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IL VALORE DELLA TIMIDEZZA
Sì, è ora che la timidezza diventi famosa, ma non perché vogliamo che diventi la protagonista di un film hollywoodiano. E' ora che la timidezza diventi famosa, sia conosciuta e apprezzata perché porta contributi essenziali alla nostra comprensione della vita e delle relazioni umane.
La timidezza ci fa capire che esistono varianti così importanti nella costituzione biologica degli individui che queste caratteristiche temperamentali si sono conservate attraverso migliaia e migliaia di anni, contro tutte le avversità. La timidezza può essere spiacevole per chi la vive, ma è assolutamente preziosa nel patrimonio genetico umano. Chi, se non il timido, ha una predisposizione costante a prestare attenzione alle altre persone? Chi, se non il timido, è un acuto osservatore delle sfumature emotive nel comportamento degli altri? Chi, se non il timido, è acutamente sensibile a ogni situazione potenzialmente pericolosa? Chi, se non il timido, ci mette in guardia, attraverso la lente della sua acuta sensibilità, quando ci avventuriamo in situazioni troppo pericolose e potenzialmente fatali? Le persone coraggiose e socievoli cambiano, modificano e alterano la realtà, ma i timidi sono i protettori della vita. Spesso sono i timidi che proteggono la vita dei coraggiosi, perché sono in grado di percepire subito il pericolo. I timidi hanno e mostrano paura e, in questo modo, sanno segnalare il pericolo vero anche ai più sbadati e noncuranti coraggiosi. I timidi sono attenti e sensibili, a volte possono esagerare con la cautela, ma molto raramente si sbagliano a percepire il pericolo. Sono le nostre sentinelle e, se li ascoltiamo, la loro paura può proteggerci tutti quanti. Per questo, i timidi non si sono mai "estinti". Hanno una dote essenziale per la sopravvivenza propria e per quella della nostra specie: la sensibilità e la reattività eccessiva al nuovo, alle persone non familiari, al potenziale pericolo. Un gruppo umano composto di soli individui coraggiosi e troppo socievoli corre il rischio di avventurarsi in imprese disperate, in guerre rovinose, in alterazioni profonde delle condizioni basilari della vita umana. E questo è il motivo vero per cui la timidezza deve diventare famosa. Una società che non ha posto per i timidi è una società che ha perso la dimensione della realtà concreta degli esseri umani, una società che ha perso il senso del limite, il senso del pericolo, ha dimenticato la coscienza della morte e dell'estinzione - tutte cose che non spariscono solo perché noi non vogliamo vederle. Una società dove si pensa che l'unica cosa importante sia l'affermazione individuale dimentica il nostro limite biologico più importante. Noi siamo animali sociali e senza gli altri moriamo, fisicamente o psicologicamente (diventiamo disumani). Punto e basta. I timidi ci mostrano quanto siamo predisposti a reagire intensamente agli altri, quanto in realtà non siamo indifferenti gli uni agli altri. I timidi ci ricordano che la pura e semplice vista di qualcuno che non conosciamo è in grado di scatenare tutte le batterie difensive del nostro corpo (cuore, cervello, ormoni, respiro). Ci ricordano questo limite e questo punto di partenza per una vita più civile. Una società in cui si pensa che le persone siano intercambiabili e che le nuove relazioni possano sostituire facilmente le vecchie relazioni dimentica un altro nostro limite biologico fondamentale. Noi possiamo sì costruire legami affettivi sempre nuovi e possiamo anche sciogliere quelli che già abbiamo, ma la nostra costituzione biopsichica ci rende questi processi assolutamente dispendiosi. E' un nostro limite costituzionale il fatto che lo scioglimento dei legami affettivi sia un processo lungamente doloroso. Non possiamo alterare questo fatto, così come non possiamo avere tre braccia o quattro emisferi. E' saggio avere un po' paura delle persone nuove, perché creare legami nuovi, che non si sa quanto dureranno, è molto costoso. E' un lusso. I timidi ci avvertono: prestate attenzione! E se ci costringiamo a una vita instabile, lasciando continuamente le persone che amiamo (i nostri parenti, la nostra famiglia attuale, i nostri amici), ci riduciamo a una vita di sofferenza continua che non può essere lenita né da lavori sempre più prestigiosi né da partner sempre più affascinanti. La nostra specie non è stata selezionata per cambiare in continuazione ambiente, lavoro, ruolo e, soprattutto, non è stata selezionata per cambiare in continuazione gruppo sociale. La gente insensibile alle separazioni e alle novità semplicemente non è sopravvissuta oppure, se è cresciuta fino all'età adulta, ha trovato ben pochi partner. Questo è un altro nostro limite biologico che solo la presenza dei timidi tra noi rende evidente e importante. I timidi mostrano a tutti quanto sia saggio avere paura delle persone nuove, delle situazioni nuove, quanto sia profondamente adattivo avere paura dell'instabilità. Al mondo esistono i timidi ed esistono i coraggiosi e i loro percorsi di vita possono essere diversi. I timidi, se vengono ascoltati, sono l'àncora della realtà per i coraggiosi, per gli innovatori, per quelli che cercano e trovano nuove strade e che, a volte, tendono a dimenticare che tutti siamo esseri umani, che tutti abbiamo limiti biologici prefissati nel corpo, nella mente e - soprattutto - nella vita emotiva. In conclusione, la timidezza, ben lungi dall'essere una malattia, è una variante non solo normale, ma estremamente preziosa dell'umanità. In una società improntata a un falso senso di onnipotenza, i timidi segnalano il nostro limite umano. Ci dicono come siamo fatti in realtà e ci dicono dove siamo più fragili e più vulnerabili. Ci piaccia o no. Ci dicono di cosa dobbiamo avere paura e a che cosa dobbiamo prestare attenzione se vogliamo stare bene. I timidi, grilli parlanti, piacciono poco a Pinocchio. La saggezza piace poco a chi crede che la realtà sia il "paese dei balocchi". La timidezza è tenera e graziosa e si fa notare poco, ma va presa sul serio perché è anche profondamente saggia. E' un grande errore metterla da parte, non ascoltarla. Tutti siamo timidi, almeno qualche volta. E' un grande errore non considerare la nostra stessa timidezza e sforzarci di essere diversi da quello che siamo. La timidezza segnala sempre i nostri limiti, anche quelli delle persone più coraggiose. Noi siamo tutti esseri umani, programmati a spaventarci di fronte alle persone nuove e all'anonimato dei grandi gruppi, programmati a essere felici e sereni solo all'interno di relazioni sicure, stabili e affettuose. Questo è il grande insegnamento della timidezza. Sì, la timidezza dovrebbe essere davvero famosa. Giovanna Axia, La timidezza, il Mulino |
SI MA NOI NON SIAMO TIMIDI SIAMO FOBICI LA COSA E' LEGGERMENTE DIVERSA
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Infatti ho inserito il topic nella sezione timidezza!
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L'ho letto anche io tempo fa questo articolo e non mi sono trovato molto d'accordo con l'autrice perché è evidente da come scrive che non è sicuramente una persona timida,o almeno non in maniera esagerata,altrimenti non valorizzerebbe di certo la timidezza e soprattutto non la confonderebbe con la sensibilità che,ok,è molto forte nei timidi,ma non è certo un sinonimo di timidezza.
Io sono timido,però nonostante questo vedo la timidezza,ossia una parte di me,come un male e non riesco a vederci nulla di positivo. Essa distrugge i rapporti personali e ci frena dall'avere una vita normale che a qualcun altro,beato lui,è stata concessa. L'essere umano,purtroppo per noi,è un'entità che da sola non può ottenere nulla ed è per questo che la comunicazione interpersonale riveste un'importanza fondamentale,è per questo che chi non esce e non ha amici viene comunemente etichettato come "sfigato" dal resto dell'umanità,fosse questo anche la più grande mente esistente oppure lo sportivo migliore del mondo. La timidezza in breve è un male,da combattere al pari di qualunque altra malattia o disturbo,non certamente esaltata come un fattore importante. La sensibilità e la gentilezza esistono anche senza la timidezza,anzi secondo me trovano molto più facilmente modo di venire a galla e fare del bene,proprio perché non sottoposte,in una persona "normale",ad un blocco qual'è la timidezza. |
Hai letto tutto il libro? Se non l'hai fatto te lo consiglio proprio perché secondo me è di grande aiuto!
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Nono ho letto solo un passo,forse in una recensione oppure un articolo di giornale ora come ora non ricordo visto che dev'essere stato molto tempo fa!Non ne conosco neanche il titolo figurati però non lo comprerei mai per le ragioni che ho scritto...mi da l'impressione di voler convincere ad accettarsi per come si è e questo secondo me è sbagliatissimo...
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Re: IL VALORE DELLA TIMIDEZZA
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La timidezza NON è un valore. |
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Grandi attori e cantanti nella vita di tutti i giorni erano persone timide e riservate...magari con il tempo si può imparare a forzarla, ma la tendenza alla ritrosia ci sarà sempre. Il mio - e il tuo, penso - obbiettivo penso sia imparare a controllarla e a ricondurre la nostra timidezza a un livello accettabile, riuscendo a far sì che non c'impedisca più di fare ciò che vogliamo. Sono molto daccordo sul fatto che l'accettazione sia un primo passo. Io stesso mi sono reso conto di recente che non ero ancora accettato del tutto. Ma dev'essere un primo passo, non un semplice crogiolarci col discorso "andiamo bene così". |
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Il professor Philip G. Zimbardo dice che la timidezza, in sostanza, è una prigionia psicologica autoimposta! Ma io, più che una definizione vera e propria, la considero una possibile conseguenza che deriva dal fatto di non accettarla. La patologia può essere il risultato di una degenerazione, ma non una cosa a priori.
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timidezza metà bellezza
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A me la timidezza porta e a portato solo disagi e basta.
Mi ha penalizzato in tantissime cose della mia vita e continuera' a farlo. Se potessi eliminare la timidezza lo farei senza nemmeno pensarci Quote:
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Essere timidi è una condizione umana particolare, che verrà qui analizzata in dettaglio, ma è una condizione assolutamente normale. Essere timidi è normale come avere gli occhi azzurri o gli occhi neri. Se in alcuni luoghi o in alcune circostanze, le società umane mostrano una forte intolleranza verso una certa caratteristica umana, la patologia sta in quel particolare gruppo umano, non in quella particolare variante dell'umanità. Avere la pelle nera è davvero svantaggioso in alcuni contesti sociali, ma di per sé è un fatto assolutamente normale. Essere timidi può essere svantaggioso in alcuni contesti sociali, ma di per sé è un fatto assolutamente normale. Essere timidi può essere svantaggioso, è vero, ma come argomenteremo a lungo, è un fatto assolutamente normale, sano e, soprattutto, relativo alla cultura, al luogo e al tempo in cui ci si trova. Ciò che non è sano sta nell'intolleranza alla timidezza: l'intolleranza altrui e, soprattutto, la nostra stessa interiore intolleranza. Sembra molto difficile, per i timidi, amare la propria, in realtà così amabile e profondamente utile, timidezza. Questo è il vero problema!
Giovanna Axia, La timidezza, il Mulino |
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Parlo conoscendo me stesso e facendo riferimento a come sono fatto io.
Per me è inconcepibile accettare la timidezza semplicemente perché questa,pur essendo parte di me,non è assolutamente me! Spieghiamo questa frase apparentemente molto difficile e messa lì apposta per dare un tocco intellettuale(:P):la mia personalità è come se fosse divisa in 2 parti,dentro di me c'è una persona estroversa,vogliosa di mettersi in discussione,di fare nuove conoscenze e con tante ambizioni,fuori di me invece c'è una persona che è frenata dalla timidezza,che spesso vorrebbe fare tante cose,magari prepara anche dentro di sé i discorsi da dire,le azioni da intraprendere ma,una volta in gioco,ecco che scatta come un freno,un freno che ti fa balbettare,un freno che ti fa arrossire,un freno che...ti ferma,come farebbe qualsiasi freno degno di questo nome!Il freno in questione si chiama timidezza. Quando sono con le persone giuste e do l'impressione di essere "sveglio" io non indosso alcuna maschera né sto recitando alcuna parte:la timidezza è accantonata,la parte sbagliata di me sta dormendo,tutto qui. Una volta la mia timidezza era molto molto peggio di ora,poi col passare degli anni la sto combattendo,e non è vero che non cambia nulla:sono molto migliorato e noto con piacere che il mio limite è ancora lontano,che posso migliorare ancora!Ecco perché un libro del genere,parlo dall'impressione che ne ho avuto non avendolo letto quindi correggimi se sto sbagliando l'interpretazione,per me fa solo del male. Nessuno che si sente un po come me? |
Apro un altro post per rispondere al tuo ultimo intervento cristina,visto che ha poco a che fare con quanto detto prima.
Come ho scritto nella pagina precedente secondo me è giusto che la società tenga tanto a qualità come la socievolezza e il coraggio,perché senza queste 2 cose questa non esisterebbe nemmeno. Un uomo da solo impiegherebbe forse metà della sua vita per costruire un palazzo,un gruppo di uomini ben organizzati possono farlo nel giro di qualche mese. Con questo non voglio distruggere l'individuo,assolutamente,dico solo che le persone per andare avanti hanno spesso bisogno di cooperare e quindi comunicare tra loro. |
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Caspita 3 post per 3 quote!
Bè sull'appartenenza non ho dubbi,però inviterei chi si sente simile a me a farsi avanti visto che non posso credere di essere tanto anormale! Per quanto riguarda la società hai ragione anche tu,però quello che volevo dire è che invogliare all'estroversione non è una cosa ingiustificata,tralasciando ora se sia giusta o sbagliata. Distruggere le altre qualità è sbagliatissimo,ma questo,ripeto,prima ancora delle persone fisiche,lo fa proprio la timidezza. |
Come diavolo fa la timidezza ad essere un valore....Perlomeno nella nostra società? Qualcosa che ti impedisce di essere e di esprimerti come vorresti, che ti fa essere frenato, che ti fa perdere delle occasioni? Non scherziamo. Meno si è timidi e meglio è, non ho dubbi.
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Nel libro da te citato, Cristina, si ricorda anche che l'uomo è un animale sociale. Non è allora, la timidezza, qualcosa di negativo, laddove ci impedisce di interagire con gli altri?
E' vero che l'uomo non è fatto per relazioni occasionali da cambiare continuamente. Però, per instaurare e mantenere delle relazioni per lungo tempo, bisogna interagire con gli altri, comunicarci, e anche questo è ostacolato dalla timidezza. Non credo, inoltre, che i timidi siano più sensibili degli altri. Anche una persona estroversa può essere benissimo sensibile e capace di capire gli altri e cercare di aiutarli. In questo caso, credo che ciò che conta di più sia l'empatia. Peraltro, pur essendo timido, non credo di essere affatto sensibile, anzi, spesso manifesto una cruda insensibilità che stupisce molte persone più estroverse di me, soprattutto verso gente nei cui confronti provo, per qualche motivo, dell'astio. La timidezza, piuttosto, è un male che impedisce a delle persone altrettanto meritevoli di approfittare di occasioni che la vita offre loro, ma che non riescono a cogliere a causa del loro handicap. Credo che sia difficile trovare gente contenta di essere timida, che vive questa condizione con soddisfazione e orgoglio. E questo smonta il paragone dell'autrice con la pelle nera. La pelle nera non causa sofferenza in chi ce l'ha, è solo una questione di pigmentazione. La timidezza, invece, è un ostacolo alla vita normale che ingenera sofferenza e disagio. |
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Il secondo motivo per cui i timidi sono vulnerabili alla vergogna è che possono aver imparato fin da piccoli che le persone non sono affidabili, che il mondo è un posto insicuro e che loro valgono poco. In altre parole, i timidi possono essere insicuri e molto vulnerabili a ogni fallimento personale, anche minimo. Sono facilmente portati a non volersi bene, a vergognarsi di sé. Il terzo motivo sta nel sistema di valori e regole assimilato culturalmente. I timidi possono vivere in un contesto sociale e culturale che dà un giudizio molto negativo della timidezza e apprezza solo la baldanza, la decisione o, peggio, l'arroganza e l'aggressività. In questo caso, i timidi fanno fatica a giudicarsi positivamente e, purtroppo, si vergognano di come sono fatti. A volte, sanno che non è colpa loro, ma saperlo è anche peggio perché pare che non ci sia rimedio. Giovanna Axia, La timidezza, il Mulino |
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Nel penultimo post di cristinapinti mi riconosco parecchio, ma mi ha colpito questo passaggio:
>Naturalmente, non è vero, la responsabilità non è certo loro. E' solo il modo con cui è fatto il loro corpo. Il loro corpo...o la loro mente?? Perchè mica si tratta di avere il naso un pò storto o che so, le orecchie a sventola. |
Il loro corpo! I risultati della ricerca neuropsicologica degli ultimi quindici anni hanno dimostrato che l'equilibrio fisiologico dei timidi si altera con maggiore facilità di fronte alle persone e alle situazioni nuove. Questo è il motivo principale per cui si sentono a disagio. Ma si tratta di una cosa innata, che fa parte del loro temperamento. Perciò non è colpa loro se non riescono a controllarla!
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Apprezzo davvero lo sforzo che sta facendo cristina(a proposito non sarai mica tu l'autrice del libro? :D )la quale,nonostante quasi tutti i pareri le siano contro,continua sempre con toni molto gentili a portare avanti la sua teoria che non ha altro scopo se non farci sentire meglio e per questo la ringrazio, ma al tempo stesso mi dispiaccio di dover ancora una volta dire la mia.
Il paragone con i neri non è tanto azzeccato secondo me...è vero,da una parte descrive bene come si può sentire una persona timida nella società(non necessariamente attuale ma anche passata),ma dall'altra confonde 2 cose che hanno una differenza fondamentale:una è innata e non può cambiare,l'altra invece sì.Sarebbe come paragonare un timido a un disabile dalla nascita...e se il disabile venisse a saperlo immagino che ci picchierebbe perché sarebbe disposto a pagare per fare cambio. Non sto chiaramente dicendo che un timido patologico possa diventare un giorno un estroversone casinista,ma di sicuro io credo che se si impegna,e sotto determinate condizioni,possa migliorare e anche molto,fino a rendere la sua timidezza tale da non rovinargli la vita. L'accettarsi per come si è da una parte è una cosa buona,perché in una certa misura ci risparmia sofferenze e arrabbiature visto che il mettere davanti a sé una barriera,dire a sé stessi "sono nato così e non posso farci niente,colpa di chi mi ha creato e della società che non mi accetta",toglie dalle nostre spalle eventuali colpe che potremmo provare e ci rende in una certa misura più "liberi". Cosa perdiamo dall'altra parte?Ovvio:la possibilità di migliorarci! E' un po' come il mito della caverna di Platone:ci sono dei prigionieri legati in fondo a una caverna e credono che il loro mondo sia la parete che vedono e sono felici nel loro piccolo,perché quelle catene fanno in modo che non vi sia null'altro...i timidi sono disposti a vivere così? |
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Cristina, secondo te perché, se la timidezza eccessiva è dovuta a cause neurofisiologiche, l'uso dei farmaci per curarla è ancora soggetto a pregiudizi sociali?
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Altri 2 quote-2 post :D
Comunque ora inizio a non capire più dove vuoi arrivare cristina...se anche tu sei d'accordo con me sul fatto che bisogna sforzarsi di migliorare,dov'è che non sei d'accordo? :? Sarà una concezione sbagliata ma anche io credo che prendere psicofarmaci sia eccessivo...troppe controindicazioni e pochi risultati concreti. |
Mi piace questo topic, perché, pur rimanendo nelle proprie posizioni, ci si confronta civilmente, rispettando le altre posizioni senza scadere in insulti e altre cazzate di questo genere.
Dunque, avevo letto rapidamente ieri le risposte al mio intervento, per cui non credo di ricordare bene tutto. Comunque provo di nuovo a dire la mia. Torno al confronto tra la timidezza e la pelle nera. La pelle nera non provoca un disagio interiore in sè. La discriminazione per il colore della pelle è provocata da altre persone e non ingenera un disagio interiore nel nero. Il timido, invece, prova disagio per la sua condizione, si rende conto che è qualcosa di negativo, contrariamente al colore della pelle. E' naturale che, come dice poi la stessa Cristina, debba impegnarsi per sbarazzarsi di questa condizione così fastidiosa e invalidante. Il nero non odia la sua pelle nera, perché non è una malattia, una caratteristica negativa. Il timido, invece, odia la sua timidezza, ne soffre, come dici tu stessa, Cristina, e non solo perché lo mette a disagio le altre persone che timide non sono. La sua sofferenza c'è anche quando vede che le persone estroverse, che possono anche essere molto gentili e cortesi con lui, riescono a fare delle cose, a instaurare dei rapporti interpersonali (fondamentali per un animale sociale qual è l'uomo) che a lui sono negate. Il timido soffre a prescindere dall'atteggiamento delle altre persone e, più in generale, della società. Non può accettare una condizione che può sentire solo come un disagio. La timidezza è una malattia, e come tale deve essere curata, per consentire al timido di avere tutte quelle cose che gli spettano di diritto in quanto persona umana e che gli sono negate da una condizione che non è stata scelta da lui e che lo fa stare male. La società commette l'errore, gravissimo, di far sentire questa condizione come una colpa, di mostrare la timidezza come una vergogna e non come un disagio che il timido deve combattere, non da solo, ma aiutato dall'ambiente che lo circonda. Sotto questo aspetto, la timidezza sembra come l'handicap nel medioevo: chi ne è affetto è un segnato da Dio per i suoi peccati. Per fortuna il mondo moderno ha abbandonato questa concezione degli handicappati, che adesso vengono viste come esseri umani che devono essere aiutati a superare le loro difficoltà e avere una vita il più possibile normale. Analogamente, la timidezza (certo, disagio molto ma molto più insignificante di un handicap) non deve essere vista come un marchio di imbecillità che giustifica il disprezzo verso chi ne è affetto (considerazione favorita dalla nostra società edonista ed egoista), ma come un semplice disagio da curare. Il timido, quindi, dovrebbe ricevere dalla società il necessario sostegno per superare questa sua difficoltà e non essere sottoposto a derisione o disprezzo. |
Non saprei nosfigatu,alcune cose che dici sono anche giuste ma io non riesco proprio a vedere la timidezza al livello di una malattia,oltre al fatto che non riesco a immaginare come la società possa aiutare un timido.
Trattarlo come un handicappato o "persona speciale" no di certo,visto che qualcuno(me compreso :D )potrebbe offendersi,forse iniziare a non sottoconsiderare i timidi?Si questo andrebbe bene ma non penso sia concretamente fattibile perché,diciamoci la verità,la società non è una singola persona che a forza di parlarci o prenderla a schiaffi le fai cambiare idea!Basta guardare cosa insegna la tv oggi:l'aspetto fisico è tutto,se sei un cesso non vai avanti!Sia io,che tu,che tutti quelli che conosciamo sicuramente non sono d'accordo eppure...la società cambia?No la massa la pensa sempre uguale! Io credo che l'unico modo per migliorarsi derivi dall'interno di noi stessi,dalla presa di coscienza che abbiamo un problema in più rispetto a una persona "normale",ma anche che possiamo combatterlo e non solo: possiamo vincerlo e entrare anche noi in una condizione almeno di pseudonormalità. Aggiungo che è davvero un bel topic,visto che non ci si lamenta semplicemente dei problemi ma si discute anche su come nascono,inoltre non ho ancora visto nessun commento scemo ed è il primo in cui non capita:) |
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