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Fenomenologia della paura sociale
Sappiamo tutti che un tipo di ansia legata alla salvaguardia della propria incolumità fisica è più che funzionale: se non avessimo incorporato in noi un sistema di allerta (sistema che si va sviluppando e perfezionando nel corso della vita, grazie alle varie esperienze affrontate) contro i pericoli del mondo materiale, potremmo non conservarci integri e addirittura rischiare la nostra sopravvivenza. Quest'ansia di natura adattiva e "ambientale" è perfettamente utile e, salvo le deviazioni patologiche, è ciò che ci permette di resistere incolumi alle avversità e alle minacce del mondo.
Ma quando si inizia ad avere paura di salutare qualcuno, di scambiare due parole con il vicino di casa, di approcciare un'altra persona a scopo conoscitivo/broccolatorio, cosa avviene realmente nelle profondità siderali della nostra mente? A mio avviso la paura di natura sociale nasce dall'idea che la tragica ipotesi di un nostro presunto "disvalore" possa trovare conferma nella realtà pratica: penso di non valere in un determinato ambito quindi decido di non cimentarmi perché rischierei di avere la prova provata di questo mio complesso di inferiorità. Basta così? Perché dovrei avere paura di sentirmi inferiore? A mio avviso c'è dell'altro...ma per il momento non vi svelo ancora gli esiti di questa mia sensazionale scoperta :D |
Re: Fenomenologia della paura sociale
Ma il mistero risiede in codesto interrogativo: perché ad esempio il rifiuto da parte di una ragazza o la derisione di un amico, dovrebbero sconvolgerci a tal punto da alterare lo stato delle nostre funzioni vitali in condizioni di normalità (frequenza cardiaca, ritmo respiratorio, pressione sanguigna)? E' vero che qualsiasi emozione, anche la più tiepida, è tale da alterare lo stato "basale" di queste funzioni, ma non in maniera significativa. E allora perché ci capita di stare male a tal punto per delle situazioni che non costituiscono un problema per la nostra incolumità fisica?
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Re: Fenomenologia della paura sociale
Non è che ci sia solo l'incolumità fisica da preservare, eh. Anche l'equilibrio psicologico conta altrettanto.
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Re: Fenomenologia della paura sociale
L'equilibrio psicologico andrebbe conquistato a prescindere dai fatti esterni (questo almeno per una persona adulta e in grado di conoscersi), ma la risposta giusta è un'altra...
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Re: Fenomenologia della paura sociale
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Re: Fenomenologia della paura sociale
La monade è un gran pezzo di ragazzade (cit.)
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Re: Fenomenologia della paura sociale
E comunque la risposta è così semplice...non abbiate paura!
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Re: Fenomenologia della paura sociale
Io ho sempre pensato che nel mio evitamento sia coinvolto anche l'istinto di autoconservazione, perché ogni volta che fallisco mi sento più vicino al suicidio :unsure:
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Re: Fenomenologia della paura sociale
Perchè, in tempi preistorici, venire esclusi da un gruppo sociale portava a morte certa? :interrogativo:
In fondo le fobie vengono gestite dalle parti meno evolute del nostro cervello. :pensando: |
Re: Fenomenologia della paura sociale
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Re: Fenomenologia della paura sociale
Perché tu di fronte alla paura cosa suggerisci di fare? Spiegarne le motivazioni per affrontarla e, possibilmente, risolverla/arginarla o, dato che non c'è niente di cui vergognarsi, soccombere ad essa e non fare nulla per superarla?
E comunque thumbs up per Ravanello! |
Re: Fenomenologia della paura sociale
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A tutti non piace ricevere dei giudizio negativi, ma normalmente avviene che una persona elabora e gestisce queste emozioni. Per altri subentra il fallimento, la frustrazione e l'autoflagellazione (a volte ancora prima di avere queste conferme), a questo punto la paura si impossessa di noi. Bisogna semplicemente imparare a non seguire degli schemi mentali sbagliati, ovviamente più facile a dirsi che a farsi... |
Re: Fenomenologia della paura sociale
Credo che bisognerebbe dare più importanza all'ipersensibilità, tutti i nostri problemi derivano soltanto da questa cosa.
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Re: Fenomenologia della paura sociale
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Le motivazioni della paura spesso sono reali, non parti della mente, e vanno analizzate, elaborate, affrontate. |
Re: Fenomenologia della paura sociale
Non avete risposto alla mia domanda (cit.) :occhiali:
Per la fenomenologia, un passo alla volta...chi ha detto che bisogna esaurire tutto nel post d'apertura? |
Re: Fenomenologia della paura sociale
che fai? giochi agli indovinelli? se lo sai dillo, no? oh.
e comunque ora che sappiamo che se i nostri compagni cavernicoli ci buttano fuori dalla caverna, siamo senza speranza in balia dei nostri nemici carnivori predatori, a che ci serve saperlo? :nonso: *si gira verso la caverna* "Bastardiii! Se mi mangiano i leoni mi avrete sulla coscien-GROARR!! |
Re: Fenomenologia della paura sociale
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Re: Fenomenologia della paura sociale
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Re: Fenomenologia della paura sociale
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Re: Fenomenologia della paura sociale
Bè, non c'è molto da capire. Semplicemente il timore e la paura degli altri si sono insinuati e strutturati nei primi anni di vita del bambino, a causa di esperienze sociali e affettivo-familiari disconfermanti, che non hanno permesso al bambino di costruire un sé sociale abbastanza forte e solido. Ricordiamoci che, il sé che il bimbo si costruisce, è inizialmente solo di tipo sociale, perché un essere umano molto piccolo non è in grado di costruirsi da solo un'immagine di se stesso, bensì vive dei riflessi che il contesto socio-familiare gli rimanda. Se l'immagine che il bambino riceve nei primi anni di vita è negativa ed è costellata di poche conferme, crescendo egli tenderà a sviluppare e consolidare una personalità incerta e fragile, molto dipendente dai giudizi altrui. Se costruisci un palazzo con le fondamenta poco solide, è normale che questo sia pericolante mano mano che nel tempo vengono aggiunti i piani. Io direi che al fondo del problema dei timidi/ansiosi c'è spesso una carenza di autostima, difficilissima da colmare in età adulta, visto che determinate strutture si cristallizzano nei primi anni di vita.
Da grande diventa difficile gestire le critiche provenienti dal mondo esterno o quantomeno ridimensionarle, perchè si è sprovvisti di quel bagaglio fatto di fiducia e autostima. Una sconfitta per una persona con un certo equilibrio viene riassorbita facilmente, per un ansioso/timido/insicuro invece no, perchè acquista un sapore e un significato diverso e viene percepita come l'ennesima conferma di non valere, che ci riporta alla mente vaghe sensazioni legate alla paura e all'angoscia di un'infanzia lontana. Purtroppo razionalizzare serve solo fino ad un certo punto. |
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