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Domanda farlocca per gente bislacca che di infelicità trabocca
bla bla bla
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Re: Domanda farlocca per gente bislacca che di infelicità trabocca
La risposta alla tua domanda farlocca per gente bislacca che di infelicità trabocca...sta nella gnocca!
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Re: Domanda farlocca per gente bislacca che di infelicità trabocca
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Re: Domanda farlocca per gente bislacca che di infelicità trabocca
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Detto questo, uno può, volendo, cercare di dare un senso al momento presente stabilendosi degli obbiettivi da raggiungere di volta in volta, e un codice etico attraverso cui interpretare la propria realtà. E no, niente di quel che ho detto ha un fondamento nella vita di tutti i giorni, perciò ignoratelo. |
Re: Domanda farlocca per gente bislacca che di infelicità trabocca
In ogni caso... quello che mi viene in mente lo scrivo di getto:
- amore assoluto incondizionato non selettivo - non fare danni a niente - aiutare tutti - io cesso di esistere completamente, il corpo funziona da solo, resta intelligente in maniera uguale - la felicità non è condizionata Per me soffrire vuol dire desiderare qualcosa, che non è a portata immediata o anche non è proprio a portata. I desideri per me sono delle funzioni della mente, che permettono di ricercare omeostasi, e che comandano al sistema di impossessarsi del loro contenuto, e così di estinguerli. Per me i desideri sorgono per essere estinti. Senso e scopo li uso come sinonimi. Scopo è un desiderio a portata tutt'altro che immediata... la sua natura è quella di comandare al corpo di estinguerlo. Il senso della vita per me è smettere di soffrire. Ma non ci faccio caso, anche il senso della vita è un pensiero transitorio... va viene, ritorna... il problema è quello, non quello che dice... è come fa soffrire. |
Re: Domanda farlocca per gente bislacca che di infelicità trabocca
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se la metti così, il senso sta nei figli. |
Re: Domanda farlocca per gente bislacca che di infelicità trabocca
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Re: Domanda farlocca per gente bislacca che di infelicità trabocca
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No, il mio punto di vista è semplicemente questo: non esiste un senso universale, e forse neanche uno individuale, della vita. Alla fine, l'unica cosa che conta è plasmare attivamente la materia prima a disposizione: scegliere cosa fare del proprio tempo, delle proprie risorse, avendo la consapevolezza che 1) alla fine del viaggio non ci avremo guadagnato chissacchè, e 2) le stronzate che facciamo- e che a me, almeno, sembrano destinate a tormentarmi per il resto della vita- così come le cose migliori, dureranno solo il tempo che qualcuno le ricorderà, perciò- in mia, solo mia, opinione- bisognerebbe darsi una ridimensionata, accettare che siamo gli unici fautori del nostro cammino con tutti gli annessi e connessi, e non preoccuparci del senso della vita, perchè è la cosa più soggettiva che ci sia. Poi, ovviamente, ognuno la deve vivere a modo suo. |
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