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La solitudine "meritata"
Non intendo "meritata" dal punto di vista morale, cioè essere soli perché si è cattivi. E infatti ho messo il termine tra virgolette.
Intendo "meritata" perché non solo si fa fatica ad avviare i contatti con le altre persone, ma perché poi le persone si allontanano perché non si riesce a portare avanti i rapporti o, più semplicemente, perché si è delle persone poco interessanti, incapaci di dare agli altri quella motivazione sufficiente perché ci frequentino. Negli ultimi giorni mi sono detto spesso che se non ho rapporti sociali, è soprattutto perché faccio una vita in cui mi mancano le occasioni per socializzare. Lavoro da casa, non giro per locali, non frequento quasi ambienti legati ai miei interessi. Magari se avessi più occasioni per socializzare, per una mera questione statistica dovrei trovare quelle persone con cui avrei delle affinità. E riuscire quindi a costruire dei rapporti sociali che durino nel tempo. Ma poi mi guardo indietro e ripenso a quando ero immerso in ambienti sociali, nel mio caso nel periodo universitario, che è pure durato a lungo perché sono finito parecchio fuori corso. Avevo trovato diverse persone affini. Ma con gli anni le ho perse tutte per strada. Molte perché ho enormi difficoltà a portare avanti i rapporti sociali, che sfociano spesso in litigi, rotture, incomprensioni. Ma in ancor più casi le persone si sono allontanate da me semplicemente perché, mi dico, devo essere una persona poco interessante. C'è di meglio in giro. Quindi anche se mi impegnassi per frequentare di nuovo situazioni sociali, l'esito sarebbe la stesso. |
Re: La solitudine "meritata"
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Non è colpa tua. Non è colpa di nessuno. :consolare: |
Re: La solitudine "meritata"
Il preferire la comfort zone, senza quartiere (perchè immersi in una condizione di disagio iniziale) ad ogni costo, al costo cioè di esperienze e persone, diventa una condizione che se protratta nel tempo ci disabitua a un interazione funzionale col prossimo.
Diventiamo incapaci di venderci, detto in modo crudo, forse nemmeno lo si vuole. Ma ci si danna. Qualche passo falso e si diventa anche cronicamente diffidenti verso il prossimo. E dal dannarci passiamo al giustificarci. Quindi il vuoto che senti è figlio di uno squilibrio a monte, non delle tue incapacità. Infine, capisco la tua stanchezza, ma ti esorto a non arrenderti. A provare. Certe volte l'inaspettato accade e basta. |
Re: La solitudine "meritata"
Ma perché meritata, seppur tra virgolette?
Capisco che tu possa intendere "non sono fatto per socializzare". Quindi parlerei, nel caso, di persone non destinate ad avere relazioni sociali. Nel tuo caso sospendo il giudizio, non saprei. Però purtroppo sì, ci sono persone che seppur socievoli o comunque desiderose di socialità, che credono e hanno investito su di essa e fatto tanti tentativi, hanno la socialità preclusa da alcuni fattori. O limitata. |
Sinceramente sono io che mi sono allontanato dagli amici...portano solo rogne...e ora l invito al matrimonio, ora l invito al compleanno della figlia, ora l invito a un'altra festicciola... ma basta...chissene frega delle amicizie..
La solitudine mi fa male? Assolutamente si, ma io sono fatto così, da sempre. Vorrei solo una compagna, una famiglia...ma mi sa che anche queste cose portano rogne |
Re: La solitudine "meritata"
La.mia è meritata.....ho un buco di esperienze decennale a stare bassi. Dai 18 ai 28 anni. Questo h portato ad essere un a persona poco interessante che non sa nemmeno valorizzare i pochi lati positivi che potrei avere.
Vivo in una realtà provinciale. I miei amici conoscenti che ho continuano a frequentare la loro comitiva storica chi più chi meno ma c è che riesce ad uscirci settimanalmente. Le uscite di questi quarantenni è basata sul pettegolezzo e sul ricordare le vecchie esperienze. O non conosco nessuno e non ho vecchie esperienze da raccontare,mi sento sempre un pesce fuori d acqua. Questi porta ad essere noioso e di conseguenza a non essere chiamato per la pizza della settimana successiva. |
Re: La solitudine "meritata"
Secondo me, però parlo per me, non voglio chiamare in causa gli altri, è perché si è noiosi.
Uno come me che non invita a casa, che non conosce posti o ristoranti dove andare (però qui c'è da fare una precisazione: anche le poche volte che ho invitato la gente non è venuta) risulta inevitabilmente noioso. A me piace parlare, non mi piacciono gli sport competitivi o pericolosi per le mie ossa (e anche qui sono penalizzato), mi piace anche andare a mangiare la pizza, però sono cose ristrette.. e se non sei carismatico la gente non ti invita, non sente la tua mancanza e non ti identifica come un valore aggiunto. |
Secondo me non esistono né meriti né colpe…
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Re: La solitudine "meritata"
Penso sia irritante (ripensando anche a vecchi atteggiamenti personali nel corso della vita) portare avanti la visione "dentro"/fuori, normali e non, in maniera masturb*toria e ragionando sempre sugli estremi. C'è tanto in mezzo, le persone fuori casa sono gentili e hanno i loro problemi, il virtuale eccessivo fa dimenticare la normalità della vita
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Re: La solitudine "meritata"
Il Mondo è un numero primo gemello
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Re: La solitudine "meritata"
Preciso alcune cose dopo aver ripensato a quel che ho scritto ieri e ad alcune risposte che ho letto ora.
Mi sono (come spesso accade) espresso male. Per "meritata" tra virgolette, intendevo parlare non di colpa, ma di cause. E di come, in alcuni casi, le cause della mancata socialità sono profonde, non si limitano alla mancanza di occasioni o alle difficoltà iniziali, ma a tutto il processo della socializzazione, o semplicemente al fatto di essere persone poco stimolanti per gli altri. Così forse è più chiaro, anche se mi rendo conto ora di aver ripetuto un po' quello che avevo già scritto ieri. |
Re: La solitudine "meritata"
Io ho l'impressione che a me mancano delle relazioni inesistenti, riesco a immaginare di star bene in situazioni immaginarie, ma in concreto queste situazioni è impossibile o molto molto improbabile che si verifichino.
Le relazioni concrete sono trappole piene di aspettative da parte di altri e bisogna adattarsi a queste maledette aspettative, ma io non sono mai veramente felice né con gli altri (in queste trappole) né da solo. Mi manca qualcosa, contatti umani di un certo tipo, ma probabilmente non c'è e non c'è niente da fare, psicologizzare questa cosa è un'altra stupidaggine per me. Forse bisognerebbe parlare di relazioni virtuali (e uso questa espressione non per riferirmi a quelle online), sono relazioni non impossibili ad un qualche livello logico tali da produrre incongruenze in sé, ma impossibili da realizzare a livello pratico a causa delle leggi accidentali del mondo in cui viviamo. In quella che chiamano realtà io bene non ci posso stare, ormai ne sono quasi completamente persuaso. Io forse condivido anche l'idea di Keith, penso che per gli altri sono noioso, ma il punto è che a me in sé l'essere noioso non mi disturba, quindi qua il problema è ben più complicato perché quando mi costringo a non essere noioso non sto bene, non sono felice a costringermi ad essere una cosa interessante per altri, forse in fondo vorrei risultare interessante così come sono senza queste rotture di coglioni infinite, ma non esiste questa cosa, quindi il mio disagio per me è incurabile. Quando mi lamento delle relazioni non mi sto lamentando del mio mancato adattamento ma proprio della costrizione ad adattarmi, ma gli psicologi e strizzacervelli non solo questo non lo capiscono, vogliono e desiderano che tu sia allineato su questa cosa, desideroso di adattarti a questa vita di merda con mille incastri, ma io non sono allineato per niente! |
Re: La solitudine "meritata"
Ho capito quello che dici perché mi ci ritrovo molto. La mia solitudine è sempre dipesa dai miei problemi nel creare le relazioni e nel mantenerle più che da una vera mancanza di occasioni. Di conseguenza mi sono spesso ritrovata ad essere sola.
Purtroppo, per me non è facile instaurare rapporti di amicizia. Faccio veramente tanta fatica e faccio ancora più fatica a mantenerli e non ho ancora ben capito il motivo. Non so se sia mancanza di interesse da parte mia o paura di non essere abbastanza per gli altri che mi porta ad allontanarmene volontariamente per paura di essere di troppo. O forse il motivo è che spesso ho proprio il bisogno di stare da sola e quindi un'eventuale intromissione esterna mi da fastidio. |
Re: La solitudine "meritata"
Io di occasioni ne ho avute, ma semplicemente non me n'è mai importato granché, stavo bene a casa da solo vivendo nel mio mondo e stop. Non mi è mai particolarmente importato di avere una ragazza, di uscire ecc...
Fin dalle medie quando venivano a casa mia per chiedermi di andare a fare un giro in bici mandavo mia madre a dire che non c'ero, anche se ero in casa. Poi i miei (mia mamma in particolare) non è che fossero così contenti che uscissi, e visto che non sono mai stato un bambino ribelle (la famosa ribellione adolescenziale mai l'ho avuta), e che ho sempre fatto quello che mi dicevano, alla fine li ho anche assecondati. Ma di base stavo bene così, anche una volta presa la patente e avuta più libertà non è cambiato nulla. La mia solitudine è in gran parte dovuta a me, a come sono e ai miei comportamenti evitanti. Gli altri si sono anche avvicinati, ma chiaramente se te ne freghi di loro, al di fuori dei contatti minimi a scuola, uni o lavoro, giustamente smettono di cagarti. |
Re: La solitudine "meritata"
Io amo la solitudine, non la spreco con robaccia comune
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Adesso posso dire di essere solo, anche se forse due amici mi sono rimasti, ma non ci vediamo ne sentiamo quasi mai. In passato sono uscito anche con gruppi abbastanza numerosi e mi sono anche a tratti divertito.
Poi queste comitive si sono sfasciate e non so queste persone che fine abbiano fatto. Adesso la mia vita sociale è pari a zero. Sicuramente la mia condotta evitante ha contribuito a portarmi nella situazione in cui mi trovo, ma non è dipeso solo da me. |
Re: La solitudine "meritata"
la vita è una ruota che consuma tutto, legami, amicizie, le logora, le sfarina. Devono essere attivamente mantenute, un tempo i circoli sociali erano stretti e costanti dalla nascita alla morte, con i paesini, o le società rurali, ora minimo ci si divide per 30km, oppure ti mettono sulle spalle 9 ore di lavoro al giorno, e le energie finiscono.
considera che i luoghi di aggregazione sono stati annientati, i circoli arci, il calcetto il bar "margherita" dove giocare a carte bevendo qualcosa...non esiste più nulla di tutto questo. E in mezzo ci sono i soicial, che hanno creato questoa pseudosocialità (come questa che stiamo compiendo ora) che in realtà non è molto differente dalla psicosi. credi di parlare e comunicare con qualcuno, in realtà compi monologhi. non ti dare la colpa di nulla, al limite vai ai circoli dei libri, o convegni vari e magari anche se non uscite insieme anche solo quei momenti ti rifornirà le batterie della socialità. |
Re: La solitudine "meritata"
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Io per la verità lo capisco anche, e ci sono cose che in linea di principio saprei fare per rendermi più attraente, ma non le farei mai davvero volentieri. Al di là dell'incapacità ci sono cose che in linea di principio potrei fare per rendermi più attraente ma che alla lunga mi disturbano perché non voglio farle, mi interesserebbe suscitare interesse ma non con le cose che la realtà circostante richiede per essere interessanti. C'è una profonda lacerazione tra il fine che desidero raggiungere (la compagnia di altre persone) e i mezzi che sono costretto, mio malgrado, a dover usare per ottenere questo fine, e non si risolve mai. A me farebbe piacere continuare a fare le cose "noiose" che faccio in compagnia di certe persone, ma so che è impossibile, certe persone che in linea di principio possono piacermi vogliono far crociere e condurre uno stile di vita che a me disturberebbe, a me è questa la cosa che non piace, perché io devo per forza essere un tizio che fa queste cose per risultare interessante a certe persone? |
Re: La solitudine "meritata"
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Il fatto è che ho sempre pensato di non dover essere io a modificarmi per venire incontro agli altri, bensì di cercare in mezzo agli altri quelle persone che potessero apprezzarmi per come sono adesso. Del resto non so neanche se ho tutto questo interesse a modificarmi a questo scopo, e poi probabilmente non ne sarei nemmeno capace. |
Re: La solitudine "meritata"
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Tu hai avuto esperienze positive in tal senso? Hai trovato, che so, qualcuno che ti piacesse davvero e non ti comunicasse "guarda se non fai questo e quell'altro la relazione finisce" o iniziasse a lamentarsi di te? Io o ho abbassato le pretese stando con persone che a me non piacevano poi tanto ma mi accettavano, o viceversa ho trovato situazioni dove le cose vanno in quest'altro modo qua. Per la verità a me la comprensione delle cause non è che mi ha mai acquietato più di tanto. Comprendi le regole del gioco quali sono, ecco, ma anche se le comprendi mica questo equivale al fatto che a te stanno bene o abbastanza bene. Infatti mi sa che si usa il termine "comprendere" a sproposito in molte situazioni, si dice a un tizio "devi capire la situazione" comunicando implicitamente che deve passare dalla modalità "non mi sta bene questa situazione" alla modalità "mi sta bene la situazione" o "non mi sta poi tanto male la situazione", ma questa roba cosa cazzo c'entra con la comprensione della situazione? La situazione resta descrittivamente la stessa! La situazione il tizio l'ha capita benissimo quale è magari, e pure meglio di chi gli dice 'ste frasi del tubo. |
Re: La solitudine "meritata"
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Credo che molti problemi nascano dalla mancanza di un terreno comune. Più ti allontani dal modo di vivere "medio", più diventa difficile creare legami duraturi. Penso, a una vita fatta di piccole certezze: una famiglia tranquilla, un percorso di studi lineare, un lavoro stabile, qualche buon amico, una relazione sentimentale (presente o passata), la salute, le gite fuori porta. La classica uscita del sabato sera, la pizza con gli amici, un concerto, gli acquisti. A volte alcuni di questi tasselli non sono presenti. In certi casi i pezzi mancanti sono troppi e il puzzle si trasforma in un colabrodo. Gli altri parlano delle loro vacanze, tu non hai nulla da raccontare e puoi incassare soltanto delle battute sul fatto che non esci mai. La tua famiglia è un ricordo lontano, o un campo minato, e la gente non capisce perché le feste ti mettono a dura prova. E così via, gli esempi si sprecano. Dopo un po', la differenza diventa palese. Sei come un pesce fuor d'acqua e devi trovare un modo per sopravvivere senza peggiorare la situazione. Non puoi condividere le tue esperienze, a meno di non voler sentirti ancora più sola e incompresa. E allora impari a dosarti, a restare in superficie, a osservare il mondo dalla tua posizione defilata. È triste e ingiusto, ma i muri da scalare sono troppo alti, e spesso le acrobazie non bastano per superarli. Nelle esistenze "convenzionali", non c'è bisogno di fare chissà quali giri tortuosi per trovare un paio di amici. Però non è colpa nostra.. è semplicemente capitato così. La vita è molto random, casuale e ne sono sempre più convinta. |
Re: La solitudine "meritata"
Io ho imparato a stare solo ,meglio solo
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Re: La solitudine "meritata"
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A me quello che infastidisce è che questa cosa poi la proiettano su di me supponendo che a me manchino queste cose quando a me non è la vacanza a mancarmi, per me si potrebbe andare tranquillamente in una bettola, son loro che non ci vogliono andare nella bettola, e poi dicono a me che io voglio far vacanze o andare in posti di lusso quando a me quello che manca è la compagnia di certe persone, non i posti che queste vogliono frequentare. Se voglio stare con una donna che mi piace e questa vuole per regalo il rolex il problema qua non è che sono io a volere rolex e roba simile, io vorrei la donna, quella donna, ma per avere questa devo procurarmi quest'altra roba odiosa qua! Questa cosa io cerco di comunicarla a tutti gli strizzacervelli di merda in circolazione in tutte le salse, ma pare che o sono cretini o fanno finta di non capire quello che comunico! Se a me manca un abbraccio o il contatto fisico mi manca questo non tutto lo stile di vita di merda per arrivare ad averlo, sono due cose distinte oggettivamente, sono distinte e le sovrappongono supponendo che io sto male a non fare quelle cose quando è vero il contrario. Siccome sono appiccicate per svariate ragioni io bene non posso stare e basta, tutto il resto son discorsi inutili, gli unici discorsi utili sarebbero quelli che dimostrano che appiccicate queste cose non lo sono, ma la maggior parte di questi discorsi mi sembrano boiate, infatti poi gira e rigira la frittata tentano di convincerti a fare quel che avevi già chiarito che non volevi fare! |
Re: La solitudine "meritata"
Capisco le lamentele e gli sfoghi, però ogni tanto viene spontaneo chiedermi:
- vorrei capire di cosa esattamente vorrebbero parlare i fobici quando sono in compagnia? - facendola semplicistica al massimo, non occorre andare da psicologi per rendersi conto che le conoscenze (e spesso famiglia&parenti) intorno a noi non sono quelle che desideriamo aka ci fanno stare bene Mi piacerebbe capire quanta auto-critica facciano i Fobici al di là delle lamentele e sfoghi che io apprezzo e sostengo sempre. Oltre allo sperpero del danaro. |
Re: La solitudine "meritata"
Amen1
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Re: La solitudine "meritata"
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Anche questo è un modo di ragionare convenzionale in cui io non riesco a ritrovarmici per niente! Un'altra persona si sente a disagio che non si parla e lo trasmette a me, e poi comunica a me che sono io a sentirmi a disagio se non si spiccica parola? Se io stavo tranquillo che si passeggiava senza dire niente e l'altro attacca "ma com'è che stai sempre zitto" stizzito e roba simile non mi venga a dire che sono io che in partenza mi sono sentito a disagio perché è una puttanata. Tu altro, vuoi parlare? E parla... Ti ho messo la museruola? Ma non rompere i coglioni a me che devo farlo se no non vado bene! Per questo dico che vogliono che tu condividi questa spinta quando tu a monte non la condividi. Io poi non sto bene a non parlare e a stare in silenzio con un'altra persona? No, inizio a non stare bene quando percepisco l'insofferenza dell'altro sia nei confronti dei miei silenzi che di quello di cui mi va di parlare. Proiettano su di me questo giudizio contro di me quando è partito da loro! Anche la psicoterapeuta mi diceva che era noioso quello di cui parlavo, ma dillo che ti annoi tu, sei tu ad annoiarti con me e poi dici che sono io che penso in sé di essere noioso producendo in te questa cosa, quando questa cosa è partita a rigore di logica da te! A me è proprio questo che dà fastidio. Io comunque alla base vorrei solo condividere questa cosa, ma non si può farlo con nessuno perché già si suppone a monte che uno debba autocriticarsi e basta, io vorrei solo un interlocutore che stia davvero dalla MIA PARTE, questo vorrei, punto. Non risolvere le cose a CAZZI di un altro che a me poi comunque non sta bene. Questa cosa io la posso ripetere all'infinito non arriva mai nel cazzo di cervello di nessuno, vogliono riformularla sempre in termini di domanda di cambiare X e Y quando io non ho chiesto nulla del genere ho comunicato un'insofferenza per una situazione e basta. A me il fatto che si traduca quel che dico in tutt'altro quando non l'ho detto mi ha sempre infastidito. Se uno strizzacervelli volesse capirmi, dovrebbe mettere in conto che non sono là da lui per fare quel che desidera perché condividere davvero il mio punto di vista potrebbe significare andar contro quel che lui e tutta la sua razza desidera in termini di sanità mentale. Sono là perché non ho trovato alcuna cazzo di comprensione in nessun posto e facendo quel che fanno io non la posso trovare manco là. Io sono convinto che nessuno vuole davvero capirmi, resto solo contro il resto, questa posizione ho compreso che è non condivisibile. E' inutile parlare di quel che a me manca se si prate dal presupposto che a me non dovrebbe mancare per partito preso. Quando mi chiedono cosa mi manca e so dove vogliono andare a parare con queste domande, disinteressandosi davvero di quello che ho comunicato esplicitamente, li prenderei a calci nel culo. Se mi volessero ascoltare non dovrebbero presupporre che si debba andare a parare in un'autocritica e roba simile, questo dimostra che uno spazio di condivisione del mio cazzo di punto di vista nessuno me lo vuole davvero concedere. Prima di fare qualsiasi cosa, volete capire davvero quello di cui mi lamento? Sì o No? Per me la risposta è No, perché presuppongono si possa risolvere prima ancora di aver capito io cosa vado cercando e cosa mi manca. Alla fine non è detto che debba esserci qualcosa che si può fare, che io voglia fare, o che la cosa debba essere migliorabile in qualche senso per me. Può darsi che la posizione "la vita è una merda" resta in piedi sempre, non vedo perché debba tradursi in autocritica o azione e che io sono là da loro perché voglia tradurla a forza in tal senso, sono là da loro proprio perché mi sembra che in base a quel che cerco non sia traducibile, ma non è che pretendete neghi a monte quel che cerco, dovete ascoltarmi davvero... Siete voi che sostenete si possa far qualcosa per darmi quel che voglio dall'esistenza! Non io, anzi io dico il contrario, non è che poi voi mi dite "dall'esistenza questo si può avere" e si risolve la cosa (perché che fosse limitata mi era chiaro già a me fin dall'inizio e non mi stava bene), non si risolve niente se a me non sta comunque bene! |
Re: La solitudine "meritata"
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- Quel che cerco, e che in fondo ho sempre cercato, sono persone con cui parlare dei miei interessi e delle cose che penso, e ascoltare a mia volta altrettanto dagli altri. Mi interessa più lo scambio mentale rispetto a quello emotivo (poi quest'ultimo non lo disdegno), anche se per connettermi significativamente con qualcuno ci vuole anche un'intesa che non sia solo di idee, ma di qualcosa difficile da definire: a volte lo chiamo "modalità di ragionamento", perché non è relativo ai contenuti, alle idee che si hanno, ma all'approccio rispetto alle stesse. Non saprei descriverlo, ma quando c'è lo riconosco. - Su questo ho già accennato sopra in questo thread. Io ho costantemente cercato persone con cui intendermi, nel senso di cui sopra. Il problema è che questo accade molto raramente, e in seguito, quando comincia la conoscenza, sopravvengono altri problemi che la rendono difficile, e che di norma portano a equivoci, fraintendimenti, contrasti e, molto spesso, allontanamenti da una parte o dall'altra. È una cosa che ho sperimentato un sacco di volte. A me interesserebbe correggere quest'ultimo meccanismo, perché alla fine è questo che mi impedisce di star bene con le (poche) persone con cui potenzialmente potrei star bene. Ma è una cosa che non sono mai riuscito a fare. Le conoscenze che non mi fanno star bene invece le evito direttamente, e questo non è un problema. |
Re: La solitudine "meritata"
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Ogni tanto conviene ricordarlo |
Re: La solitudine "meritata"
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E' una questione di frecciatine, battutine e, spesso, di veri e propri tentativi per farti sentire fuori posto. |
Re: La solitudine "meritata"
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Perché spesso certe cose poi bisogna farle come il contesto oggettivo esige. Ad esempio se prendi un animale domestico questo poi esigerà certi tipi di cure, secondo me non è così difficile individuare di quali cure necessita, il problema è mantenerle volentieri, se stesse un robot al posto tuo funzionarebbe meglio ma io non sono convinto che se funziono come un robot poi son felice di funzionare così, per me c'è un conflitto di fondo insanabile in queste situazioni, e vorrei solo che chi mi ascolta lo capisse davvero questo. Quando si parla di correggere le cose, sfugge che la correzione ha comunque un costo emotivo che va contro di noi e può essere anche che correzioni che facciano quadrare il bilancio totale non ne esistono. Far contente le parti sociali in conflitto in un paese è una cosa quasi impossibile, dopo un po' che ho visto l'andazzo penso che succede qualcosa di analogo nel singolo individuo, un paese per far quadrare le cose dovrebbe disporre di risorse esterne che praticamente non ha mai, quindi si arraffazzona il meno peggio, ma il meno peggio spesso lascia comunque infelici e il problema di fondo resta. |
Re: La solitudine "meritata"
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Se con una persona mi sento forzato a interagire, mi allontano io, quella persona smetto di frequentarla. I miei problemi sono capire come funziona la comunicazione, perché ho constatato nel tempo che parole e atteggiamenti (può essere anche un semplice sguardo) che io ho che a me sembrano normali gli altri li trovano urtanti se non offensivi, e in altri casi io trovo urtanti e faccio fatica ad accettare parole e atteggiamenti che gli altri trovano inoffensivi. |
Re: La solitudine "meritata"
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Dai, non sono troppo esigente :mrgreen: |
Sinceramente se potessi tornare ai 18 anni mi butterei nella mischia e mi mangerei il mondo mettendo da parte la vergogna, cambierei moltissime cose ma ormai è tardi, i miei coetanei sono quasi tutti fidanzati/sposati/convivono.
Di me non gliene frega nulla e chi sta solo come me è diventato misantropo. |
Re: La solitudine "meritata"
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Re: La solitudine "meritata"
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Re: La solitudine "meritata"
A me quello che crea problemi, ma solo con alcune persone, non con tutte, è che non ho sempre l'umore adatto per fare battute, ridere, scherzare o parlare molto.
Non sono costante da questo punto di vista. Ma questo non vuol dire essere tristi o depressi, la depressione e/o la tristezza sono tutta un altra cosa che non c'entra nulla, ma non tutti lo capiscono questo. I fraintendimenti nascono appunto con quel tipo di persone che appena vedono che uno sta per i cavoli suoi fanno immediatamente l'associazione: Non ride e scherza, è serio, sta lì per i fatti suoi = è depresso/ha qualcosa che non va. |
Re: La solitudine "meritata"
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https://i.ytimg.com/vi/wznP5bU9Fc0/hqdefault.jpg Scrittore dallo sguardo funesto :D |
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