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Chamomile 02-02-2024 01:28

Il peccato del fallimento.
 
Buonasera, volevo parlare (di nuovo) di un problema che ripresenta continuamente quando sono costretta ad interagire con le persone e che forse qualcun altro ha affrontato...

Le persone, in generale, non hanno una buona opinione di me e per questo motivo si aspettano sempre che io faccia qualcosa per compensare le mie "mancanze", per redimermi dal fatto che ho fallito ripetutamente, sia per come sono nata (brutta, incapace in qualsiasi attività...) che per come ho vissuto (abbandono degli studi, scarsa esperienza lavorativa...).
Se qualcuno mi rivolge la parola sembra che sia per farmi un piacere o per pena nei miei confronti, o comunque si aspetta gratitudine da me, perché dà per scontato che mi sia chiaro che il mio valore come persona è scarso rispetto al suo. A me non è chiaro e non mi piace il fatto che l'unico modo per andare """avanti""" sia fingere di stare al gioco.
So che il discorso è stato già affrontato all'infinito, anche da me, ma non mi sembra che ci sia una soluzione.

Si possono tirare fuori le solite frasi sulla sicurezza in se stessi, che secondo me non portano a nulla se i problemi sono reali.
Se al ristorante ti servono una merdа, possono pure presentartela sul vassoio d'argento e con la musica di accompagnamento, ma il gusto sarà comunque di merdа. Anzi, se te la servono in grande stile ti viene ancora più voglia di rimandarla al cuoco con tanto di insulti, farebbero una miglior figura se ti dicessero umilmente che si scusano tanto ma sfortunatamente non c'era nient'altro che la merdа in cucina.

Non c'è comunque molta differenza tra presentarsi agli altri come se fossimo consapevoli di essere merdе ed esserne effettivamente convinti, ogni scelta è umiliante e infelice e gli altri continueranno in ogni caso a vederti come una merdа e a riflettere su di te la loro opinione merdosа.

Si può dire, per quanto riguarda i problemi di "realizzazione personale" (aka "non morire di fame"), che "ognuno ha i suoi tempi", ma non è vero neanche questo. Il fallimento ed il ritardo nello studio e nel lavoro sono visti da gran parte delle persone come peccati terribili da cui bisogna redimersi con vergogna e con sofferenza. Chi ha questa gravissima colpa, secondo loro, ha il dovere morale di accettare qualsiasi critica in merito, di sentirsi un buono a nulla, di essere profondamente imbarazzato per la sua situazione e soprattutto di accettare la giusta punizione. Se chiedessimo a 100 persone a caso se, a loro parere, sarebbe giusto se qualcuno che è stato NEET per anni trovasse improvvisamente un lavoro interessante (esistono?) e ben pagato, secondo me almeno 90 risponderebbero di no. È come come chiedere perdono per i propri peccati nel momento che intercorre tra il calcio alla sedia e la rottura del collo ed andarsene comunque in paradiso.

"Non farci caso" è come negare la realtà e non credo che porti a molto.

Non lavori, non hai soldi e ti vergogni della tua situazione, trovi lavoro ma devi avere a che fare con gli altri, gli altri interagiscono con te come se dovessi vergognarti di esistere, ti vergogni di esistere, ti rifiuti di vergognarti di esistere, vorresti smettere di vederli ma devi lavorare, se abbandoni il lavoro si ripresenta il problema della disoccupazione...

Non so proprio che fare. Qualcuno qui vive, o ha vissuto in passato, una situazione simile?

Nightlights 02-02-2024 09:08

Re: Il peccato del fallimento.
 
Quando sono stato due anni disoccupato, con il rifiuto del lavoro causato dal mobbing, mi sentivo proprio come te. Mi ci è voluto molto tempo per "resettarmi" il cervello, facendo tentativi di breve durata, qualche volta andati pure male. Poi ho avuto culo di trovare un bel posto dove non si comportano di merda. E lì sono ripartito. Lo dico sempre, secondo me la chiave di tutto è un ambiente motivante, incoraggiante, con persone che si sanno comportare.

Crepuscolo 02-02-2024 09:31

Re: Il peccato del fallimento.
 
Io sono neet da sempre, da dieci anni, unica esperienza lavorativa un tirocinio. Forse tra un po' inizierò un lavoro di 4/5 ore al giorno in solitaria, già questo sarebbe un miracolo.
Sono talmente abituato ad essere visto come una nullità che mi va bene così, tanto sono socialmente isolato e penso di voler continuare ad esserlo anche in futuro.

Keith 02-02-2024 12:29

Re: Il peccato del fallimento.
 
Io ho problemi sul lavoro che da 20anni non riesco a risolvere. Ne ho provate molte, ma non ho aiuto ne solidarietà ne da colleghi, ne da sindacati. Per me questo è un fallimento poiché quasi tutti se non gli va bene un lavoro lo lasciano e cambiano, io no, ho troppa paura.

cancellato25407 02-02-2024 12:49

Re: Il peccato del fallimento.
 
Quote:

Originariamente inviata da Chamomile (Messaggio 2924012)
Buonasera, volevo parlare (di nuovo) di un problema che ripresenta continuamente quando sono costretta ad interagire con le persone e che forse qualcun altro ha affrontato...

Le persone, in generale, non hanno una buona opinione di me e per questo motivo si aspettano sempre che io faccia qualcosa per compensare le mie "mancanze", per redimermi dal fatto che ho fallito ripetutamente, sia per come sono nata (brutta, incapace in qualsiasi attività...) che per come ho vissuto (abbandono degli studi, scarsa esperienza lavorativa...).
Se qualcuno mi rivolge la parola sembra che sia per farmi un piacere o per pena nei miei confronti, o comunque si aspetta gratitudine da me, perché dà per scontato che mi sia chiaro che il mio valore come persona è scarso rispetto al suo. A me non è chiaro e non mi piace il fatto che l'unico modo per andare """avanti""" sia fingere di stare al gioco.
So che il discorso è stato già affrontato all'infinito, anche da me, ma non mi sembra che ci sia una soluzione.

Si possono tirare fuori le solite frasi sulla sicurezza in se stessi, che secondo me non portano a nulla se i problemi sono reali.
Se al ristorante ti servono una merdа, possono pure presentartela sul vassoio d'argento e con la musica di accompagnamento, ma il gusto sarà comunque di merdа. Anzi, se te la servono in grande stile ti viene ancora più voglia di rimandarla al cuoco con tanto di insulti, farebbero una miglior figura se ti dicessero umilmente che si scusano tanto ma sfortunatamente non c'era nient'altro che la merdа in cucina.

Non c'è comunque molta differenza tra presentarsi agli altri come se fossimo consapevoli di essere merdе ed esserne effettivamente convinti, ogni scelta è umiliante e infelice e gli altri continueranno in ogni caso a vederti come una merdа e a riflettere su di te la loro opinione merdosа.

Si può dire, per quanto riguarda i problemi di "realizzazione personale" (aka "non morire di fame"), che "ognuno ha i suoi tempi", ma non è vero neanche questo. Il fallimento ed il ritardo nello studio e nel lavoro sono visti da gran parte delle persone come peccati terribili da cui bisogna redimersi con vergogna e con sofferenza. Chi ha questa gravissima colpa, secondo loro, ha il dovere morale di accettare qualsiasi critica in merito, di sentirsi un buono a nulla, di essere profondamente imbarazzato per la sua situazione e soprattutto di accettare la giusta punizione. Se chiedessimo a 100 persone a caso se, a loro parere, sarebbe giusto se qualcuno che è stato NEET per anni trovasse improvvisamente un lavoro interessante (esistono?) e ben pagato, secondo me almeno 90 risponderebbero di no. È come come chiedere perdono per i propri peccati nel momento che intercorre tra il calcio alla sedia e la rottura del collo ed andarsene comunque in paradiso.

"Non farci caso" è come negare la realtà e non credo che porti a molto.

Non lavori, non hai soldi e ti vergogni della tua situazione, trovi lavoro ma devi avere a che fare con gli altri, gli altri interagiscono con te come se dovessi vergognarti di esistere, ti vergogni di esistere, ti rifiuti di vergognarti di esistere, vorresti smettere di vederli ma devi lavorare, se abbandoni il lavoro si ripresenta il problema della disoccupazione...

Non so proprio che fare. Qualcuno qui vive, o ha vissuto in passato, una situazione simile?

A me quasi nessuno dice nulla ma mi sento il peggior fallito per la mia situazione e in effetti è così, però al contempo nessuno mi dà l'accesso al suicidio assistito quindi datemi un lavoro da scimmia oppure andate a fanculo

Gray 02-02-2024 12:57

Inizialmente ero neet poi mi sono sbloccata grazie al servizio civile e al psico, anche la pedata al culo ha contribuito.
ho un lavoro che mi piace, ma con gli imprevisti dietro l'angolo che accentuano la mia dag.

vikingo 02-02-2024 13:14

Re: Il peccato del fallimento.
 
A me non frega più nulla di nulla vivo altrove e sono sereno..ci sono cose non dipeso dalla mia volontà.limportante e avere entrate al mese..e me le sono garantite.evitate di confrontarvi con altri pensate al vostro percorso..

Pablo Escoalbar 02-02-2024 13:49

Re: Il peccato del fallimento.
 
Quote:

Originariamente inviata da Chamomile (Messaggio 2924012)
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"Il fallimento ed il ritardo nello studio e nel lavoro sono visti da gran parte delle persone come peccati terribili da cui bisogna redimersi con vergogna e con sofferenza." questa è la mentalità media della nostra bella società postmoderna e individualista, ma il problema è di chi lo pensa. Molte persone realizzate che ho consociuto hanno abbandonato gli studi, o hanno iniziato in "ritardo" a lavorare.

"Se qualcuno mi rivolge la parola sembra che sia per farmi un piacere o per pena nei miei confronti, o comunque si aspetta gratitudine da me, perché dà per scontato che mi sia chiaro che il mio valore come persona è scarso rispetto al suo." Persone di merda che meriterebbero di lavorare in una miniera ottocentesca, bisogna reagire prima o poi, altrimenti si è complici del proprio malessere. Reagire può voler dire anche solo andarsene da un momento all'altro, senza farsi più vedere, e non mettersi a discutere o lottare.

"Se chiedessimo a 100 persone a caso se, a loro parere, sarebbe giusto se qualcuno che è stato NEET per anni trovasse improvvisamente un lavoro interessante (esistono?) e ben pagato, secondo me almeno 90 risponderebbero di no." problema loro, se ragionano di merda non ci si può fare niente.

"Non lavori, non hai soldi e ti vergogni della tua situazione, trovi lavoro ma devi avere a che fare con gli altri, gli altri interagiscono con te come se dovessi vergognarti di esistere, ti vergogni di esistere, ti rifiuti di vergognarti di esistere, vorresti smettere di vederli ma devi lavorare, se abbandoni il lavoro si ripresenta il problema della disoccupazione...". Prova a cambiare lavoro. Piuttosto scegli un lavoro di merda, senza fissarti di trovare il lavoro interessante (magari poi comunque lo trovi ), ma non fermarti in un posto se l'ambiente fa schifo e stai male. Si lavora per permettersi di vivere meglio, non per star male con in tasca la busta paga. Per il benessere personale, per le persone che mi sembra di aver capito che siamo in questo forum, meglio un lavoro di merda ma con colleghi belli, o perlomeno umani, che un lavoro affine ai propri interessi ma in un ambiente schifoso.

Sette decimi dei lavori che ho fatto erano lavori di merda, ma veramente di merda. Ognuno ha le sue caratteristiche personali, ci sono lavori che per me sono di merda che per un altro non sono male. Ma molti lavori che ho fatto io sono di merda per tutti. Ma avere un ambiente bello al lavoro (o anche solo colleghi che non rompevano i coglioni e mi trattavano da essere umano) è sempre stato un punto di forza. Poi i litigi ci sono stati, ma sono inevitabili, se si ha un pò di testa si litiga e poi si risolve. E quando ho vissuto situazioni personali schifose, come quelle che descrivi tu, da un minuto all'altro ho detto "sai che c'è, vaffanculo te e vaffanculo questo lavoro, ora me ne vado e non torno mai più qui, non aspetto neanche la fine della giornata", e non me ne sono MAI pentito.

Se avessi la possibilità di vivere senza lavorare lo farei, non sono uno che dice "se non lavori sei un coglione". Non lavorare è bello, lavorare è da schiavi, almeno che tu non faccia un lavoro che ti piace (che anche qui ci sarebbe una grande parentesi), in quel caso è tutto un altro discorso. Ma il mondo è quello che è, per sopravvivere ogni tanto bisogna fare lavori da schiavi. Quindi, se io fossi in te, per quel poco che posso immaginare della tua situazione, se avessi un minimo di risparmi che mi permettono di stare qualche mese senza lavorare manderei affanculo le persone di merda che ti fanno sentire così e cerchere un altro lavoro. Anche un lavoro "base", che tanto poi si può sempre lasciare, ma che magari è in un posto in cui incontri persone con cui è degno lavorare, e magari anche bello.

Maffo 02-02-2024 15:03

Re: Il peccato del fallimento.
 
Non credo che la gente sia così critica nei tuoi (o nostri) confronti, alla fin dei conti che gliene frega se te lavori, non lavori, hai studiato o meno.

Secondo me è più una percezione negativa perpetrata da tuoi genitori che ti ha condizionato il tuo modo di vedere il mondo.

Crepuscolo 02-02-2024 15:25

Re: Il peccato del fallimento.
 
Quote:

Originariamente inviata da Maffo (Messaggio 2924097)
Non credo che la gente sia così critica nei tuoi (o nostri) confronti, alla fin dei conti che gliene frega se te lavori, non lavori, hai studiato o meno.

Secondo me è più una percezione negativa perpetrata da tuoi genitori che ti ha condizionato il tuo modo di vedere il mondo.

Frega eccome alla gente, finché lavori e sei inserito non te ne rendi conto forse.

Maffo 02-02-2024 15:47

Re: Il peccato del fallimento.
 
Quote:

Originariamente inviata da Crepuscolo (Messaggio 2924106)
Frega eccome alla gente, finché lavori e sei inserito non te ne rendi conto forse.

Non ti preoccupare che ci son passato anch'io, alla grande ci son passato anche se non l'ho mai raccontato (ne mai lo farò).

Ed è proprio perché ci son passato che penso che alle volte noi siamo i peggiori nemici di noi stessi, e l' isolamento in alcuni casi contribuisce farti sentire come se tutti ce l'avessero con te, anche se la situazione in realtà potrebbe esser diversa, questo volevo dire :)

Crepuscolo 02-02-2024 16:01

Re: Il peccato del fallimento.
 
Quote:

Originariamente inviata da Maffo (Messaggio 2924107)
Non ti preoccupare che ci son passato anch'io, alla grande ci son passato anche se non l'ho mai raccontato (ne mai lo farò).

Ed è proprio perché ci son passato che penso che alle volte noi siamo i peggiori nemici di noi stessi, e l' isolamento in alcuni casi contribuisce farti sentire come se tutti ce l'avessero con te, anche se la situazione in realtà potrebbe esser diversa, questo volevo dire :)

A me lo dicevano chiaramente che non facevo niente e stavo sempre in casa.

CamillePreakers 02-02-2024 17:48

Re: Il peccato del fallimento.
 
io non sono mai stata neet sulla carta per più di qualche mese, ma ho attraversato periodi prolungati di tempo in cui sostanzialmente ero bloccata in un ciclo infinito di iniziare una cosa-mollarla-stare senza fare nulla qualche mese-iniziare una cosa-mollarla-stare senza fare nulla qualche mese....che è praticamente la stessa cosa, forse peggio perchè sembri completamente inaffidabile. sostanzialmente sono arrivata a un punto della mia vita in cui sono talmente tanto spaventata dalla possibilità di non riuscirmi a mantenere in futuro o allontanarmi dalla mia situazione famigliare in cui il pensiero che mi vedano come una persona fallita e strana è passato completamente in secondo piano. quando comunque mi ritrovo a interagire con persone e non voglio domande scomode mi limito a dirgli che ''prima di (attuale facoltà che ho quasi finito) ho lavorato'' e poi cambio argomento il più in fretta possibile, senza spiegare questo ciclo infinito di iniziare-mollare-iniziare-mollare-iniziare-mollare.

Varano 02-02-2024 17:56

Re: Il peccato del fallimento.
 
Quote:

Originariamente inviata da Chamomile (Messaggio 2924012)
Buonasera, volevo parlare (di nuovo) di un problema che ripresenta continuamente quando sono costretta ad interagire con le persone e che forse qualcun altro ha affrontato...



Le persone, in generale, non hanno una buona opinione di me e per questo motivo si aspettano sempre che io faccia qualcosa per compensare le mie "mancanze", per redimermi dal fatto che ho fallito ripetutamente, sia per come sono nata (brutta, incapace in qualsiasi attività...) che per come ho vissuto (abbandono degli studi, scarsa esperienza lavorativa...).

Se qualcuno mi rivolge la parola sembra che sia per farmi un piacere o per pena nei miei confronti, o comunque si aspetta gratitudine da me, perché dà per scontato che mi sia chiaro che il mio valore come persona è scarso rispetto al suo. A me non è chiaro e non mi piace il fatto che l'unico modo per andare """avanti""" sia fingere di stare al gioco.

So che il discorso è stato già affrontato all'infinito, anche da me, ma non mi sembra che ci sia una soluzione.



Si possono tirare fuori le solite frasi sulla sicurezza in se stessi, che secondo me non portano a nulla se i problemi sono reali.

Se al ristorante ti servono una merdа, possono pure presentartela sul vassoio d'argento e con la musica di accompagnamento, ma il gusto sarà comunque di merdа. Anzi, se te la servono in grande stile ti viene ancora più voglia di rimandarla al cuoco con tanto di insulti, farebbero una miglior figura se ti dicessero umilmente che si scusano tanto ma sfortunatamente non c'era nient'altro che la merdа in cucina.



Non c'è comunque molta differenza tra presentarsi agli altri come se fossimo consapevoli di essere merdе ed esserne effettivamente convinti, ogni scelta è umiliante e infelice e gli altri continueranno in ogni caso a vederti come una merdа e a riflettere su di te la loro opinione merdosа.



Si può dire, per quanto riguarda i problemi di "realizzazione personale" (aka "non morire di fame"), che "ognuno ha i suoi tempi", ma non è vero neanche questo. Il fallimento ed il ritardo nello studio e nel lavoro sono visti da gran parte delle persone come peccati terribili da cui bisogna redimersi con vergogna e con sofferenza. Chi ha questa gravissima colpa, secondo loro, ha il dovere morale di accettare qualsiasi critica in merito, di sentirsi un buono a nulla, di essere profondamente imbarazzato per la sua situazione e soprattutto di accettare la giusta punizione. Se chiedessimo a 100 persone a caso se, a loro parere, sarebbe giusto se qualcuno che è stato NEET per anni trovasse improvvisamente un lavoro interessante (esistono?) e ben pagato, secondo me almeno 90 risponderebbero di no. È come come chiedere perdono per i propri peccati nel momento che intercorre tra il calcio alla sedia e la rottura del collo ed andarsene comunque in paradiso.



"Non farci caso" è come negare la realtà e non credo che porti a molto.



Non lavori, non hai soldi e ti vergogni della tua situazione, trovi lavoro ma devi avere a che fare con gli altri, gli altri interagiscono con te come se dovessi vergognarti di esistere, ti vergogni di esistere, ti rifiuti di vergognarti di esistere, vorresti smettere di vederli ma devi lavorare, se abbandoni il lavoro si ripresenta il problema della disoccupazione...



Non so proprio che fare. Qualcuno qui vive, o ha vissuto in passato, una situazione simile?

Io fino ai 30 anni ho navigato sulla soglia di galleggiamento, laurea a 25, crisi, neet un anno, poi stage pagati due lire.
Conta il presente, ora ne ho 34 e ho battuto ogni più rosea previsione.
Non mi guardo mai indietro, so di avere svoltato e so che per molti non sarà mai abbastanza,.ma i risultati sono tangibili e clamorosi nel loro piccolo

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Forever Red 2 02-02-2024 17:57

Re: Il peccato del fallimento.
 
Quote:

Originariamente inviata da Keith (Messaggio 2924048)
Io ho problemi sul lavoro che da 20anni non riesco a risolvere. Ne ho provate molte, ma non ho aiuto ne solidarietà ne da colleghi, ne da sindacati. Per me questo è un fallimento poiché quasi tutti se non gli va bene un lavoro lo lasciano e cambiano, io no, ho troppa paura.

che lavoro fai?

CamillePreakers 02-02-2024 18:00

Re: Il peccato del fallimento.
 
laurea a 25 anni +neetagine di breve durata+ stage e svolta a trentanni però ormai è praticamente la normalità, almeno con molte lauree umanistiche.
concordo sul concentrarsi solo sul presente.

Svalvolato 02-02-2024 18:06

Re: Il peccato del fallimento.
 
Lavoro/scuola e amore/relazioni sociali sono i due ambiti dove per le persone non puoi fallire.

Quando ti chiedono da piccolo "Che cosa vorresti fare da grande?" o "Ce l'hai il/la fidanzatino/a?" sembrano domande innocenti ma in realtà fanno capire che per valere qualcosa per la maggior parte delle persone bisogna essere accompagnati e con un lavoro.

Io mi sentivo uno schifo quando non riuscivo a laurearmi (perlopiù in una facoltà umanistica, vista già di suo come un parcheggio). Praticamente ero considerato meno di una merda schiacciata.

Adesso da quel punto di vista sono "a posto" (almeno dal punto di vista di "visibilità esterna", poi in realtà non mi piace il lavoro ma altro non saprei fare e non ho le palle per cambiare col rischio quasi sicuro di trovarmi in una situazione peggiore), resta l'ambito sentimentale/relazionale che resterà per sempre a zero, e che comunque ti fa sembrare agli occhi della gente un perfetto fallito, fossi anche il CEO di Apple.

Crepuscolo 02-02-2024 18:24

Re: Il peccato del fallimento.
 
Io sono un caso estremo (pure all'interno del forum) senza lavoro e senza relazioni, l'unica cosa che posso fare è nascondermi come un topo di fogna ed evitare il più possibile i rapporti con le altre persone.
Mi piacerebbe vivere isolato come quei tizi che si vedono nei film americani, che abitano dentro le roulotte in mezzo ai boschi, dove nessuno mi vedrebbe.

Varano 02-02-2024 18:26

Re: Il peccato del fallimento.
 
Quote:

Originariamente inviata da Svalvolato (Messaggio 2924149)
Lavoro/scuola e amore/relazioni sociali sono i due ambiti dove per le persone non puoi fallire.



Quando ti chiedono da piccolo "Che cosa vorresti fare da grande?" o "Ce l'hai il/la fidanzatino/a?" sembrano domande innocenti ma in realtà fanno capire che per valere qualcosa per la maggior parte delle persone bisogna essere accompagnati e con un lavoro.



Io mi sentivo uno schifo quando non riuscivo a laurearmi (perlopiù in una facoltà umanistica, vista già di suo come un parcheggio). Praticamente ero considerato meno di una merda schiacciata.



Adesso da quel punto di vista sono "a posto" (almeno dal punto di vista di "visibilità esterna", poi in realtà non mi piace il lavoro ma altro non saprei fare e non ho le palle per cambiare col rischio quasi sicuro di trovarmi in una situazione peggiore), resta l'ambito sentimentale/relazionale che resterà per sempre a zero, e che comunque ti fa sembrare agli occhi della gente un perfetto fallito, fossi anche il CEO di Apple.

Concordo che non basta un lavoro normale per essere visti come persone rispettabili, però che ne sanno loro che l'alternativa era magari finire imbottito di farmaci in qualche reparto di psichiatria oppure in mezzo a una strada per davvero.
Poteva andare meglio? Con le premesse che c'erano a 13 anni magari sì, mi aspettavo una vita migliore di quella che faccio attualmente.
Ma a un certo punto ero davvero spacciato, a 26-27 anni ero messo molto male.

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muttley 02-02-2024 18:27

Re: Il peccato del fallimento.
 
Quote:

Originariamente inviata da Svalvolato (Messaggio 2924149)
Io mi sentivo uno schifo quando non riuscivo a laurearmi (perlopiù in una facoltà umanistica, vista già di suo come un parcheggio). Praticamente ero considerato meno di una merda schiacciata

Ti sentivi uno schifo ok, ma in che senso eri considerato quello che hai scritto? Ti piovevano addosso commenti di un certo tipo in continuazione?

Svalvolato 02-02-2024 18:43

Re: Il peccato del fallimento.
 
Quote:

Originariamente inviata da muttley (Messaggio 2924162)
Ti sentivi uno schifo ok, ma in che senso eri considerato quello che hai scritto? Ti piovevano addosso commenti di un certo tipo in continuazione?

In continuazione no (non frequentando posti e conoscendo tanta gente), ma quando frequentai per esempio un corso di inglese, a dire in cosa mi ero laureato una mi disse direttamente che sarei finito disoccupato. Un altro, solo perché laureato in architettura (quindi si considerava di default superiore) mi fece le stesse osservazioni, in maniera ancora più sprezzante e diretta, tanto che a distanza di oltre 10 anni lo ricordo ancora.

Tutta gente che manco conoscevo, ma si è sentita il diritto di giudicare la mia laurea e il mio percorso.
Comunque mollai il corso a metà solo per non vedere più le loro facce di merda.

Idem ad esempio dopo le superiori feci uno stage, e il sindaco mi chiese se avevo fatto lo scientifico o il classico (io sono ragioniere), e alla mia risposta sospirò e mi guardò come avesse visto un piccione morto sul marciapiede.
Certo, perché in un ufficio protocollo di un Comune di 4 anime in croce un diploma scientifico o classico sarebbe stato di sicuro più utile per prendere il numero di protocollo corretto.

muttley 02-02-2024 18:47

Re: Il peccato del fallimento.
 
Quote:

Originariamente inviata da Svalvolato (Messaggio 2924173)
Idem ad esempio dopo le superiori feci uno stage, e il sindaco mi chiese se avevo fatto lo scientifico o il classico (io sono ragioniere), e alla mia risposta sospirò e mi guardò come avesse visto un piccione morto sul marciapiede.
Certo, perché in un ufficio protocollo di un Comune di 4 anime in croce un diploma scientifico o classico sarebbe stato di sicuro più utile per prendere il numero di protocollo corretto.

A me è capitata la stessa cosa quando ho detto che ho fatto il classico.

CamillePreakers 02-02-2024 18:54

Re: Il peccato del fallimento.
 
a me sono già 6 le persone che senza che gli abbia detto nulla mi hanno incitato a fare la magistrale

Varano 02-02-2024 19:00

Re: Il peccato del fallimento.
 
Classico>scientifico>linguistico>ragioner ia>ITIS>professionale>CFP
Almeno per la logica comune, poi è tutto da vedere il vantaggio di fare una scuola piuttosto che un'altra. Certamente la classe dirigente italiana proviene da una ristretta cerchia di licei per gente benestante, università alla bocconi/cattolica/IULM.
Questa è la realtà oggettiva italiana, sentirsi dire da chi ha fatto facoltà scientifiche che ci si è laureati in scienze delle merendine è una cosa scontata.
C'è classismo in Italia, forse meno che da altre parti ma c'è. Da me chiedevano che lavoro fanno i tuoi genitori? Domande tutt'altro che disinteressate...quando dissi alla mia relatrice che ero figlio di operai, mi disse immagino la pressione che ti senti addosso.
Invece non mi sentivo nessuna pressione, semplicemente perché non ci avevo mai pensato o non me l'avevano fatto notare.
L'ostacolo era solo nella sua mente, io ero tranquillo e ignaro del mio futuro.
Più tardi ho realizzato che senza rete sociale avrei fatto il triplo della fatica.

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Keith 02-02-2024 19:10

Re: Il peccato del fallimento.
 
Quote:

Originariamente inviata da Forever Red 2 (Messaggio 2924144)
che lavoro fai?

Preferirei non specificare troppo, è il classico lavoro dipendente di livello medio-basso, però è su turni, non faccio mai lo stesso orario, può capitare una settimana che non faccio quasi niente e la settimana dopo 55 ore. Quella settimana da 55 ore per me, ma per chiunque, è un qualcosa di distruttivo, e ancora più distruttiva è l'ansia che precede. Nessuno è mai riuscito a risolvermi questo problema. Manca solo mettere l'avvocato, ma poi lì è guerra.
Qualcuno direbbe di mettersi in malattia, ma io non sono capace, anche perché poi ho un medico di base restio a dare malattie.. dovrei cambiarlo, dovrei cambiare lavoro, dovrei cambiare tutto.. ma non ho la forza per cambiare nulla.

XL 02-02-2024 19:18

Re: Il peccato del fallimento.
 
Il problema generale è trovare un modo di vivere che a noi stia abbastanza bene, e per me, per usare una metafora, è come dover riuscire a risolvere un'equazione con una marea di incognite senza essere mai certi che una soluzione esista.
Per questo poi c'è da un lato una spinta a cercare ancora di risolvere qualcosa e dall'altro il dubbio che si cerchi qualcosa che non si troverà mai, e ritorna l'idea del suicidio come sottoobiettivo di ripiego.
A me non sembra una cosa da malati di mente questa, per questo non comprendo perché le persone che hanno questa difficoltà le classificano così.

cancellato25407 02-02-2024 21:12

Quote:

Originariamente inviata da Varano (Messaggio 2924160)
Concordo che non basta un lavoro normale per essere visti come persone rispettabili, però che ne sanno loro che l'alternativa era magari finire imbottito di farmaci in qualche reparto di psichiatria oppure in mezzo a una strada per davvero.
Poteva andare meglio? Con le premesse che c'erano a 13 anni magari sì, mi aspettavo una vita migliore di quella che faccio attualmente.
Ma a un certo punto ero davvero spacciato, a 26-27 anni ero messo molto male.

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Io mi sento spacciato e ho l'etá che avevi tu quando ti sentivi anche così, però non mi sento affatto positivo,inoltre a differenza tua non ho alcuna laurea.

CamillePreakers 02-02-2024 21:16

Re: Il peccato del fallimento.
 
Quote:

Originariamente inviata da XL (Messaggio 2924200)
Il problema generale è trovare un modo di vivere che a noi stia abbastanza bene, e per me, per usare una metafora, è come dover riuscire a risolvere un'equazione con una marea di incognite senza essere mai certi che una soluzione esista.

una definizione perfetta

Varano 02-02-2024 21:25

Re: Il peccato del fallimento.
 
Quote:

Originariamente inviata da Fallitodepresso (Messaggio 2924240)
Io mi sento spacciato e ho l'etá che avevi tu quando ti sentivi anche così, però non mi sento affatto positivo,inoltre a differenza tua non ho alcuna laurea.

La laurea mi ha aiutato ma non è stata decisiva, l'importante è stato iniziare dal fondo, da un tirocinio pagato 300€ al mese di cui oltre 100 mi partivano per raggiungerlo con i mezzi. Li ho imparato un po' a comportarmi, a stare in un ufficio, a rapportarmi con le donne.
Prima ero selvatico, poco loquace e venivo da un periodo di depressione.
Poi ho tagliato la corda, sono andato all'estero perché non trovavo un lavoro pagato decentemente. Là non ce l'ho fatta, sono tornato senza una lira e sono ripartito facendo l'operaio qua.
Dopo una gavetta durata 4 anni ho avuto una promozione, ma è stato cruciale sbloccare la fase neet. Sebbene mi sfruttassero e basta, sebbene abbia perso due anni guadagnando il nulla, per una professione che non mi piaceva e anzi mi faceva ribrezzo.

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cancellato25407 02-02-2024 21:35

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Originariamente inviata da Varano (Messaggio 2924243)
La laurea mi ha aiutato ma non è stata decisiva, l'importante è stato iniziare dal fondo, da un tirocinio pagato 300€ al mese di cui oltre 100 mi partivano per raggiungerlo con i mezzi. Li ho imparato un po' a comportarmi, a stare in un ufficio, a rapportarmi con le donne.
Prima ero selvatico, poco loquace e venivo da un periodo di depressione.
Poi ho tagliato la corda, sono andato all'estero perché non trovavo un lavoro pagato decentemente. Là non ce l'ho fatta, sono tornato senza una lira e sono ripartito facendo l'operaio qua.
Dopo una gavetta durata 4 anni ho avuto una promozione, ma è stato cruciale sbloccare la fase neet. Sebbene mi sfruttassero e basta, sebbene abbia perso due anni guadagnando il nulla, per una professione che non mi piaceva e anzi mi faceva ribrezzo.

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L'operaio? Ma non lavori in ufficio?

Varano 02-02-2024 21:50

Re: Il peccato del fallimento.
 
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Originariamente inviata da Fallitodepresso (Messaggio 2924251)
L'operaio? Ma non lavori in ufficio?

Sì ma non ci sono arrivato dall'oggi domani, ho fatto anche il rider

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Darby Crash 02-02-2024 22:17

Re: Il peccato del fallimento.
 
Quote:

Originariamente inviata da Crepuscolo (Messaggio 2924158)
Io sono un caso estremo (pure all'interno del forum) senza lavoro e senza relazioni, l'unica cosa che posso fare è nascondermi come un topo di fogna ed evitare il più possibile i rapporti con le altre persone.
Mi piacerebbe vivere isolato come quei tizi che si vedono nei film americani, che abitano dentro le roulotte in mezzo ai boschi, dove nessuno mi vedrebbe.

anche io :mrgreen:
ma a differenza tua non mi piacerebbe vivere isolato, bensì sono rovinato da forti ambizioni sia riguardo al lavoro che riguardo alle relazioni

Varano 02-02-2024 22:32

Re: Il peccato del fallimento.
 
Quote:

Originariamente inviata da XL (Messaggio 2924200)
Il problema generale è trovare un modo di vivere che a noi stia abbastanza bene, e per me, per usare una metafora, è come dover riuscire a risolvere un'equazione con una marea di incognite senza essere mai certi che una soluzione esista.
Per questo poi c'è da un lato una spinta a cercare ancora di risolvere qualcosa e dall'altro il dubbio che si cerchi qualcosa che non si troverà mai, e ritorna l'idea del suicidio come sottoobiettivo di ripiego.
A me non sembra una cosa da malati di mente questa, per questo non comprendo perché le persone che hanno questa difficoltà le classificano così.

anche risolvendo la propria equazione, non è detto che gli altri approvino il nostro stile di vita. c'è il rischio di restare soli perché si sceglie una vita non convenzionale.

CamillePreakers 02-02-2024 22:34

Re: Il peccato del fallimento.
 
Quote:

Originariamente inviata da Darby Crash (Messaggio 2924272)
anche io :mrgreen:
ma a differenza tua non mi piacerebbe vivere isolato, bensì sono rovinato da forti ambizioni sia riguardo al lavoro che riguardo alle relazioni

abbraccia le tue forti ambizioni, ma accetta l'incertezza, siamo condannati a costruire il successo come se fosse una casa, un mattone alla volta, e senza assoluta certezza che arriverà nella forma iniziale che sognavamo.
ce la puoi fare.

vikingo 02-02-2024 22:36

Re: Il peccato del fallimento.
 
Io non potrei fare l'operaio non siamo tutti uguali ma so che non sarà facile ripartire senza corso di formazione..se di formi in un settore allora il discorso cambia

Varano 02-02-2024 23:08

Re: Il peccato del fallimento.
 
Quote:

Originariamente inviata da vikingo (Messaggio 2924287)
Io non potrei fare l'operaio non siamo tutti uguali ma so che non sarà facile ripartire senza corso di formazione..se di formi in un settore allora il discorso cambia

ognuno ha il suo percorso, non lo vedo come disonore sporcarsi le mani e fare un po' di gavetta. mio fratello si è saputo vendere meglio, ha ottenuto subito il lavoro buono da colletto bianco, ma gli manca la fame adesso. dà tutto per scontato, non ha stimoli.

un_lettore 02-02-2024 23:56

Re: Il peccato del fallimento.
 
Chamomile ...

Lo so che è in genere difficile, ma se sei disoccupata o quasi è invece più semplice cercare di non andare troppo dietro alle opinioni degli altri. Non hai l'impegno a gestire una relazione con colleghi e superiori, non hai l'impegno alla routine quotidiana che ti fa accumulare stress, e via dicendo.

Intendo dire ... Se la tua attuale quotidianità è quella di una persona disoccupata ma che comunque mangia e beve e ha un tetto sulla testa, allora non preoccuparti troppo.

Conosco bene entrambi i lati della barricata: sono stato disoccupato per ANNI ... e lì mi è mancata la terra sotto i piedi, e ho provato una angoscia che mai avevo conosciuto negli anni precedenti.

Ora ho un lavoro stabile, direi fisso. MI sento meglio? NO.

Si, ho uno stipendio ... Ma non è sufficiente a farmi sentire meglio.

Proprio oggi una persona (che potrebbe essere mia figlia) che vedo tutti i giorni mi ha chiesto: come va? E io: è venerdi, sono un pò stanco. E lei mi ha risposto: sei stanco e sei triste. Io le rispondo: si vede? Si, si vede.

Estraneo

Keith 03-02-2024 00:11

Re: Il peccato del fallimento.
 
Quote:

Originariamente inviata da Varano (Messaggio 2924243)
La laurea mi ha aiutato ma non è stata decisiva, l'importante è stato iniziare dal fondo, da un tirocinio pagato 300€ al mese di cui oltre 100 mi partivano per raggiungerlo con i mezzi. Li ho imparato un po' a comportarmi, a stare in un ufficio, a rapportarmi con le donne.
Prima ero selvatico, poco loquace e venivo da un periodo di depressione.
Poi ho tagliato la corda, sono andato all'estero perché non trovavo un lavoro pagato decentemente. Là non ce l'ho fatta, sono tornato senza una lira e sono ripartito facendo l'operaio qua.
Dopo una gavetta durata 4 anni ho avuto una promozione, ma è stato cruciale sbloccare la fase neet. Sebbene mi sfruttassero e basta, sebbene abbia perso due anni guadagnando il nulla, per una professione che non mi piaceva e anzi mi faceva ribrezzo.

avete le palle per cambiare, lasciare, partire, ricominciare.. io da 20 anni sempre la stessa sofferenza.. mai un cambiamento.

Varano 03-02-2024 00:36

Re: Il peccato del fallimento.
 
A volte si è costretti dalle circostanze...il mio titolare si ammalò gravemente ed ero certo che sarebbe morto nel giro di pochi mesi.
Allora, visto che non mi stabilizzava e che nessuno mi assumeva, ho preso la palla al balzo e sono andato all' estero senza un piano preciso. Fondamentalmente volevo tagliare i ponti con quel lavoro, dove neanche mi pagavano i contributi. La parentesi estera è stata in parte un fallimento, in parte una lezione. Sono tornato in Italia e un lavoro generico l'ho rimediato.
Poi ho cambiato ogni anno ma senza stravolgimenti.

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Non registrato 03-02-2024 04:41

Re: Il peccato del fallimento.
 
Certo che vivo una condizione simile, se parliamo del fenomeno "neet" io sono uno dei principi.
Ho abbandonato gli studi a quindici anni e mi sono rinchiuso in casa a giocare ai videogiochi (genitori fantastici a cui non fregava più niente e che hanno deciso di mantenermi come un animale domestico).
Adesso ho trentadue anni e sono ancora qua, che dire della vergogna?
C'è, ma è poco importante se si accetta di essere morti, insignificanti per la vita.
Quando incontro qualcuno racconto solo bugie, dico di stare lavorando come operaio, per evitare stigmatizzazioni, perché non è solo vergogna, essere cosi può portare il prossimo a diventare violento, strafottente, sentirsi superiore, quindi meglio dire sempre di avere la propria "indipendenza".
L'unica cosa importante sono i genitori che ci mantengono.
Il resto è irrilevante, se tu che leggi sei come me sai che non avrai mai la tua vita perché sei sfregiato troppo irreparabilmente.
Bisogna andare avanti come si può, lasciarsi alle spalle le vergogne.
Godere del godibile.


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