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FabioLeonardo 11-02-2012 13:27

Accettazione...ma fino a che punto?
 
Premetto che da tempo assumo un farmaco, la paroxetina, che aumenta il tono dell'umore e mi invoglia a fare cose che non farei di solito, socializzare di piu, esserer piu euforico, ecc...
Ultimamente, forse per una resistenza nel tempo, stà diminuendo il suo effetto e stò cominciando a pernsare ad una cosa: accettare il fatto di essere sociofobico e comportarmi come tale?

Perchè questa domanda...stò ripensando a quando la paroxetina faceva il suo normale effetto rendendomi euforico e mi stò rendendo conto che, visto che per tanti anni mi sono abituato a vivere così, e oggi sono 22, all'inverso non sono abituato ad essere socialmente così attivo, anche perchè in certe situazioni non saprei come comportarmi.

Ad esempio se volessi chiedere ad una ragazza di uscire insieme o fare lo stupido e il clown in gruppo, perchè da li possono anche scaturirne delle figure di... che poi peggiorerebbero il mio umore e magari portarmi a pensare che tutto ciò non è servito e non servirà mai a nulla.

E' un po come se vivessi una vita che non mi appartiene, per citare una bella frase di un film che adoro: "Io resto sulla nave. Il mondo li fuori è una tastiera troppo grande per me, è una musica che non sò suonare". (La Leggenda del Pianista sull'Oceano)

Quindi sarebbe meglio essere così come sono provando di tanto in tanto qualche piccolo passo avanti (visto anche che la fase ultima della risoluzione dei grossi problemi è spesso l'accettazione della condizione stessa), o è troppo sbagliato questo modo di pensarla? :interrogativo:

Novak 11-02-2012 13:32

Re: Accettazione...ma fino a che punto?
 
Per quanto mi riguarda, il tentare di stravolgere il mio modo di essere da un giorno all'altro ha sempre dato risultati negativi, tentare di comportarsi come chi non si è solo perchè ci si sente sbagliati rispetto al mondo esterno non m'ha aiutato. Quindi accetto me stesso e la mia introversione di fondo, e provo costantemente a progredire a piccoli passi.

maury25 11-02-2012 13:54

Re: Accettazione...ma fino a che punto?
 
Quote:

Originariamente inviata da FabioLeonardo (Messaggio 691515)
Quindi sarebbe meglio essere così come sono provando di tanto in tanto qualche piccolo passo avanti (visto anche che la fase ultima della risoluzione dei grossi problemi è spesso l'accettazione della condizione stessa), o è troppo sbagliato questo modo di pensarla? :interrogativo:

No, secondo me è più giusto di quanto immagini.

Nick 11-02-2012 14:45

Re: Accettazione...ma fino a che punto?
 
L'euforia non è mai una condizione positiva per un depresso, preannuncia una caduta. Il farmaco dovrebbe dare equilibrio, non euforia. E i cambiamenti nel carattere dovrebbero essere graduali.

Inosservato 11-02-2012 14:46

Re: Accettazione...ma fino a che punto?
 
ma l'accettazione c'è se tu sei veramente così....

esempio, ti piacerebbe andare a ballare in disco il sabato sera?
allora cosa vuoi accettare, prova a realizzare quello che vuoi essere :bene:

ma se vorresti andare in disco, perchè ciò che ti da fastidio è essere diverso dagli altri allora non ci siamo....è lì che bisogna lavorare per accettarsi così come si è...

FabioLeonardo 11-02-2012 15:24

Re: Accettazione...ma fino a che punto?
 
Quote:

Originariamente inviata da Inosservato (Messaggio 691563)
ma l'accettazione c'è se tu sei veramente così....

esempio, ti piacerebbe andare a ballare in disco il sabato sera?
allora cosa vuoi accettare, prova a realizzare quello che vuoi essere :bene:

ma se vorresti andare in disco, perchè ciò che ti da fastidio è essere diverso dagli altri allora non ci siamo....è lì che bisogna lavorare per accettarsi così come si è...

No, odio assolutamente andare in disco:male:
Quello che vorrei capire è se è essere quello che sono, comprendendo la forte parte introversa, sia non giusto, ma "salutare" anche per quel che riguarda l'aspetto sociale e ad essere sincero, ho anche un pò il timore di estranearmi anche dai miei stessi amici (che già sono pochi).

Kitsune 11-02-2012 16:31

Re: Accettazione...ma fino a che punto?
 
Quote:

Originariamente inviata da FabioLeonardo (Messaggio 691515)
accettare il fatto di essere sociofobico e comportarmi come tale?

Sì se non desideri essere normale, sì se la tua condizione non ti fa soffrire.

barclay 11-02-2012 18:02

Re: Accettazione...ma fino a che punto?
 
Quote:

Originariamente inviata da FabioLeonardo (Messaggio 691515)
Ultimamente, forse per una resistenza nel tempo, stà diminuendo il suo effetto e stò cominciando a pernsare ad una cosa: accettare il fatto di essere sociofobico e comportarmi come tale?

La situazione m'è familiare: all'inizio ci si sente meglio perché spariscono le somatizzazioni e l'ansia si attenua fortemente, ma quello che i farmaci non fanno è farti vedere le cose in modo diverso, per quest'ultimo problema ci vuole la psicoterapia ed i risultati non sono immediati.

FabioLeonardo 11-02-2012 19:12

Re: Accettazione...ma fino a che punto?
 
Quote:

Originariamente inviata da Kitsune (Messaggio 691598)
Sì se non desideri essere normale, sì se la tua condizione non ti fa soffrire.

E invece ho desiderato tante volte essere normale, ed altrettante volte la mia condizione mi ha fatto soffrire...lo vedo un bel dilemma :(

Quote:

Originariamente inviata da barclay (Messaggio 691661)
La situazione m'è familiare: all'inizio ci si sente meglio perché spariscono le somatizzazioni e l'ansia si attenua fortemente, ma quello che i farmaci non fanno è farti vedere le cose in modo diverso, per quest'ultimo problema ci vuole la psicoterapia ed i risultati non sono immediati.

A dirla tutta, sono andato da uno psicologo il mese scorso (e non mi sembrava molto attento al problama, forse perchè gli spiegavo più io di cos'è la sociofobia di lui che non rispondeva molto) il quale mi ha dato il numero di una terapeuta, ma non so sinceramente quanto e in che modo possa aiutare, inoltre mi pongo pure il problema di come affrontare la cosa con la mia famiglia...:testata:

Marco Russo 13-02-2012 17:26

Re: Accettazione...ma fino a che punto?
 
Quote:

Originariamente inviata da FabioLeonardo (Messaggio 691515)
Premetto che da tempo assumo un farmaco, la paroxetina, che aumenta il tono dell'umore e mi invoglia a fare cose che non farei di solito, socializzare di piu, esserer piu euforico, ecc...
Ultimamente, forse per una resistenza nel tempo, stà diminuendo il suo effetto e stò cominciando a pernsare ad una cosa: accettare il fatto di essere sociofobico e comportarmi come tale?

Perchè questa domanda...stò ripensando a quando la paroxetina faceva il suo normale effetto rendendomi euforico e mi stò rendendo conto che, visto che per tanti anni mi sono abituato a vivere così, e oggi sono 22, all'inverso non sono abituato ad essere socialmente così attivo, anche perchè in certe situazioni non saprei come comportarmi.

Ad esempio se volessi chiedere ad una ragazza di uscire insieme o fare lo stupido e il clown in gruppo, perchè da li possono anche scaturirne delle figure di... che poi peggiorerebbero il mio umore e magari portarmi a pensare che tutto ciò non è servito e non servirà mai a nulla.

E' un po come se vivessi una vita che non mi appartiene, per citare una bella frase di un film che adoro: "Io resto sulla nave. Il mondo li fuori è una tastiera troppo grande per me, è una musica che non sò suonare". (La Leggenda del Pianista sull'Oceano)

Quindi sarebbe meglio essere così come sono provando di tanto in tanto qualche piccolo passo avanti (visto anche che la fase ultima della risoluzione dei grossi problemi è spesso l'accettazione della condizione stessa), o è troppo sbagliato questo modo di pensarla? :interrogativo:

i farmaci servono per darti la forza di fare delle cose, ma se poi non fai niente ti abitui ai farmaci e sei punt'accapo.
Devi cambiare il tuo modo di pensare, radicalmente, o lo fai da solo oppure meglio ti fai aiutare da qualche specialista.
Secondo la mia misera esperienza, devi riuscire a impadronirti degli "strumenti sociali" di cui finora sei stato privato, quali la capacità di leggere il linguaggio del corpo e di relazionarti agli altri, e secondo me l'unico modo è buttarti nella mischia ed accettare che le "figure di merda" fanno parte del gioco (anche io mi facevo paranoie, poi ho visto come gli estroversi gestiscono queste situazioni e voglio imparare da loro), che non ti rendono una "persona di merda", anzi fanno parte della tua peculiarità e del tuo essere unico, e che non devi permettere a nessuno di farti influenzare dal suo giudizio su eventuali figure di merda, le persone insicure spesso attaccano altre persone scegliendole tra quelle che ritengono"deboli", il tutto allo scopo di farsi forza, sicché per neautralizzare questi attacchi ho visto sulla mia pelle che è necessario essere totalemente immuni a certi attacchi: chi sono gli altri per giudicarti?

FabioLeonardo 13-02-2012 20:05

Re: Accettazione...ma fino a che punto?
 
Marco hai ragione, però l'essere troppo estroverso è qualcosa che non mi sento di fare. Quindi mi sto abituando all'idea di essere così, fin quando va bene...

Marco Russo 13-02-2012 22:25

Re: Accettazione...ma fino a che punto?
 
Quote:

Originariamente inviata da FabioLeonardo (Messaggio 693050)
Marco hai ragione, però l'essere troppo estroverso è qualcosa che non mi sento di fare. Quindi mi sto abituando all'idea di essere così, fin quando va bene...


E' utile cambiare se il cambiamento ti porta a star bene, l'essere troppo introversi sicuramente è una condizione che crea disagio e problemi alla maggior parte delle persone, ma al di là dei casi estremi le differenze tra persone e persone sono le cose che ci rendono unici e pertanto speciali. Quindi accettarsi è altrettanto importante che non accettarsi.

io ho sempre creduto molto nel potere del cambiamento (ho passato gli ultimi 6 anni a credere di potermi aiutare da solo semplicemente con la forza di volontà e l'autoimposizione di attività!), tuttavia l'ultimo colloquio psicologico, pochi giorni fa, mi ha messo un tarlo sul fatto che questo mi porta a sovra-analizzarmi e sovra-criticarmi, per questo il tuo thread sull'accettazione mi ha accattivato tanto: mi ha toccato un nervo scoperto. Io ad esempio non riesco proprio ad accettarmi, e probabilmente prima di quel colloquio avrei consigliato anche a te di darci dentro e tener duro, che prima o poi ti saresti acclimatato alle nuove circostanze.
Mentre adesso non ho più quella sicurezza. Mi sa che l'unica è consultare una persona affidabile che ti conosca, e che ti sappia dare un feedback oggettivo a riguardo. Magari un professionista del settore, se sei in terapia o intendi andarci.
In bocca al lupo quindi :)

Rocky Balboa 14-02-2012 12:50

Re: Accettazione...ma fino a che punto?
 
Quote:

Originariamente inviata da FabioLeonardo (Messaggio 691515)
E' un po come se vivessi una vita che non mi appartiene, per citare una bella frase di un film che adoro: "Io resto sulla nave. Il mondo li fuori è una tastiera troppo grande per me, è una musica che non sò suonare". (La Leggenda del Pianista sull'Oceano)

Quindi sarebbe meglio essere così come sono provando di tanto in tanto qualche piccolo passo avanti (visto anche che la fase ultima della risoluzione dei grossi problemi è spesso l'accettazione della condizione stessa), o è troppo sbagliato questo modo di pensarla? :interrogativo:

Anch'io adoro quel film, e mi ci ritrovo tanto in quella frase...
per quanto mi riguarda ormai sono anni che mi sono accettato con tutti i miei limiti, a molte cose dovrò rinunciare, per altre dovrò fare i salti mortali... insomma è cosi che sono, non cerco più di indossare alcuna maschera per essere accettato, mi va bene cosi...
e poi francamente... ho fin troppi problemi per cercare di essere quel che non sono.

FabioLeonardo 14-02-2012 20:06

Re: Accettazione...ma fino a che punto?
 
In effetti non devo pensare troppo al giudizio degli altri. E visto che voglio cambiare questo mio essere così perchè sono convinto che specie agli altri non vada bene...accettare come sono può anche voler dire essere me stesso senza il preoccuparsi delle critiche, e soprattutto fare di più ciò che mi passa per la testa anche se possa sembrare strano o inadatto...(stò cominciando a mettere in pratica questo pensiero)


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