di sopportazione.
La MORTE PER ME è UN EVENTO O FATTO CHE ARRESTA E IMPEDISCE OGNIQUALSIASI TIPO DI AVVENIMENTO SUSSEGUENTE dell’individuo pertinente.
[p.s. ho scritto piuttosto in fretta, probabilmente riscontrerete degli errori di ortografia o altro]
Nient’altro,
ancora per un determinato (o forse indeterminato tempo) ci sarò.
Vorrei tenere per mano ciascuno di voi. Grazie. A presto
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