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Re: "Guarire" si può. Leggete, per favore.
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Re: "Guarire" si può. Leggete, per favore.
È strano. Perché l'autoesclusione e il disagio sono una forma di resistenza.
Magari penso chessò, ai miei genitori, o ai miei nonni, che pensano "Ah la ~~~ non lavora, sta male, non riesce a sistemarsi..." e magari pensano che questo problema di me che non lavoro è un problema solo mio, che comunque sono tutte storie, che per vivere bisogna adattarsi, accettare dei compromessi. Con il malessere e il tempo che passa, e la solitudine si rischia di dimenticare il senso di quel disagio, di quella autoesclusione. Gli psicoterapeuti dicono: sì, ti sei chiusa in casa per questo e per quello, ma dobbiamo stare con gli altri, miglioriamo solo a contatto con gli altri, devi pensare a guarire dal tuo malessere. Ma il mio malessere non viene dal nulla, io vivo nel mondo. Non è un elogio della patologia*. Io ho cominciato a stare male quando ho sentito un malfunzionamento in quello che mi circondava. Gli psicoterapeuti dicono: devi imparare ad accettare che il male esiste. Ecco, io sto così perché non voglio accettarlo, non voglio accettare il male. Accettare il male mi sa tanto di dire "eh, tanto le cose vanno così, cosa ci vuoi fare" e io non voglio dirlo. È questa la guarigione individuale? Trovare il mio modo di sfangarla in un mondo nefasto? * Per le patologie mentali: molte non sono altro che un frutto del male, del dolore e della mancanza di amore e di un ambiente umanamente povero. |
Re: "Guarire" si può. Leggete, per favore.
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Re: "Guarire" si può. Leggete, per favore.
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Pensa, non so, poniamo caso che lavorassi o che riuscissi ad avere una casa, dico non vorrei mai convincermi che allora le cose non vanno poi così male, che basta volerlo, che se ce l'ho fatta io allora vuol dire qualcosa. |
Re: "Guarire" si può. Leggete, per favore.
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Re: "Guarire" si può. Leggete, per favore.
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Comunque la tua è un'osservazione molto interessante, la condivido. Penso che in alcuni casi sia più facile superare la fobia o l'ansia sociale perché c'è un desiderio genuino di aprirsi agli altri e vivere momenti positivi con altre persone. L'unica cosa è che non credo che si tratti del binomio estroversione-introversione: io ad esempio non mi ritengo estroverso (nei test MBTI di cui una volta abbiamo parlato proprio con te :mrgreen: sono sempre uscito I---), eppure sento l'esigenza di avere rapporti interpersonali e provo piacere nello stare con le persone. Secondo me questo non vuol dire per forza essere estroversi. |
Re: "Guarire" si può. Leggete, per favore.
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Chiamamoli traumi o quello che vuoi, sono esperienza che mi hanno fatto soffrire, mi ha reso più fragile, hanno messo in discussione le mie sicurezza, anzi ho perse le sicurezze. Prima del trasferimento (terza elementare) ero una bambina socievole, spensierata, non mi facevo problemi, avevo molti amici, stavo bene insomma. Da lì ho iniziato (per una serie di ragioni tra cui amicizie dannose per la mia autostima, prese in giro, ecc) a perdere sicurezza in me stessa e a preoccuparmi molto del giudizio degli altri, ad avere ansia, ecc. In terapia l'analisi del passato e delle "cause" della sofferenza sono importanti. Diciamo che i passaggi fondamentali sono stati. 1. Perdonare, tutte le persone da cui mi sono sentita ferita, tradita, malgiudicata, maltrattata. Perdonare me stessa. 2. Accettare: tutte le situazioni che mi hanno provocato dolore, e il fatto stesso di aver sofferto, di aver "permesso" che gli altri mi facessero soffrire. Perdonare e accettare, credo siano le basi per andare avanti. L'unico modo per non vivere nel passato (credo che anche questo sia un nodo importante della fobia sociale) è accettare il passato. Perdonare è fondamentale, soprattutto credo sia importante perdonare i propri genitori, e comprendere le loro scelte, azioni, errori. Per me è stato perdonare mio padre. è stato molto difficile. Questi sono i passaggi fondamenti per crescere (altro punto importante ella fobia sociale, ma non solo). Assumersi pienamente la responsabilità della propria vita. Questo l'ho capito davvero solo di recente. E non è da confondere con colpa, non è colpa ma responsabilità. sono due cose molto diverse. Quando hai perdonato, accettato, smetti di incolpare gli altri per la tua situazione, puoi diventare attore della tua vita, prendoti la responsabilità. (=Crescere) Poi, accettare il dolore. Diciamo che hai subito un trama (qualsiasi sia la sua entità) vuol dire che hai subito un dolore che non sei stato in grado di gestire (non avevi gli strumenti, eri piccolo, era troppo per te). Questo dolore lo associ a una situazione. Esempio nella fobia sociale, associ il DOLORE alle persone. A relazionarsi con le persone, a entrare in intimità, ad aprirti. la convinzione radicata è che le persone Così nasce la fobia, pur di evitare di rivivere questo DOLORE passato che comunque NON SPERIMENTERAI MAI più, perchè appunto è passato ed è stato traumatico per una serie di cose che ho detto prima. Relazionarsi con gli altri si associa a quel DOLORE VECCHIO, quindi nel presente stai vivendo una paura passata, non attuale. Relazionarsi con gli altri PUò creare DOLORE, ma il dolore che può derivare tu ORA sei capace di gestirlo, affrontarlo. Dopotutto quando dolore stai sopportando ora, per evitare la POSSIBILITà di un dolore? |
Beh bello che qualcuno riesca a "guarire".
Datemi un lavoro decente ben pagato e vado anch'io in terapia. Invece sono una poraccia sfigata a cui accadono sfighe ogni volta che le cose sembra stiano andando bene. |
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Se riducessi l'aspettativa, ridurrei pure la motivazione che dovrebbe spingermi a buttarmi in una situazione e provare a fare certe cose. Per fare qualcosa tu devi essere motivato... Se non avessi aspettative, il motivo per cui poi dovrei fare certe cose quale sarebbe? :nonso: Certe cose comunque effettivamente le faccio senza aspettative (relazionali), ma non mi sembra che poi per magia arriva quel che desidero davvero quando non ci sono queste aspettative. Ti faccio un esempio: esco a fare una passeggiata (senza aspettative di incontrare la donna della vita o anche una donna soltanto), ed io esco spesso, ma non è che poi per magia arrivano le relazioni con l'altro sesso e quant'altro. Se continuo ad uscire e non interagisco (prima o poi), motivato seriamente anche dall'aspettativa di conoscere qualcuna, nessuna conosco, esco e basta, punto. Non esco con l'aspettativa e non esco con la paura, ma non mi pare che uscendo così e con leggerezza conosci gente. I problemi relazionali restano comunque. Io di uscite di questo tipo me ne porto a casa molte, ma certi altri problemi non mi sembra che così li risolvo. Ad esempio io posso non parlare anche con persone che conosco, non è che non parlo perché sono bloccato dalla paura, semplicemente non mi viene nulla da dire che mi interessa condividere. Adesso mi interessa parlare e scrivo, anche molto, ma potrei uscire con una persona e non dire nulla per diverso tempo, e non per paura di chissà cosa. Inoltre poi in certe altre situazioni, a differenza della passeggiata, non mi ci andrei a ficcare per il piacere di andarci (le trovo addirittura fastidiose sotto vari aspetti), perciò sarei motivato a starci dentro (a queste situazioni) solo dalla speranza di ottenere certe altre cose che bilancino poi la sopportazione che devo sorbirmi, tolta questa motivazione qua (l'aspettativa di beccare certe cose), perché tu dici che non dovrei sperare tanto di ottenerle queste cose (così si riduce la paura di non beccarle), la motivazione che dovrebbe spingermi a sopportare queste situazioni, sgradevoli per me, quale sarebbe poi? :nonso: Io non sono affatto ben disposto al sacrificio né mi interessa allenarmi alla sopportazione del dolore tanto per sopportarlo (fisico o psicologico) con l'obiettivo di sopportarlo o adattarmi a questo (agisco per aumentare il piacere o per evitare il dolore non per abituarmi a sopportarlo), non è un valore per me, lo dico chiaramente, perché se qualcuno volesse educarmi in tal senso e pensasse che il problema è quello di convincermi a sacrificarmi in certi sensi, psicoterapeuta o altro, se lo può scordare, non riuscirà a convincermi fino alla fine dei tempi anche se venisse accompagnato dal padreterno in persona. Quote:
A queste cose qua io non mi ci sono adattato affatto volentieri col tempo. A costringermi a fare certe cose, posso farlo, nessuno me lo impedisce, ma bene alla fine io non sto comunque. Poi tu prima hai parlato di lacrime... Adesso cosa fai indori la pillola? Una persona che piange o si sente spinta da una situazione lavorativa a piangere non direi che prende confidenza un po' alla volta con certe cose, mi sembra che ho ragione io nel sostenere che si allena a resistere alla sofferenza. |
Re: "Guarire" si può. Leggete, per favore.
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Re: "Guarire" si può. Leggete, per favore.
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p.s. anche a me è capitato, qualche volta, di divertirmi molto in discoteca, anche se ormai non ci vado da tempo. |
Re: "Guarire" si può. Leggete, per favore.
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Re: "Guarire" si può. Leggete, per favore.
paradossalmente ballare in discoteca non è molto da estroversi
mica devi metter a socializzar, scherzar etc. etc. poi se si trova una cosa "fastidiosa" come si fa a dir di "viver la vita", ma che significa? :o uno dovrebbe far le cose che più gli piacciono e interessono senza farsi influenzar da mode |
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Se da fobico (molto timido o come vuoi chiamarlo tu) senza questi tipi di relazioni passo a non-fobico senza questi tipi di relazioni non saprei cosa farmene di questa "guarigione". Le mie motivazioni queste sono, ora o si usano queste motivazioni qua oppure non si usa proprio nulla, perché non c'è nient'altro da utilizzare nel mio specifico caso. A vivere la vita, la vivi sempre e comunque in qualsiasi stato ti trovi, il problema di fondo è viverla bene secondo le proprie idee di cosa sia questo bene (concetto che varia da individuo ad individuo insieme anche alle motivazioni). |
Re: "Guarire" si può. Leggete, per favore.
ciao, sono contenta per te. Non ho letto tutti i commenti può darsi tu abbia già risposto. A proposito di ciò che scrivi:
"Non puoi sfondare un muro con la testa, ma devi trovare, per così dire il modo di aggirarlo. Bisogna cambiare la modalità con cui ci si rapporta con sè stessi e gli altri. Soprattutto bisogna accettare il dolore. La cosa assurda della fs è che soffriamo perchè scappiamo dalla possibilità ipotetica di provare dolore. Per quanto male si sta nella fs, quello che c'è fuori è ancora più terrificante. Cavolo, abbiamo paura del niente. L'origine del dolore nella nostra testa sono gli altri, quindi qualsiasi interazione sembra poterci annientare, quindi evitiamo, quindi siamo soli, quindi stiamo male, e così via": daccordissimo con te. Quante volte estroversi mi dicono che "non ci provo" solo perchè vorrebbero vedermi tentare chissà quali approcci... ma, come dici tu, non è una questione di "buttarsi" e, soprattutto, bisogna aggirare le difficoltà trovando la maniera di affrontarle in modo diverso. "Sinceramente non credo che la cognitiva comportamentale sia la terapia ideale, perchè lavora sulle conseguenze del problema e non sulle cause. Credo che la strada più facile (per così dire) sia la terapia. Se dopo quattro cinque mesi non ci sono stati miglioramenti significativi nel modo di pensare, agire (il cambiamento lo avverti proprio dentro di te, senti che sei cambiato) spesso è inutile andare avanti, forse la terapia non è giusta per voi, e non vi intendete con lo psicologo, ecc. Senza terapia la vedo difficile, ci vuole qualcuno che ti aiuti a vederti chiaramente": io sto facendo da sola ma basandomi su libri di terapia cognitivo comportamentale. Quindi si può dire che sia aiutata, infatti i miglioramenti significativi li ho visti dopo i 4, 5 mesi che dici tu. per farti un esempio non riuscivo ad entrare in un negozio per fare acquisti, dopo alcuni mesi di esercizio sono riuscita. La cognitiva la trovo molto valida ma è fondamentale, a mio avviso, associare l'aspetto comportamentale a quello cognitivo. Dopo un po' come dici tu non bastano i meri esercizi. Impari meccanicamente a fare le cose ma la paura generica in ogni situazione nuova permane. L'aspetto più complesso è cambiare il proprio modo di pensare. ...Suggerimenti? |
Re: "Guarire" si può. Leggete, per favore.
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Re: "Guarire" si può. Leggete, per favore.
Si mettono tante cose nel termine fobia sociale, ma ci sono situazioni molto diverse tra loro. Sto cercando di indagare meglio le cause del mio disagio, lo sto facendo da solo, non seguito da nessuno. Ma il problema principale è capire cosa voglio e cosa posso fare. A me, ad esempio, una vita con pochi rapporti sociali e senza amicizie stabili non è la cosa che spaventa di più. La cosa che mi crea più preoccupazione è proprio qualcosa che sta nei legami, nelle relazioni, in ciò che possono portare. Non riesco ancora a visualizzare cos'è per me guarigione, perchè non so quale è la situazione che vorrei raggiungere. Quindi non so verso dove indirizzare i miei tentativi.
La risposta sarebbe provare a vivere le relazioni per capire, ma da sempre quando mi trovo in certe situazioni tutto ciò che cerco è non essere assorbito e il fatto è che riesco a trovarmi spiegazioni razionali a questo comportamento, penso che convenga fare così, che va bene così, pure se le conseguenze portano sofferenza. Per cui, ripeto, io non posso voler guarire perchè non conosco questa salute di cui si parla. Credo che l'unica soluzione non sia una terapia d'urto, ma un impatto casuale con qualcosa che non ho mai conosciuto. |
Premetto:
Questo è ciò che penso io potete avere un'altra opinione completamente opposta... Sul forum diciamo che con i vari post non ho mai trovato conforto,positività sono arrivato ad un punto che leggerli mi faceva più male che bene per questo ho deciso di abbandonarlo per un pò... |
Re: "Guarire" si può. Leggete, per favore.
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Re: "Guarire" si può. Leggete, per favore.
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