Insider, è molto interessante quello che dici,riguardo al non prendere farmaci, e a lottare con le proprie forze contro le paure, e ti dirò che con questo metodo ho ottenuto buoni risultati...
questo bel metodo però costa molta autoanalisi,analisi che si è portati a fare di solito prima di dormire,dove la mente libera è in grado di analizzare al meglio i propri bisogni e comportamenti(con conseguenti perdite di ore e ore di sonno).. inoltre bisogna durante la giornata ricordare le soluzioni pensate la notte e con un forte autocontrollo applicarle.. ti dirò che ho avuto un periodo che non sembravo neanche me stesso. ero riuscito a crearmi la personalità che avevo deciso io! Concludendo ti diro che il metodo è presto dimenticato e che come in un brutto sogno piano piano riaffiora il tuo vero carattere, quello maturato con gli anni! cosa fare? ricomiciare ad analizzarsi e ad autocontrollarsi (con conseguenti perdite di energie) o prendere mezza pastiglia di rivotril al bisogno? scusate gli eventuali errori ma mi accingo a andare a letto..un saluto.. PS ci sara un altro incontro a milano? sapete le giornate belle fanno crescere la voglia di uscire, e andaer con amici che fumano e bevono per un SF come mè è un po difficile.mi piacerebbe organizzare con voi.. |
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Riguardo alla psicoanalisi (che non è una psicoterapia) e alla psicoterapia ho detto in effetti delle inesattezze. Mi sono allora un po' documentato per capirci qualcosa. Sarebbe troppo lungo spiegare perché sostengo l'approccio di tipo psicoanalitico rispetto a quello psicoterapico. Mi limito ad osservare che è forse la psicoanalisi ad essere più onesta rispetto alla psicoterapia in quanto non ha la pretesa di “curare” una persona, ma solo di portare a livello conscio i conflitti inconsci lasciando al paziente trovare le soluzioni più adatte per se stesso. La psicoanalisi non fornisce soluzioni pronte all'uso come la psicoterapia, ma si limita a fare “chiarezza” sulle questioni poste dal paziente. Quello che comunque mi premeva Carota, era sottoporti questo rilievo critico sulla terapia razionale emotiva che citi spesso. Qui lo riporto:
---------------------- Il modello cognitivo della terapia In questo modello è dato rilievo non a ciò che sentiamo, ma a ciò che pensiamo ed a come lo pensiamo. Per questo le terapie modellate sul cognitivismo tendono ad occuparsi più del processo cognitivo che ha portato a pensare a certe cose che ai sintomi del disturbo psichico (in questo senso ha ragione carota nel dire che non è sintomatica) I due modelli prevalenti sono stati elaborati da A. Ellis e da Aaron Beck. Secondo Ellis i comportamenti anormali sono dovuti a pensieri e principi irrazionali che si sono insinuati nella mente del paziente nel corso del tempo. La terapia dunque consiste nel mettere in chiaro la falsità delle convinzioni irrazionali, le quali generano ansia e nevrosi di per sè. Secondo lo stesso Ellis alcune delle false credenze più comuni sono: 1) devo essere amato o approvato da ogni persona importante attorno a me. 2) devo essere competente, essere all'altezza della situazione o non mi posso considerare degno di stima 3) Alcuni individui sono infami, malvagi, devono essere puniti o penalizzati per questo 4)Se le cose non vanno come desidero è una catastrofe. Come si vede già da questa impostazione, siamo tra banalità, buon senso ed ambiguità. Infatti, solo considerando l'ultima delle cosiddette "false credenze", è ovvio che se le cose non vanno come desidero, questa non è una catastrofe se, e solo se, l'operazione riesce e un mio parente sopravvive e poi guarisce; se, e solo se, la donna più bella ed intelligente che ho conosciuto corrisponde il mio amore; se, e solo se, riesco finalmente a trovare un lavoro che mi consente un reddito sufficiente a mantenere la famiglia ecc... Diversamente non è una catastrofe se non ho ragione su qualcosa, non è una catastrofe se scopro di aver sbagliato e mi correggo, non è una catastrofe se mi rubano la macchina, o se la mia squadra preferita, la Fiorentina, perde una partita o va in serie B. Il problema di questa teoria cognitiva è che distanzia troppo la sfera emotiva e quella razionale, pur definendosi come terapia razionale-emotiva. Taluni attaccamenti emotivi non sono affatto frutto di un investimento, come se si giocasse in borsa. Vengono di natura. Nessuno di noi ha investito su suo padre, o su sua madre, o sui suoi fratelli. Ce li siamo trovati, ed è razionale questo legame emotivo. Ma altrettanto razionale sarebbe una rottura dovuta ad esempio al fatto che i genitori non approvano il nostro legame affettivo, dovuto sì ad un investimento, con una donna di ambiente diverso, di differente cultura, e ciò nonostante di comprovata moralità. Come si vede il terreno scelto da Ellis è sdrucciolo e si presta a diverse considerazioni. Egli mette in rilievo il ruolo determinante della tolleranza e giustamente afferma che un "fallimento" in qualcosa non è un fallimento totale. Ma se la somma di tutti i fallimenti della nostra vita è il risultato di aspettive esagerate, Ellis avrebbe ragione; viceversa avremmo più di un motivo di essere incazzati e questo non sempre è dovuto ad una sorta di autoinganno. Un'altra caratteristica peculiare del metodo Ellis è l'interventismo del terapeuta, il quale non ce le manda a dire, ma mette direttamente in discussione tutto ciò che gli sembra irrazionale. E' l'esatto opposto dell'approccio di Rogers, ma anche il contrario di tutti i principi psicoanalitici. Per di più non contiene nemmeno alcuna forma di suggestione pseudoipnotica; è critica e polemica allo stato puro. Chi scrive apprezza questa franchezza, ma dubita che essa serva realmente con individui che sono "molto irrazionali". Il giudizio si basa in questo caso sull'esperienza diretta e sul fatto che anche le persone che hanno l'acqua alla gola, che soffrono di fobie incredibili e che vivono in angoscia permanente, rifiutano spesso e volentieri di ragionare e sono ostili a qualsiasi dialogo che metta in forse le loro più radicate credenze e gli oggetti della loro ammirazione. La verità, purtroppo, è che le persone, più sono ignoranti e più sono convinte di non esserlo; più sono ignoranti, più sono portate ad un rapporto di adorazione nei confronti di qualche figura paranoica e maniacale che esprima in slogan e luoghi comuni supposte "profonde verità (si riferirà al berlusca? :P )". ---------------------------------- Cosa ne pensi? ciao insider |
Penso che adesso me ne vado in palestra, grazie anche ad Ellis, (più però ai comportamentisti d'assalto Beidel e Turner), ed avrò meno ansia dell'altra volta, mentre se continuavo ad andare in analisi non credo. :D
Ti rispondo più tardi con calma. Carota |
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Homer parlava di cause,rimedi.Io posso parlare solo delle prime.
Nella mia esperienza gli elementi fondamentali sono: -l'infanzia:Quando ero piccolo avevo un'allergia e sentivo dolore e sofferenza e non capivo da dove veniva, quindi questo aspetto di ipereattività e paura di essere sempre attaccato potrebbe essersi evoluto anche da li'.Inoltre ho avuto una madre troppo protettiva che mi reprimeva un po, mi ha fatto diventare quel timido esagerato non reattivo che non si sa difendere etc.. -la famiglia: La situazione familiare èimportantissima.Alle elementari non parlavo mai con i miei compagni.alle medie mi sono messo d'impegno e il primo anno avevo addirittura tre amici, un po simili a me ma ci parlavo e qualche volta mi vedevo.Non avevo fobie il primo anno, guardavo negli occhi e non ero visto come diverso.Quando i miei si sono separati,a 13 anni, ho avuto un mega-trauma e mi sono isolato da tutta la classe, ho perso quei tre amici, trauma che ancora oggi mi porterò dietro e che mi ha condizionato.Se non ci fosse stato forse ripeto forse oggi sarei un pochino diverso. -l'esperienza presente:Fino ad due anni fa io riuscivo a camminare per strada e a guardare la gente negli occhi senza troppi problemi.Nemmeno ci facevo caso.E camminavo decentemente.Due anni fa però i miei carissimi compagni di classe hanno cominciato a sparlare, a trattarmi male, a far girare voci su di me, e si sono inseriti anche dei bullacci che hanno approfittato della situazione e mi hanno preso di mira.Ancora oggi non me li sono tolti di mezzo.Il fatto di essere sempre messo in mezzo e deriso, essere preso per i fondelli da più persone contemporaneamente e ripetutamente (sono arrivati a rovinarmi una gita di tanti giorni) mi ha provocato un trauma che si è aggiunto a quelli precedenti.Ora sono peggio di prima nell'ordine 5:10, ho più problemi nel camminare e non riesco a guardare negli occhi nessuna persona, nemmeno i familiari non stretti.Quindi anche quello che succede nel presente è una causa del mio male.So anche di altri ragazzi che hanno questo trattamento, che non migliora la loro fobia ma le da benzina. Inoltre vado da un psico. ma non riesco a capire come parlare possa aiutarmi, ho capito più o meno le cause, ma la fobia è troppo radicata. ciao gogi |
Io ho avuto dei genitori in apparenza libertari,ma in realtà molto oppressivi,ke mi hanno fatto un continuo lavaggio del cervello pretendendo di sapere cosa fosse meglio x me.
Sono cresciuto con il tabù della solitudine e solo a 21 anni ho capito ke è meglio stare soli ke frequentare gente con cui non hai in comune nulla. stare in mezzo agli altri non è un obbligo,è una scelta.Se ti forzi a frequentare gente ke non ti piace la fs non può ke peggiorare xkè si rafforza lo skema altri=ostili paradossalmente la loro fissazione x uscire a tutti i costi ha peggiorato la mia fs.ora molte cose sono cambiate,questa consapevolezza mi ha spinto ad essere meno finto con gli altri,a dire quello ke penso anke se è impopolare e a rispondere,anke se in ritardo, a certe violenze. restano altrre difficoltà,soprattutto con le ragazze resto una frana,ma in questo sono rassegnato.è grave essere rassegnati a 25 anni?probabilmente sì,ma se un problema non lo vivi come tale non è un problema. |
ti capisco
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Il fatto di accettarsi credo sia in se' e per se' molto positivo...per me significa pero' + che altro non colpevolizzarsi in alcun modo della propria situazione; ritengo che l'accettarsi diventi invece deleterio quando si trosforma in una rinuncia ad affrontare fattivamente il problema (e ancor prima a riconoscere quest'ultimo come tale; eppure di problema si tratta, se in qualche modo fa soffrire), seguendo la via che si ritiene migliore.
ciao nature70 |
Salve a tutti,
Francesco non sei solo! ormai mi manca un solo anno di liceo, ma non ho mai parlato con nessuno degli individui della mia classe sin dalle medie, e non ho mai avuto un'amico.Oggi parlo solo con uno (timido ma non socialfobico), ma ci sentiamo solo per telefono. :roll: All'inizio mi disperavo, ma poi mi sono dovuto abituare a questa cosa e a stare in casa solo tutta l'estate e cosi' via.Ormai ci ho fatto l'abitudine, che devi fare. Parlando delle cause, credo sia più che altro un insieme di fattori: - Ho una madre troppo protettiva che mi ha educato non permettendomi di sviluppare la mia assertività in modo corretto.Già alle elementari ero isolato e non riuscivo a comunicare con i compagni. - Separazione dei miei genitori a 10 anni, vissuta da me in modo traumatico, non mi ha causato ma ha aumentato del 100% la fobia sociale;per circa due anni sono stato malissimo, con paranoie acute e irrazionali, forse anche leggermente schizofrenico.Poi si sono affievolite, alcune sono restate in forma lieve.Comunque ora + o - mi son ripreso, ma lascia il segno purtroppo.Per questo dico pensateci bene quando fate dei figli. :roll: - Varie prese in giro e bullismo (diretto e) indiretto di quelli che stanno in classe con me, sin dalle medie:dopo tanti anni ha causato (questo posso dirlo con sicurezza) in me una generalizzazione della paura, per cui dalla paura dei bulli ora ho paura proprio delle persone.Ho anche sviluppato una cosa strana, non solo come i SF ho paura di essere guardato, ma anche di guardare.Quindi per me uscire è un inferno, devi stare attento a come guardare, perchè se guardi fissi e vedono la paura, se non guardi..Un casino insomma:cosa nuova questa, un po di mesi fa non ce l'avevo. - Perso rapporto con padre, che a sua volta non era proprio un punto di riferimento :roll: , aveva problemi gravi in famiglia da giovane. Grande sfiga comunque perchè questi vari avvenimenti hanno piovuto sul bagnato (come succede a molti altri purtroppo,vedo), e riaprono le ferite.Per questo molte volte sembra di essere meno SF ma poi magari tutto ritorna con un'evento traumatico (come diceva homer).Ho l'impressione che è impossibile superare i traumi, e restano sempre li' pronti a ritornare.Li puoi mettere in ombra,ma rimangono sempre nel cervello. Speranze? Non credo, io ho accettato questa condizione, dato che non so e non posso fare di meglio, e posto come obiettivo il riuscire a frequentare l'università e a laurearmi.E' questo il mio obiettivo e proverò a riuscirci. Un abbraccio a tutti keyteo |
Hai ragione Francesco, quando dici che da bambino ricordi dei comportamenti quasi autistici, la timidezza, quella vera, è una variante dell'autismo, ha molte analogie, anche se in forma meno grave
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Re: SF si nasce o si diventa?
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Credo di esserlo sempre un po' stato, quindi credo nella genetica. Allo stesso tempo credo anche nelle influenze ambientali, di alcune situazioni o eventi (che manco ricordo) che in eventi critici mi hanno indirizzato verso quello che sono ora... di conseguenza... dipende tutto dal punto del non ritorno... quando il carattere si forma in un certo modo e si consolida, solo le medicine possono dare immediato effetto, ma ovviamente non esiste nulla di mirato e preciso, è come sparare con un bazooka su una mosca... curi un problema ma ne crei molti altri... d'altra parte credo che la terapia senza medicine funzioni solo con chi non ci è ancora dentro fino al collo... magari funziona anche con chi è così da secoli, ma ci vuole più tempo... e soprattutto non funziona con tutti, chi non ha fiducia in queste cose non ha risultati... quindi se il tuo carattere è in un certo modo, per come è, ti potrà risultare impossibile cambiarlo, perchè è il carattere stesso che ti impedisce di cambiarlo. |
Re: re
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Allora perchè non hai risposto al mio topic "proposta per persone intelligenti"? Se lo leggevi, ti accorgevi che cercavo proprio persone come te |
Re: re
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sinceramente non so se sono nato sociofobico o no,pero le esperienze di vita soprattutto infantili hanno pesato nel mio carattere.la morte di mio nonno,l avvento delle balbuzie,3 cambiamenti di citta e cambiamenti di classi,atti di bullismo ed emarginazione sempre a causa della balbuzie, una timidezza che mi rendeva taciturno,mia madre sempre protettiva(ricordo che mentre gli altri bambini si compravano il panino al bar io avevo mia madre che mi comprava lei la merenda),mio padre sempre fuori per lavoro,le sedute dagli psicologi perche gli insegnanti dicevano a mia madre che ero un bambino strano ,diverso dagli altri mi sembra normale che con un simile bagaglio di esperienze si e piu esposti ad una fobia sociale.e ci sono altre esperienze che ancora non ricordo anzi una ve la racconto alle elementari cera una ragazza a cui piacevo ma i miei compagni le dissero che ero balbuziente e lei non solo non volle piu vedermi ma da quel giorno quando la incontravo nei corridoi rideva sempre di me.uno dei miei errori e stato quello di non dire mai niente ai miei genitori di soffrire in silenzio perche volevo dimostrare di essere un duro non un debole,senza capire che avevo i motivi per essere un debole.vi capisco quando parlate di paura della gente,io non riesco veramente a fidarmi completamente di nessuno,e almeno inizialmente ho sempre paura di essere giudicato dalla gente ma ora sto imparando a fregarmene. :roll:
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Re: re
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