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Paura della normalitá
Da un mese ho ripreso a vedere una psicologa, con la quale ho trovato sintonia e che mi sta aiutando a superare quello che per me é un grosso scoglio.
Nel corso di queste poche sedute sono riuscita ad affrontare fin da subito episodi traumatizzanti (a detta della psi, in quanto io sento di averli come avvolti dentro a della stagnola per renderli innoffensivi) del mio passato familiare, tutto questo senza quasi sentire dolore. Nell'ultima seduta peró é successo qualcosa che mi ha scossa, forse perché, per quanto possa essere aderente alla realtá, é un passo che fatico ad accettare e che addirittura mi causa dolore... Non ne capisco il motivo. Vado dritta al punto: Fino a poco tempo fa ho attraversato una depressione media, forti stati d'ansia, qualche dap e, naturalmente fobia sociale con dinamiche importanti di evitamento. Ho superato tutto, tranne il disagio per le situazioni affollate. (che circa 20% delle volte tendo ad evitare). Ora, sono appunto tornata da una psi per dipanare una matassa che ha a che fare con dinamiche affettive e sono quindi arrivata a raccontarle un episodio accaduto sere fa, mentre tornavo a casa dal lavoro, un ragazzo dall'aspetto piú che gradevole, dai modi miti ed educati, mi chiede una sigaretta. Succede che rimaniamo a parlare per qualche minuto e dentro me si alternano due stati d'animo; il primo contento per la situazione e curioso conoscere questa persona all'apparenza interessante, mentre il secondo voleva solo congedarsi e prendere AL PIÚ PRESTO, la via di casa!!! Inutile dire che nel giro di breve sono "scappata" via, augurando a questo ragazzo (che prevedibilmente, di lí a breve, mi avrebbe invitata a bere qualcosa insieme) una buona serata! Sono tornata a casa, ma anziché essere sollevata per l'evitamento riuscito, mi sono sentita un'emerita idiota!!! :) Ora, dopo una serie di domande da parte della psi, su come vedevo questo ragazzo, si é giunti alla conclusione che quello da cui ero spaventata era la sua apparente... Normalitá!!! Normalitá intesa come assenza di patologie "cosiddette" mentali"!!! In poche parole la mia psicologa sostiene che io mi sia lasciata alle spalle, ormai da tempo, tutto ció che é correllato ai disturbi dell'umore, ma che ancora non riesca a riconoscermi nello stato di "normalitá" (non apriamo filippiche sul significato di questa parola, in quanto ho giá spiegato sopra a cosa mi riferisco nello specifico), tanto da arrivare a dire "grazie" a chi mi dice di sembrargli normale! É come se fossi in uno stato di passaggio in cui io sia consapevole di non essere piú "quella strana e svitata", ma che nel contempo non riesca nemmeno a vedermi sana. Questo perché, sempre secondo la psi, é piú rassicurante riconoscere ancora la propria identitá in uno stato che conosciamo bene (mi ha "bonariamente ripresa sul fatto di voler etichettare tutti con le loro patologie), anziché attraversare la strada e consertire alla mia persona di potersi finalmente accettare come sana, normale, senza patologie invalidanti (a livello di mente). Questa cosa mi ha mandata un po' in corto circuito, dovrei esserne felice: una psicologa mi ha detto che sono sana, cazzo! :) Invece sono in confusione... |
Re: Paura della normalitá
uhm..non saprei... per me siamo tutti sani. Oppure tutti malati. E' uguale. Comunque magari in quel momento per una miriade di motivazioni (valide) non ti sentivi a tuo agio quindi boh.....
Voler inquadrare tutto quanto.. in chiave psicologica lo trovo.. un pochino... inutile. L'hai fatto perchè ti andava di farlo. Chissene importa quali motivazioni psicologiche ci stanno dietro alla fine? Cioè.. quello che voglio dire è che spesso ci si interroga sul perchè e sul percome con l'idea di fondo di "guarire" o andare a modificare dei comportamenti. Ma se anche non li modifichi? L'idea di esserti persa qualcosa scappando così.. secondo me è assurda. Perchè allora uno potrebbe farsi mille complessi su cosa si perde per ogni azione e decisione che fa o non fa.... ma che senso ha? E' come farsi le pippe mentali in continuazione vivere così, proiettando i pensieri su "quello che avrebbe potuto essere". Tante cose avrebbero potuto essere. Secondo me è meglio limitarsi a focalizzare i pensieri unicamente su ciò che capita. Non su ciò che avrebbe potuto.. Fai e basta.. quello che ti senti. Se ti sei sentita di andartene così.. evidentemente non c'erano le condizioni giuste perchè rimanessi e la conoscenza proseguisse.. bon. La volta in cui non scapperai è perchè ci saranno. :nonso: |
Re: Paura della normalitá
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Ognuno deve cercare il limite tra le paure di cui vuole rimanere "schiavo", e quelle che invece gli sta bene avere. Il fatto che ivi volesse proseguire la conversazione invece che andarsene (e ci stia ancora pensando), testimonia che non vuole dipendere dalle sue paure, cioè che vuole alzare l'asticella di ciò che può fare, il che è perfettamente legittimo. Da un lato cè la paura della normalità, del rifiuto, ecc, dall'altro cè la voglia di mettersi in gioco e provare esperienze nuove, e uno può benissimo scegliere (anzi, dovrebbe) di far prevalere la seconda componente. Fino al limite che è felice di porsi, infatti è altrettanto legittimo scegliere di non paracadutarsi in amazzonia stile bear grills. |
Re: Paura della normalitá
non so se è la stessa cosa, ma anch'io non mi sento a mio agio ad avere a che fare con persone "normali" o presunte tali nel senso che dici tu. Come se mi sentissi inferiore, inadeguato. Come se queste fossero persone di "livello superiore" con le quali dover trattare in modo diverso (per esempio nascondere o minimizzare le proprie debolezze, far finta di star bene ed essere disinvolti, di non avere o non aver avuto grossi problemi ecc..).
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Re: Paura della normalitá
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Quando non faccio una cosa, alla fine penso sempre (e mi accorgo) che in effetti non c'erano le condizioni per farla. Penso di essere sempre un tutt'uno con le mie decisioni. Anche quelle dettate dalla paura perchè anche la paura ha il suo perchè. E' un campanello di allarme che dice che non ci sono le condizioni. Quando è il momento giusto di fare una cosa semplicemente la paura si dirada e ti lascia proseguire oltre. Le cose capitano, ti ci ritrovi in mezzo e prosegui. Io la penso così. Sono contrario a qualsiasi forzatura. La cosa giusta da fare secondo me è quella che ti viene naturale fare. (o non fare) Difatti se ci si fa caso in natura è così... fare sesso è piacevole. Si fa perchè è piacevole. E' stato reso piacevole per incentivare il fatto di farlo. Se fare sesso implica qualcosa di spiacevole... come ad esempio il fatto di rientrare in determinate complesse dinamiche e comportamenti sociali... allora non lo si fa più. Ed è giusto non farlo. E' la piacevolezza delle cose che ti deve guidare. Nient'altro. Mangio.. perchè quando inserisco del cibo in bocca soddisfo la fame e mi piace mangiare.. vado a dormire perchè mi sento di farlo. Fare qualcosa che non ci si sente di fare.. è SEMPRE sbagliato. Quando ti sentirai di fare una cosa.. quello sarà il momento giusto per farla. Non prima. E dal farlo non ne deriverai uno "sforzo" ma semplicemente "seguire un piacere". Se quella situazione fosse stata davvero piacevole per lei, sarebbe rimasta. Ma evidentemente c'era qualcosa che fondamentalmente non andava. Non se l'è sentita. E va bene così. Non era quello il momento e il modo giusto. |
Re: Paura della normalitá
Capisco, ma in realtà io non dico che ci siano più personalità dentro un individuo, dico solo che nel suo agire è influenzato da più correnti, l'insieme di queste poi compone l'individuo stesso.
Però noi non siamo esseri statici, ogni giorno possiamo essere in continua evoluzione, abbiamo il diritto di influenzare queste correnti e plasmarci dinamicamente secondo il nostro ideale. |
Re: Paura della normalitá
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Non c'è cosa peggiore che negare Quote:
Farsi domande di natura psicologica sull'individuo che hai di fronte invece è normale e giustificato: ti aiuta a costruirti un'idea più completa del prossimo. Se non altro perché molti aspetti non sono individuabili in tempo zero. Quote:
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Il problema più grande di questi scenari cronici è l'adagiarsi sulla condizione vecchia al punto da atrofizzarsi mentalmente. Nel momento di "passaggio" da uno scenario ad un altro, nuovo e magari positivo, ci sono sempre remore. Vuoi perché il nuovo è sconosciuto e spaventa, vuoi perché perversamente ti sei affezionato al vecchio, vuoi perché magari hai maturato un sentimento d'insofferenza nei confronti del vecchio, ecc. L'indolenza al cambiamento che suggerisci tu è quanto di più dannoso ci sia. Questo è il modo migliore per perdere il contatto con la realtà. Diversa invece è una valutazione critica che passa per lo scegliere o meno se fare qualcosa. Questo è perfettamente normale. Quote:
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Perché? Per non correre rischi, per non soffrire, per non dovermi mettere alla prova, per non subire azioni da me percepite come negative, perché nella mia rassicurante quotidianità così diversa conoscevo perfettamente ogni azione ed ogni reazione, per insicurezza, ecc. Credimi che molto spesso che che vogliamo non è ciò che facciamo. |
Re: Paura della normalitá
Dopo queste utili dissertazioni psicologiche, mi viene un dubbio: non è che da qualche altro Topic di questo Forum uscirà fuori qualcuno a dire di aver tentato un approccio tranquillo con una ragazza, e, nonostante si sia comportato bene, la tipa è scappata? :)
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Re: Paura della normalitá
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In questo, come in altri casi (per fortuna sempre piú rari), quando rinuncio a qualcosa, questo non avviene perché io non sia abbastanza determinata o convinta, ma solo per lo strascico di timori del passato. Alzo sempre di piú quell'asticella con il passare del tempo e delle esperienze. Ps. Non sapevo nemmeno chi fosse bears grylls! ;) Quote:
Hai fatto centro: si, anch'io é come se, piú o meno consapevolmente, mi sentissi in difetto nei confronti di chi mi appare normale. Come se chi non ha mai provato situazioni o stati d'animo come i nostri, non possa capirci e nemmeno essere capace di stabilire un contatto con noi, se non superficiale. Ho ancora paura a scoprirmi con persone che non fanno parte di queste dinamiche. La psi mi ha spiazzata chiedendomi se in questo periodo stia frequentando altri amici, o altri contatti al di fuori di questo contesto. |
Re: Paura della normalitá
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Non pensavo che in quei pochi minuti in cui siamo riuscite a parlarci potessi essere riuscita a far trapelare tanto di me. Oppure sei tu che sei un po' streghetta e riesci a stabilire un contatto ultra-terreno solo guardando negli occhi una persona! Cazzate a parte, sono contenta di essete riuscita a trasmettere cosí tante impressioni in quel breve momento. Ti ringrazio di cuore delle parole che mi hai lasciato e spero ci possa essere presto occasione di incontrarci di nuovo. Quote:
Parlo, conosco, scherzo, rido, giro, ascolto, ma... ho questa tasca che pesa un po'. Grazie ancora. :) |
Re: Paura della normalitá
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Fuori lo sbarbo che mi broccolava l'altra sera, avanti!!! |
Re: Paura della normalitá
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Ivi tu sembri a buon punto, questo potrebbe essere un problema di autostima... hai ancora quel senso di inadeguatezza e non ti senti all'altezza di determinate situazioni, ma vedrai che riuscirai a lavorare anche su questo :) |
Re: Paura della normalitá
Mi ritrovo nei tuoi comportamenti e in quelli di Rasko. Questa cosa mi impedisce di godermi il più delle volte le occasioni.
ANalizzando le altre persone, capisci che loro parlano dei loro problemi ogni tanto...cioè non sono tutte felici e senza noie. |
Re: Paura della normalitá
Ivi per come la vedo io (e prendi tutto con le pinze, sia chiaro) tu hai semplicemente paura di affrontare una situazione.
Di non esserne all'altezza. Paura di quello che potrebbe esserci dopo. Te lo dico perché è un timore che sento mio.. e ho provato a immedesimarmi nella situazione del ragazzo e la sigaretta. Sarei scappata anch'io :ridacchiare: E' quello che succede quando si possono affrontare situazioni nuove o che mancano da tempo. Forse inconsciamente ti chiedevi come avresti affrontato un 'ipotetica conversazione con quel ragazzo davanti ad un aperitivo.. a cosa avresti risposto se ti avesse chiesto il numero di telefono.. a come avresti gestito un eventuale appuntamento. E tutto ciò tende a paralizzare, mette paura e via con la voglia di scappare. Ecco il bisogno di troncare qualcosa che non esiste nemmeno (perché povero ragazzo, in fondo aveva solo chiesto una sigaretta... magari era persino fidanzato, chi lo sa :nonso: ). Probabilmente hai bisogno ancora di tempo per gestire al meglio situazioni del genere. Cerca di perdonarti, non sei stata un'emerita idiota. |
Re: Paura della normalitá
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Ognuno di noi è UNICO con i suoi pregi, i suoi difetti ed è anche differente la capacità di azione nei contesti che viviamo. Lo stesso discorso vale anche se una persona vive una situazione psichica di disagio. Nessuno sceglie volontariamente di passare Senza contare che il discorso che fai, può valere al contrario: è vero che chi non vive disagi può tendere, forte della sua "salute", a non prestare ascolto al prossimo o a non degnarlo della giusta considerazione ma, quando invece decide di entrare a qualsiasi titolo nella vita di una persona con disagi, pensate che la posizione sia quella di sentirsi superiore e di avere la vita facile perché non sofferente di determinati stati? Talvolta l'aver vissuto condizioni differenti può portare ad isolare eccessivamente la persona reputata "normale": non dargli la possibilità di avvicinarsi, ascoltare, cercare anche solo di capire, star vicino, aiutare (se possibile) ma sopratutto impedire che un'amicizia, una relazione, un sentimento siano vivibili per quelle che sono le due persone tra LORO e non per pregiudiziali secondo le quali se la persona non è in terapia o non ha (od ha avuto) una sintomatologia ascrivibile al DSM-IV allora questa non sia in grado di rapportarsi. Per una volta vi porto una testimonianza dall'"altro lato" ed una riflessione sul senso d'inferiorità citato. Senza volerlo, ho vissuto negli ultimi anni, in situazioni dove sono stato legato, a vario titolo, a persone con diagnosi di depressione maggiore, disturbi dell'umore o, ancora, situazioni di disagio psichico o ancora, un banale Spleen. Queste persone le ho amate, gli sono stato amico, le ho volute nella mia vita per quello che sono ed erano e non le ho mai reputate inferiori o mi sono mostrato refrattario o disprezzante della loro condizione: per me erano miei pari e mi sono sempre comportato in modo da impedire che si creassero queste situazioni. Ho passato, letteralmente, ore, giornate ad ascoltare le sofferenze, i dubbi, le paure, lo sconforto, la negatività, l'"umore stupido". Non voglio fregiarmi del ruolo di counselor per la "povera" persona. Se io sono legato a PincaPalla, lo sono nel bene e nel male e, per come sono fatto, mi preoccupo per lei e cerco di far qualcosa. Non solo: talvolta anche un "normalone", come viene definito da qualcuno qui chi è alieno a parte di ciò, ha le sue giornate no e vi assicuro che se ne incassano tante quando la persona accanto è giù di morale, per usare un eufemismo, o quando passando una giornata felice devi andartene perché l'altra persona sente il peso sullo sterno e fa fatica a respirare perché non regge una situazione sociale. Inutile spacciarsi per superuomini; queste sono prerogative da persone superficiali. Una persona vera se ne va in burnout, soffre per sé, per l'altro, si fa i suoi pianti la mattina in metropolitana, altro che broccolo... Quindi non vale la pena vivere in questo setting? Nemmeno per sogno! Si ricadrebbe nel medesimo errore del reputarsi inferiori se si vive un disagio. Le persone se vissute REALMENTE, avulse da queste cattive influenze pregiudiziali, non solo possono essere alla pari ma addirittura superiori. Lasciamo le competizioni allo sport ed ai giochi e viviamo le situazioni senza freni, se non con una fisiologica prudenza. Meglio ancora, se può essere utile, ribaltate il ragionamento: è il prossimo inferiore a voi, è lui che deve guadagnarsi la stima. :) |
Re: Paura della normalitá
L'ultimo post di Liuk andrebbe stampato ed affisso in tutte le stanze di casa.:bene:
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Re: Paura della normalitá
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Ci mostra anche un liuk quasi inedito, agli occhi del forum. Mi fa piacere, oltre che riflettere. |
Re: Paura della normalitá
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E poi per un sociofobico il discorso è diverso. Liuk tu hai fatto l'esempio di una persona depressa a cui sei stato vicino. Ma un depresso che non ha voglia di esprimersi avrà un senso di inadeguatezza diverso da un sociofobico che avrebbe anche voglia di esprimersi, ma non gli riesce o gli riesce male e colleziona soltanto fallimenti. |
Re: Paura della normalitá
Ho poco tempo (finito il post scappo) ma voglio provare a dire la mia lo stesso...
Quando ero un ragazzino ero un concentrato di fisime e tutti (ma soprattutto tutte) attorno a me facevano a gara per farmi entrare in testa che ero una schifosissima nullità meritevole di morte atroce bullandomi a più non posso... I miei banalizzavano il tutto (mio padre mi ha sempre detestato lui non voleva uno sfigato come figlio!!! Maledetto me e quando sono venuto al mondo!!!) e vivevo una sorta di inferno perenne condito anche da una maledetta sfiga oggettiva (mia nonna e il mio cagnolino che amavo sono morti entrambi in poco più di un mese)... Ho fatto qualche anno a rimanere chiuso in casa scosso e devastato... Avevo paura di tutto e di tutti e la mia autostima era pari a quella di una cimice (anzi lei ne aveva sicuramente di più). E' passato diverso tempo da allora e adesso? Qualcuno mi ha conosciuto personalmente e i risultati sono evidenti come è evidente la trasformazione (sono consapevole di quello che ero ma in mezzo alla gente, ragazze a parte, riesco a starci benissimo)... Come ho fatto? Questo non lo dico.... Dico solo che se ce l'ho fatta io che ero considerato il più grande essere inutile del globo potete farcela anche voi.. Forza!!!! |
Re: Paura della normalitá
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Talvolta però, la realtà non è tale ma è una proiezione delle proprie fobie o delle proprie condizioni infondate. A tal proposito mi è capitato di trovarmi nella situazione in cui Tizia vedeva uno scenario comportamentale come di palese inferiorità con l'altro attore (o attori) coinvolti. Qual'era il mio approccio? Analizzare prima con lei lo scenario, discutere e scornarci su rischi possibili dell'approccio con il prossimo e provare a fare un test per vedere con un approccio diverso come sarebbe stato vissuto lo scenario. Fatto ciò, ci si infilava nella realtà (magari forzando la mano), stavo vicino alla persona ponendomi anche nello scenario di cordicella di tirare in caso d'emergenza (forse ho la coda proprio per quello :D ). Talvolta era inefficace, altre volte... Dai oggi, dai domani, la persona si accorgeva che le paure erano frutte di errate proiezioni e riusciva a gestire meglio la situazione. Nel mio essere signor Nessuno, qualcosa di buono la facevo. :) Quote:
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Re: Paura della normalitá
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Lo faccio solo con pochissime selezionate persone e se lo reputo necessario. Come ho scritto nel mio messaggio di benvenuto, tra le righe, pur non ritenendomi FS, ne ho passate (e ne sto passando) anch'io. D'altronde se così non fosse, non mi sarei nemmeno avvicinato qui. Non trovate? :) Non c'è solo liuk broccolatore, cazzone. Per fortuna o purtroppo. C'è anche The Dark Side of The Liuk :) Quote:
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Re: Paura della normalitá
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Ora peró devi svelarmi il segreto del tuo successo! (cit.) :ridacchiare: |
Re: Paura della normalitá
Liuk vuoi diventare il mio social trainer? :D Beh cmq la tua amica è molto fortunata ad avere avuto il tuo sostegno. Da soli è difficile, d'altronde i terapeuti a questo servono. :)
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Re: Paura della normalitá
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Era una paura astratta, dal sapore ancestrale... La vocetta fobica che mi diceva: "vai a casa che si sta meglio (tesssssoro)" Ci sto ancora riflettendo. Quote:
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Re: Paura della normalitá
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Re: Paura della normalitá
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Non smettere e vai avanti così che va benissimo, è una cosa che fa sentire vivi, nei successi e nei meno successi! Quote:
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Re: Paura della normalitá
[QUOTE=Lino_57;941543e, nonostante si sia comportato bene, la tipa è scappata? :)[/QUOTE]
tra le braccia di un truzzo che vista l' infanzia difficile, i problemi di alcol, droga e microcriminalità HA DIRITTO (poverino...) di instaurare un rapporto di non-amicizia col gentil sesso. |
Re: Paura della normalitá
Ciò che ti ha detto la psi è oro colato.
Avrei voluto ricevere parole simili anch'io. Invece, all'ultimo colloquio, il mio terapeuta mi ha parlato di vittimismo. Mi ha colpito, mi ha anche un po' offeso. Aveva ragione. Dice che devo smetterla di identificarmi nei miei problemi. Ma ti posso assicurare che sapere di questo tuo colloquio mi ha dato tantissimo. Mi ha dato anche una chiave di lettura ulteriore per la mia ultima seduta, che ha assunto un significato differente. Così, provo a ricambiare. Cosa ne pensi se ti dicessi che a volte hai atteggiamenti vittimistici? Non te lo sto dicendo, non ho questa presunzione di conoscerti e capirti a tal punto (faccio già abbastanza fatica a capire me stesso...). Ma fà conto che te lo dicessi. Che ti dicessi che a volte rischi di identificarti coi problemi che hai avuto in passato, ed è per questo che non riesci a schiodartene al 100%, perché in qualche modo pensi che ti caratterizzino e definiscano la tua identità. Che ti dicessi che hai sviluppato una masochistica "estetica della follia", in cui a livello più o meno inconscio ciò che è anormale ti diviene attraente (cfr. http://www.fobiasociale.com/percezio...fettive-31532/ ). Che reazione ne avresti? Quote:
Il fatto è che il post di liuk, per quanto bellissimo, è impreciso. Ma non è colpa di liuk, bensì della nostra lingua imperfetta. Liuk parla di inferiorità. Ma le relazioni d'ordine non possono prescindere dai criteri. Inferiorità in cosa? Quando liuk dice che non esistono "inferiori", si riferisce -ne sono sicuro- al valore umano di una persona, alla sua dignità, la sua libertà e al suo diritto alla ricerca della felicità. Ma esistono altri criteri, e ahimé, con certi criteri l'inferiorità esiste. Esiste l'inferiorità atletica. Esiste l'inferiorità intellettiva. Ed esiste l'inferiorità sociale. Integrerei pertanto il post di liuk invitando ciascuno di noi a prendere atto delle proprie caratteristiche migliorabili e di quelle che invece rappresentano i nostri punti di forza, e dissociando dalla nostra mente l'idea che l'inferiorità in una qualsivoglia attività pratica infici il nostro valore come persone. Solo così si può prendere atto (accettarsi) del proprio livello e del proprio potenziale, ponendo in essere le basi per un automiglioramento attivo e che produca risultati concreti, e non i continui fallimenti che sperimenta chi ha la tendenza ad autosabotarsi per problemi di autostima o scarsa/distorta capacità di valutazione dei feedback. |
Re: Paura della normalitá
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E poi... Se dovessi citare il mio blog sono "l'ennesimo signor Nessuno con velleità di essere Qualcuno". Nel caso specifico si trattava della mia ex fidanzata e non di un amica: questa facilita alcune cose e rende tutto più complicato dall'altro lato. Comunque non bisogna mai confondere un terapeuta che è un professionista ed è distaccato da un amico/compagno che può sì avere da counselor ma che non sarà mai bravo quanto un terapeuta proprio per il coinvolgimento emotivo e per la mancanza di formazione. Inoltre non dimenticate che il terapeuta più importante è la persona stessa. Alla fine molti processi di cambiamento sono ad opera del singolo, dietro sicuramente spinta esterna. Quote:
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Se una persona è affetta da un disturbo dell'umore, da stati d'ansia o da altre patologie tipiche dell'utenza di questo forum (ma non solo) è indubbiamente in uno stato alterato rispetto alla sua "normalità". Questo significa che prima aveva una condizione di "normalità" (termine che non m'ispira, ribadisco) e che era ed è la sua identità. Così come patologia, ha una sua diagnosi, terapia e guarigione lo stesso vale per le patologie sopracitate. Perché dovrebbe essere negato tutto ciò? Certo, può essere un processo lungo, doloroso, difficile, ricco di recidive ma ci sono testimonianze (ahimè poco presenti in questo forum) di persone eterogenee tra loro che sono "guarite". E poi, so che molti mi rutteranno in faccia per 'sta frase, "il passato è passato". Se si sono individuate le cause delle proprie sofferente, errori, ecc. si possono evitare e si può guardare il presente/futuro senza remore. Certo, a furia di consumarsi ci si può anche trovare a crogiolarsi nel perverso scenario di rimanere in una stato di sudditanza psicologica ma io credo che chi si pone attivamente queste domande, stia raccontandosela sostanzialmente. Paura di cambiare? E' un po' come andare in bicicletta. S'inizia con le rotelle, le si tolgono, si vola per terra, ci si sbuccia le ginocchia ma se c'è un "tutor" vicino che ci soccorre, ci medica le ferite, ci da manina sul manubrio quando siamo incerti forse non solo si riesce a vincere la paura ma si porta a casa la cosa più importante: l'andare in bicicletta, l'essere genericamente più liberi e poter vivere qualcosa di più. Ok, la finisco con il sermone :-) Quote:
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Io però faccio fatica a concepire l'inferiorità sociale ed onestamente trovo pericoloso per sé stessi e per i rapporti con le persone, ricercare necessariamente relazioni d'ordine. E' veramente così importante appiccicare post-it (la butto in modo scherzoso :) ) sulla fronte del prossimo con scritto sopra come lo si classifica? Questo discorso è molto più ampio e non passa solo per etichettare in base ad una patologia da DSM-IV. Spesso si vuole avere tutto sotto controllo e le etichette sono la coperta di Linus. Ma siamo proprio sicuri? Tutti siamo vittime dell'etichettatura (manco fossimo in uno stabilimento d'imballaggi...), è un processo non eliminabile al 100% ma possiamo non commettere l'errore (secondo me) d'influenzare i nostri comportamenti di relazione totalmente sull'etichetta. Non solo... Impostare il rapporto con Tizio in funzione del "sarò alla sua altezza (socialmente)?" o del "lui è meglio di me" vivendolo con insofferenza, non serve a nulla nella relazione con l'altra persona. Può servire per sé stessi, per i discorsi sottoquotati. Pensate a questa metafora: siete in compagnia di una persona con la quale interagire e state passeggiando. La persona ha una certa falcata e non le state dietro. Che fare? Meglio un approccio in stile "corro per stargli dietro" oppure meglio un serafico "puoi rallentare il passo"? Siamo proprio sicuri che Tizio non rallenterebbe il passo col sorriso tra le labbra ? No, Tizio rallenterà perché quello che veramente importa è passare del tempo con Caio, felici, parlare... Le corse hanno un senso solo su una pista d'atletica. E se Caio parla poco e Tizio è un gran chiacchierone? Sicuri sicuri che sia un ostacolo? Se Tizio e Caio vogliono dialogare lo faranno adattandosi vicendevolmente. E se non ci sono le parole? C'è uno sguardo, un sorriso, una pacca sulla spalla, una risata o il semplice essere insieme che unisce e fa stare insieme. Tutto questo per dire che, a mio modo di vedere le cose, la preoccupazione di essere superiori/inferiori può allontanarci dall'obiettivo d'interagire con la persona ma sopratutto è un sicuro rifugio per giustificare tutto anche quando non è quella la giustificazione. Quote:
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Re: Paura della normalitá
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Ritengo che ogni persona faccia per cosi dire storia a sè e di conseguenza quello che adesso vado sinteticamente a raccontarti può tranquillamente essere ritenuto strano o incompatibile a livello meramente applicativo da chiunque stia leggendo ora o legga in futuro quanto mi appresto a scrivere... Io di mio sono sempre stato orgoglioso di natura questo mi è apparso ovvio con il tempo... Avevo cioè una belva che dimorava in me che l'educazione genitoriale, il bullismo subito (lo ritengo la causa principale) e la mia natura comunque timida e gentile avevano contribuito a sopire e ad addormentare... Sono sempre stata una persona riflessiva ma i miei pensieri erano a senso unico... Tendevo a cercare il contatto con il prossimo (dal quale venivo rifiutato specialmente dalle ragazze che facevano a gara a massacrarmi) e a cercare di essere accettato da esso arrivando in questo modo ad annullare quella che era la mia interiorità e più generalmente la mia persona... Questa triste realtà è andata avanti per anni (gli anni migliori che mai più ritorneranno :() ma la belva era viva e vegeta anche se narcotizzata... Fragilità estrema, paura del giudizio altrui, paura del prossimo... La mia potente capacità riflessiva e di autoanalisi mi aiutava a percepire molto chiaramente che quello che stava succedendo era totalmente controproducente ma non riuscivo a trovare la chiave di volta per sbloccarmi... Troppo comodo cullarmi nel mio dolce vegetare.... Poi successe qualcosa... Alcuni fatti esterni al sottoscritto di portata pesantissima (raccontati in parte nel mio diario privato che poi ho chiuso perchè non lo commentava praticamente nessuno e per motivi di privacy) hanno risvegliato la belva addormentata che dimorava dentro di me.. E qualcosa è cominciato a cambiare drasticamente perchè mi sono dovuto difendere personalmente da gente che voleva distruggermi in quanto debole e sfigato... Questi hanno conosciuto la nuova versione del sottoscritto assolutamente modificata e si sono amaramente pentiti di avermi sottovalutato...:D Questo combinato con la mia pregressa capacità di autoanalisi mi ha aiutato a costruirmi una vita sociale e a non temere eccessivamente gli altri... Le fragilità e gli immensi buchi neri (uno derivato dal tremendo dolore di un lutto che non ho ancora assorbito e che mai assorbirò) esistono ancora (non ho mai intrapreso un percorso in terapia almeno fino ad oggi) e fanno ancora un male cane ma l'energia che percorre le mie vene è tanta... E finchè non si esaurirà io non crollerò....(mi ha permesso di trovarmi un lavoro a contatto con la gente e mantenerlo e di costruirmi una vita sociale per il momento piena). Mi manca di trovare una ragazza che veda oltre l'apparenza e che si renda conto che merito una possibilità per quello che ho passato ma quello è un altro discorso... E un sogno irraggiungibile... |
Re: Paura della normalitá
Ho trovato 'sto thread, è interessante.
http://www.fobiasociale.com/piantiam...-assieme-4831/ Quote:
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Re: Paura della normalitá
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Mi sono cosí immedesimata che anche ora, quando mi specchio dentro sento come la compagnia di cose che effettivamente non sono piú da tempo. Ma per questi adii non ci sono saluti o cerimonie che ci facciano capire che i disturbi non sono piú con noi. Quando arrivano si avverte eccome, ma quando si sta meglio si ha quasi paura a dirlo, paura che possa essere un altro ennesimo sospiro di sollievo e poi dopo un'altra solita ricaduta. Ecco forse quello che mi fa ancora, seppur in una minima parte, é quella di essere da questa parte della staccionata. La paura di ricaderci... É sempre meno, ma di fondo c'é. Non mi sembra ancora vero di stare bene, sembra un sogno e ho paura di un brutto risveglio, sempre meno probabile dato che sono mesi e mesi passati senza crisi. Rispondendo invece alla tua domanda, devo ammettere che quando mi raccontasti della domanda del tuo psi, mi ero posta anch'io lo stesso quesito. Ci ho riflettuto a lungo e posso dire che non ho mai avuto atteggiamenti da vittima, almeno consapevolmente. Anche perché vivendo, fino a poco tempo fa, in maniera molto schiva e solitaria, non avrei comunque avuto modo di sfogare su altri le mie "miserie". Con me stessa? Quello si, nelle crisi peggiori, ma per brevi momenti, quelli in cui non c'era uno straccio di luciditá. Il vittimismo é un atteggiamento che non ho mai tollerato. Se ripenso a certe "vittime" che mi hanno attraversato la strada... mi sale un moto di violenza fisica. ;) Comunque... Per quanto ti conosca,non ho mai avvertito tali atteggiamenti in te. Nemmeno nei momenti in cui mi hai raccontato episodi del tuo passato. Forse lo psi ha colto qualcosa che non sono riuscita a vedere (in fondo é il suo lavoro), oppure ti sei posto diversamente, o ancora... Potrebbe essere semplicemente il suo punto di vista, la sua sensazione. Fai bene a metterti in discussione, ma non partire dal presupposto che uno psi debba per forza avere ragione. Possono prendere cantonate anche loro, putroppo. |
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