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Moonwatcher 08-05-2012 01:40

Re: Il Commediaforum
 
Riesco a leggere la sintesi e le annotazioni prima che si passi al canto successivo? :interrogativo:

(così magari ci capisco qualcosa! :mrgreen:)

Winston_Smith 08-05-2012 23:05

Re: Il Commediaforum
 
Quote:

Originariamente inviata da Bourée (Messaggio 750690)
Grazie Winston... avrei una domanda: te la sentiresti di fare una introduzione sul momento storico in cui Dante scrisse l'Opera (per capire di quale crisi esistenziale, personale e universale si tratta)?

Siccome ho una predilezione per la multidisciplinarità, vi suggerisco altre due discese negli Inferi: Enea (Virgilio... che nel Medioevo era considerato un profeta della venuta di Cristo) e Ulisse.

Quote:

Originariamente inviata da Allocco (Messaggio 750648)
Mh eccoci qui...

Mi chiedevo, secondo voi quanto la crisi che viene presa a pretesto per il viaggio
è legata alla vita personale del Sommo (!) rispetto al discorso universale?
Possibile che sia un 50% come si è soliti dire? Parliamone :ridacchiare:

---
Per il resto complimenti a Winston per il primo commento! Molto sintetico e ben scritto :bene:

Troppo buoni entrambi, ma temo anzi sono sicuro che una simile introduzione richiederebbe un topic a parte, e soprattutto io non sono un pozzo di scienza, magari :ridacchiare:

In maniera superbreve e supersuperficiale (Jacques le Goff e Umberto Eco, miserere mei) credo di poter dire soltanto che, al volgere del 1300, dal punto di vista sociopolitico le grandi istituzioni che avevano retto il medioevo europeo (Papato e Impero) erano ormai al tramonto per diversi motivi. La ripresa post-anno Mille aveva portato alla ribalta le nuove realtà dei Comuni e dei nascenti Stati nazionali (Francia e Inghilterra), l'ultimo imperatore ad accarezzare e cercare di concretizzare il sogno di una monarchia universale era stato Federico II (velleitario, nonostante le speranze di Dante, sarà il tentativo di Enrico VII) e l'ultimo papa a teorizzare e proclamare una superiorità della cattedra di Pietro, dalla cui autorità sola deriva la legittimità delle potestà terrene, imperiale inclusa (con la bolla Unam Sanctam, se non vado errato), sarà, ça va sans dire, l'infame Bonifacio VIII, le cui spoglie sono ingiustamente conservate a Roma con tutti gli onori del rango mentre quelle del Sommo sono ancora in terra d'esilio :moltoarrabbiato:
Un nuovo ceto di commercianti e banchieri sta nascendo e fa sentire sempre più il suo peso, e con esso Dante non sarà tenero (La gente nova e i sùbiti guadagni / orgoglio e dismisura han generata, / Fiorenza, in te, sì che tu già ten piagni). Alle divisioni tra sostenitori del Papato e dell'Impero stanno subentrando le ulteriori divisioni all'interno dei singoli campi, tra classe sociale e classe sociale, tra consorteria e consorteria (Firenze è la città partita, divisa in fazioni).

La crisi di Dante si inserisce in quella più generale della società del suo tempo, a mio avviso, forse e soprattutto anche perché si rende conto che il suo esilio ha rappresentato la sconfitta dei suoi tentativi di ben far (agire rettamente sulla terra per condurre il popolo a una vita secondo giustizia). Quindi, dopo il Dante poeta d'amore, dopo il Dante intellettuale impegnato (come si direbbe con linguaggio novecentesco), entra in scena il Dante che risolve le contraddizioni della storia guardandovi con l'occhio di Dio. La fama e gli onori terreni, quand'anche cercati per motivi nobili e non per meri interessi personali, non bastano ad assicurare la completa felicità dell'uomo, né ad assicurargli la salvezza (Farinata è un esempio, tra i dannati, di uno degli spiriti che a ben far puoser li 'ngegni). Se non si inscrive il proprio agire nel mondo all'interno di una visione etica (che per Dante è ovviamente quella datagli dal Cristianesimo, ma non dalla gerarchia cattolica, distinzione che a quel tempo non era affatto scontata), tutto rischia di apparire vano, persino gli studi di filosofia, l'arte, la politica: Virgilio, Cavalcanti, Brunetto Latini, Ulisse, sono exempla che stanno lì a testimoniarlo. Non a caso Beatrice, nel Paradiso Terrestre, accuserà Dante di averla dimenticata e di essersi rivolto completamente a cose che nulla promission rendono intera.

Il viaggio della DC è un gigantesco sforzo di prendere coscienza di tutto ciò, ma non con aridi trattati di precettistica morale o con favolette ingenue di cui c'erano vari precedenti, bensì con un'Opera senza pari per il realismo dei personaggi e contemporaneamente per la loro capacità di essere esempi universali.

Quote:

Originariamente inviata da Allocco (Messaggio 750648)
Attualmente, rileggendolo, noto che Virgilio fa deviare Dante dalla sua traiettoria di risalita al colle.
Sembra quasi che Dante non si consideri degno di essere il "veltro" che risolleverà la nazione con virtù e conoscenza,
e per questo necessiti di una deviazione che lo porti altrove, in un viaggio preparatorio.
Falsa modestia? Artificio retorico? Un'allegoria che io non ho mai sentito citare?
Cosa ci sarebbe stato secondo voi in cima al monte delle tre fiere?

Quote:

Originariamente inviata da Bourée (Messaggio 750690)
Secondo me le motivazioni personali fungono da pretesto per creare una linea guida "alternativa" (credo Dante fosse ben consapevole delle proprie responsabilità e ancor più di quelle di tutti i personaggi che incontra... soprattutto i coevi, non ancora deceduti).

Il primo canto descrive la catabasi... perché salire su un monte?

Secondo me, tra i vari livelli di lettura della DC, c'è anche quello della missione. Dante si considera, almeno fino a un certo punto, concretamente investito della missione di riformare l'umanità peccatrice e sofferente. In questo resta ancora in lui viva l'aspirazione ad essere un uomo di cultura che incide nella realtà del suo tempo, sebbene sotto l'ispirazione della fede. Un uomo non convinto di una tale missione non avrebbe parlato della sua opera come di un poema sacro, al quale ha posto mano e cielo e terra. E' vero che all'inizio dice "Io non Enea, io non Paulo sono" (i suoi due predecessori nella discesa agli inferi da vivi, uno con la missione di fondare Roma e il suo Impero di civiltà, l'altro con la missione di rafforzare la fede cristiana), ma non v'è dubbio che il personaggio Dante prenda progressivamente coscienza (e l'autore Dante ne abbia completa cognizione) dell'importanza di ciò che sta vedendo e raccontando.

Senza voler certamente esaurire le possibili interpretazioni del monte illuminato dal sole, penso si possa ritenere che esso indichi la diretta contemplazione della Grazia divina, una sorta di Paradiso Terrestre anticipato (per alcuni potrebbe coincidere col Golgota, dato che ci troviamo fuori Gerusalemme) che a Dante non è dato percorrere non solo perché deve prima liberarsi dall'influsso del peccato, ma anche perché, forse, in caso contrario non sarebbe possibile il suo viaggio, e dunque la presa di coscienza collettiva dell'intera umanità. Personalmente, infatti, non ritengo che Dante indulga nell'autobiografia (quasi si scusa per l'unica volta che il suo nome risuona nei versi della Commedia, quando Beatrice gli si rivolge nel Paradiso Terrestre) se non quel tanto che può, ancora, fungere da exemplum per gli altri. Il topos poetico che prevedeva di non parlare della propria diretta parentela viene violato solo in due casi in tutto il poema (e non si tratta di parenti prossimi), uno dei quali è l'incontro con il trisavolo Cacciaguida, che riveste un'importanza fondamentale come punto di arrivo e di formulazione della concezione della storia umana in Dante e della genesi e delle finalità della stessa Commedia.

Winston_Smith 08-05-2012 23:23

Re: Il Commediaforum
 
Quote:

Originariamente inviata da Myway (Messaggio 750739)
Il fatto è che la Dc ha diversi livelli di lettura che si incastrano nel corso dei vari canti.
Tra le altre cose Dante si ritiene fosse un Iniziato, appartenente ai Fedeli d'Amore, quindi il percorso che prefigura può essere visto sia come un percorso universale destinato all'umanita intera, sia come un percorso individuale di progressivo risveglio...in particolare attraversando l'inferno Dante compie o mostra come si compie quella fase iniziale di tale percorso interiore chiamata notte oscura dell'anima, lotta coi propri demoni, o Opera al nero a seconda della tradizione cui ci si riferisce.

Avevamo già parlato in passato di questo argomento, se non mi sbaglio. Mi interesserebbe leggere qualcosa di più in proposito, se ti va di parlarne.
C'è qualche riferimento all'interno del poema da cui si può dedurre una finalità iniziatica nel viaggio dantesco?

Winston_Smith 08-05-2012 23:29

Re: Il Commediaforum
 
Quote:

Originariamente inviata da Allocco (Messaggio 751952)
Questa introduzione/selva oscura ha pochi pochi commenti...

Speravo che le mie domande profane aiutassero i forumisti a dare opinioni slegate dall'opera in sé e dalla sua critica..!
Al di là di quello che è stato detto e sarà detto, questo Dante era un essere umano normale, sarà andato anche lui in bagno come noi no?
Si interrogava ogni secondo sulle sorti del papato? Si crucciava ogni giorno per il suo esilio? O comprava la frutta e la verdura, e pensava a qualche bella pulzella che gli sbatteva la treccia sul nasone? :ridacchiare:

Io ci vedo questo in codesto canto, se prescindo da ogni conoscenza/ricerca filologico-letteraria.
St'uomo è in crisi per le sorti di qualcosa, che può essere sia sé stesso, sia quella che considera la sua nazione (ma tenderei a pensare che si riferisca a sé, come quasi tutti, e usi il pretesto politico per valorizzare il tutto).
Sa che qualcosa riuscirà a creare un varco verso un miglioramento, ma non riesce a farcela da solo, si affida alla cultura, ai poeti, e alla religione (il viaggio mistico).
In questo modo dovrebbe prepararsi a migliorare individualmente, e attraverso il proprio esempio e l'opera che ne deriverà cambiare le sorti del mondo intorno!

Senza dubbio l'elemento personale e autobiografico è presente, ma io lo ritengo, come ho già detto, indissolubilmente legato a quello "collettivo" e "universale". Ricordiamoci che l'individualismo era molto meno sviluppato nel Medioevo, e si era più abituati a concepirsi come parte di un organismo più grande, o comunque a vedere la propria storia personale come un tassello di una storia universale a cui non potevano mancare, prima o poi, una fine e un fine.

Quote:

Originariamente inviata da Allocco (Messaggio 751952)
(anche questo post era un pretesto per inserire il pezzo dei Metamorfosi, non che sia un gran fan del prog anni '70 ma questo mi garba)

Gran pezzo, all'altezza dei Sommi e del Sommo, e ho detto tutto :occhiali:

Winston_Smith 09-05-2012 00:07

Re: Il Commediaforum
 
Quote:

Originariamente inviata da Moonwatcher (Messaggio 753522)
Riesco a leggere la sintesi e le annotazioni prima che si passi al canto successivo? :interrogativo:

(così magari ci capisco qualcosa! :mrgreen:)

Chiedi e ti sarà dato (cit.) :occhiali:

Myway 09-05-2012 00:23

Re: Il Commediaforum
 
Quote:

Originariamente inviata da Winston_Smith (Messaggio 754363)
Avevamo già parlato in passato di questo argomento, se non mi sbaglio. Mi interesserebbe leggere qualcosa di più in proposito, se ti va di parlarne.
C'è qualche riferimento all'interno del poema da cui si può dedurre una finalità iniziatica nel viaggio dantesco?

Intanto lo stesso Dante ne accenna qua e la nel corso del poema, ad esempio i versi contenuti nell'Inferno IX dove dice "O voi ch'avete li'ntelletti sani, mirate la dottrina che s'asconde sotto 'l velame de li versi strani " ad indicare un livelli di lettura più profondo di alcuni versi.

Intanto posto dei link dove se ne accenna:
http://yin-nando.blogspot.it/2010/12...-sotto-il.html
http://esoterismografico.blogspot.it...li-damore.html
http://ermopoli.it/portale/showthread.php?t=6251


ed indico alcuni libri per chi interessato:

R.Guenon "L'esoterismo di Dante"

Luigi Valli "il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore"
Luigi Valli "Il segreto della Croce e dell'Aquila nella Divina Commedia"
Luigi Valli "Lo schema segreto del poema sacro"
Mario Alessandrini " Dante Fedele D'AMore"

Winston_Smith 11-05-2012 23:08

Re: Il Commediaforum
 
Grazie Myway, molto interessanti i link, contengono una marea di informazioni. Non avevo mai pensato, per dire, alla possibile interpretazione dei colori delle tre facce di Lucifero come simbolo delle tre fasi alchemiche nigredo, albedo e rubedo, anche se devo dire che la DC è talmente piena di immagini simboloche che le interpretazioni possono essere davvero infinite, chissà se il Sommo aveva pensato a tutte ^^
Peccato che i libri siano difficili da reperire, dovrò mettermi d'impegno a cercare.

Volendo proporre un ulteriore spunto di riflessione, vorrei chiedere a chi ha letto il canto: qual è la parte che vi tocca di più intimamente? Personalmente a me viene sempre in mente la parte in cui Dante, dopo aver espresso la richiesta di aiuto a Virgilio, scoppia a piangere come per liberare la tensione nervosa arrivata al culmine.

clizia 12-05-2012 15:36

Re: Il Commediaforum
 
Vi riporto giusto qualche riga che scrissi circa un lavoro didattico/scolastico relativo al I canto dell'Inferno. Serve un pochino per inquadrare il significato e gli elementi principali dell'intera opera. Spero possa esservi utile questo schemino. Non parteciperò tanto al dibattito perché in questo periodo non ho proprio tempo (uffa) e soprattutto con Dante ho già dato, quindi lo metto da parte per un po'... ;)

"[....]Il taglio che vorrei dare al percorso consiste nel porre al centro della riflessione la funzione ad un tempo filosofica e strutturale espletata dalla dialettica tra Dante-autore e Dante-personaggio all’interno della Divina commedia. Il modo in cui questo rapporto si articola, soprattutto nell’Inferno, consente di mettere in evidenza alcune delle questioni chiave relative alla sfera dei significati del poema nonché alla concezione poetica dantesca, restituendo l’uno e l’altra alla propria storicità.
Tale storicità è data in primo luogo dal modello della conoscenza che Dante codifica nelle strutture formali e nei contenuti tematici della Commedia: il modello è quello teologico cristiano, che ha nella storia della redenzione umana il proprio nucleo essenziale ed il proprio modello di interpretazione del reale. All’interno di questo modello culturale, a sua volta, la concezione figurale costituisce la categoria epistemologica di riferimento.
La dialettica tra Dante-personaggio e Dante-narratore è la soluzione narratologica che dà forma, nella Commedia, ad un modello di conoscenza chiuso, gerarchico ed universalistico (quello, appunto, teologico).
La vicenda dell’io-personaggio assume la fisionomia di un percorso di formazione verso l’acquisizione progressiva di questo sistema di conoscenze. Il percorso intrapreso da Dante-personaggio assume la forma allegorica dell’itinerario del pellegrino che muove, ad un tempo, verso Dio e verso l’identificazione con Dante-narratore e con la funzione della scrittura.
Il taglio che si è inteso dare al percorso didattico consente di mettere in luce alcune questioni chiave della struttura e dei contenuti della Commedia, strettamente connesse alla costruzione del personaggio protagonista della vicenda narrata. I temi su cui si intenderà portare la riflessione sono:

- Dante-viator: il tema del viaggio e la sua funzione allegorica rispetto alla rappresentazione del percorso di formazione di Dante-personaggio.
- Dante, personaggio problematico, sospeso tra la partecipazione alla vicenda umana delle anime che incontra e l’identificazione nel sistema morale dell’inferno, dal quale esse sono state giudicate e condannate.
- Dante personaggio come polo della dialettica con Dante narratore: come la relazione tra le due funzioni narrative impronti la struttura narratologica dell’opera (il tempo della narrazione, la voce narrante, focalizzazione).
- Dante personaggio autobiografico, sospeso tra la dimensione allegorica e quella storico-individuale (analizzato facendo riferimento alle categorie impiegate da Gianfranco Contini: «io- trascendentale ed «io-esistenziale»).

- Stile. La dialettica Dante personaggio-Dante narratore ha un suo riflesso anche nelle scelte stilistiche dell’autore. Lo scarto di conoscenza e di percezione che si presuppone tra il narratore che ha già compiuto il suo itinerarium mentis in Deum ed il pellegrino che si accinge a farlo riproduce, allegoricamente, lo scarto tra chi ha già goduto della contemplazione della verità nella mente di Dio e l’umanità che può contare solo su un sistema immaginativo fondato sull’immediatezza dell’esperienza. Da ciò, e dai fini “didattici” e profetici che il narratore si propone rispetto al proprio “pubblico” discende la scelta di rapportare ogni verità enunciata all’immediatezza delle immagini concreto-sensibili. Es.il ricorso alla similitudine.

clizia 12-05-2012 15:46

Re: Il Commediaforum
 
Differenza tra il viaggio di Dante e quello di Ulisse:

Dante personaggio si presenta, nel primo canto con lo statuto di “viator”. Il tema del viaggio diviene il fulcro dell’allegoria principale messa in scena nella Commedia. Lo schema narrativo del viaggio è assunto come allegoria del percorso di conoscenza che ogni anima “deviata” (che abbia smarrito la «retta via») deve compiere dentro di sé per recuperare la volontà di orientarsi verso il Bene, comprendendo che il fine dell’esistenza umana non appartiene alla vita terrena, ma a quella successiva alla morte. Dante narratore si presenta come colui che ha già compiuto tale viaggio e, attraverso la memoria, lo racconta, reinterpretandolo con un ottica retrospettiva. Egli sa distinguere il Bene dal Male e su questa base di conoscenza giudica gli eventi e i personaggi.
Il tema del viaggio e l’identificazione tra Dante personaggio e Dante viator risultano centrali anche nel canto II. Qui si sancisce come la legittimazione del viaggio di Dante attraverso i tre regni ultramondani venga direttamente da Dio («amor mi mosse, che mi fa parlare» v. 72) e si tematizza per la prima volta l’opposizione semantica e morale tra la categoria di “follia” («temo che la venuta non sia folle», v. 34) e quella di “dignità” («me degno a ciò né io né altri ‘l crede», v. 33).
La seconda è l’azione consacrata da Dio. La prima si connette al tema della violazione dei limiti posti all’uomo da Dio.
Uno schema oppositivo, rispetto al viaggio di Dante, è quello rappresentato dal viaggio di Ulisse, a cui è dedicato il canto XXVI. Le due tipologie di viaggio (quella dell’esploratore e quella del pellegrino) assumono valenza allegorica rispetto a due modelli della conoscenza del tutto diversi.
Ulisse è indotto al viaggio dalla curiositas e da un’idea dalla conoscenza di tipo empirico, interamente laico, quasi anticipatrice del pensiero scientifico umanistico (Lotman), in cui l’esperienza è posta a fondamento del sapere e ad esso non vengono riconosciuti limiti se non nell’abbrutimento dell’uomo che ha rinunciato a conoscere. Il viaggio di Dante, che a differenza di quello di Ulisse si struttura tutto in senso verticale, si sviluppa all’interno del sistema gerarchico della conoscenza e della morale cristiana.
All’interno di questo sistema, che è quello tomistico, «virtù» ed «ingegno» non sono più sinonimi (come sottolinea invece l’endiadi presente nel discorso di Ulisse ai compagni, «virtute e conoscenza»). La virtù coincide con la consapevolezza del limite che Dio ha posto alla smisurata sete di conoscenza degli uomini.
Se il viaggio di Ulisse e quello di Dante personaggio hanno lo stesso statuto di realtà, essendo entrambi un itinerario del corpo che rappresenta un itinerario dell’anima (Freccero), essi differiscono tuttavia per la temporalità entro cui sono collocati. Ulisse-personaggio è immagine di Dante-personaggio: è mosso dalla sete di conoscenza ed anche l’itinerario che intraprende è analogo (entrambi i loro viaggi conducono al monte del Purgatorio). Ulisse-dannato, a sua volta, è immagine di Dante-narratore, con cui condivide la conoscenza del sistema morale che regge l’universo e, conseguentemente, ha una consapevolezza tragica del proprio peccato (del carattere “folle” della propria impresa).
L’avvento di Cristo è l’evento che segna la discontinuità decisiva tra il viaggio di Dante e quello di Ulisse. Esso segna il momento in cui la storia umana viene a coincidere con la storia della redenzione.

Myway 14-05-2012 11:38

Re: Il Commediaforum
 
Quote:

Originariamente inviata da clizia (Messaggio 757130)
[B]
L’avvento di Cristo è l’evento che segna la discontinuità decisiva tra il viaggio di Dante e quello di Ulisse. Esso segna il momento in cui la storia umana viene a coincidere con la storia della redenzione.

E infatti secondo Dante la possibilità di intraprendere un certo tipo di viaggio è divenuta fattibile con Cristo che ha aperto la porta d'ingresso del'inferno, la cosidetta porta crucifera, aperta dalla croce.
La totale realizzazione del viaggio è più complicata, servono tra le altre cose alcune grazie, e la cooperazione tra chiesa e impero, croce e aquila, che invece Dante non vede avvenire nel mondo in cui viveva.

Winston_Smith 19-05-2012 07:10

Re: Il Commediaforum
 
Ottimi spunti quelli proposti da Clizia :)

Direi che se nessuno vuole aggiungere qualcosa possiamo passare direttamente al canto successivo. II o III? Lo chiedo perché qualcuno (non io ^^) potrebbe aver voglia di saltare direttamente alla ripresa del cammino e della narrazione, dopo la pausa del secondo canto in cui Dante viene confortato da Virgilio in merito alle motivazioni del viaggio (e si stabilisce, come anticipato anche da Clizia, il tipo di ispirazione che muoverà i passi di Dante rispetto a quelli di altri suoi predecessori illustri, come Enea, san Paolo e appunto Ulisse, che tra l'altro aveva visitato il regno dei morti nell'Odissea).

Decidiamo il canto e poi lasciamo ancora due settimane di tempo per leggerlo a chi volesse (io ovviamente li ho già letti entrambi :occhiali: )

Winston_Smith 23-05-2012 11:29

Re: Il Commediaforum
 
OK, visto che siamo 4 gatti a commentare (e forse siamo pure tanti, dato l'argomento :sisi: ), direi che non c'è bisogno di venire incontro ai gusti del grande pubblico, perciò andiamo avanti con la sequenza integrale dei canti, come il Sommo li ha concepiti :riverenza:
Direi che possiamo cominciare a commentare il II canto dell'Inferno a partire da venerdì 1 giugno.
Mesdames et messieurs, a vous.

Moonwatcher 23-05-2012 13:34

Re: Il Commediaforum
 
Ok, sono d'accordo per la lettura integrale.

Ho già letto il II canto e anche la sintesi di Wikipedia. :)

-edit- ma c'e anche Silvio in questo canto? :sisi:

Winston_Smith 23-05-2012 14:23

Re: Il Commediaforum
 
Azz, stavolta ti sei portato avanti :occhiali:

Aggiorno la prima pagina, allora.

P.S.: Meno male che Silvio c'è (all'Inferno, ovviamente) :occhiali:

Winston_Smith 24-05-2012 22:53

Re: Il Commediaforum
 
Un'ultima considerazione, prima di lasciare il canto I (l'ho letta in un libro uscito di recente). Avete fatto caso che i nomi delle tre fiere iniziano tutti per L? Come Lucifero? Una coincidenza probabilmente non casuale...

Winston_Smith 24-05-2012 23:03

Re: Il Commediaforum
 
Quote:

Originariamente inviata da Bourée (Messaggio 767045)
Ma il libro che interpretazione fornisce? Mmm... Lucifero, non so. Ha troppi nomi...

Nel XXXIV canto il diavolo viene indicato col nome di Lucifero.
Il libro le interpreta come emanazioni di Satana, come del resto è detto a proposito della lupa, che verrà ricacciata dal Veltro nell'inferno, là onde ’nvidia prima dipartilla.

Winston_Smith 04-07-2012 15:12

Re: Il Commediaforum
 
Pensavate che mi fossi dimenticato, eh? :occhiali:

Propongo qui alcuni spunti di riflessione sul II canto, sui quali cercherò di diffondermi in seguito, quando avrò un po' più di tempo. Intanto se qualche volontario vuole approfondire è il benvenuto.

1) Recupero delle forme stilnovistiche nella raffigurazione di Beatrice come donna-angelo per antonomasia attraverso la quale l'uomo raggiunge la salvezza, elevandosi dalla mera compiacenza estetica e fisica verso uno stato di virtù assistita dalla Grazia (Donna di virtù): dopo l'omaggio alla classicità tramite Virgilio, quello alla recente tradizione poetica di cui Dante era stato il principale interprete, riletta alla luce della prospettiva cristiana.
2) Contrasto tra il personaggio Dante preda della viltà e rincuorato dalla magnanimità di Virgilio (due parole chiave, nel lessico dantesco) e il poeta Dante ben conscio dell'importanza della sua missione e della sua aderenza al ruolo profetico di cui Dio lo investe, essendo le sue capacità pienamente in grado di rivestire l'eccezionale compito (O Muse, o alto ingegno, or m'aiutate).
3) Il II canto, con l'invocazione alle Muse, è considerabile come il proemio dell'Inferno, così come il I lo era dell'intera Opera. La guerra del cammino e della pietate sarà uno dei motivi portanti della cantica, dato che il maggiore contrasto sarà tra le asprezze delle punizioni infernali e della stessa personalità maligna di alcuni di loro e la stima, se non addirttura la reverenza che Dante nutre per alcuni altri, in ragione della loro condotta di vita onorevole sotto diversi aspetti, pur se macchiata da un particolare peccato di cui non hanno voluto o saputo pentirsi. Alcuni dei momenti di più alta poesia dell'Inferno saranno proprio legati a questo drammatico scontro tra grandi personalità da un lato ed errori dovuti a piccolezze e meschinerie che rovinano irrimediabilmente un'anima, e agli effetti che questo provoca nell'animo del viaggiatore.

Winston_Smith 08-07-2012 21:51

Re: Il Commediaforum
 
Quote:

Originariamente inviata da Winston_Smith (Messaggio 798182)
Intanto se qualche volontario vuole approfondire è il benvenuto.

Le ultime parole famose :sisi:

OK, più tardi continuerò a parlare da sol... pardon, aggiungerò qualche altra considerazione ^^

Moonwatcher 09-07-2012 12:56

Re: Il Commediaforum
 
Nu, che intervento, il massimo che posso fare è intervenire per dichiarare la mia ignoranza. :ridacchiare:

Però una domanda ce l'ho: visto che si son citati Enea e San Paolo, e visto che il primo bene o male ricordo chi è, grazie alla lettura obbligata di quel noios... ehm meraaaviglioso poema di Virgilio, qualcuno potrebbe dare qualche cenno su San Paolo, sulla cui figura dichiaro (ancora una volta, caso mai ce ne fosse bisogno :miodio:) la mia totale ignoranza? :pensando:

Myway 09-07-2012 14:51

Re: Il Commediaforum
 
Quote:

Originariamente inviata da Moonwatcher (Messaggio 801710)
Nu, che intervento, il massimo che posso fare è intervenire per dichiarare la mia ignoranza. :ridacchiare:

Però una domanda ce l'ho: visto che si son citati Enea e San Paolo, e visto che il primo bene o male ricordo chi è, grazie alla lettura obbligata di quel noios... ehm meraaaviglioso poema di Virgilio, qualcuno potrebbe dare qualche cenno su San Paolo, sulla cui figura dichiaro (ancora una volta, caso mai ce ne fosse bisogno :miodio:) la mia totale ignoranza? :pensando:

Bè Paolo mi pare si chiamasse Saulo e pur essendo ebreo aveva cittadinanza romana, perseguitava i cristiano fino a che venne folgorato sulla via di Damasco, si convertì e si mise a evangelizzare le genti tramite una marea di lettere e di viaggi....
Morì a Roma, la tradizione vuole il 29 giugno insieme a San Pietro, durante le persecuzioni di Nerone...

Per molti è un evangelizzatore che ha diffuso il messaggio del Cristo, per altri invece ha reinterpretato molti concetti a suo uso e consumo, fondando di fatto una religione non del tutto aderente al messaggio originario...

Winston_Smith 09-07-2012 14:56

Re: Il Commediaforum
 
Quote:

Originariamente inviata da Myway (Messaggio 801821)
Bè Paolo mi pare si chiamasse Saulo e pur essendo ebreo aveva cittadinanza romana, perseguitava i cristiano fino a che venne folgorato sulla via di Damasco, si convertì e si mise a evangelizzare le genti tramite una marea di lettere e di viaggi....
Morì a Roma, la tradizione vuole il 29 giugno insieme a San Pietro, durante le persecuzioni di Nerone...

Decapitato, in quanto cittadino romano, a differenza del primo papa, che morì crocifisso a testa in giù (sempre secondo la tradizione).

Quote:

Originariamente inviata da Myway (Messaggio 801821)
Per molti è un evangelizzatore che ha diffuso il messaggio del Cristo, per altri invece a reinterpretato molti concetti a suo uso e consumo, fondando di fatto una religione non del tutto aderente al messaggio originario...

Infatti alcune tesi "revisioniste" vogliono che il vero fondatore del Cristianesimo sia Paolo, e che Gesù in realtà non abbia mai lasciato alcun compito ai suoi discepoli riguardo alla fondazione di una nuova Chiesa che prevedesse il culto di lui come persona divina (il passo su Pietro e sulla pietra su cui sarà fondata la Chiesa ecc. ecc. sembrerebbe dovuto a un'interpolazione posteriore dei Vangeli).

P.S.: Nei suoi pellegrinaggi pare che Paolo, prima di arrivare a Roma, si fermasse a Napoli (da cui l'origine del nome della Mecca del Calcio :occhiali: ).

Myway 09-07-2012 16:06

Re: Il Commediaforum
 
Quote:

Originariamente inviata da Winston_Smith (Messaggio 801824)
D



Infatti alcune tesi "revisioniste" vogliono che il vero fondatore del Cristianesimo sia Paolo, e che Gesù in realtà non abbia mai lasciato alcun compito ai suoi discepoli riguardo alla fondazione di una nuova Chiesa che prevedesse il culto di lui come persona divina (il passo su Pietro e sulla pietra su cui sarà fondata la Chiesa ecc. ecc. sembrerebbe dovuto a un'interpolazione posteriore dei Vangeli).

Si ci sono problemi con le traduzioni, oltretutto se avesse voluto fondare una chiesa presumo ne avrebbe parlato più diffusamente, dando maggiori indicazioni, e non limitandosi ad una unica frase ambigua.
E' ovvio che fosse interessato a far diffondere il proprio messaggio, nei suoi vari livelli di lettura, si parla infatti di chiesa di pietro e di chiesa di giovanni, ma quello che è venuto dopo quanto a gerarchie ecc è apputno derivato da dispute tra varie fazioni che si sono avute nei primi secoli d.C.

Winston_Smith 10-07-2012 23:45

Re: Il Commediaforum
 
Quote:

Originariamente inviata da Moonwatcher (Messaggio 801710)
Però una domanda ce l'ho: visto che si son citati Enea e San Paolo, e visto che il primo bene o male ricordo chi è, grazie alla lettura obbligata di quel noios... ehm meraaaviglioso poema di Virgilio

Non è noioso più di quanto lo sia il film di cui hai uno dei protagonisti come avatar :occhiali:

Winston_Smith 28-07-2012 03:44

Re: Il Commediaforum
 
Quote:

Originariamente inviata da Bourée (Messaggio 801487)
E' passato un mese dalla prevista data...

C'è stato di mezzo anche un ban :sisi:
E poi ultimamente ho avuto la testa parecchio ingombra, più del solito, ora spero di essere più tranquillo e di avere più tempo.

Quote:

Originariamente inviata da Bourée (Messaggio 801487)
1) Nel recuperare l'amor cortese e la visione stilnovistica della donna-angelo, Dante, secondo me, introduce un nuovo fattore. A differenza dei suoi "precedessori" (in realtà praticamente coevi, ma, se non erro, da un punto di vista stilistico Dante della Commedia aveva in parte superato la poesia del dolce stilnovo) egli descrive Beatrice superando in toto la fisicità: non è più una donna-angelo, è un essere extra-terreno, una creatura quasi divina piena di "virtù" (cristiane, bene inteso).

"Lucevan li occhi suoi più che la stella;
e cominciommi a dir soave e piana,
con angelica voce, in sua favella"

Sì, almeno per la Beatrice del II canto questo è certamente vero. L'unico accenno davvero "terreno" a me sembra quello, molto poetico, al suo pianto (li occhi lucenti lagrimando volse) con il quale esprime il suo rammarico e il timore per essersi mossa troppo tardi al soccorso di Dante (un rammarico poco consono per un'anima beata che, in quanto tale, dovrebbe poter leggere in Dio il corso degli eventi). Invece, in rappresentazioni successive nel resto del poema, come in quella del Purgatorio, anche la fisicità e soprattutto l’individualità di Beatrice riacquisteranno un loro peso.

Quote:

Originariamente inviata da Bourée (Messaggio 801487)
Winston, che sai sulla scelta de LA stella, piuttosto che una stella generica? è da ricondursi alla stella cometa che aveva guidato i Magi (come lei "guida" Dante alla salvezza)?

Sinceramente non so molto di quest’interpretazione. Di certo lo sguardo di Beatrice come mezzo per condurre a Dio è un topos frequentissimo in Dante, sin dalla Vita Nova. E al Lucevan li occhi suoi più che la stella possono essere affiancati vari passi del Paradiso, come quello in cui Beatrice raccomanda a Dante di doversi ancora abituare a guardarla negli occhi sfolgoranti di luce o quello in cui la salita al cielo viene propiziata dal prolungato sguardo rivolto al sole di entrambi.

Quote:

Originariamente inviata da Bourée (Messaggio 801487)
Da Guinizzelli:]

Splende ’n la ’ntelligenzïa del cielo
Deo crïator più che [’n] nostr’occhi ’l sole:
ella intende suo fattor oltra ’l cielo,
e ’l ciel volgiando, a Lui obedir tole;
e con’ segue, al primero,
del giusto Deo beato compimento,
così dar dovria, al vero,
la bella donna, poi che [’n] gli occhi splende
del suo gentil, talento
che mai di lei obedir non si disprende.

Donna, Deo mi dirà: «Che presomisti?»,
sïando l’alma mia a lui davanti.
«Lo ciel passasti e ’nfin a Me venisti
e desti in vano amor Me per semblanti:
ch’a Me conven le laude
e a la reina del regname degno,
per cui cessa onne fraude».
Dir Li porò: «Tenne d’angel sembianza
che fosse del Tuo regno;
non me fu fallo, s’in lei posi amanza».

Molto bella come citazione, non ricordavo di aver mai letto questa poesia.
Anche qui c’è il motivo dello sguardo della donna come motivo ispiratore dell’azione dell’uomo e della donna come tramite per l’elevazione a Dio. In più c’è il paragone tra la rivoluzione celeste, mossa dallo splendore di Dio (quasi anticipazione del dantesco L’amor che move il sole e l’altre stelle) e lo splendore degli occhi della donna che ispirano talento all’uomo di seguirla. E nel II canto c’è anche il riferimento alla struttura celeste, come hai notato.

Quote:

Originariamente inviata da Bourée (Messaggio 801487)
2) Sì, e direi anche rincuorato dalle tre dame che dal Paradiso si preoccupano per la sua salvezza tanto da trovare una guida per il suo percorso di purificazione.

3) Le citazioni classiche, ovviamente, sono notevoli e arricchite dalla tradizione cristiana (dalla Scolatica in poi). Dalle Muse, al viaggio di Enea e San Paolo. L'invocazione, tuttavia, supera la "sudditanza" che caratterizza l'Omero della Iliade o gli Apostoli stessi... Dante non è uno strumento attraverso il quale Muse e alto ingegno compiono la Volontà divina. Ne invoca l'aiuto.

Non solo, ma è consapevole che l’unico modo per essere degno (parola chiave in questo canto) è di accettare di essere salvato in virtù di quello stesso amore per il quale l’umana spezie eccede ogne contento / di quel ciel c’ha minor li cerchi sui e per il quale lui stesso uscì de la volgare schiera.

Quote:

Originariamente inviata da Bourée (Messaggio 801487)
In realtà, se non ricordo male (e non ricordo male!) il primo della classe nella lettura era stato il signor Moonwatcher: aspettiamo, dunque, un suo volontario intervento. ahahah

Visto che invece di interventi c’è carenza, direi che possiamo senz’altro darci (darmi? :sisi: ) appuntamento già fra una settimana. Si comincia a leggere il III canto e lo si commenta da venerdì 3 agosto: entreremo nel vivo dell’azione, lasciate ogni speranza voi ch’entrate (cit.) :occhiali:

Rick Blaine 31-07-2012 20:33

Re: Il Commediaforum
 
Quote:

Originariamente inviata da Winston_Smith (Messaggio 803114)
Non è noioso più di quanto lo sia il film di cui hai uno dei protagonisti come avatar :occhiali:

L'Odissea di Kubrick e l'Eneide sono alcune tra le cose più alte concepite da mente: su ciò non ammetto repliche :mrgreen:

cancellato11788 31-07-2012 20:37

Re: Il Commediaforum
 
mai pensato di scaricare e leggere la DC sull'ebook o sul tablet? :mrgreen:

Winston_Smith 31-07-2012 20:38

Re: Il Commediaforum
 
Quote:

Originariamente inviata da Belacqua (Messaggio 818604)
mai pensato di scaricare e leggere la DC sull'ebook o sul tablet? :mrgreen:

Vade retro Satàn!

http://www.finanzaonline.com/forum/a...o_satana-2.jpg

Winston_Smith 31-07-2012 20:39

Re: Il Commediaforum
 
Quote:

Originariamente inviata da Rick Blaine (Messaggio 818598)
L'Odissea di Kubrick e l'Eneide sono alcune tra le cose più alte concepite da mente: su ciò non ammetto repliche :mrgreen:

Sì, ma infatti sono d'accordo, infatti le ho messe sullo stesso piano.
E' Moon che voleva squalificare il capolavoro del duca del Sommo :occhiali:

cancellato11788 31-07-2012 20:39

Re: Il Commediaforum
 
tsk, ormai anche dante si è modernizzato :sisi:

Rick Blaine 31-07-2012 20:40

Re: Il Commediaforum
 
Quote:

Originariamente inviata da Winston_Smith (Messaggio 818612)
Sì, ma infatti sono d'accordo, infatti le ho messe sullo stesso piano.
E' Moon che voleva squalificare il capolavoro del duca del Sommo :occhiali:

Allora: Shame on him! :D

Winston_Smith 31-07-2012 20:40

Re: Il Commediaforum
 
Quote:

Originariamente inviata da Belacqua (Messaggio 818613)
tsk, ormai anche dante si è modernizzato :sisi:

Il Sommo non è moderno, è eterno (rima) :occhiali:

Winston_Smith 04-08-2012 08:52

Re: Il Commediaforum
 
Quote:

Originariamente inviata da Viridian (Messaggio 816162)
Ah no! Mi son reso conto dell'edit di Winston solo adesso. Quindi mi son perso l'I e il II, che tragedia T_T (xD).

Qualcuno mi fa un sunto dei primi due molto semplicistico? Se siete concisi e chiari a sufficienza, Winston vi mette 7.

E' una trattazione sintetica sui primi due canti.

Non ho capito che senso ha fare un riassunto di quello che è stato scritto nelle pagine precedenti.
Sui primi due canti, dal punto di vista narrativo c'è poco da dire che non sia già abbondantemente reperibile su Wikipedia e per i commenti ci sono le pagine precedenti, non sono argomenti che si possano svolgere in due parole e io non ho il dono della sintesi, sorry :occhiali: Praticamente rischierei di riscrivere per intero i post precedenti :sisi:

Passiamo invece velocemente al III canto ché qui se non comincio io non scrive nessuno, pare (vabbé che anche dopo... :sisi:).
Propongo degli spunti di riflessione sintetici sui quali quei pochi temerari che si avventurano qui saranno i benvenuti se vorranno dare il loro contributo.

1) Questo canto, oltre ad essere il primo che ci introduce in medias res, è anche quello che più risente dell'influsso virgiliano (soprattutto per quanto riguarda l'ingresso nell'Ade di Enea e la raffigurazione di Caronte), ma con ben diversa efficacia plastica e drammatica.
2) La novità più grande (non solo rispetto ai classici, ma anche rispetto alla precedente tradizione cristiana) è rappresentata dalla folla incommensurabile (ch'io non averei mai creduto / che morte tanta n'avesse disfatta) dei vili o pusillanimi (il termine "tecnico" di ignavi è stato sottoposto a diverse critiche, ci si potrebbe aprire un discorso a parte), quelli che non scelsero mai da che parte stare e che non vissero per davvero. La loro rappresentazione è tanto più efficace se confrontata con il modo in cui Dante ha appena superato le proprie, di paure, nel canto precedente (ancora davanti alla porta dell'Inferno Virgilio lo esorta a non avere sospetto, paura, gli dice che ogne viltà convien che sia morta), e a come ha pagato di persona, in vita, per avere preso posizione e avere fatto il proprio dovere.
3) Colui che fece per viltade il gran rifiuto. Chi era costui? (cit.)* :occhiali:










*Warning: fosse per me, su questo punto ci potremmo discutere anche un anno ^^

Bourée 05-08-2012 20:28

Re: Il Commediaforum
 
(Ri) letto anche io... come sempre parto dai punti suggeriti da Winston.

1) l'efficacia plastica e drammatica di Dante rispetto a Virgilio, mi consenta (da leggersi alla cavalleresca maniera), è frutto anche della diversa visione che della morte e dell'al di là i due hanno maturato per cultura. Dante inevitabilmente subisce l'influenza della religione cristiana medioevale (che definì anche le arti figurative con teschi e veli della morte in ogni dove!).
2) Questo è un punto, a mio avviso, davvero molto interessante... il buon Dante nel canto precedente confessa i propri timori dichiarando addirittura di voler rinunciare. Virgilio, quindi, lo mette al corrente dell'intervento di tre donne a suo favore. Ora, mi chiedo, se non vi fosse stato intervento divino, Dante, sponte sua, avrebbe peccato di gran viltade anche egli, no? Il discorso è molto più amplio e sconfina, ahimé, nel solito problema aperto (almeno per me è tale) del libero arbritrio e la volontà divina (provvidenza, fato, destino). Poveri ignavi, insomma... giudicati così severamente da colui che poco prima rischiava di esserlo egli stesso, ignavo.
3) Io studiai a scuola che si trattasse di Celestino V. La questione temo sia aperta... comunque Celestino non me lo doveva banalizzare così, il Dante.

Contributo personale (in parte in risposta ad alcuni punti sollevati da Viridian).

Contestualizzando storicamente Dante, verrebbe da pensare che la critica agli ignavi, a coloro che non hanno scelto in vita fra Bene e Male risultando così "non vivi", non sia solo strettamente religiosa, ma anche politica (riferendomi agli scontri tra le due fazioni guelfe e ghibelline in relazione ai quali Dante scelse, pagando tutte le conseguenze che una scelta inevitabilmente comporta). Dal punto di vista religioso, il tema della Scelta è di particolare interesse e ritorna in diversi filosofi in diverse epoche storiche (si pensi alla vita come scommessa di Pascal o Kierkegaard). Per la Chiesa cattolica credo sia ineluttabile che essa venga compiuta (in particolare durante il medioevo quando i dettami religiosi investivano in toto il vissuto) e, in fondo, concordo con ciò (potrà essere una scelta più o meno cosciente, ma credo che alla fine la si faccia).

Messer Winston, ma come? non mi fa nessun riferimento al contrappasso?? il primo canto in cui viene presentato! Correre dietro una bandiera bianca, senza schieramenti per l'eternità coperti di mosche che lacerano le carni (degradante, no?). Quella del contrappasso è la cosa più innovativa e creativa della Commedia, per me!

Bourée 05-08-2012 20:40

Re: Il Commediaforum
 
Quote:

Originariamente inviata da Viridian (Messaggio 821575)
_

Ad ogni modo, mi colpisce molto il modo in cui son intesi gli ignavi e mi è venuto spontaneo un parallelo tra l'ignavia e.. il fatto di non esporsi, circa le difficoltà sociali.


Ravvisate invidia nell'ignavia? Il loro non potrebbe essere comunque visto come uno status super.. anzi no, "ex partibus", volendo rapportare il concetto al mondo attuale?

Nelle difficoltà sociali non è detto che non ci si esponga. O meglio, non si prende una posizione pubblicamente, magari; ma ciò non toglie che una posizione la si possa avere e si possa dimostrare con il vissuto quale sia...

C'è invidia nel senso che gli Ignavi non sono accettati in Paradiso perché non hanno scelto il bene, ma non sono accettati neanche all'Inferno perché non hanno scelto neanche il male. Sono nell'Anti-inferno... in quest'ottica, loro invidierebbero qualunque altra "vita" (o destino). Almeno credo... Winston ci sarà di maggiore aiuto.

Winston_Smith 11-08-2012 08:45

Re: Il Commediaforum
 
Purtroppo non ho il tempo di rispondere in maniera esaustiva alle questioni poste, dico solo che l'interpretazione di Celestino V non è univoca, anche se è la più "gettonata" per via della contemporaneità con Dante (vidi e conobbi) e delle conseguenze che la sua rinuncia ebbe, con l'ascesa di Bonifacio. Dante invece non rifiuta la chiamata della Grazia, pur avendo paura durante il cammino, una volta assicurato da Virgilio che effettivamente lui è stato scelto a compiere quel percorso per l'amore di Beatrice e in pro del mondo che mal vive. Personalmente avrei trovato più giusta la condanna di Pilato al posto di Celestino, che in fondo non fu altro che un vaso di coccio sottoposto alle tremende pressioni dei vasi di ferro degli interessi temporali (gli Angioini a Napoli in particolare) che cercavano di condizionare la vita della Chiesa.

Detto questo, per me iniziano le ferie e vado giù nella terra natìa in vacanza. Non credo di potermi connettere, per cui il forum sarà liberato della mia presenza per un paio di settimane. Se qualcuno vorrà dare qualche altro contributo al topic, nel frattempo, è il benvenuto.
Non strappatevi troppo i capelli in mia assenza, eh :sisi:

Winston_Smith 01-09-2012 00:09

Re: Il Commediaforum
 
OK, è ora di riprendere il cammino :occhiali:

Quote:

Originariamente inviata da Viridian (Messaggio 821575)
Sono arrivato al versetto (:D) 51, continuerò a leggerla dopo.

Ci son sempre stati gli studenti che fan domande intelligenti e quelli che pongono domande idiote - quindi siete avvisati. :ridacchiare:
_

Ma no, figurati, non è questione d'intelligenza, è semplicemente che non avevo capito la domanda, e magari qualcun altro sarebbe stato in grado di fare una sintesi meglio di me.

Quote:

Originariamente inviata da Viridian (Messaggio 821575)
Ad ogni modo, mi colpisce molto il modo in cui son intesi gli ignavi e mi è venuto spontaneo un parallelo tra l'ignavia e.. il fatto di non esporsi, circa le difficoltà sociali. Si lo so, non c'entra niente con gli intenti critico-letterari ma:



..sono parole molto forti.

C'era già un topic (ormai necropostizzato) che tracciava questo parallelo. Personalmente, come già detto allora, penso che la fobia o timidezza non sia necessariamente legata all'indifferenza etica dimostrata dagli ignavi, quanto piuttosto alla lentezza nell'operare dimostrata dagi accidiosi (di cui Dante parlerà in seguito). E' vero che gli ignavi (che tra l'altro non vengono mai chiamati con questo nome, per cui alcuni critici preferiscono indicarli come pusillanimi o vili) sono affetti dalla viltà da cui Virgilio esorta Dante stesso a liberarsi all'inizio del canto e in quello precedente, però io penso che la socializzazione e il fare del bene non siano necessariamente sinonimi, o che la prima sia condizione indispensabile per il secondo (l'ascetismo contraddice un tale assunto, per dire).

Quote:

Originariamente inviata da Viridian (Messaggio 821575)
Gli angeli che non furono ribelli: sono angeli, che in quanto tali ci si sarebbe aspettato fossero fedeli a Dio.

Eppure, gli angeli son solo uno strumento concettuale per riferirsi a persone mortali. Si sta parlando delle voci di persone decedute, in particolare - non di angeli.

Che io sappia, si tratta proprio di angeli, ed è un'invenzione molto probabilmente del tutto attribuibile al Sommo (che genio :occhiali: ). In tale maniera, anche la storia biblica viene a corrispondere a quella umana, e come il Male viene creato dalla ribellione di Lucifero e degli angeli suoi seguaci, così la (non) scelta di evitare sia il bene che il male e di restare concentrati solo su sé stessi viene fatta derivare da quegli angeli che rimasero a guardare la lotta.

Quote:

Originariamente inviata da Viridian (Messaggio 821575)
Nell'epoca di Dante ci si aspettava che ogni "mortale", che ogni uomo/donna avesse una forte posizione nei riguardi della religione? Il disinteresse circa il sacro e profano era motivo d'ignavia?

L'ateismo comportava la "discesa" negli inferi?

_

Non credo che si arrivasse a concepire l'agnosticismo come forma d'ignavia, anche perché ci si può macchiare di azioni nefande o compiere gesti virtuosi pur senza porsi il problema della fede (Dante presenterà a suo tempo alcuni esempi).
L'ateismo invece, la negazione dell'immortalità dell'anima, è condannata come eresia, anzi è l'unico tipo di eresia di cui si incontreranno due esponenti (Farinata degli Uberti e Cavalcante dei Cavalcanti) nel meraviglioso X canto.

Quote:

Originariamente inviata da Viridian (Messaggio 821575)
Questo è quel che più mi spaventa.

Ravvisate invidia nell'ignavia? Il loro non potrebbe essere comunque visto come uno status super.. anzi no, "ex partibus", volendo rapportare il concetto al mondo attuale?

Non nego di aver visto anch'io in quella parole, più volte, un monito anche personale. L'invito all'impegno personale, all'esporsi con il coraggio delle proprie idee c'è tutto, ed è difficile da seguire, viste le conseguenze che se ne possono pagare.
Invidia non direi che ce ne sia, se non nel senso che la loro sorte è la peggiore o meglio la più degradante che possa toccare in assoluto, paragonabile solo forse a quella degli ultimi peccatori dell'Inferno (i traditori dei benefattori), per i quali Dante userà la stessa concisione (anzi, di più) ed eviterà qualunque incontro diretto.

Sverso 01-09-2012 00:23

Re: Il Commediaforum
 
Quote:

Originariamente inviata da Winston_Smith (Messaggio 740565)
Per venire incontro alla richiesta di Bourée, posto uno schizzo della struttura dell'Inferno, riservandomi poi di entrare maggiormente nei dettagli della concezione dantesca a suo tempo. Se qualcuno vuol far domande o discuterne già adesso, comunque, per me no problem.

http://www.gpeano.org/~ipertesti/pae...es/schema1.GIF

Solo un errore:I suicidi vanno in paradiso.




Lo dice Faber:occhiali:

Winston_Smith 01-09-2012 00:51

Re: Il Commediaforum
 
Quote:

Originariamente inviata da Bourée (Messaggio 822967)
(Ri) letto anche io... come sempre parto dai punti suggeriti da Winston.

1) l'efficacia plastica e drammatica di Dante rispetto a Virgilio, mi consenta (da leggersi alla cavalleresca maniera), è frutto anche della diversa visione che della morte e dell'al di là i due hanno maturato per cultura. Dante inevitabilmente subisce l'influenza della religione cristiana medioevale (che definì anche le arti figurative con teschi e veli della morte in ogni dove!).

Concordo anch'io, ma aggiungerei che il realismo descrittivo di Dante è peculiare anche rispetto alla sua epoca e alle precedenti "visioni" dell'oltretomba, che risultavano nettamente più ingenue e che comunque facevano prevalere le esigenze teologiche ed edificanti su quelle poetiche e figurative.

Quote:

Originariamente inviata da Bourée (Messaggio 822967)
2) Questo è un punto, a mio avviso, davvero molto interessante... il buon Dante nel canto precedente confessa i propri timori dichiarando addirittura di voler rinunciare. Virgilio, quindi, lo mette al corrente dell'intervento di tre donne a suo favore. Ora, mi chiedo, se non vi fosse stato intervento divino, Dante, sponte sua, avrebbe peccato di gran viltade anche egli, no? Il discorso è molto più amplio e sconfina, ahimé, nel solito problema aperto (almeno per me è tale) del libero arbritrio e la volontà divina (provvidenza, fato, destino). Poveri ignavi, insomma... giudicati così severamente da colui che poco prima rischiava di esserlo egli stesso, ignavo.

E' vero che Dante viene spronato da Virgilio a non lasciarsi fermare dalla viltade (la stessa parola usata a proposito del gran rifiuto), come un cavallo quando crede di vedere un'ombra, e senz'altro il contrasto con la rappresentazione degli ignavi e con il concetto di magnanimità che verrà attribiuta a Virgilio e agli altri spiriti magni del Limbo è voluto. C'è però da dire che il viaggio di Dante è anche una presa di coscienza dei propri limiti e dei propri errori, la catarsi riguarda tutta l'umanità ma lui per primo. I personaggi più importanti del poema potranno essere visti, oltre che nella loro individualità, anche come aspetti della personalità di Dante, quasi dei suoi alter ego da cui egli si distacca man mano, prendendo coscienza di quanto di errato c'è stato nel loro e nel suo operare. E per intraprendere il viaggio il primo ostacolo da lasciarsi alle spalle, ancora prima dei peccati e delle cattive inclinazioni, è proprio la viltade (dalla quale in verità Dante in vita non dovette faticare a liberarsi, visto il suo percorso personale).
L'appoggio celeste al suo viaggio serve più che altro a giustificarlo, per come la vedo io, perché oltre al peccato di viltade c'è anche quello di follia, intesa come arrogante presunzione nei propri mezzi (quella di cui si macchiò Ulisse con il suo folle volo, che tentò di compiere lo stesso viaggio del Sommo, ma non con le stesse finalità e senza accettare umilmente di farsi strumento della volontà divina). Il coraggio di Dante sta proprio nell'accettare quest'atto d'amore incondizionato di Dio (tramite le tre donne benedette), indipendentemente da quanto lui stesso o altri si reputi degno di ciò (me degno a ciò né io né altri crede).

Quote:

Originariamente inviata da Bourée (Messaggio 822967)
Contributo personale (in parte in risposta ad alcuni punti sollevati da Viridian).

Contestualizzando storicamente Dante, verrebbe da pensare che la critica agli ignavi, a coloro che non hanno scelto in vita fra Bene e Male risultando così "non vivi", non sia solo strettamente religiosa, ma anche politica (riferendomi agli scontri tra le due fazioni guelfe e ghibelline in relazione ai quali Dante scelse, pagando tutte le conseguenze che una scelta inevitabilmente comporta). Dal punto di vista religioso, il tema della Scelta è di particolare interesse e ritorna in diversi filosofi in diverse epoche storiche (si pensi alla vita come scommessa di Pascal o Kierkegaard). Per la Chiesa cattolica credo sia ineluttabile che essa venga compiuta (in particolare durante il medioevo quando i dettami religiosi investivano in toto il vissuto) e, in fondo, concordo con ciò (potrà essere una scelta più o meno cosciente, ma credo che alla fine la si faccia).

Concordo sulla motivazione politica, tanto più che, se ben ricordo, alcuni suggerivano che negli ignavi venissero rappresentati anche alcuni dei fiorentini che assistettero al colpo di mano dei Neri e all'esilio di Dante e di altri senza muovere un dito (Poscia che v'ebbi alcun riconosciuto). Come ho già detto, l'epoca difficilmente concepiva un non schierarsi, un non essere irreggimentati in qualche categoria o gruppo etnico-cittadino-religioso, per cui si può anche dire che la nullificazione degli ignavi nell'aldilà rispecchia la loro non-esistenza nel mondo terreno.

Quote:

Originariamente inviata da Bourée (Messaggio 822967)
Messer Winston, ma come? non mi fa nessun riferimento al contrappasso?? il primo canto in cui viene presentato! Correre dietro una bandiera bianca, senza schieramenti per l'eternità coperti di mosche che lacerano le carni (degradante, no?). Quella del contrappasso è la cosa più innovativa e creativa della Commedia, per me!

Pensavo fosse un tema fin troppo noto.
Anche l'invenzione del contrappasso fa parte, a mio parere, dell'esigenza di realismo che Dante tenta di soddisfare per rendere più "vero" il proprio racconto.
In questo caso l'insegna anonima rappresenta un qualsiasi ideale che i vili sono costretti a seguire, mentre lacrime e sangue che mai spesero in vita a lottare per un nobile fine, sono ora pasto di immondi vermi e gli stimoli ad agire che mai sentirono sono ora provvisti da mosche e vespe. Il contrappasso è del tipo per contrasto (rappresentazione iperbolica del comportamento contrario al peccat punito), alternativo a quello per analogia (ripetizione di un comportamento simile a quello tenuto in vita).
Anche dal tipo di pena, a me sembra che l'ignavia sia piuttosto una forma di egoismo, di eccessivo risparmio di sé stessi di fronte alle questioni della vita (soprattutto morali), certo dettato anche da una forma di paura delle conseguenze e da una considerazione eccessivamente modesta di sé stessi (da qui la possibile interpretazione di viltà o pusillanimità... e di fobia/scarsa autostima proposta da Viridian).

Quote:

Originariamente inviata da Bourée (Messaggio 822979)
C'è invidia nel senso che gli Ignavi non sono accettati in Paradiso perché non hanno scelto il bene, ma non sono accettati neanche all'Inferno perché non hanno scelto neanche il male. Sono nell'Anti-inferno... in quest'ottica, loro invidierebbero qualunque altra "vita" (o destino). Almeno credo... Winston ci sarà di maggiore aiuto.

Anche i dannati, seppure nel male, si possono considerare uomini "veri", che in qualche modo hanno vissuto e che per certi aspetti della loro personalità si sono dimostrate anche persone apprezzabili, anzi da ammirare (c'è più di un esempio in questo senso, si pensi solo al maestro di Dante, Brunetto Latini).
Invece i pusillanimi non hanno davvero vissuto, perché vivere per l'uomo è lasciare traccia del suo passaggio, è usare le prerogative che la Provvidenza gli ha donato per influire attivamente nella realtà (in un senso o nell'altro). Gli ignavi hanno semplicemente vegetato, non agito. Le loro energie sono state spese unicamente per la prosecuzione della loro vita materiale e il loro sostentamento, nulla più. Per loro contava solo la propria persona (fisica, non morale), e in questo senso per sé fuoro. Ora invece seguono quanto di più astratto e impersonale vi possa essere (un'insegna anonima) e sostentano le forme più umili e degradate di vita. Il barlume di coscienza che resta loro fa capire lo scarto tragico tra questa condizione e quella di tutti gli altri, e scattare il rimpianto di non aver saputo cambiarla (rimpianto che i dannati riservano invece in genere alla vita terrena, o alla morte, all'annullamento definitivo dell'anima come fine delle sofferenze: ma nessuno di loro desidererebbe di aver vissuto, seppure sanz'infamia, come gli ignavi).

Winston_Smith 01-09-2012 00:53

Re: Il Commediaforum
 
Quote:

Originariamente inviata da Sverso (Messaggio 844778)
Solo un errore:I suicidi vanno in paradiso.

Lo dice Faber:occhiali:

Ci sono comunque 7 secoli di differenza, eh :occhiali:

Comunque non è la categoria di dannati che Dante guarda con occhio più spietato, tutt'altro. A due di loro dedica un canto strappalacrime, il bellissimo XIII.

Winston_Smith 01-09-2012 01:49

Re: Il Commediaforum
 
Quote:

Originariamente inviata da Viridian (Messaggio 823720)
Dubbio1:



"Misericordia e giustizia": perché è utilizzata la forma "(egli) li sdegna (3a persone singolare)..?

E' sottinteso Dio? E' una forma retorica?


_

Che io sappia, si tratta semplicemente di una concordanza con l'ultimo soggetto, di cui mi pare vi siano altri esempi in Dante. Forse si può immaginare un'identificazione talmente spinta tra i due attributi divini da farli coincidere in una cosa sola, ma non la vedo come una spiegazione necessaria.

Quote:

Originariamente inviata da Viridian (Messaggio 823720)
Dubbio2: c'è una simbologia particolare che giustifichi l'immaginario delle punture di vespa/mosconi, per gli ignavi? I vermi che strisciano in qualche modo parlano da soli, ma le vespe proprio non le ho capite.

L'insegna che gira di continuo è parimenti forte, sembra proprio richiamare alla mente l'idea di un'incapacità decisionale.

_

Le vespe personalmente le vedo, come ho detto prima, alla stregua di stimoli che furono assenti nella vita degli ignavi o da cui essi si guardarono bene dal farsi motivare all'azione.
Interessante l'interpretazione dell'incapacità decisionale, anche se personalmente ritengo che gli ignavi non fossero tanto paralizzati dal dubbio, quanto decisi a... non decidere per preservare il loro tranquillo status quo.
Il girare in continuo assume anche la funzione di costringere gli ignavi a un'attività perenne, al contrario di quanto fecero in vita.


Quote:

Originariamente inviata da Viridian (Messaggio 823720)
Dubbio2 bis (come quello di prima):



Qui è ripreso il problema precedente di cui parlavo: l'ignavia è veramente sinonimo di non-vita?

La vita è dunque vista come un percorso fatto di scelte. E la scelta di non aderire a nessuna delle due fazioni di un ipotetico schieramento bipolare (non parlo necessariamente di politica) dunque è "peccato"?

Addirittura una versione in parafrasi che consulto per mia sicurezza, dice:



Sarà forse troppo libera come 'traduzione' o era proprio quel che intendeva Dante? In questo caso, la fobia s'inserirebbe proprio bene. :|

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Credo che "personalità" non vada intesa nel senso moderno del termine. Non credo che Dante volesse fare troppa psicologia, specie in questo canto dove predominano i grandi gruppi di anime sui singoli individui (Caronte a parte).
Come ho detto prima, la peculiarità dell'uomo, di ogni uomo, è per Dante l'agire in un modo o nell'altro nella realtà che lo circonda: questo può essere inteso come il modo per esplicare la propria "personalità". Ma un termine come la fobia sociale non impedisce necessariamente l'agire.

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Originariamente inviata da Viridian (Messaggio 823720)
Dubbio3:



..Una cosa che mi son sempre chiesto. Questa frase mi è sempre piaciuta, addirittura è stata riciclata nel doppiaggio dei Cavalieri dello Zodiaco, ha una risonanza molto potente.

Però mi chiedo: aldilà del fatto che la Divina Commedia l'avesse fatta Dante (quindi più "potestate" di quella :D dell'autore che giostra il suo scritto, di sicuro non c'è) - c'è un motivo particolare per cui questo viaggio sia giustificato, permesso e voluto (vuolsi) dall'Empireo?

Dico, una motivazione che sia in conformità con la trama dell'opera.

Probabilmente dovrei saperlo prima ancora di leggere :D ma non mi ricordo, e lo chiedo a voi.


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Come ho detto prima, il motivo non sembra risiedere in particolari meriti di Dante (che nega esplicitamente di averne e non fa sì che Virgilio gliene indichi alcuno). Egli è un uomo come tutti gli altri, che si fa partecipe del dolore e della speranza di riscatto dell'intera umanità e che accetta liberamente la "missione" che dall'alto gli viene affidata, conscio della sua importanza e umile nell'accettare che la direzione viene dal cielo (più avanti dirà Da me stesso non vegno). L'intervento delle tre donne benedette, attraverso le quali si esplica l'impulso divino, è "gratuito" e dettato da carità e amore cristiano, seppure in Beatrice ci possa essere un residuo di quello terreno (Amor mi mosse, che mi fa parlare). Si potrebbe dire che le motivazioni siano le stesse che portarono all'incarnazione di Cristo, e del resto l'intervento divino in favore dell'umanità non può che rivelarsi un gesto d'amore puro.

Quote:

Originariamente inviata da Viridian (Messaggio 823720)
Mi son fermato al 111. Alla prossima. :D

Facci sapere, prima che passiamo al IV canto :mrgreen:


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