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Bourée 01-09-2012 11:11

Re: Il Commediaforum
 
Presente per il canto numero quattro! quando lo dice lei, Maestro!

---

Se ho tempo, lascio qualche commento su quanto detto fino ad ora.

Winston_Smith 06-09-2012 10:54

Re: Il Commediaforum
 
Quote:

Originariamente inviata da Bourée (Messaggio 844908)
Presente per il canto numero quattro! quando lo dice lei, Maestro!

---

Se ho tempo, lascio qualche commento su quanto detto fino ad ora.

Non esageriamo, di Maestro ce n'è uno solo :occhiali:

Tu se’ lo mio maestro e ’l mio autore,
tu se’ solo colui da cu’ io tolsi
lo bello stilo che m’ ha fatto onore.


(Inf. I, 85-87)

Comunque vorrei aggiungere qualche altra cosa sulla questione del gran rifiuto e su altri passi del canto, prima di passare al successivo. Magari stasera riesco a trovare modo e tempo.

Winston_Smith 07-09-2012 00:25

Re: Il Commediaforum
 
Non molliamo 'sto III canto, dai :occhiali:

Dalle mie povere letture mi sembra di aver capito che l'unico candidato credibile, oltre a Celestino V, per essere colui che fece per viltade il gran rifiuto è Pilato. Il solo che possa assurgere a exemplum universale di menefreghismo, e la cui rinuncia è stata capitale per le sorti dell'umanità come quella di Celestino, che ha spianato la strada a Bonifacio VIII.
Inoltre, se non si trattasse del governatore della Giudea, sarebbe l'unico responsabile della morte di Cristo che sfuggirebbe alla punizione (Caifa e gli anziani del Sinedrio si troveranno nella bolgia degli ipocriti, Giuda come noto è in bocca a Lucifero).
Qualcuno vuol prendere posizione? :occhiali:

Winston_Smith 13-09-2012 14:55

Re: Il Commediaforum
 
Ammazza che entusiasmo di pubblico :sisi:

Ancora sulla questione del gran rifiuto, aggiungo che Celestino V fu canonizzato nel 1313, e probabilmente le date più accreditate di composizione dell'Inferno consentono di dire che Dante avrebbe potuto evitare di mettere o dare l'idea di mettere tra gli ignavi un santo, ma come è noto il Sommo non si faceva scrupoli ad andare contro le dottrine teologiche più ortodosse quando doveva affernare le sue convinzioni. Del resto, l'autore della bolla di canonizzazione fu Clemente V, un papa di cui Dante aveva un'opinione se possibile ancora peggiore di Bonifacio (di più laida opra), in quanto iniziatore della cattività avignonese con l'asservimento della Chiesa alla monarchia francese e a causa del suo mancato sostegno alla missione di restaurazione imperiale che Dante sognò attraverso Enrico VII.

Dò qualche altro spunto di riflessione per qualche volenteroso :occhiali: e poi penso che da domani potremo cominciare a leggere e da venerdì 21 settembre a commentare il IV canto:

1) Caronte è rappresentato in maniera molto meno "descrittiva" e dettagliata di quanto avvenga nell'Eneide, eppure con pochi tratti la sua personalità è evidenziata in maniera se possibile ancora più efficace, attraverso le sue azioni (il gridare, l'acquietarsi delle lanose gote, gli occhi di bragia che fulminano i dannati), secondo quella concretezza propria dello stile di Dante in tutta l'Opera.
2) I dannati si comportano esattamente come Virgilio aveva preannunciato*. Alle parole di Caronte, si abbandonano a maledizioni contro tutto ciò che ha contribuito alla loro venuta al mondo, desiderando di non essere mai nati, la morte intesa come annullamento totale per sfuggire alle sofferenze.
3) Dante passa all'altra sponda dell'Acheronte senza che ne venga descritto il modo, perdendo i sensi dopo un lampo e recuperandoli (come sarà narrato all'inizio del IV canto) dopo un tuono. La separazione tra i due canti rende ancora più volutamente sospeso il tempo del passaggio e misterioso l'attraversamento del fiume. Qualcosa di simile avverrà per il passaggio dal II al III cerchio, e si può ipotizzare che il Poeta voglia inserire una variatio nel luogo comune ripetitivo del passaggio da una zona all'altra, oppure (o anche) che in questi primi canti l'arte di Dante, a confronto con una materia relativamente nuova, sia ancora poco ferrata nell'inventare e rendere poetici questi momenti, e ricorra ad espedienti scenici di questo tipo (quasi effetti speciali) per vivacizzare la narrazione. In seguito, saranno altre le modalità prescelte per enfatizzare il passaggio da un settore all'altro dell'Inferno (che equivale, nella rigorosa concezione dantesca, a un passaggio tra diverse disposizioni morali e attaggiamenti emotivi).

*ch'a la seconda morte ciascun grida (Inf., I 117) può essere inteso anche come ciascuno attesta col proprio dolore la propria dannazione (che in questo caso sarebbe la seconda morte), ma personalmente tendo a preferire la prima interpretazione, visto che di essa si ritroveranno altri esempi più chiaramente da ascriversi a questa lettura.

Moonwatcher 13-09-2012 15:00

Re: Il Commediaforum
 
Che cos'è una "metaria"? :interrogativo:

Winston_Smith 13-09-2012 15:05

Re: Il Commediaforum
 
Quote:

Originariamente inviata da Moonwatcher (Messaggio 856667)
Che cos'è una "metaria"? :interrogativo:

"Materia", lapsus mio. Corretto.

Moonwatcher 13-09-2012 15:19

Re: Il Commediaforum
 
Visto che lettore diligente? :timidezza:

Però devo ancora leggerlo il terzo canto. :timidezza:

Promette bene, a giudicare dal trailer e dai commenti che ho letto finora. :)

Winston_Smith 13-09-2012 18:47

Re: Il Commediaforum
 
Quote:

Originariamente inviata da Moonwatcher (Messaggio 856689)
Visto che lettore diligente? :timidezza:

Però devo ancora leggerlo il terzo canto. :timidezza:

Promette bene, a giudicare dal trailer e dai commenti che ho letto finora. :)

Il Sommo non delude mai :occhiali:

Bourée 13-09-2012 23:29

Re: Il Commediaforum
 
Essendo ora in altre faccende affacendata, non posso dedicare la dovuta considerazione a Celestino... c'è tempo fino al week end?

Winston_Smith 15-09-2012 01:23

Re: Il Commediaforum
 
Certo che c'è tempo, cominceremo a commentare il IV canto da venerdì prossimo.

Intanto una domanda al volo :occhiali:
Dante ha appena finito di leggere le memorabili terzine scolpite, secondo l'uso medioevale per le città, sulla porta dell'Inferno e dice:

Queste parole di colore oscuro
vid’ïo scritte al sommo d’una porta;
per ch’io: "Maestro, il senso lor m’è duro".


Perché duro? Non sembrano di difficle comprensione...

Myway 15-09-2012 11:11

Re: Il Commediaforum
 
Quote:

Originariamente inviata da Winston_Smith (Messaggio 858276)
Certo che c'è tempo, cominceremo a commentare il IV canto da venerdì prossimo.

Intanto una domanda al volo :occhiali:
Dante ha appena finito di leggere le memorabili terzine scolpite, secondo l'uso medioevale per le città, sulla porta dell'Inferno e dice:

Queste parole di colore oscuro
vid’ïo scritte al sommo d’una porta;
per ch’io: "Maestro, il senso lor m’è duro".


Perché duro? Non sembrano di difficle comprensione...

IO mi sono fatto un paio di idee....
O duro è inteso nel senso di aspro, spiacevole, che crea sofferenza, oppure Dante non capisce come ci spossa essere un luogo dove non esiste la speranza, quindi apparentemente dove la pietà divina non ha potere...

Labocania 15-09-2012 22:49

Re: Il Commediaforum
 
Quote:

Originariamente inviata da Winston_Smith (Messaggio 858276)
Queste parole di colore oscuro
vid’ïo scritte al sommo d’una porta;
per ch’io: "Maestro, il senso lor m’è duro".


Perché duro? Non sembrano di difficle comprensione...

A me appare facile spiegarlo: dopo essersi smarrito in un bosco orrido, aver rischiato di essere divorato da un leopardo, un leone ed una lupa, aver conversato con gente che credeva ben morta e sepolta, possiamo concedere a Dante di avere la mente un po' scombussolata!
Se scolpita sulla porta dell'inferno invece della nota iscrizione avesse letto "SPINGERE", il nostro grande poeta avrebbe incontrato le stesse difficoltà di comprensione.

Winston_Smith 17-09-2012 22:41

Re: Il Commediaforum
 
Direi che sia la spiegazione di Myway che quella di Labocania riassumono bene le possibili spiegazioni.

E' ovvio che Dante sia scosso e frastornato dall'esperienza assolutamente eccezionale che sta vivendo (dall'aver smarrito la retta via all'avere d'error la testa cinta, come dirà dopo, anche se alcuni preferiscono la lezione d'orrore).
Ma credo che ci possa essere qualcosa in più: come ha fatto notare Myway, le parole scritte sulla porta dell'Inferno sono angoscianti, e soprattutto trasportano il vivente in una dimensione che non ha mai potuto sperimentare, l'eterno (Dinanzi a me cose non fuor create / se non etterne, e io etterno duro). La speranza, ultima risorsa dell'uomo, è negata e Dante, appena prelevato dall'esperienza quotidiana, non sa capacitarsene. Lo è talmente che al solo udire, senza poter vedere, le grida e i lamenti dei dannati (di cui noterà per la prima volta le diverse lingue: la Babele degli idiomi aggiunge straniamento a straniamento) scoppia a piangere, in quello che è a mio avviso uno dei passaggi più toccanti del canto insieme a quello delle scene di disperazione dei dannati sulla riva dell'Acheronte. Quella dimensione è ancora "troppo" per lui, non riesce a capacitarsi della scala temporale su cui vengono proiettate le azioni umane e la giustizia divina che le sanziona, ne rifugge quasi pur condividendo la necessità di punire il peccato (ben diverso atteggiamento avrà nei momenti in cui il suo animo si troverà più in sintonia nel condannare particolari categorie di peccatori, e già si può vedere in questo canto il cambiamento di tono del narratore Dante una volta che il personaggio Dante incontanente intesi e certo fui / che questa era la setta dei cattivi, / a Dio spiacenti e a' nemici sui).
Non a caso, infine, Virgilio deve ancora una volta esortarlo a non avere paura, e questo proprio in risposta alla sua domanda sul senso dell'iscrizione infernale, che quindi in realtà non viene spiegata al discepolo. Motivo in più per credere che non di difficoltà di comprensione si tratti, ma di turbamento dell'animo di fronte all'ineluttabilità e all'eternità delle decisioni della giustizia divina.

Bourée 17-09-2012 23:34

Re: Il Commediaforum
 
Quote:

Originariamente inviata da Winston_Smith (Messaggio 851356)
Non molliamo 'sto III canto, dai :occhiali:

Dalle mie povere letture mi sembra di aver capito che l'unico candidato credibile, oltre a Celestino V, per essere colui che fece per viltade il gran rifiuto è Pilato. Il solo che possa assurgere a exemplum universale di menefreghismo, e la cui rinuncia è stata capitale per le sorti dell'umanità come quella di Celestino, che ha spianato la strada a Bonifacio VIII.
Inoltre, se non si trattasse del governatore della Giudea, sarebbe l'unico responsabile della morte di Cristo che sfuggirebbe alla punizione (Caifa e gli anziani del Sinedrio si troveranno nella bolgia degli ipocriti, Giuda come noto è in bocca a Lucifero).
Qualcuno vuol prendere posizione? :occhiali:

Dunque, io prendo posizione! Dai ricordi di scuola anche io avevo capito che si potesse trattare principalmente o di Celestivo V (suo coevo) o di Pilato.
La posizione la prendo rispetto al primo, non condividendo affatto la scelta di Dante di collocare Celestino V tra gli ignavi. La sua natura di frate eremita, la modalità di elezione, i pochi mesi da Papa (tra Carlo d'Angiò e "tale" cardinal Caetani), l'abdicazione e la prigionia ne fanno una vittima dei Poteri dell'epoca e dello stesso futuro Bonifacio VII.
In generale, non mi piace l'approccio di Dante su alcuni punti... come se mancasse un'analisi critica. Intendo dire che parte dei personaggi che colloca all'Inferno, a una più attenta e profonda analisi non dovrebbero esserci. Pensiamo a Giuda... il più fidato degli Apostoli, quello che più ama Gesù e senza il quale la volontà divina (la morte e Resurrezione di Cristo per la salvezza degli uomini) non avrebbe potuto verificarsi. Lo stesso dicasi per Ponzio Pilato. Mi rendo conto, però, che ora questo discorso sia fuorviante e non rientri nell'analisi che si portava avanti.

Winston_Smith 18-09-2012 00:37

Re: Il Commediaforum
 
Quote:

Originariamente inviata da Bourée (Messaggio 861359)
Dunque, io prendo posizione! Dai ricordi di scuola anche io avevo capito che si potesse trattare principalmente o di Celestivo V (suo coevo) o di Pilato.
La posizione la prendo rispetto al primo, non condividendo affatto la scelta di Dante di collocare Celestino V tra gli ignavi. La sua natura di frate eremita, la modalità di elezione, i pochi mesi da Papa (tra Carlo d'Angiò e "tale" cardinal Caetani), l'abdicazione e la prigionia ne fanno una vittima dei Poteri dell'epoca e dello stesso futuro Bonifacio VII.

Probabilmente il Sommo pensò che se ci fosse stato lui al posto di Pier da Morrone le cose sarebbero andate diversamente :sisi:
Lo snobbone Petrarca ^^ fece di Celestino un esempio di vita dedita alla contemplazione, per dire che già poco dopo Dante l'attribuzione del gran rifiuto era tutt'altro che pacifica. C'è da dire che il vidi e conobbi si adatta più a un contemporaneo che a un personaggio dell'era antica.
Personalmente anch'io avrei evitato di condannare così duramente Celestino e avrei scelto Pilato, ma è probabile, anche se non certo, che Dante abbia voluto condannare fin dal principio del suo poema lo squallore morale in cui gli interessi temporali dei papi (di Bonifacio, in questo caso) avevano gettato la Chiesa. La scelta di non nominare il peccatore può essere un residuo di riguardo verso il sant'uomo eremita o un modo per tenere nell'anonimato e non soffermarsi oltre a descrivere il principale esponente della categoria che bisogna solo guardare per poi passare oltre.

Quote:

Originariamente inviata da Bourée (Messaggio 861359)
In generale, non mi piace l'approccio di Dante su alcuni punti... come se mancasse un'analisi critica. Intendo dire che parte dei personaggi che colloca all'Inferno, a una più attenta e profonda analisi non dovrebbero esserci. Pensiamo a Giuda... il più fidato degli Apostoli, quello che più ama Gesù e senza il quale la volontà divina (la morte e Resurrezione di Cristo per la salvezza degli uomini) non avrebbe potuto verificarsi. Lo stesso dicasi per Ponzio Pilato. Mi rendo conto, però, che ora questo discorso sia fuorviante e non rientri nell'analisi che si portava avanti.

L'interpretazione di Giuda (e di altri protagonisti della Passione) come strumento per il compimento della promessa di salvezza di Dio è relativamente recente (sulla scorta della rilettura del Vangelo di Giuda, mi pare). E comunque, se pure Giuda fu strumento, il suo ruolo fu quello di sacrificarsi tradendo Cristo.

Bourée 18-09-2012 12:51

Re: Il Commediaforum
 
Quote:

Originariamente inviata da Winston_Smith (Messaggio 861420)
Probabilmente il Sommo pensò che se ci fosse stato lui al posto di Pier da Morrone le cose sarebbero andate diversamente :sisi:
Lo snobbone Petrarca ^^ fece di Celestino un esempio di vita dedita alla contemplazione, per dire che già poco dopo Dante l'attribuzione del gran rifiuto era tutt'altro che pacifica. C'è da dire che il vidi e conobbi si adatta più a un contemporaneo che a un personaggio dell'era antica.
Personalmente anch'io avrei evitato di condannare così duramente Celestino e avrei scelto Pilato, ma è probabile, anche se non certo, che Dante abbia voluto condannare fin dal principio del suo poema lo squallore morale in cui gli interessi temporali dei papi (di Bonifacio, in questo caso) avevano gettato la Chiesa. La scelta di non nominare il peccatore può essere un residuo di riguardo verso il sant'uomo eremita o un modo per tenere nell'anonimato e non soffermarsi oltre a descrivere il principale esponente della categoria che bisogna solo guardare per poi passare oltre.

Appunto, ma Celestino V è proprio vittima di questo squallore non corresponsabile. Non era una figura adeguata a svolgere il ruolo che gli è stato frettolosamente attribuito... o, almeno, non lo era come Caetani si aspettava sarebbe stato (facilmente gestibile, cioè). Anche se gli ha "scopiazzato" il giubileo... eheheh

Quote:

Originariamente inviata da Winston_Smith (Messaggio 861420)
L'interpretazione di Giuda (e di altri protagonisti della Passione) come strumento per il compimento della promessa di salvezza di Dio è relativamente recente (sulla scorta della rilettura del Vangelo di Giuda, mi pare). E comunque, se pure Giuda fu strumento, il suo ruolo fu quello di sacrificarsi tradendo Cristo.

Non ho la benché minima idea sull'evoluzione temporale dell'interpretazione della figura di Giuda; lessi estratti del Vangelo di Giuda (ritrovato effettivamente solo di recente), ma in realtà già nel Vangelo di Giovanni Gesù si rivolge a Giuda dicendo "Quello che DEVI fare, fallo al più presto". Forse Luca è il più duro con Giuda.. anche in Matteo, all'orto dei Getsemani Gesù si rivolge a Giuda dicendo "Amico, per questo sei qui". Credo che entrambi questi esempi rendano già possibile l'interpretazione di un non-tradimento da inquadrare, piuttosto, nel disegno divino di salvezza.
Inrealtà, quello che intendevo dire (vedasi anche AntiPantehon) è una certa carenza di spirito critico nell'inquadrare alcuni personaggi che mi sorprende in Dante (che, invece, dimostra sempre grande acume e atipica, per l'epoca, lettura di fatti e personaggi storici).

Moonwatcher 19-09-2012 02:49

Re: Il Commediaforum
 
Winston qual è la scadenza per la lettura del quarto canto?

Non sarebbe meglio scrivere la data a inizio topic? :interrogativo:

Winston_Smith 21-09-2012 10:40

Re: Il Commediaforum
 
Quote:

Originariamente inviata da Bourée (Messaggio 861702)
Appunto, ma Celestino V è proprio vittima di questo squallore non corresponsabile. Non era una figura adeguata a svolgere il ruolo che gli è stato frettolosamente attribuito... o, almeno, non lo era come Caetani si aspettava sarebbe stato (facilmente gestibile, cioè). Anche se gli ha "scopiazzato" il giubileo... eheheh

Inrealtà, quello che intendevo dire (vedasi anche AntiPantehon) è una certa carenza di spirito critico nell'inquadrare alcuni personaggi che mi sorprende in Dante (che, invece, dimostra sempre grande acume e atipica, per l'epoca, lettura di fatti e personaggi storici).

Sicuramente Dante è capace di letture che vanno contro dottrine politiche e teologiche in voga ai suoi tempi, e del resto, come ho detto, Celestino era stato canonizzato nel 1313 e anche di questo non è stato tenuto minimamente conto nella scelta di collocarlo tra gli ignavi.
Personalmente sono propenso a credere che la riverenza per il ruolo e la funzione del successore di Pietro (di cui nel corso del Poema stesso egli riconosce più volte l'importanza, anche quando condanna il peccato dei singoli che la ricoprivano):

E se non fosse ch’ancor lo mi vieta
la reverenza de le somme chiavi
che tu tenesti ne la vita lieta,
io userei parole ancor più gravi


(Inf. XIX, 100-103)

sia tale da imporre che chi macchia quella carica venga punito sempre duramente. Celestino, in questa interpretazione, avrebbe rifiutato la chiamata della Grazia, si sarebbe tenuto da meno di quello che è (comportamento bollato come pusillanimità) e avrebbe stimato se stesso insufficiente al compito di far fronte agli appetiti temporali dentro e fuori la Chiesa e di riportare quest'ultima alla sua missione puramente spirituale (come auspicavano in molti, specie tra i francescani più ardenti, ad es. Jacopone da Todi). Ciò provocò l'ascesa al soglio di Bonifacio, con le ben note, nefaste conseguenze per Firenze e l'Italia.
Con la mentalità moderna il gesto di Pier da Morrone potrebbe essere qualificato come volontà di tenere le "mani pulite", constatata l'impossibilità materiale per un povero eremita di una provincia del Regno angioino di far fronte ai "poteri forti", e consapevolezza dei propri limiti: la vita contemplativa e l'onestà del singolo restano l'unica risorsa di fronte alla corruzione generalizzata della vita "attiva". Ma Dante ha la grande risorsa della fede, e non può pensare che ci si possa tirare indietro davanti al compito a cui la Provvidenza chiama ciascuno, secondo i suoi mezzi e la sua posizione nella società. Celestino ha rifiutato quello che Dante ha invece accettato nel canto precedente a questo. E non a caso, come più volte avverrà in seguito, Dante si libera da inclinazioni negative che riguardano lui stesso e la sua esperienza precedente grazie anche all'incontro "catartico" con figure di dannati che quelle tendenze esemplificano.

Quote:

Originariamente inviata da Bourée (Messaggio 861702)
Non ho la benché minima idea sull'evoluzione temporale dell'interpretazione della figura di Giuda; lessi estratti del Vangelo di Giuda (ritrovato effettivamente solo di recente), ma in realtà già nel Vangelo di Giovanni Gesù si rivolge a Giuda dicendo "Quello che DEVI fare, fallo al più presto". Forse Luca è il più duro con Giuda.. anche in Matteo, all'orto dei Getsemani Gesù si rivolge a Giuda dicendo "Amico, per questo sei qui". Credo che entrambi questi esempi rendano già possibile l'interpretazione di un non-tradimento da inquadrare, piuttosto, nel disegno divino di salvezza.

Sì, ovviamente qui il discorso doventa potenzialmente infinito. Ricordo però che di Giuda si dice anche (non mi ricordo in quale dei Vangeli) che, dopo aver preso il famoso boccone che lo avrebbe qualificato come traditore durante l'Ultima Cena, Satana entrò in lui (e il Sommo si ricorderà a suo tempo di questa raffigurazione :occhiali: ). Di questo argomento, comunque, si è già discusso in questa sezione:

http://www.fobiasociale.com/tre-vers...i-giuda-25755/

Winston_Smith 21-09-2012 10:43

Re: Il Commediaforum
 
Quote:

Originariamente inviata da Moonwatcher (Messaggio 862594)
Winston qual è la scadenza per la lettura del quarto canto?

Avevo detto oggi, ma il discorso sul terzo canto si è prolungato e poi non credo di poter collegarmi abbastanza a lungo nel weekend, per cui direi che possiamo spostarla a lunedì 24 settembre.

Quote:

Originariamente inviata da Moonwatcher (Messaggio 862594)
Non sarebbe meglio scrivere la data a inizio topic? :interrogativo:

OK, capo :occhiali:

Winston_Smith 26-09-2012 02:22

Re: Il Commediaforum
 
Oh, ma allora se non lo porto avanti io 'sto topic muore di solitudine? :sisi:

Cominciamo con le cose semplici del IV canto, per ora, dai.

Virgilio, secondo voi, per la sorte di chi impallidisce a inizio canto? :occhiali:

Moonwatcher 26-09-2012 10:31

Re: Il Commediaforum
 
Io son tornato al secondo canto dell'edizione commentata da Sermonti.

Un giorno, forse, non so quando, vi raggiungerò di nuovo. :sisi:

Winston_Smith 26-09-2012 10:37

Re: Il Commediaforum
 
Quote:

Originariamente inviata da Moonwatcher (Messaggio 868901)
Io son tornato al secondo canto dell'edizione commentata da Sermonti.

Un giorno, forse, non so quando, vi raggiungerò di nuovo. :sisi:

Perché ti sei rimesso a leggere i canti precedenti? :interrogativo:

Moonwatcher 26-09-2012 10:41

Re: Il Commediaforum
 
E quando lo leggevo il commento di Sermonti dei primi tre canti, alla fine di tutto L'inferno? :nonso:

Moonwatcher 04-10-2012 13:37

Re: Il Commediaforum
 
Ho letto fino al quarto canto, sono in ritardo ma meno degli altri! ahahah!

Quote:

Originariamente inviata da Winston_Smith (Messaggio 858276)
Intanto una domanda al volo
Dante ha appena finito di leggere le memorabili terzine scolpite, secondo l'uso medioevale per le città, sulla porta dell'Inferno e dice:

Queste parole di colore oscuro
vid’ïo scritte al sommo d’una porta;
per ch’io: "Maestro, il senso lor m’è duro".


Perché duro? Non sembrano di difficile comprensione...

Secondo me ha messo "duro" perché non gli veniva in altro modo la rima. :nonso:

:mrgreen:

Quote:

Originariamente inviata da Winston_Smith (Messaggio 868816)
Virgilio, secondo voi, per la sorte di chi impallidisce a inizio canto?

Per la sorte dei sapienti, tra cui era lui, che son destinati in eterno al Limbo e non possono ambire al Paradiso? :nonso:

-

Comunque, scherzi a parte, volevo dire che il commento di Sermonti lo sto trovando davvero interessante e capace di catturare l'attenzione (che è tanto meritevole su una materia così pall... ehm difficile)! :perfetto:

-

Poi ho trovato questa descrizione dell'Inferno, con tanto di immagini a scomparsa, che mi sembra davvero ben fatta!

http://saintseiyags.altervista.org/i...ic,1948.0.html

Moonwatcher 06-10-2012 00:48

Re: Il Commediaforum
 
Winnuccio che voto dai a questa sintesi di questo tizio/a? Non è malaccio, no? :interrogativo:

Quote:

Originariamente inviata da Moonwatcher (Messaggio 877577)


Winston_Smith 06-10-2012 03:31

Re: Il Commediaforum
 
Quote:

Originariamente inviata da Moonwatcher (Messaggio 877577)
Secondo me ha messo "duro" perché non gli veniva in altro modo la rima.

:mrgreen:

:miodio:

Meno male che ho già risposto prima...

Quote:

Originariamente inviata da Moonwatcher (Messaggio 877577)
Per la sorte dei sapienti, tra cui era lui, che son destinati in eterno al Limbo e non possono ambire al Paradiso? :nonso:

-

Sì, anche se un'altra interpretazione poteva essere che le genti di cui parla Virgilio fossero tutti i dannati. Ma verso alcuni di costoro l'atteggiamento suo e di Dante sarà tutt'altro che pietoso.

Quote:

Originariamente inviata da Moonwatcher (Messaggio 877577)
Comunque, scherzi a parte, volevo dire che il commento di Sermonti lo sto trovando davvero interessante e capace di catturare l'attenzione (che è tanto meritevole su una materia così pall... ehm difficile)! :perfetto:

-

Sì, si discosta dalle interpretazioni critiche classiche (pur non rinnegandole e anzi prendendole come base) nel senso che limita al minimo indispensabile il nozionismo e il dato pedante per tentare di coinvolgere il lettore nel cuore del messaggio dantesco.

Quote:

Originariamente inviata da Moonwatcher (Messaggio 877577)
Poi ho trovato questa descrizione dell'Inferno, con tanto di immagini a scomparsa, che mi sembra davvero ben fatta!

http://saintseiyags.altervista.org/i...ic,1948.0.html

Non male, dice proprio il minimo essenziale ma almeno lo dice bene e come schematizzazione di riferimento è una delle migliori che abbia mai visto.

Non ce la faccio a dilungarmi oltre e lascio un ulteriore spunto di riflessione a qualche coraggioso volontario: l'andamento del rapporto tra Dante e Virgilio, da quando il secondo zittisce il primo per la sua curiosità prematura prima di arrivare all'Acheronte a quando la sorte del poeta latino commuove quello moderno fino a fargli provare gran duol e a far sì che egli gli si rivolga col duplice appellativo di reverenza (Dimmi maestro mio, dimmi segnore) e con quella ripetizione del dimmi che è espressione di un'ansia derivante dall'affetto incondizionato che Dante nutre per il mondo classico, per le altissime potenzialità dell'uomo (Onorate l'altissimo poeta) che però da sole non bastano ad assicurargli la salvezza (e questo dilemma tormentò il Poeta per anni, fino alla risoluzione dell'abbandono nella fede). Tutto questo, nella cornice di un canto "virgiliano" anche per la ripresa di motivi dell'Eneide (specie per quanto riguarda la descrizione dei Campi Elisi nel viaggio di Enea all'oltretomba), così come lo era stato quello precedente (legato a questo anche per contrapposizione, vista la natura e la sorte ultraterrena praticamente antitetiche dei vili e degli spiriti magni).

Sverso 07-10-2012 18:28

Re: Il Commediaforum
 
Winston hai visto l'ultima pubblicità della Tim?:miodio:

Winston_Smith 08-10-2012 01:48

Re: Il Commediaforum
 
Non l'ho vista in TV, sono andato a cercarmela su Youtube e... :miodio:

Winston_Smith 01-11-2012 02:12

Re: Il Commediaforum
 
Questo topic non può cadere nell'oblio, dovessi portarlo avanti da solo :occhiali:

Il IV canto inizia con una notazione praticamente speculare a quella con cui era terminato il III. Lì un lampo, una luce vermiglia che fa perdere conoscenza a Dante, qui un greve truono che rompe il suo sonno profondo e lo desta. Quanta efficacia, anche onomatopeica, in quel ruppemi posto ad inizio canto! Esso segna il riavvio dell'azione e pone uno stacco con la situazione del canto precedente, confinando nell'immaginaria zona del non detto tra i due canti nientemeno che il passaggio dell'Acheronte e lasciando alla fantasia del lettore la modalità con cui esso è avvenuto (Quinci non passa mai anima buona diceva Virgilio poco prima, eppure...).
Tale "omissione" non resterà caso isolato nel Poema, anzi se ne avranno diversi esempi, di cui uno in questo stesso canto IV. Nel caso specifico personalmente immagino che Dante abbia voluto lasciarsi trasportare dall'elemento fantastico del racconto, lasciando un'aura di mistero intorno al suo attraversamento del fiume. Alcuni interpreti inquadrano questa scelta nella presunta tendenza generale dei primi canti dell'Inferno, almeno fino al VII, di essere relativamente poco approfonditi dal punto di vista della psicologia dei personaggi (Francesca e in parte Ciacco sembrerebbero essere delle eccezioni in questo) e scarsamente articolati nella costruzione narrativa, tanto è vero che lo stesso mancamento della fine del canto III si ripeterà alla fine del V, al termine dell'incontro con Paolo e Francesca. Ma a me sembra che un uomo già capace di descrivere con pochi tocchi un ritratto che resta così potentemente impresso come quello di Caronte, per fare solo un esempio, non abbia bisogno di mezzucci come quello di inventarsi un venir meno dei sensi in mancanza di un modo migliore per segnare il passaggio da una zona all'altra e da un episodio all'altro: è probabile che certe scelte siano dovute anche ad esigenze di variatio nella descrizione potenzialmente ripetitiva dei vari passaggi da cerchio a cerchio; inoltre, per le successive occorrenze di tali "omissioni", sarà anche da tenere in conto la particolare enfasi che il Poeta vuole attribuire ad alcuni momenti del suo viaggio, o al contrario la dimensione non necessariamente legata al fine iniziatico e salvifico di esso, che è caratteristica di altri momenti e che egli vuol comunque riportare per conferire maggiore realismo alla sua esperienza, come se fosse un viaggio vero e proprio di cui traduce in versi i passaggi salienti e riassume brevemente il resto.

Pluvia 23-11-2012 22:29

Re: Il Commediaforum
 
Sono passate più di due settimane, continuo io dunque. Forse ho scritto troppo, è un riassunto praticamente, ma in ogni caso :occhiali:

Dante è giunto nel secondo Cerchio, che attornia uno spazio minore ma tanto più dolore che stimola al lamento, alla cui entrata sta Minosse, conoscitore dei peccati, che ringhiando come un animale esamina le colpe dei dannati e avvolge tante vote la coda quanti gironi spettano ai malcapitati. Vedendo il poeta, lasciato il suo ufficio, prova a ostacolare il suo cammino: "Guarda come entri e colui di cui ti fidi; non t'inganni l'estensione dell'entrata!". Virgilio non sarebbe la guida adatta, Minosse intacca la fiducia di Dante nella ratio interpretata dall'illustrissimo sommo poeta, suo maestro.
Proprio costui ammutolisce il demone infernale: "Perchè continui a gridare? Non impedire il suo cammno voluto da Dio: si vuole così là dove si può ciò che si vuole, e più non domandare". (espressione già usata nei confronti di Caronte, e che poi verrà ripetuta con qualche variazione, anche a Pluto, guardiano del quarto Cerchio).
Quivi sono dannati i peccatori carnali, i lussuriosi, che la ragione sottomettono al capriccio e alla materialità, i quali sono travolti e menati da una bufera infernale che non si arresta mai, e li tormenta voltandoli e percuotendoli. Con strida pianti e lamenti bestemmiano la forza divina, quando giungono davanti alla rovina (cos'è questa rovina? Quella che porta a loro la virtù divina, il roteare continuo della bufera, oppure il terreno franato quando Cristo fu crocifisso?).
La partecipazione emotiva di Dante ai travagli di costoro è marcata già al verso 25: "Ora incomincian le dolenti note a farmisi sentire, or son venuto là dove molto pianto mi percuote". Vedendoli cantare i loro lamenti come gru facendo nell'aria una lunga fila, Dante chiede a "lo" suo maestro la loro identità: Semiramide (regina assira sposa di Nino che rese lecita la libidine per togliere il biasimo in cui era caduta, ossia una relazione col figlio. Le fonti convalidano la sua lussuria, in particolare Paolo Orosio che scrisse l' "Historiarum adversos paganos"), c'è colei che si uccise per amore tradendo il giuramento alle ceneri di Sicheo (Didone), Cleopatra, Elena di Troia, Achille (pare che, innamorato della troiana Polissena, si recò al tempio di Apollo per averla e colà fu ucciso dalle frecce di Paride), Paride, Tristano (cavaliere della Tavola Rotonda che s'innamorò di Isotta, già sposata con suo zio, che scopertili, li uccise entrambi).
All'udire i nomi loro, pietà gli giunge e quasi sviene: anch'egli ha infatti sofferto di pene d'amore e sentendosi ad essi vicino, li compatisce.
Vedendo due anime che procedono insieme leggere al vento (perchè leggiadre o perchè non riescono a resistere al vento?), il poeta manifesta al venerabilissimo e spettabilissimo duca suo la volontà di dialogare con esse: per tale motivo Dio concede loro una tregua nella pena ("Noi udiremo e parleremo a voi, mentre che'l vento come fa, ci tace"). Francesca è la portavoce del racconto. Francesca da Polenta nacque nel 1260 e sposò Gianciotto Malatesta, signore di Rimini, detto "lo zoppo"; s'innamorò del fratello Paolo, e il marito intorno al 1285 scopre e uccide entrambi.
"L'amore che velocemente si attacca al cuore gentile, prese costui della bella persona che mi fu tolta; e il modo ancora mi offende (la ferisce ancora il modo in cui si manifestò tale amore, oppure il modo in cui la vita le fu tolta?). L'amore che non permette a nessuna persona amata di non riamare, mi prese della bellezza di costui, che come vedi ancora non mi abbandona. L'amore condusse noi ad un'unica morte. La Caina (sezione dell'Inferno dei traditori dei parenti) attende chi la vita ci spense (Gianciotto appunto, fratello di Paolo)".
Al pensare ai dolci pensieri e al desiderio che spinse costoro al peccato, il poeta china il viso e lo tiene basso; esorta poi Francesca, le cui sofferenze lo fanno addolorato e pietoso al punto di lagrimare, a narrare per quale ragione e come l'amore concesse di conoscere i dubbiosi desideri. Per ella nessun dolore è più grande che ricordarsi del tempo felice nell'infelicità, e ciò lo sa pure Virgilio (fu infatti egli celebrato e osannato in vita, ma ora è nel Limbo). Essi leggevano un giorno per divertimento di Lancillotto, uno dei Cavalieri del ciclo bretone al servizio di re Artù, il quale s'innamorò di Ginevra, sua regina; quando lessero il desiderato sorriso essere baciato da cotanto amante, Francesco la baciò tutto tremante. Galeotto fu il libro e chi lo scrisse.
Galleaut è un personaggio del ciclo di re Artù, era al servizio di Ginevra e fu determinante nel far manifestare l'amore di Lancillotto per Ginevra. Fece da tramite, e così "galeotto" è venuto a significare "mezzano di turpi amori"; la letteratura d'amore di quest'epoca è responsabile di questo desiderio d'amore leggero, che non tende a Dio.
Al termine del discorso di Francesca e del pianto di Paolo, per la pietà Dante viene meno e cade come corpo morto cade.

Avendo adunque fatto lo bravo bambino, sia permessomi molestar l'utenza...:lingua:

Quote:

Originariamente inviata da Winston_Smith (Messaggio 861420)
Lo snobbone Petrarca

Ah, adesso lo chiami così, eh? :miscompiscio:

Quote:

Originariamente inviata da Winston_Smith (Messaggio 904089)
Questo topic non può cadere nell'oblio, dovessi portarlo avanti da solo

"Non puoi cambiare il tuo destino, nessun uomo puo'". (cit)

E 'l duca lui: "Winstòn non ti crucciare,
vuolsi così colà ove non si puote
ciò che si vuole e più non rimandare".

Sarà per un'altra volta allora...o meglio...
Fia per un'altra fiata allotta...

:occhiali:

Labocania 09-12-2012 16:13

Re: Il Commediaforum
 
Ho trovato questa interessantissima pagina sul più celebre verso del V canto:

http://www.odanteobenigni.it/?p=1254

Winston_Smith 05-01-2013 00:46

Re: Il Commediaforum
 
Quote:

Originariamente inviata da dany91 (Messaggio 925882)
Sono passate più di due settimane, continuo io dunque. Forse ho scritto troppo, è un riassunto praticamente, ma in ogni caso :occhiali:

Ringrazio Dany91 per il suo contributo, ma mi pare che non avessimo ancora finito col IV canto, o almeno non se qualcosa da dire ancora io ho (cit.) :occhiali:

(Petrarca era uno snobbone che non capiva l'evoluzione della lingua, ripeto :occhiali: )

Winston_Smith 05-01-2013 01:47

Re: Il Commediaforum
 
Quote:

Originariamente inviata da Labocania (Messaggio 940588)
Ho trovato questa interessantissima pagina sul più celebre verso del V canto:

http://www.odanteobenigni.it/?p=1254

Notevole l'originalità dell'interpretazione:

l’amore (che quindi deve già essere nutrito) come sentimento, non come forza astratta, o addirittura come divinità, non permette a nessuno, che lo nutra, di sottrarsi all’oggetto d’amore che si dimostra a sua volta innamorato

In effetti il verso nell'interpretazione più consueta è evidentemente troppo semplicistico e poco realistico. Si dimostra ancora una volta che è necessario leggere a fondo anche le fonti più note (lo stesso trattato De amore di Cappellano non sembra essere così perentorio nell'affermare ciò che viene riportato comunemente nei commenti critici). Indipendentemente dall'interpretazione del singolo passo, però, che può comunque lasciare qualche dubbio (l'amor di cui si parla nel verso è effettivamente già nutrito nel cuore di chi viene amato?), credo sia abbastanza innegabile che la concezione esposta da Francesca, come interpretazione più o meno strumentale della poetica cortese, sia negata da Dante, pur con tutta la comprensione umana per la fragilità di chi è soggetto al peccato, e a un peccato a cui hanno contribuito anche esperienze letterarie di cui lui stesso era stato partecipe o molto legato. Non l'amore come passione è quello che nobilita l'uomo, ma l'amore come virtù, quello che seppur nascendo dalla bellezza sensibile del creato, si eleva verso ciò che è incorruttibile (Beatrice è appunto definita come donna di virtù già nel canto II). E' quello l'Amor che move il sole e l'altre stelle, checché se ne dica in certi contesti dove sembra che quasi Dante concordi o lasci fare a Francesca un'esaltazione dell'amore passionale contro tutto e tutti, come un'eroina romantica.

Winston_Smith 05-01-2013 02:12

Re: Il Commediaforum
 
Torniamo finalmente al IV canto, dopo una lunga pausa purtroppo non voluta. Questo topic non può cadere nell'oblio (cit.) :occhiali:

Un altro aspetto che volevo mettere in evidenza, in attesa di eventuali altri contributi, è quello psicologico, del rapporto tra Dante e Virgilio. Nel canto precedente Dante è stato rimproverato dal maestro per aver fatto domande intempestive e fuori luogo, ora invece Virgilio appare, forse per la prima volta, sotto una luce più umana.
Virgilio diventa smorto per la pietà che gli ispira l'angoscia de le genti che son qua giù (con ogni evidenza i suoi compagni di pena del Limbo, non i dannati in generale, visto che nel prosieguo del poema Virgilio non mancherà di ricordare a Dante che specie con certi tipi di peccatori qui vive la pietà quand'è ben morta), e quella pietà è comprensibilmente scambiata da Dante per timore, lo stesso che il poeta provava all'inizio del viaggio.
Virgilio diventa sollecito nel presentare a Dante la condizione degli abitanti del primo cerchio, anzi gli chiede perché non fa domande su di essi (verosimilmente perché teme di intervenire di nuovo a sproposito) e gli anticipa con delicatezza la risposta.
Infine è Dante stesso a sentire dolore per la condizione del suo maestro e della gente di molto valore che è con lui (un problema, quello dell'insufficienza dei meriti terreni a raggiungere la salvezza, che lo aveva angosciato per lungo tempo, come dirà anche più avanti nel poema) e finalmente è lui a porre una domanda a Virgilio, non a caso relativa all'eventualità che qualcuno sia mai stato tratto fuori dal Limbo alla beatitudine eterna, rivolgendosi a lui con un doppio appellativo di rispetto e quasi di affetto consolatorio: "Dimmi, maestro mio, dimmi, segnore".

Winston_Smith 05-01-2013 12:49

Re: Il Commediaforum
 
Continuo con un altro spunto di riflessione: il problema della (non) salvezza di coloro che hanno operato bene durante la vita e non si sono macchiati di peccati, almeno non tali da meritare la dannazione, ma non hanno avuto fede in Cristo.
Per Dante questo problema è stato fonte di lunghe meditazioni e perplessità, come dirà egli stesso più avanti nel Paradiso. Un uomo che come lui ammirava il modo in cui gli spiriti magni dell'antichità avevano portato al massimo grado le virtù morali e intellettuali dell'uomo (in ciò realizzando l'essenza più propria dell'uomo stesso, che è quella di seguir virtute e canoscenza) non poteva restare indifferente di fronte alla sorte ultraterrena di simili personaggi, né accontentarsi delle spiegazioni dei teologi che, pur come S. Tommaso con alcune riserve e ammettendo la possibilità di eccezionali interventi della Grazia, sostanzialmente propendevano per la dannazione di coloro che erano vissuti senza battesimo, in quanto la mancata assistenza della Grazia porta inevitabilmente a peccare e a perdersi.
Gli unici a non rientrare in questa condanna erano i patriarchi ebrei e comunque coloro che erano vissuti nell'attesa del Messia seguendo i precetti della legge di Mosé (di cui Dante fa raccontare a Virgilio l'uscita dal Limbo dopo la resurrezione di Gesù) e i bambini morti prima del battesimo. Per Dante, invece, anche tanti adulti che hanno vissuto acquisendo mercedi, meriti per il loro corretto operare, non meritano di subire, oltre alla pena della privazione della visione di Dio, anche quelle che derivano dalle punizioni a cui sono sottoposti gli altri dannati. Perciò immagina che anche tutti questi uomini e queste donne siano destinati al Limbo.
Ma non si ferma qui: ipotizza che tra costoro vi sia un gruppo di persone che si è distinta in modo particolare durante la vita: filosofi, artisti, poeti, condottieri. E a queste persone dedica un luogo speciale, fuori dall'aura che trema di sospiri, in cui sia reso loro il dovuto onore (parola chiave del canto, più volte ripetuta e declinata). Questi magnanimi sono l'esatto opposto dei vili o ignavi del canto precedente, dato che si sono impegnati nella vita terrena fino al massimo grado concesso alle capacità umane e sono ben consapevoli dell'onore a cui legittimamente un uomo deve aspirare a seguito delle sue capacità intellettuali e morali (ovviamente non si sta parlando di onorificenze materiali). I vili invece hanno rinunciato a questo compito assegnato all'uomo e perciò mai non fuor vivi.
Verso i magnanimi dell'antichità si rivolgerà anche l'ammirazione di tanti intellettuali della stagione successiva (Umanesimo e Rinascimento), con la differenza che la prospettiva sarà centrata sull'uomo e farà venire meno, almeno in parte, il contrasto che invece agita Dante e che deriva dalla necessità di conciliare l'eccellenza umana con la sua insufficienza a penetrare nel mistero divino e a raggiungere la salvezza.

Bourée 05-01-2013 13:28

Re: Il Commediaforum
 
Ho trovato questo...


Alla fine il tempo l'ho trovato adesso per rileggere il quarto canto. Il tema del limbo e della non salvezza di coloro che non hanno avuto modo di ricevere il battesimo, credo abbia posto perplessità in diversi momenti e a diversi esponenti del cattolicesimo. Nel vicinissimo 2007, il Papa dichiarò ufficialmente abolito il Limbo che rappresentava una visione troppo restrittiva della salvezza: la grazia, quindi, domina sul peccato. Purtroppo non sono preparata sui meccanismi che portarono originariamente all'istituzione del Limbo... se non erro lo stesso Sant'Agostino teorizzava la non salvezza per chi non avesse ricevuto il battesimo.
Tornando al canto, il pallore di Virgilio l'avevo sempre visto come un simbolico anticipo per il cerchio che si stava per descrivere (di cui egli stesso fa parte): un po' con la stessa funzione drammaticamente anticipatoria che alcuni drappi rossi sulla scena delle tragedie greche svolgevano quasi a voler preparare lo spettatore all'evento culminante della morte.
Winston, c'è un motivo particolare per cui Dante presenta quei quattro poeti e non altri? Omero autore dei poemi per eccellenza (e mi sembra evidente la citazione), Orazio (per le Satire), Ovidio (Metamorfosi) e Lucano (Bellum civile).

Winston_Smith 15-03-2013 12:35

Re: Il Commediaforum
 
Grazie, Bourée :)
Sentivo la mancanza di questo topic (e di altri), dovrò darmi un po' da fare per rimetterli in pista.

Sverso 24-03-2013 23:10

Re: Il Commediaforum
 
"Tu dici che di Silvio il parente, corruttibile ancora, ad immortale secolo andò, e fu sensibilmente."


:unsure:

Winston_Smith 25-03-2013 16:01

Re: Il Commediaforum
 
Quote:

Originariamente inviata da Sverso (Messaggio 1032463)
"Tu dici che di Silvio il parente, corruttibile ancora, ad immortale secolo andò, e fu sensibilmente."


:unsure:

Eh, magari andasse nell'aldilà pure quell'altro :sisi:

Winston_Smith 12-04-2013 09:27

Re: Il Commediaforum
 
Riprendiamo il cammino interrotto :occhiali:

Quote:

Originariamente inviata da Bourée (Messaggio 966402)

Ottimo, ci mancava una lettura di Sermonti in questo topic :perfetto:

Quote:

Originariamente inviata da Bourée (Messaggio 966402)
Alla fine il tempo l'ho trovato adesso per rileggere il quarto canto. Il tema del limbo e della non salvezza di coloro che non hanno avuto modo di ricevere il battesimo, credo abbia posto perplessità in diversi momenti e a diversi esponenti del cattolicesimo. Nel vicinissimo 2007, il Papa dichiarò ufficialmente abolito il Limbo che rappresentava una visione troppo restrittiva della salvezza: la grazia, quindi, domina sul peccato. Purtroppo non sono preparata sui meccanismi che portarono originariamente all'istituzione del Limbo... se non erro lo stesso Sant'Agostino teorizzava la non salvezza per chi non avesse ricevuto il battesimo.

Sì, salvo pochissime eccezioni, credo. Del resto non si diceva extra ecclesiam (intesa come comunità dei fedeli) nulla salus per nulla.

Quote:

Originariamente inviata da Bourée (Messaggio 966402)
Tornando al canto, il pallore di Virgilio l'avevo sempre visto come un simbolico anticipo per il cerchio che si stava per descrivere (di cui egli stesso fa parte): un po' con la stessa funzione drammaticamente anticipatoria che alcuni drappi rossi sulla scena delle tragedie greche svolgevano quasi a voler preparare lo spettatore all'evento culminante della morte.

Interpretazione originale, devo dire che non ci avevo mai pensato. In effetti mai come in questo cerchio Virgilio fa da guida in un contesto che conosce benissimo.

Quote:

Originariamente inviata da Bourée (Messaggio 966402)
Winston, c'è un motivo particolare per cui Dante presenta quei quattro poeti e non altri? Omero autore dei poemi per eccellenza (e mi sembra evidente la citazione), Orazio (per le Satire), Ovidio (Metamorfosi) e Lucano (Bellum civile).

Credo che facessero parte del personale "canone" di Dante e che fossero tra i poeti più letti e studiati da lui (Omero, ovviamente, tramite la mediazione dei latini).


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