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XL 01-09-2014 21:10

La volpe e l'uva... Ma è una cura quella che mi serve?
 
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Supermanes 01-09-2014 21:22

Re: La volpe e l'uva... Ma è una cura quella che mi serve?
 
Quote:

Originariamente inviata da XL (Messaggio 1354730)
E' c'era bisogno di un luminare della scienza per elaborare un pensiero del genere?

Ti rispondo io, no! A me lo psicoterapeuta dice che quando avrò un lavoro e una ragazza starò bene, ed io penso "quanti libri di psicologia ci vogliono per affermare questo?!"

Non sarà facile accettare la situazione, non sarà facile conviverci ma non abbiamo molta scelta.

Noriko 01-09-2014 22:00

Re: La volpe e l'uva... Ma è una cura quella che mi serve?
 
Quote:

Originariamente inviata da XL (Messaggio 1354730)

A me sembra che, dal punto di vista pratico, non cambia nulla, l'uva è lassù e la volpe per certi motivi non vuole andare a prenderla mentre per certi altri desidera il sapore di quell'uva, il conflitto resta uguale e identico per me, anzi forse con una bugia la volpe poteva dirsi convinta di qualcosa, nel caso contrario la conflittualità tra intenzioni e situazione concreta esplode come una bomba

Forse la volpe non può andare prendere l'uva nonostante ne senta il bisogno... :pensando:

ConLeStelle 01-09-2014 22:34

Re: La volpe e l'uva... Ma è una cura quella che mi serve?
 
Le volpi non mangiano l'uva.

blueberry 02-09-2014 08:00

Re: La volpe e l'uva... Ma è una cura quella che mi serve?
 
Quote:

Originariamente inviata da Supermanes (Messaggio 1354738)
"quanti libri di psicologia ci vogliono per affermare questo?!"

ma perché non ci coalizziamo tutti rifiutando definitivamente questi grandi esperti coi quadretti dei loro titoli appesi alla parete a dimostrare il valore che non hanno? perlomeno avere nella vita la soddisfazione di saperli falliti e destinati a una doverosa estinzione, anziché ignominiosamente arricchiti con le nostre lacrime.
quelli che ti fanno le chiacchiere da ascensore, chi quelle da manualetto spicciolo da discount, casalinghe new age che ti abbracciano dopo aver acceso l'incensino profumato di fregnacce e riappacificazione universale di polistorolo. quelli "duri" che pensano di essere molto postmoderni e trasgressivamente incisivi nell'adottare la politica del "in realtà non vuoi guarire, cazzi tuoi - ma anche miei, ché intanto ti prosciugo le finanze-". Io poi in particolare sono perseguitata da quelli che alla fine anziché pensare a me come paziente, cercano la mia approvazione e la mia considerazione. L'apice del grottesco la raggiunsi con un illustre primario nonché insigne professore con tanto di schiera di lacchè pronti a sventolare piume di struzzo al suo passaggio, che non faceva che decantare sterilmente le mie doti per poi sciorinarmi i suoi successi (persino quelli sportivi :miodio: ) pur di strapparmi tiratissimi complimenti, con pena e imbarazzo (per lui) crescenti. poi però 150 euro a "seduta" ero io a doverglieli dare.
Per non menzionare l'ultima, ennesima delusione... io cominciavo a stare malissimo per le emofilie e febbri paranoiche insorte a causa delle subdole meschinità seminate dal mio non-ragazzo circa l'intimità del suo passato, e quella esauriva la mia dolorosa confusione con esternazioni di merda, superficiali, inopportune, senza tatto e del tutto fuori luogo, vòlte solo a sgradevolmente convincere in primis se stessa di essere una donna fica e di larghe vedute nonostante provenisse da un paesino sperduto della Sicilia.
veramente BASTA.
Se questa categoria "professionale" esiste ancora e purtroppo continuerà a esserci, è solo esclusivamente perché per non morire alla fine spesso si cede all'illusione psicologica della anche solo configurata possibilità di un appiglio a cui aggrapparsi vaneggiando speranza. Basterebbe pensare che sono esseri umani, "persone", per lapidare la tentazione di cedere a questa debolezza.

Ovviamente il tutto è uno sfogo personale, il mio vissuto. lungi da me sminuire chi sostiene di aver risolto i suoi mali con la psicoterapia; lo rispetto, ma guardandolo con la stessa fantascientifica costernazione di chi trova la sua salvezza nella religione.

muttley 02-09-2014 10:48

Re: La volpe e l'uva... Ma è una cura quella che mi serve?
 
XL devi capire che il socialismo, ovvero la ridistribuzione delle risorse può avvenire solo con ciò che è materiale e quantificabile, tangibile, oggettivo, oggettuale, tutto il resto afferisce al mondo della mente e come tale non può essere soggetto "parametrazioni" oggettive. Tu vorresti avere di più di quello che hai ma non vuoi impegnarti per averlo perché non ritieni giusto il sistema fondato su impegno e competizione, di conseguenza miri a una forma di ridistribuzione delle risorse in modo che tutti abbiano un poco invece che un sistema dove pochi hanno molto e molti hanno poco, dico bene? Orbene, questo lo puoi fare con le risorse materiali, non con quelle psicologiche, e non è nemmeno giusto pensare che il benessere psicologico derivi necessariamente da quello materiale. Insomma, o tu decidi di stare bene, o non starai mai bene, dimenticati di poter stare meglio grazie agli altri, perché è probabile che le tue strutture mentali ed emotive ti portino a cercare in qualche modo un alibi al tuo malessere. E' qualcosa di radicato in te, lo dovresti estirpare rivedendo i tuoi schemi emotivi dal principio.

ConLeStelle 02-09-2014 11:13

Re: La volpe e l'uva... Ma è una cura quella che mi serve?
 
La bugia dell'uva acerba può servire per mettersi a posto la coscienza facendo i conti con se stessi; per dire "non mi impegno perché tanto non ne vale la pena" e ci si sente a posto, ma in fondo alla coscienza resta l'amarezza dell'insuccesso.

La fatica di cui parli l'ho provata anch'io in ambito amoroso e la provo ancora in ambito amicale, nel senso che non sono riuscita ancora ad impegnarmi e affrontare la fatica relativa al consolidamento di un rapporto di amicizia.
Ma nel primo caso ci sono riuscita e credo che, in entrambi i casi, il meccanismo di fatica sia lo stesso, se non maggiore nel primo caso richiedendomi un grado di maggiore d'intimità.

Leggendo le tue parole, mi è venuto in mente che probabilmente la fatica non finirà mai, ma arriverai ad un punto in cui il piacere supera di gran lunga la fatica e sentirai che ne sarà valsa la pena.

Noriko 02-09-2014 14:20

Re: La volpe e l'uva... Ma è una cura quella che mi serve?
 
Forse sarebbe bene che gli psicologi fossero più sinceri, nel dire il motivo che si fa fatica a socializzare.

IL motivo è perché secondo me, noi non abbiamo certe capacità innate a farlo, a differenza di molti altri che riescono facilmente e spontaneamente.

Poi dobbiamo fare i conti con la nostra apatia che è quella una causa che impedisce nel provare piacere a relazionarci.

Tutto diventa uno sforzo e ci si chiede spesso se ne vale la pena...

Sei in buona compagnia come hai visto...

Blue_Moon 02-09-2014 14:27

Re: La volpe e l'uva... Ma è una cura quella che mi serve?
 
A leggere i vostri interventi devo ammettere di esser stata fortunata: la mia psicologa diceva che non dovevo sforzarmi di socializzare, che ci sono persone portate per avere molte relazioni ed altre no, e che non dovevo sentirmi diversa o sbagliata per questo :arrossire: Sentirmelo dire mi ha fatta sentire sollevata, quasi mi avesse restituito il permesso di essere me stessa :mrgreen:

ConLeStelle 02-09-2014 14:33

Re: La volpe e l'uva... Ma è una cura quella che mi serve?
 
Quote:

Originariamente inviata da Noriko (Messaggio 1355181)
Poi dobbiamo fare i conti con la nostra apatia che è quella una causa che impedisce nel provare piacere a relazionarci.

Tutto diventa uno sforzo e ci si chiede spesso se ne vale la pena...

.

Concordo. Questo è sicuramente uno dei motivi che spesso mi spinge a non approfondire i rapporti.

Oltre a questo, l'altro principale motivo, che ho ormai superato, credo riguardi la presenza di pensieri disfunzionali in base ai quali ci vediamo inadatti ed inferiori rispetto agli altri per vari motivi.
Vinto quest'ultimo, rimane comunque il primo, ma ci si sente molto meglio.

Ansiaboy 03-09-2014 09:49

Re: La volpe e l'uva... Ma è una cura quella che mi serve?
 
Quote:

Originariamente inviata da XL (Messaggio 1355674)
Le due cose non sono separate. Le risorse materiali spesso producono disagi psicologici. Prendi una persona che proviene da una famiglia povera e sbattila in un ambiente scolastico dove ci sono fighetti e la competizione per i partner sessuali dipende soprattutto da questo... Che succede?
Questa persona riuscirà ad instaurare relazioni significative?
E con quante probabilità potrà stare bene?

Se vogliamo raccontarci balle sostenendo che questi due ambiti sono separati, raccontiamocele, ma non è così poi nel concreto.
Quando spendevo poco per curare abbigliamento e altro, e spendevo poco perché la mia famiglia mi impediva di spendere di più, avevo oggettivamente meno successo nelle relazioni e me ne sono accorto sulla mia pelle.
Per fare certe cose ci vogliono comunque delle risorse... Vuoi fare una vacanza per conoscere gente nuova? Ti servono comunque i soldi per la vacanza e non solo la buona disposizione per andarci.

Fammi un esempio in cui io posso socializzare con l'altro sesso senza spendere un centesimo... Dove posso andare?

Un uomo senza reddito (o che ha scarse risorse economiche) viene escluso con altissime probabilità dalla competizione sessuale, è un dato di fatto, non è che questo fattore non incide per nulla poi su altre dinamiche.

Possiamo prendere in esame anche delle statistiche per vedere se e quanto il benessere materiale incide su quello psicologico.
Certo che poi se si sostiene che chi sta male psicologicamente è anche in una certa misura indigente e che se stesse bene psicologicamente starebbe bene anche materialmente... Si avrebbe sempre ragione (invertendo furbescamente le cause del malessere).

Io dico che qualcosa non regge in queste teorie, perché nel mondo così com'è regolato adesso qualcuno dovrà finire dietro per forza di cose. Già a monte non possono stare tutti bene, perciò come si fa a sostenere che il problema è locale ed interno all'individuo sostenendo che, se volessero, tutti potrebbero stare bene?
Anche tutti quelli che finiscono dietro per svariati motivi?

Poi questo della volontà è un giochetto magico, basta volerlo e si starà bene... Ma che significa? In concreto cosa si dovrà fare?

Questa teoria non può reggere totalmente, qualcosa la si dovrà rivedere.

secondo me non sono propriamente i beni materiali una cosa indiretta o diritta per la nostra felicità ma più che altro il contesto..

metti ad esempio un benestante borghese in una classe di poveri dei quartieri poveri di città..son quasi sicuro che il benestante starà molto insicuro e sara il meno socievole.. e magari coi soldi avrà piu successo nel reperire donne come partner sessuale, ok ma non per questo la sua felicità mentale sarà tra le migliori anzi.... il solo sesso mica rende felici, rende solp un gran piacere e basta

la felicità è qualcosa di puramente mentale

Ansiaboy 03-09-2014 10:38

Re: La volpe e l'uva... Ma è una cura quella che mi serve?
 
Quote:

Originariamente inviata da XL (Messaggio 1355712)
La favola di cenerentola non sarebbe mai esistita se fosse vera questa cosa qua.
Certo che magari in quel contesto lo accoltellano, ma rispetto alle partner amorose questa persona avrà un vantaggio non indifferente.

non a caso cenerentola viveva in un contesto di sorelle/matrigna che la trattavano male e la privano di molte libertà

e poi il principe non viveva giornalmente con loro

ConLeStelle 03-09-2014 19:22

Re: La volpe e l'uva... Ma è una cura quella che mi serve?
 
Quote:

Originariamente inviata da XL (Messaggio 1355710)
Per me se non si abbassa questa fatica in qualche modo le cose restano uguali. Come ti ho detto sopra non sono disposto proprio a faticare al di sopra di certe soglie anche se il guadagno fosse molto elevato.

Posso capire quello che dici, ma il mio ragionamento si basava su un livello di fatica più o meno costante ma protratto nel tempo, in cui la fatica aumenta solo in funzione del tempo, e non di livelli di fatica di intensità crescente in momenti più o meno ravvicinati.

Warlordmaniac 03-09-2014 19:36

Re: La volpe e l'uva... Ma è una cura quella che mi serve?
 
Quote:

Originariamente inviata da Blue_Moon (Messaggio 1355185)
A leggere i vostri interventi devo ammettere di esser stata fortunata: la mia psicologa diceva che non dovevo sforzarmi di socializzare, che ci sono persone portate per avere molte relazioni ed altre no, e che non dovevo sentirmi diversa o sbagliata per questo :arrossire: Sentirmelo dire mi ha fatta sentire sollevata, quasi mi avesse restituito il permesso di essere me stessa :mrgreen:

Perfetto. Da non trascurare questo post.

Winston_Smith 04-09-2014 01:55

Re: La volpe e l'uva... Ma è una cura quella che mi serve?
 
Quote:

Originariamente inviata da Blue_Moon (Messaggio 1355185)
A leggere i vostri interventi devo ammettere di esser stata fortunata: la mia psicologa diceva che non dovevo sforzarmi di socializzare, che ci sono persone portate per avere molte relazioni ed altre no, e che non dovevo sentirmi diversa o sbagliata per questo :arrossire: Sentirmelo dire mi ha fatta sentire sollevata, quasi mi avesse restituito il permesso di essere me stessa :mrgreen:

Un certo utente aspirante collega della tua psicologa potrebbe rischiare un coccolone a leggere questo post :mrgreen:

muttley 04-09-2014 20:30

Re: La volpe e l'uva... Ma è una cura quella che mi serve?
 
Quote:

Originariamente inviata da XL (Messaggio 1355674)
Le due cose non sono separate. Le risorse materiali spesso producono disagi psicologici. Prendi una persona che proviene da una famiglia povera e sbattila in un ambiente scolastico dove ci sono fighetti e la competizione per i partner sessuali dipende soprattutto da questo... Che succede?
Questa persona riuscirà ad instaurare relazioni significative?
E con quante probabilità potrà stare bene senza sviluppare forme di disagio psicologico?

Se vogliamo raccontarci balle sostenendo che questi due ambiti sono separati, raccontiamocele, ma non è così poi nel concreto.
Quando spendevo poco per curare abbigliamento e altro, e spendevo poco perché la mia famiglia mi impediva di spendere di più, avevo oggettivamente meno successo nelle relazioni e me ne sono accorto sulla mia pelle.
Per fare certe cose ci vogliono comunque delle risorse.
Vuoi fare una vacanza per conoscere gente nuova? Ti servono comunque i soldi per la vacanza e non solo la buona disposizione per andarci.

Fammi un esempio in cui io posso socializzare con l'altro sesso senza spendere un centesimo... Dove posso andare?

Un uomo senza reddito (o che ha scarse risorse economiche) viene escluso con altissime probabilità dalla competizione sessuale, è un dato di fatto, non è che questo fattore non incide per nulla poi su altre dinamiche.

Possiamo prendere in esame anche delle statistiche per vedere se e quanto il benessere materiale incide su quello psicologico.
Certo che poi se si sostiene che chi sta male psicologicamente è anche in una certa misura indigente e che se stesse bene psicologicamente starebbe bene anche materialmente... Si avrebbe sempre ragione (invertendo furbescamente le cause del malessere).

Io dico che qualcosa non regge in queste teorie, perché nel mondo sociale così com'è regolato adesso qualcuno dovrà finire dietro per forza di cose. Già a monte non possono stare tutti bene, perciò come si fa a sostenere che il problema è locale ed interno all'individuo sostenendo che, se volessero, tutti potrebbero stare bene?
Anche tutti quelli che finiscono dietro per svariati motivi potrebbero star bene?

Siamo nel mondo di "Alice nel paese delle meraviglie" in cui il Dodo sentenzia che hanno vinto tutti o che potenzialmente tutti possono vincere allo stesso tempo? Io guardandomi intorno non osservo affatto che ci troviamo in questo mondo qua.
Se le risorse vengono distribuite in base ad un qualsiasi criterio verranno sempre a crearsi gerarchie con persone che stanno molto più su e persone che stanno molto più giù.
Più si riconoscerà un qualsiasi criterio di distribuzione come giusto e corretto, lasciando l'individuo da solo a farsi carico di tutto, più il divario aumenterà, come sta già succedendo ora.

Ci sono persone che hanno avuto una vita sessuale appagante e moltissime relazioni e altre che non ne hanno avuta nessuna, e si continuerà sempre a sostenere che va tutto bene così, sono le persone che hanno perso all'interno di questa competizione che devono farsi piacere tutto questo e adattarsi... Se ci riescono.

Ma più la società circostante tenderà a fomentare la competizione in diversi settori, più le cose andranno male in tal senso, non c'è scampo, se poi questa competizione è qualcosa di ineliminabile, per me è ineliminabile il disagio, perché sempre ci saranno persone più brave e meno brave nel far certe cose, ed in base a questo persone che accumuleranno ricchezze e altre che staranno per strada, persone intelligenti in certi sensi che avranno riconosciuto il loro valore e persone meno intelligenti che verranno emarginate.

Basterebbe mandare tutti dai cognitivi-comportamentali e si risolvono tutti i problemi sociali di qualsiasi natura secondo te? Saranno tutti più felici e contenti?
Poi questo della volontà è un giochetto magico "basta volerlo e si starà bene"... Ma che significa? In concreto cosa si dovrà fare? E il bene che si guadagna in cosa consiste? Per me il benessere (anche psicologico) è qualcosa di molto concreto e tangibile, non un semplice stato mentale. Sono molto materialista, lo ammetto, ma in giro non è che vedo tante persone che stanno bene senza aver nulla e senza avere esperienze gratificanti in relazione a sforzi che per loro costituzionalmente risultino ragionevoli.

Questa teoria psicologica dell'assoluta responsabilità individuale o della volontà come se fosse un ente separato da tutto il resto non può reggere totalmente, qualcosa la si dovrà rivedere per me.

Devi distinguere tra psicologia di massa e psicologia individuale: la mancanza di risorse materiali in fette più o meno ampie della popolazione può creare disagi capaci di sfociare in atti di violenza e disgregazione. Cose invece come fobia sociale e depressione nascono da contesti privati, intimi, famigliari. Come ti spieghi che questi due ultimi disturbi sono maggiormente diffusi nelle socialdemocrazie scandinave e in paesi come il Giappone, dove assistiamo ai minimi livelli di sperequazione socio-economica?
Personalmente mi ritengo un materialista nella misura in cui affermo il primato delle condizioni materiali/ambientali/biologiche come scaturigine dei fenomeni di massa, ma sono altresì spiritualista quando affermo la possibilità da parte del singolo di fare affidamento sulle proprie risorse interiori al fine di acquisire il giusto equilibrio, anche in assenza di condizioni materiali ideali.

Ciò detto, qual è il punto a cui vuoi arrivare: vorresti di più materialmente ma non ritieni giusto l'impegno, la dedizione e il sacrificio tradizionalmente intesi dalla società della competizione e auspichi un sistema in grado di dare di più agli individui con minori sforzi?

muttley 04-09-2014 21:04

Re: La volpe e l'uva... Ma è una cura quella che mi serve?
 
Quote:

Originariamente inviata da XL (Messaggio 1356763)
Per me la fobia sociale sarà molto più presente là dove ci sono organizzazioni sociali competitive, sarà assente là dove queste forme di competizione non sono molto presenti. Più vengono create gerarchie sociali in relazione a forme di competizione, più verranno fuori persone che hanno paura del giudizio sociale, visto che questo rappresenta una forma di passaporto per avere poi qualche successo concreto e materiale nell'esistenza.

La fobia sociale nasce in seno alle situazioni famigliari, come del resto gli altri disturbi del carattere. Ritieni davvero che una persona cresciuta all'interno di una famiglia pressoché priva di particolari disfunzionalità, possa maturare un'indole problematica tramite il contatto con una società competitiva? Secondo me tali persone sono proprio coloro che riescono ad adattarsi maggiormente all'interno delle dinamiche relazionali più in voga. Inoltre ti rammento che il Giappone non è una società competitiva secondo i canoni occidentali: ha un'economia fondata sui principi del libero mercato ma all'interno delle aziende regnano schemi di natura collaborativa e si lavora per l'azienda stessa, non per l'autoaffermazione.

muttley 04-09-2014 22:02

Re: La volpe e l'uva... Ma è una cura quella che mi serve?
 
Quote:

Originariamente inviata da XL (Messaggio 1356791)
Sì, io prima di andare a scuola non soffrivo di alcun problema.

E' un po' come dire che prima di alzarti e camminare non avevi mai avvertito dolori ad una gamba lussata. Evidentemente i problemi erano già in nuce.


Quote:

Originariamente inviata da XL (Messaggio 1356791)
Ma poi di nuovo arriviamo sempre agli stessi termini "funzionale/disfunzionale"... Ma per far cosa?
Chi lo decide quali sono gli scopi esistenziali di un individuo e gli equilibri preferibili per lui?
Sempre tu?

Se una persona soffre interiormente per me non sta bene. E non è detto che questa persona soffra psicologicamente (e individualmente) per colpa delle mancanze materiali, altrimenti perché i tassi più alti di suicidio si verificherebbero nei paesi più ricchi? Si può vivere serenamente anche in assenza di determinate condizioni materiali, ciò che induce l'individuo a provare frustrazione è come lui orienta la sua vita emotiva, del resto siamo persone in grado di regolare e disciplinare la nostra emotività, se lo vogliamo (da adulti almeno). Insomma soffri se ti dai la possibilità di soffrire.


Quote:

Originariamente inviata da XL (Messaggio 1356791)
Non sono d'accordo, è un paese molto competitivo, per entrarci in un'azienda si devono superare molti step e una competizione serrata, poi per restarci bisogna sostenere ritmi di lavoro che poi ammazzano letteralmente certe persone.
E' una società competitiva secondo i canoni occidentali perché non direi che è un paese che si può dire comunista o anarco-comunista, è un paese in cui le gerarchie sono state estremizzate.

Nella competizione non esistono gerarchie reali, infatti vige la legge del più forte, dove in teoria chiunque può scavalcare chiunque altro in qualsiasi momento. In Giappone le gerarchie sono molto vincolanti, quasi "sacre" e non possono essere scavalcate da chicchessia con un colpo di testa. Il moderno capitalismo è fondato sul concetto del fare di più, della produttività, la gerarchia appartiene piuttosto ad un'impostazione mentale di tipo pre-moderno, quasi feudale.

muttley 05-09-2014 08:28

Re: La volpe e l'uva... Ma è una cura quella che mi serve?
 
Quote:

Originariamente inviata da XL (Messaggio 1356970)
Io poi ho proposto una cosa. Ho detto: proviamo a dare un migliaio di euro (equivalenti in potere di acquisto) vita natural durante a certe persone che vengono definite disagiate mentali che sono disoccupate o senza reddito, e vediamo che succede.

Stai indirettamente implicando che la maggioranza delle persone iscritte a un forum come questo faccia parte di fasce di reddito medio-basse e/o disagiate. Hai mai provato a controllare le statistiche sull'incidenza dei disturbi caratteriali nei paesi avanzati e confrontarle con quelle dei paesi poveri? Hai mai provato a confrontare le statistiche dell'incidenza dei disturbi stessi nei paesi ricchi a seconda del ceto e del censo? Ne ricaveresti delle sorprese...

Quote:

Originariamente inviata da XL (Messaggio 1356970)
Cosa mi dici al riguardo?
Secondo te non starebbero meglio?
E' falso questo?
Che questa cosa aiuterebbe un depresso disoccupato molto più di uno psicofarmaco o una psicoterapia sarebbe assolutamente falso?
In base a cosa lo si afferma?
Hanno mai provato a farlo?

Più facile che la depressione sia la causa non la conseguenza dell'assenza di lavoro (sempre in base alle statistiche, la seconda causa di invalidità al lavoro è proprio la depressione)



Quote:

Originariamente inviata da XL (Messaggio 1356970)
Prima di affermare che qualcosa è vero o falso, non si dovrebbe provarlo?
Io dico che "non è detto che non è detto" se non l'hanno mai provato che non c'è correlazione tra queste variabili (variabile relativa al benessere materiale/benessere mentale) visto che non si è mai tentato di cambiare una delle due per vedere poi all'altra che succede.



Ci risiamo: sai quali sono i paesi che danno il reddito sociale più alto per i disoccupati? Quelli scandinavi, e sai quali sono i paesi col più più alto tasso di depressi? Sempre i paesi scandinavi



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Originariamente inviata da XL (Messaggio 1356970)
Ma come si fa a stabilire che "la gamba lussata" è un problema in nuce? Se la gamba praticamente prima non lo è mai stata non lussata, come si fa a sostenere che questa cosa è una malattia e non una caratteristica individuale di quella persona?

Certo, se vivessimo in un mondo dove tutti hanno le gambe lussate, non sarebbe più un problema, quindi se vivessimo in un mondo dove tutti sono fobici, la fobia stessa non costituirebbe più motivo di disagio...ma ce lo vedi un mondo del genere? Non vi sarebbe più comunicazione né interazione tra individui, di conseguenza la società non potrebbe esistere, perché la comunicazione stessa è il fondamento della sua esistenza.

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Originariamente inviata da XL (Messaggio 1356970)
Il problema e la soluzione del problema lo decidono gli altri quale sia, la persona portatrice del disagio non ha voce in capitolo.

Se una persona è insicura e/o fobica, ella è la principale causa dei suoi problemi, in quanto ha una bassissima opinione di sé...purtroppo l'errore di fondo è sempre il solito: scambiare le conseguenze per le cause. Uno si autosvaluta e inizia a gettare le basi per pregiudicarsi possibilità e opportunità tramite l'evitamento, ma preferisce cullarsi nella confortante auto assoluzione che lo porta a dire che la colpa è degli altri.


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Originariamente inviata da XL (Messaggio 1356970)
I tassi più alti di suicidio ci saranno nelle società che costruiscono gerarchie nella divisione dei beni ed in cui c'è qualcosa da dividere, secondo me. Si deve verificare la cosa ovviamente, però in micro-contesti si potrebbe osservare che è così.

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Originariamente inviata da XL (Messaggio 1356970)
In Giappone dirigente ed operaio hanno lo stesso reddito?


Eppure in Giappone la differenza reddittuale in proporzione tra un operaio e un dirigente è 1: 2,5 mentre in occidente è 1:14...per non parlare dei paesi africani, dove il divario tra ricchi e poveri è ancora maggiore, ma i tassi di suicidio sono bassissimi. Come vedi non é la sperequazione retributiva (che va comunque combattuta) ad essere alla base dei problemi psicologici individuali.

Ansiaboy 05-09-2014 08:46

Re: La volpe e l'uva... Ma è una cura quella che mi serve?
 
Quote:

Originariamente inviata da muttley (Messaggio 1356772)
La fobia sociale nasce in seno alle situazioni famigliari, come del resto gli altri disturbi del carattere. Ritieni davvero che una persona cresciuta all'interno di una famiglia pressoché priva di particolari disfunzionalità, possa maturare un'indole problematica tramite il contatto con una società competitiva? Secondo me tali persone sono proprio coloro che riescono ad adattarsi maggiormente all'interno delle dinamiche relazionali più in voga. Inoltre ti rammento che il Giappone non è una società competitiva secondo i canoni occidentali: ha un'economia fondata sui principi del libero mercato ma all'interno delle aziende regnano schemi di natura collaborativa e si lavora per l'azienda stessa, non per l'autoaffermazione.



avete ragioni entrambi e.. la fobia sociale nasce/può nascere sia in contesti intimi sia per il giudizio sociale..

anzi spesso nasce in contesti intimi dove si mette constantemente sotto giudizio il figlio che probabilmente sarà affetto da fobia sociale. dicendogli frasi "sei inutile, sei un fallito, sei un buono a nulla, non combinerai niente nella vita" il giudizio esterno tipo i voti di matematica bassi influiscono essenzialmente nelle persone già disturbate riguardo la competizione..

e ripeto parecchi studenti italiani se ne sb@tte allegramente di un 3 in compito :ridacchiare:
gli italiani sono il popolo dei disoccupati contenti di essere tali e degli imbroglioni e raccomandazioni

non è solo perche ci sono piu casi di suicidio tra i disoccupati significa che la maggioranza dei disoccupati italiani è sull'orlo del suicidio

muttley 05-09-2014 09:24

Re: La volpe e l'uva... Ma è una cura quella che mi serve?
 
E' impossibile pensare di dare lo stesso reddito a lavoratori e disoccupati, così facendo si viene a creare una tale svalutazione della prestazione lavorativa da indurre tutti a desiderare di non lavorare. Perché una persona dovrebbe sacrificarsi per 8 e più ore al giorno senza che questo investimento di tempo e risorse venga riconosciuto da un congruo stipendio? Allora è meglio creare una società non fondata sul lavoro materiale degli individui, dove virtualmente ogni persona sia dispensata dall'impellenza di lavorare.
Ciò detto, continuo a ripetere che i disturbi della personalità hanno maggiormente a che fare con l'investimento affettivo elargito in ambito famigliare dai nostri caregivers (chiamali genitori o chi per loro) e il loro superamento, una volta raggiunta l'età adulta, è comunque affrontabile anche da soli. Il reddito afferisce alla sfera del sostentamento materiale, ma si può vivere bene interiormente anche senza.

Ansiaboy 05-09-2014 09:29

Re: La volpe e l'uva... Ma è una cura quella che mi serve?
 
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Originariamente inviata da muttley (Messaggio 1357003)
E' impossibile pensare di dare lo stesso reddito a lavoratori e disoccupati, così facendo si viene a creare una tale svalutazione della prestazione lavorativa da indurre tutti a desiderare di non lavorare. Perché una persona dovrebbe sacrificarsi per 8 e più ore al giorno senza che questo investimento di tempo e risorse venga riconosciuto da un congruo stipendio? Allora è meglio creare una società non fondata sul lavoro materiale degli individui, dove virtualmente ogni persona sia dispensata dall'impellenza di lavorare.
Ciò detto, continuo a ripetere che i disturbi della personalità hanno maggiormente a che fare con l'investimento affettivo elargito in ambito famigliare dai nostri caregivers (chiamali genitori o chi per loro) e il loro superamento, una volta raggiunta l'età adulta, è comunque affrontabile anche da soli. Il reddito afferisce alla sfera del sostentamento materiale, ma si può vivere bene interiormente anche senza.


anche tu muttley sembra che sottovaluti i contesti familiari quanto siano pesantie opprimenti
e liquidi la coda " è che si vuole crogiolare" troppo bello fosse cosi semplice

muttley 05-09-2014 09:36

Re: La volpe e l'uva... Ma è una cura quella che mi serve?
 
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Originariamente inviata da Ansiaboy (Messaggio 1357006)
anche tu muttley sembra che sottovaluti i contesti familiari quanto siano pesantie opprimenti
e liquidi la coda " è che si vuole crogiolare" troppo bello fosse cosi semplice

Non sottovaluto i contesti famigliari, anzi sono il primo a sottolinearne l'aspetto determinante nella genesi delle problematiche caratteriali, però sostengo che una volta superata l'età della formazione l'individuo sia in grado di conoscersi e cominciare a diventare responsabile dei propri stati emotivi. Un conto è avere 15 anni, un conto è averne 40.

Ansiaboy 05-09-2014 09:37

Re: La volpe e l'uva... Ma è una cura quella che mi serve?
 
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Originariamente inviata da XL (Messaggio 1357009)
Se si può vivere bene interiormente senza reddito, si può vivere bene senza una donna, senza sesso e così via... Si può vivere bene in qualsiasi contesto. Se mi avessi convinto dovrei arrivare ad affermare che si può vivere bene sempre :mrgreen:.
Ma non mi hai convinto tanto, per la verità. Se adesso posso vivere bene perché non vivo bene?

una cosa è esser completamente senza soldi, un altra averli comunque un po da spenderli per organizzar meglio le uscite e far sesso :mrgreen:

muttley 05-09-2014 09:38

Re: La volpe e l'uva... Ma è una cura quella che mi serve?
 
Quote:

Originariamente inviata da XL (Messaggio 1357009)
Ma non mi hai convinto tanto, per la verità. Se adesso posso vivere bene perché non vivo bene?

Per sopravvivere materialmente devi mangiare e bere, per sopravvivere spiritualmente chi ha detto che serve per forza avere una relazione e/o degli amici? Attenzione, non affermo l'idea che queste cose siano poco importanti ma non sono indispensabili. Ricordati la differenza tra ciò che è importante e ciò che è indispensabile.

Ansiaboy 05-09-2014 09:40

Re: La volpe e l'uva... Ma è una cura quella che mi serve?
 
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Originariamente inviata da muttley (Messaggio 1357010)
Non sottovaluto i contesti famigliari, anzi sono il primo a sottolinearne l'aspetto determinante nella genesi delle problematiche caratteriali, però sostengo che una volta superata l'età della formazione l'individuo sia in grado di conoscersi e cominciare a diventare responsabile dei propri stati emotivi. Un conto è avere 15 anni, un conto è averne 40.

il fatto è che più passano gli anni e più diventa difficile cambiare
bisogna tener conto anche di questo

muttley 05-09-2014 09:41

Re: La volpe e l'uva... Ma è una cura quella che mi serve?
 
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Originariamente inviata da Ansiaboy (Messaggio 1357014)
il fatto è che più passano gli anni e più diventa difficile cambiare
bisogna tener conto anche di questo

La differenza è che da ragazzi si può cambiare anche solo in base alle esperienze, senza riflettere su se stessi e fare autocoscienza. Da adulti è più difficile cambiare solo esponendosi a nuove situazioni di vita, ma si è più maturi e si può più facilmente affrontare un percorso di autoconsapevolezza e cambiamento.

Winston_Smith 05-09-2014 14:29

Re: La volpe e l'uva... Ma è una cura quella che mi serve?
 
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Originariamente inviata da muttley (Messaggio 1356984)
Se una persona è insicura e/o fobica, ella è la principale causa dei suoi problemi, in quanto ha una bassissima opinione di sé...purtroppo l'errore di fondo è sempre il solito: scambiare le conseguenze per le cause. Uno si autosvaluta e inizia a gettare le basi per pregiudicarsi possibilità e opportunità tramite l'evitamento

:miodio: Che concezione terribile e deleteria, che pensiero disfunzionale :miodio:

Questa bassissima opinione di sé da dove viene? Dalle stelle (cit.)? O la persona si diverte a pensar male di sé stessa per hobby?
"Uno si autosvaluta": così, dalla sera alla mattina. Il giorno prima tutto a posto, il giorno dopo si alza e decide di sputarsi in faccia davanti allo specchio e cominciare a crearsi tutta una serie di difficoltà di socializzazione.

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Originariamente inviata da muttley (Messaggio 1356984)
purtroppo l'errore di fondo è sempre il solito: scambiare le conseguenze per le cause

Eh già, appunto.

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Originariamente inviata da muttley (Messaggio 1356984)
ma preferisce cullarsi nella confortante auto assoluzione che lo porta a dire che la colpa è degli altri.

Invece arrivi tu e invece di dirgli che non si possono colpevolizzare gli altri in blocco, gli dici che è colpa sua, bravo bene bis (cit.)

muttley 05-09-2014 14:46

Re: La volpe e l'uva... Ma è una cura quella che mi serve?
 
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Originariamente inviata da Winston_Smith (Messaggio 1357236)
Questa bassissima opinione di sé da dove viene? Dalle stelle (cit.)? O la persona si diverte a pensar male di sé stessa per hobby?
"Uno si autosvaluta": così, dalla sera alla mattina. Il giorno prima tutto a posto, il giorno dopo si alza e decide di sputarsi in faccia davanti allo specchio e cominciare a crearsi tutta una serie di difficoltà di socializzazione.

Se tu sei convinto che le idee che esponi sul forum sono giuste e non vuoi retrocedere di un passo sulle tue assunzioni, lo fai perché sono stati i continui attestati di stima ricevuti nel forum stesso (o anche al di fuori da esso) a convincerti della bontà delle tue idee? O ne sei convinto indipendentemente dal numero di "fans" che hai raccolto? :D
Ecco, una persona dovrebbe arrivare a maturare ugualmente una buona concezione di sé e del proprio valore senza troppo badare alle conferme altrui, allo stesso modo di come fa con le proprie idee.


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Originariamente inviata da Winston_Smith (Messaggio 1357236)
Invece arrivi tu e invece di dirgli che non si possono colpevolizzare gli altri in blocco, gli dici che è colpa sua, bravo bene bis (cit.)

O bella: non colpevolizzare gli altri in blocco non è forse un'idea in conformità alle tue filippiche anti generalizzazione?

Winston_Smith 05-09-2014 14:52

Re: La volpe e l'uva... Ma è una cura quella che mi serve?
 
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Originariamente inviata da muttley (Messaggio 1357251)
Ecco, una persona dovrebbe arrivare a maturare ugualmente una buona concezione di sé e del proprio valore senza troppo badare alle conferme altrui, allo stesso modo di come fa con le proprie idee.

Dipende da qual è l'ambito nel quale si matura una certa opinione di sé.
Le idee uno se le può anche tenere per sé, non servono da sole per socializzare (magari fosse così).
Ma se si parla di socializzazione i feedback esterni positivi sono indispensabili (se uno becca solo feedback negativi non può socializzare).

Quote:

Originariamente inviata da muttley (Messaggio 1357251)
O bella: non colpevolizzare gli altri in blocco non è forse un'idea in conformità alle tue filippiche anti generalizzazione?

Infatti ho detto che invece di invitare a non colpevolizzare gli altri in blocco (su cui sarei d'accordo), tu te ne esci dicendo che è colpa del singolo.

muttley 05-09-2014 14:57

Re: La volpe e l'uva... Ma è una cura quella che mi serve?
 
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Originariamente inviata da XL (Messaggio 1357022)
Ma queste cose le avete imparate a memoria e le ripetete sempre uguali?
Dovresti chiederti prima di tutto io cosa davvero voglio cambiare che non mi sta bene per sapere se esiste per me questo percorso.
In base a quel che so non esiste, poi se viene fuori qualche informazione pertinente che non verta sempre sul fatto che "non voglio fare certe cose" la utilizzerò a mio vantaggio.

Dovresti spiegare meglio ciò di cui sei alla ricerca: vuoi una società differente, quella attualmente vigente non ti sta bene, onde per cui non ti resta che cambiarla. Io non sono un fautore del cambiamento a tutti i costi, esiste anche l'opzione della rassegnazione positiva, ma mi pare essa non vada tanto per la maggiore tra gli eterni scontenti, mentre invece l'opzione contraddittoria e generatrice di frustrazione della rassegnazione negativa (lamentarsi senza attivarsi per cambiare le cose che non ci piacciono) mi pare assai diffusa in ogni ambito.


Quote:

Originariamente inviata da XL (Messaggio 1357022)
Se sono io a giudicare male qualcuno e questo qualcuno me lo farà notare, non sosterrò di certo che è stato lui ad autogiudicarsi male, perché a giudicarlo male sono stato proprio io, e me ne assumo la piena responsabilità.

Ti sei mai chiesto come mai esistono persone che pur ricevendo in continuazione attacchi e contestazioni alle proprie idee, comportamenti o altro, non sembrano curarsene più di tanto? In cosa consiste il discrimine tra una persona che, in seguito ad una critica, se la prende ed un'altra che non dà troppo peso alla critica? La mia idea è che la prima dà peso alla critica perché è essa stessa, in primis, a soffrirne e ad elevarla intimamente a feroce motivo di autocritica. Spero sia chiaro il concetto.

muttley 05-09-2014 15:04

Re: La volpe e l'uva... Ma è una cura quella che mi serve?
 
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Originariamente inviata da Winston_Smith (Messaggio 1357264)
Dipende da qual è l'ambito nel quale si matura una certa opinione di sé.
Le idee uno se le può anche tenere per sé, non servono da sole per socializzare (magari fosse così).
Ma se si parla di socializzazione i feedback esterni positivi sono indispensabili (se uno becca solo feedback negativi non può socializzare).

Sembra emergere l'idea che le persone che hanno conquistato determinati riconoscimenti, li abbiano ricevuti in assenza di una previa opinione di se stessi. Eppure esiste un momento in cui tutti partiamo "da zero", il momento del primo contatto con l'ambito sociale (coincidente in genere con l'ingresso nel mondo scolastico): perché alcuni diventano "popolari" e altri no? Solo in rapporto al numero di volte in cui si sono sentiti dire "bravo" o "come sei simpatico"? La prima opinione che un individuo ha di sé nasce in ambito famigliare, che è anche il periodo più delicato, neurologicamente parlando, quello della prima "potatura", quando si iniziano a costituire le connessioni neuronali che portano alla prima formazione del sé.
Si legge spesso, in questo forum, di utenti che hanno maturato una pessima opinione relativamente all'idea di piacere all'altro sesso: siamo sicuri che tali individui non partissero già con un'opinione negativa alla base di tutto? Ad esempio uno che si descrive socialmente imbranato e con la faccia da tontolone, per me non ha una buona opinione di sé relativamente al proprio carisma sociale :occhiali:

Winston_Smith 05-09-2014 15:11

Re: La volpe e l'uva... Ma è una cura quella che mi serve?
 
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Originariamente inviata da muttley (Messaggio 1357277)
Sembra emergere l'idea che le persone che hanno conquistato determinati riconoscimenti, li abbiano ricevuti in assenza di una previa opinione di se stessi.

Forse sì, forse no. Non mi sembra per forza determinante. E' invece determinante IMHO, ai fini del nostro argomento di discussione, capire se quei riconoscimenti (mancati o no), soprattutto quelli ricevuti in età critiche, abbiano contribuito a creare una certa opinione di sé stessi.

Quote:

Originariamente inviata da muttley (Messaggio 1357277)
Eppure esiste un momento in cui tutti partiamo "da zero", il momento del primo contatto con l'ambito sociale (coincidente in genere con l'ingresso nel mondo scolastico): perché alcuni diventano "popolari" e altri no? Solo in rapporto al numero di volte in cui si sono sentiti dire "bravo" o "come sei simpatico"?

Può darsi, almeno in certi casi.
La mancata rispondenza ai requisiti solitamente richiesti per ottenere l'approvazione sociale può portare a feedback negativi => delusione => bassa autostima.

Quote:

Originariamente inviata da muttley (Messaggio 1357277)
La prima opinione che un individuo ha di sé nasce in ambito famigliare, che è anche il periodo più delicato, neurologicamente parlando, quello della prima "potatura", quando si iniziano a costituire le connessioni neuronali che portano alla prima formazione del sé.

Anche (e forse soprattutto) in quel caso, non si potrebbe dire che la colpa della bassa opinione di sé è principalmente della persona stessa.

Quote:

Originariamente inviata da muttley (Messaggio 1357277)
Si legge spesso, in questo forum, di utenti che hanno maturato una pessima opinione relativamente all'idea di piacere all'altro sesso: siamo sicuri che tali individui non partissero già con un'opinione negativa alla base di tutto?

Ma partissero da quando? Durante lo svezzamento? Da una vita precedente?
E da dove gli sarebbe venuta, questa opinione negativa?

Quote:

Originariamente inviata da muttley (Messaggio 1357277)
Ad esempio uno che si descrive socialmente imbranato e con la faccia da tontolone, per me non ha una buona opinione di sé relativamente al proprio carisma sociale :occhiali:

Again: anche ammesso che l'ultima frase sia vera, da dove nasce questa non buona opinione di sé? Da un voto fatto alla Madonna subito dopo aver imparato a parlare? "Ho deciso: da oggi e per tutta la mia vita mi considererò sempre una merda, anche se attorno vedo solo persone amorevoli"?

Ansiaboy 05-09-2014 15:17

Re: La volpe e l'uva... Ma è una cura quella che mi serve?
 
Quote:

Originariamente inviata da muttley (Messaggio 1357277)
Sembra emergere l'idea che le persone che hanno conquistato determinati riconoscimenti, li abbiano ricevuti in assenza di una previa opinione di se stessi. Eppure esiste un momento in cui tutti partiamo "da zero", il momento del primo contatto con l'ambito sociale (coincidente in genere con l'ingresso nel mondo scolastico): perché alcuni diventano "popolari" e altri no? Solo in rapporto al numero di volte in cui si sono sentiti dire "bravo" o "come sei simpatico"? La prima opinione che un individuo ha di sé nasce in ambito famigliare, che è anche il periodo più delicato, neurologicamente parlando, quello della prima "potatura", quando si iniziano a costituire le connessioni neuronali che portano alla prima formazione del sé.
Si legge spesso, in questo forum, di utenti che hanno maturato una pessima opinione relativamente all'idea di piacere all'altro sesso: siamo sicuri che tali individui non partissero già con un'opinione negativa alla base di tutto? Ad esempio uno che si descrive socialmente imbranato e con la faccia da tontolone, per me non ha una buona opinione di sé relativamente al proprio carisma sociale :occhiali:


quello che dici non significa niente, è l'ambiente familiare nei primi anni di vita a influenzarti per il resto della vita, che ci piaccia oppure no.
quando noi andiamo a scuola per la prima volta non partiamo PER NULLA da zero perche l'ambiente familiare ci avrà già un tantinello influenzati e buona parte delle nostre opinioni su se stessi sarà influenzato proprio dall'ambiente familiare. questo sempre anche se più passeranno gli anni e piu saremmo indipendenti dai primi giudizi familiari fatti quando eravamo infanti fatto sta che saremmo più indipendenti, maturi e consapevoli non è detto che sia una passeggiata cambiare sopratutto in base al fatto che più si invecchia piu è difficile cambiare


dai tuoi discorsi sembra che passati i 15anni se non cambi sei uno sfig@to, purtroppo nella vita certe cicatrici ci rimangono.. potresti dire invece che nonostante certe cicatrici rimangano non significa che almeno parzialmeno non possiamo migliorare.

muttley 05-09-2014 15:23

Re: La volpe e l'uva... Ma è una cura quella che mi serve?
 
Quote:

Originariamente inviata da Winston_Smith (Messaggio 1357278)
Ma partissero da quando? Durante lo svezzamento? Da una vita precedente?
E da dove gli sarebbe venuta, questa opinione negativa?

Ricordo che in un apposito topic, diversi utenti scrissero che non ci provavano perché l'eventualità del rifiuto sarebbe stata per loro ingestibile in termini di autostima e morale...come facevano a saperlo se non ci avevano mai provato? Quali feedback negativi avrebbero ricevuto se non avevano mai avuto esperienze? Non credo proprio che chi ha avuto un discreto successo sia perché ha sempre o quasi ricevuto feedback positivi, ma perché partiva con un'impostazione mentale differente: covava già in nuce una buona opinione di sé e quindi sapeva che non avrebbe vissuto in maniera catastrofica un rifiuto. Sicuramente esistono certi fortunati che hanno avuto il privilegio di crescere in famiglie supportive e incoraggianti e hanno interiorizzato inconsciamente una certa idea di sé, ma penso che anche coloro che non hanno potuto beneficiare di tale privilegio possano, col raggiungimento dell'età della ragione e mediante un costante uso dell'autocoscienza, approssimarsi ad un cambiamento considerevole (quando non addirittura radicale) del proprio autogiudizio.



Quote:

Originariamente inviata da Winston_Smith (Messaggio 1357278)
Again: anche ammesso che l'ultima frase sia vera, da dove nasce questa non buona opinione di sé? Da un voto fatto alla Madonna subito dopo aver imparato a parlare? "Ho deciso: da oggi e per tutta la mia vita mi considererò sempre una merda, anche se attorno vedo solo persone amorevoli"?

L'ho già detto: con estrema probabilità, dall'elaborazione (non sempre corretta) di un vissuto famigliare non abbastanza supportivo.

muttley 05-09-2014 15:26

Re: La volpe e l'uva... Ma è una cura quella che mi serve?
 
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Originariamente inviata da Ansiaboy (Messaggio 1357280)
quello che dici non significa niente, è l'ambiente familiare nei primi anni di vita a influenzarti per il resto della vita, che ci piaccia oppure no.
quando noi andiamo a scuola per la prima volta non partiamo PER NULLA da zero perche l'ambiente familiare ci avrà già un tantinello influenzati e buona parte delle nostre opinioni su se stessi sarà influenzato proprio dall'ambiente familiare. questo sempre anche se più passeranno gli anni e piu saremmo indipendenti dai primi giudizi familiari fatti quando eravamo infanti fatto sta che saremmo più indipendenti, maturi e consapevoli non è detto che sia una passeggiata cambiare sopratutto in base al fatto che più si invecchia piu è difficile cambiare


dai tuoi discorsi sembra che passati i 15anni se non cambi sei uno sfig@to, purtroppo nella vita certe cicatrici ci rimangono.. potresti dire invece che nonostante certe cicatrici rimangano non significa che almeno parzialmeno non possiamo migliorare.

Secondo me le troppe seghe mattutine hanno annebbiato le tue capacità di ragionamento, in quanto non una sola virgola di quanto scrivi appartiene al mio pensiero, anche perché io sostengo esattamente quello che sostieni tu :D

Ansiaboy 05-09-2014 15:37

Re: La volpe e l'uva... Ma è una cura quella che mi serve?
 
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Originariamente inviata da muttley (Messaggio 1357285)
Secondo me le troppe seghe mattutine hanno annebbiato le tue capacità di ragionamento, in quanto non una sola virgola di quanto scrivi appartiene al mio pensiero, anche perché io sostengo esattamente quello che sostieni tu :D

lo so e infatti ho criticato il tuo modo di esprimerti che sembra che cambiare per una persona
adulta debba essere una passeggiata e simili o sembra dar minimo peso ai condizionamenti familiari

dico che puoi far intendere ciò, non che tu abbia detto espressamente ciò :D

Winston_Smith 05-09-2014 15:41

Re: La volpe e l'uva... Ma è una cura quella che mi serve?
 
Quote:

Originariamente inviata da muttley (Messaggio 1357284)
Ricordo che in un apposito topic, diversi utenti scrissero che non ci provavano perché l'eventualità del rifiuto sarebbe stata per loro ingestibile in termini di autostima e morale...come facevano a saperlo se non ci avevano mai provato? Quali feedback negativi avrebbero ricevuto se non avevano mai avuto esperienze?

Sicuro che non ci avessero mai provato? E anche se non l'avevano mai fatto, magari avevano notato sempre e solo indifferenza da parte delle donne e ciò li aveva colpiti, scoraggiati e fatto temere il rifiuto.

Quote:

Originariamente inviata da muttley (Messaggio 1357284)
Non credo proprio che chi ha avuto un discreto successo sia perché ha sempre o quasi ricevuto feedback positivi

Mai detto questo.

Quote:

Originariamente inviata da muttley (Messaggio 1357284)
ma perché partiva con un'impostazione mentale differente: covava già in nuce una buona opinione di sé e quindi sapeva che non avrebbe vissuto in maniera catastrofica un rifiuto.

Non necessariamente, più semplicemente gli può essere capitato di ricevere sia feedback positivi che negativi e ciò gli ha dato modo di capire che aveva delle possibilità di piacere e quindi di salvare la sua autostima. Chi invece ha ricevuto SOLO feedback negativi o comunque non ha MAI ricevuto riscontri positivi può averne risentito in termini di autostima.

Quote:

Originariamente inviata da muttley (Messaggio 1357284)
Sicuramente esistono certi fortunati che hanno avuto il privilegio di crescere in famiglie supportive e incoraggianti e hanno interiorizzato inconsciamente una certa idea di sé, ma penso che anche coloro che non hanno potuto beneficiare di tale privilegio possano, col raggiungimento dell'età della ragione e mediante un costante uso dell'autocoscienza, approssimarsi ad un cambiamento considerevole (quando non addirittura radicale) del proprio autogiudizio.

E' possibile, certo. Ma ciò dovrebbe essere anche finalizzato alla ricerca ed acquisizione dei feedback sociali positivi, in mancanza dei quali la tenuta dell'autostima sarà quasi sempre a rischio. Ripeto: l'opinione di sé in termini sociali (non riguardo le idee politiche o le capacità matematiche, per dire) in grandissima parte non si regge per aria o sul nulla. E anche in qualche altro campo: posso pensare di essere un buon pilota se arrivo ultimo in TUTTE le gare di F1 della stagione?

Quote:

Originariamente inviata da muttley (Messaggio 1357284)
L'ho già detto: con estrema probabilità, dall'elaborazione (non sempre corretta) di un vissuto famigliare non abbastanza supportivo.

Questo lo dici leggendo nella palla di vetro? O esercitando le tue tecniche di psicologia a distanza? Come fai a dire che i feedback negativi (o i mancati feedback positivi) non contano nulla?

E comunque, sono influenze esterne sia quella della famiglia che quella dell'ambiente circostante. Ciò smonta la tua tesi che la persona sia la principale causa della sua bassa autostima.

Winston_Smith 05-09-2014 15:42

Re: La volpe e l'uva... Ma è una cura quella che mi serve?
 
Quote:

Originariamente inviata da muttley (Messaggio 1357285)
Secondo me le troppe seghe mattutine hanno annebbiato le tue capacità di ragionamento

Se invece se le facesse la sera, sarebbe più lucido? :sisi:

muttley 05-09-2014 15:46

Re: La volpe e l'uva... Ma è una cura quella che mi serve?
 
Quote:

Originariamente inviata da Winston_Smith (Messaggio 1357292)
Questo lo dici leggendo nella palla di vetro? O esercitando le tue tecniche di psicologia a distanza? Come fai a dire che i feedback negativi (o i mancati feedback positivi) non contano nulla?

E comunque, sempre di influenze esterne si tratta, famiglia o ambiente circostante. Ciò smonta la tua tesi che la persona sia la principale causa della sua bass autostima.

Contano solo i feedback o come li si interiorizza ed elabora? Perché certe persone scorgono ad ogni angolo critiche e sberleffi mentre su ciò che appare più o meno somigliante ad un complimento hanno necessità di continue conferme? Non abbiamo responsabilità di aver maturato un "sé" problematico e disistimico, la nostra responsabilità consiste nel prendere atto della cosa e cercare un'alternativa.
Se io penso di non essere adatto a lavorare perché, putacaso, vengo da una famiglia dove mi è stata trasmessa (anche in buonafede) l'idea di essere una persona non autosufficiente, non in grado di provvedere a se stessa e di soddisfare le richieste altrui, mi rassegno a morire di fame? Direi che non è il caso, preferisco modificare quest'opinione che ho di me.
Vale anche per le relazioni umane.


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