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Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Stella, mia unica stella,
Nella povertà della notte sola, Per me, solo, rifulgi, Nella mia solitudine rifulgi; Ma, per me, stella Che mai non finirai d’illuminare, Un tempo ti è concesso troppo breve, Mi elargisci una luce Che la disperazione in me Non fa che acuire. |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
The cats will know
Ancora cadrà la pioggia sui tuoi dolci selciati, una pioggia leggera come un alito o un passo. Ancora la brezza e l'alba fioriranno leggere come sotto il tuo passo, quando tu rientrerai. Tra fiori e davanzali i gatti lo sapranno. Ci saranno altri giorni, ci saranno altre voci. Sorriderai da sola. I gatti lo sapranno. Udrai parole antiche, parole stanche e vane come i costumi smessi delle feste di ieri. Farai gesti anche tu. Risponderai parole - viso di primavera, farai gesti anche tu. I gatti lo sapranno, viso di primavera; e la pioggia leggera, l'alba color giacinto, che dilaniano il cuore di chi più non ti spera, sono il triste sorriso che sorridi da sola. Ci saranno altri giorni, altre voci e risvegli. Soffriremo nell'alba, viso di Primavera. Cesare Pavese |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Territudine
Essere qui per anni sulla terra, con le nuvole che arrivano, con gli uccelli, sospesi ad ore fragili. A bordo, quasi alla deriva, più vicini a Saturno, più lontani, mentre il sole gira e ci trascina e il sangue percorre il suo profondo universo più sacro di tutti gli astri. Essere qui sulla terra: non più lontani di un albero, non più inspiegabili; lievi in autunno, rigonfi in estate, con ciò che siamo o non siamo, con l'ombra, la memoria, il desiderio, fino alla fine (se c'è una fine) voce a voce, casa per casa, sia chi porta la terra, se la portano, sia chi l'aspetta, se l'aspettano, ogni volta spezzando insieme il pane in due, in tre, in quattro, senza dimenticare gli avanzi della formica che viene sempre da remote stelle per essere puntuale all'ora della nostra cena benché amare siano le briciole. Eugenio Montejo |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
C’è una certa inclinazione di luce,
i pomeriggi d’inverno che opprime, come il peso di musiche di cattedrale. Una ferita celeste, ci apporta; non ne troviamo cicatrice, ma una interna differenza, dove stanno i significati. Nessuno può insegnarla altrui è il sigillo la disperazione un’imperiale afflizione inviataci dall’aria. Quando viene, il paesaggio ascolta le ombre trattengono il fiato; quando va, è come la distanza nell’aspetto della morte. C'è una certa inclinazione di luce - Emily Dickinson |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Robin Morgan
Cavatina di Barbarina Quanto tormento per una spilla persa, per un comune e pur utile fermaglio. È una tragedia da nulla, di sicuro buffa, persino e a malapena degna della tonalità minore. Mozart però sapeva quanto comune è il pianto di chi ha perduto qualche minuta cosa minuta e normale – del proprio padre un bacio la lettera mai spedita – che noi cerchiamo, quasi tenesse insieme in fondo, i pezzi di una vita. |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Ghiannis Ritsos
Sera grigia Mi duole in petto la bellezza; mi dolgono le luci nel pomeriggio arrugginito; mi duole questo colore sulla nube – viola plumbeo viola repellente; il mezzo anello della luna che brilla appena – mi duole. Passò un battello. Una barca; i remi; gli innamorati; il tempo. I ragazzi di ieri sono invecchiati. Non tornerai indietro. Serata grigia, luna sottile, – mi fa male il tempo. |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Dove son già fatte le strade, io smarrisco
il cammino. Nell'oceano immenso, nel cielo azzurro non è traccia di sentiero. La viottola è nascosta dalle ali degli uccelli, dal fulgor delle stelle, dai fiori delle alterne stagioni. E io domando al cuore, se il suo sangue porti seco la conoscenza dell'invisibile via. Rabindranath Tagore |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Silenzio
In un luogo sperduto che è la mia memoria s'accampa un Dio sconosciuto. Attende un aureo canto e non cerca alcun cielo. Così io cerco te che sei il mio ricordo. Alda Merini |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Indirizzo
“Dove è la casa dell’amico?” Chiese il cavaliere nel chiarore. Il cielo esitò. Il passante offrì alle sabbie oscure il ramo di luce stretto tra le lebbra, indicò col dito un pioppo e disse: “prima di arrivare all’albero, trovi un sentiero più verde del sogno di Dio dove l’amore è azzurro quanto le ali della sincerità. Prosegui fino in fondo al sentiero, dove sbocca verso l’adolescenza, poi volti verso il fiore della solitudine, due passi prima, ti fermi a guardare l’eterno zampillare dei miti terrestri colto da un limpido timore. E nell’intimità mutevole dello spazio senti un fruscio: vedi un fanciullo salire su un pino alto a prendere un pulcino dal nido della luce e chiedi a lui dove è la casa dell’amico”. Sohrab Sepehri |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Il Corvo di Edgar Allan Poe
Una volta, a mezzanotte, mentre stanco e affaticato meditavo sovra un raro, strano codice obliato, e la testa grave e assorta — non reggevami piú su, fui destato all’improvviso da un romore alla mia porta. «Un viatore, un pellegrino, bussa — dissi — alla mia porta, solo questo e nulla più!» Oh, ricordo, era il dicembre e il riflesso sonnolento dei tizzoni in agonia ricamava il pavimento. Triste avevo invan l’aurora — chiesto e invano una virtù a’ miei libri, per scordare la perduta mia Lenora, la raggiante, santa vergine che in ciel chiamano Lenora e qui nome or non ha più! E il severo, vago, morbido, ondeggiare dei velluti mi riempiva, penetrava di terrori sconosciuti! tanto infine che, a far corta — quell’angoscia, m’alzai su mormorando: «È un pellegrino che ha battuto alla mia porta, un viatore o un pellegrino che ha battuto alla mia porta, questo, e nulla, nulla più!». Calmo allor, cacciate alfine quelle immagini confuse, mossi un passo, e: «Signor — dissi — o signora, mille scuse! ma vi giuro, tanto assorta — m’era l’anima e quassù tanto piano, tanto lieve voi bussaste alla mia porta, ch’io non sono ancor ben certo d’esser desto». Aprii la porta: un gran buio, e nulla più! Impietrito in quella tenebra, dubitoso, tutta un’ora stetti, fosco, immerso in sogni che mortal non sognò ancora! ma la notte non dié un segno — il silenzio pur non fu rotto, e solo, solo un nome s’udì gemere: «Lenora!» Io lo dissi, ed a sua volta rimandò l’eco: «Lenora!» Solo questo e nulla più! E rientrai! ma come pallido, triste in cor fino alla morte esitavo, un nuovo strepito mi riscosse, e or fu sì forte che davver, pensai, davvero — qualche arcano avvien quaggiù, qualche arcan che mi conviene penetrar, qualche mistero! Lasciam l’anima calmarsi, poi scrutiam questo mistero! Sarà il vento e nulla più! Qui dischiusi i vetri e torvo, — con gran strepito di penne, grave, altero, irruppe un corvo — dell’età la più solenne: ei non fece inchin di sorta — non fe’ cenno alcun, ma giù, 40come un lord od una lady si diresse alla mia porta, ad un busto di Minerva, proprio sopra alla mia porta, scese, stette e nulla più. Quell’augel d’ebano, allora, così tronfio e pettoruto tentò fino ad un sorriso il mio spirito abbattuto: e, «Sebben spiumato e torvo, — dissi, — un vile non sei tu certo, o vecchio spettral corvo della tenebra di Pluto? Quale nome a te gli araldi dànno a corte di Re Pluto?» Disse il corvo allor: «Mai più!». Mi stupii che quell’infausto disgraziato augello avesse la parola, e benché quelle fosser sillabe sconnesse, trasalii, ché, in niuna sorta — di paese fin qui fu dato ad uom di contemplare un augel sovra una porta, un augello od una bestia aggrappata ad una porta con un nome tal: «Mai più!». Ma severo e grave il corvo più non disse e stette come s’egli avesse messo tutta quanta l’anima in quel nome: sovra il busto, appollaiato — non parlò, non mosse più finché triste ebbi ripreso: «Altri amici m’han lasciato! il mattin non sarà giunto ch’egli pur m’avrà lasciato!». Disse allor: «Mai più! mai più!». Scosso al motto ch’or sì bene s’era apposto al mio pensiere, «Certo, — dissi, — queste sillabe sono tutto il suo sapere! e chi a tale ritornello — l’addestrò, forse quaggiù sarà stato sì infelice ch’ogni canto suo più bello come un requiem, non aveva ogni canto suo più bello a finir che in un mai più!» Ma un pensier folle ancor voltomi a un sorriso il labbro torvo: scivolai su un seggiolone fino in faccia al busto e al corvo, e qui, steso nel velluto — presi intento a studiar su cosa mai volesse dire quel ferale augel di Pluto, quel feral, sinistro, magro, triste, infausto augel di Pluto col suo lugubre: «Mai più!». Così assorto in fantasie stetti a lungo, e sempre intento all’augello i di cui sguardi mi riempivan di spavento, non osai più aprire labro — sprofondato sempre giù fra i cuscini accarezzati dal chiaror di un candelabro fra i cuscini rossi ov’ella, al chiaror di un candelabro, non verrà a posar mai più! Allor parvemi che a un tratto si svolgesse in aria, denso e arcan, come dal turibolo d’un angelo, un incenso. «O infelice, dissi, è l’ora! — e infin ecco la virtù e il nepente che imploravi per scordar la tua Lenora! Bevi, bevi il filtro e scorda! scorda alfin questa Lenora!» Mormorò l’augel: «Mai più!». «O profeta — urlai — profeta, spettro o augel, profeta ognora! o l’Averno t’abbia inviato — o una raffica di bora t’abbia, naufrago, sbalzato — a cercar asil quaggiù, in quest’antro di sventure, di’ al meschino che t’implora, se qui c’è un incenso, un balsamo divino! egli t’implora!» Mormorò l’augel: «Mai più!». «O profeta — urlai — profeta, spettro o augel, profeta ognora! per il ciel sovra noi teso, per l’Iddio che noi s’adora di’ a quest’anima se ancora — nel lontano Eden, lassù, potrà unirsi a un’ombra cara che chiamavasi Lenora! a una vergine che gli angeli ora chiamano Lenora!» Mormorò l’augel: «Mai più!». «Questo detto sia l’estremo, spettro o augello — urlai sperduto. Ti precipita nel nembo! torna ai baratri di Pluto! non lasciar piuma di sorta — qui a svelar chi fosti tu! lascia puro il mio dolore, lascia il busto e la mia porta! strappa il becco dal mio cuore! t’alza alfin da quella porta!» Disse il corvo: «Mai, mai più!» E la bestia ognor proterva — tetra ognora, è sempre assorta sulla pallida Minerva — proprio sopra alla mia porta! Il suo sguardo sembra il guardo — d’un dimon che sogni, e giù sui tappeti il suo riflesso tesse un circolo maliardo, e il mio spirto, stretto all’ombra di quel circolo maliardo non potrà surger mai più! |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Torture
"Nulla è cambiato. Il corpo prova dolore, deve mangiare e respirare e dormire, ha la pelle sottile, e subito sotto – sangue, ha una buona scorta di denti e di unghie, le ossa fragili, le giunture stirabili. Nelle torture di tutto ciò si tiene conto. Nulla è cambiato. Il corpo trema, come tremava prima e dopo la fondazione di Roma, nel ventesimo secolo prima e dopo Cristo, le torture c’erano e ci sono, solo la Terra è più piccola e qualunque cosa accada, è come dietro la porta. Nulla è cambiato. C’è soltanto più gente, alle vecchie colpe se ne sono aggiunte di nuove, reali, fittizie, temporanee e inesistenti, ma il grido con cui il corpo ne risponde rà, è e sarà un grido di innocenza, secondo un registro e una scala eterni. Nulla è cambiato. Tranne forse i modi, le cerimonie, le danze. Il gesto delle mani che proteggono il capo è rimasto però lo stesso, il corpo si torce, si dimena e si divincola, fiaccato cade, raggomitola le ginocchia, illividisce, si gonfia, sbava e sanguina. Nulla è cambiato. Tranne il corso dei fiumi, la linea dei boschi, del litorale, di deserti e ghiacciai. Tra questi paesaggi l’anima vaga, sparisce, ritorna, si avvicina, si allontana, a se stessa estranea, inafferrabile, ora certa, ora incerta della propria esistenza, mentre il corpo c’è, e c’è, e c’è e non trova riparo." Wisława Szymborska |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
La luna è lunatica
Il sole è solare Le mezze stagioni però, non vengono più da un bel po' Se è luglio non è il grande caldo è colpa dell'umidità tra il timido orso un anno che va il luogo comune è un paese. |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
.....serata maledetta....di una vita che forse con me si e' solo distratta....e torno a casa....e guido...una canzone triste d'oltreoceano mi porta come dentro un film....la musica mi coinvolge...e la risento...e ancora....e una curva dopo l'altra le luci della notte mi raccontano quanto io sia solo....e piango...
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Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Cio che è perduto
Dove sarà lavita che non vissi e che poteva essere mia, l'altra, di buona sorte o spaventosa e triste, che non è stata e forse era la spada o lo scudo. Dove sarà il perduto avo persiano o norvegese, dove il destino di non finire cieco, il mare, l'ancora, l'oblio di essere l'uomo che sono? Dove la serena notte che al rude contadino dona l'illetterato e laborioso giorno, come vorrebbe la letteratura? E penso infine a quella mia compagna che mi aspettava, e che forse mi aspetta. Jorge Luis Borges |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Sera
L’acciottolato spento, il semplice ricorso alla nuda espressione della sera. La mancanza del verbo che si sveglia, la candela che perde la sua cera. Ho sempre questo tenero riserbo per le parole che non dico, o che dico solo per celia. Ma è tutto così astruso, il pallore della neve, l’albero di fico la materia astratta, il giorno sempre già concluso. |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
La "Speranza" è quella cosa piumata
La "Speranza" è quella cosa piumata - che si viene a posare sull'anima - Canta melodie senza parole - e non smette - mai - E la senti - dolcissima - nel vento - E dura deve essere la tempesta - capace di intimidire il piccolo uccello che ha dato calore a tanti - Io l'ho sentito nel paese più gelido - e sui mari più alieni - Eppure mai, nemmeno allo stremo, ha chiesto una briciola - di me. Emily Dickinson |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Colore di pioggia e di ferro
Dicevi:morte, silenzio, solitudine; come amore, vita. Parole delle nostre provvisorie immagini. E il vento s'è levato leggero ogni mattina e il tempo colore di pioggia e di ferro è passato sulle pietre, sul nostro chiuso ronzio di maledetti. Ancora la verità è lontana. E dimmi, uomo spaccato sulla croce, e tu dalle mani grosse di sangue, come risponderò a quelli che domandano? Ora, ora: prima che altro silenzio entri negli occhi, prima che altro vento salga e altra ruggine fiorisca. Salvatore Quasimodo |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Un ospite
Non sei nella mia vita al mio fianco non mangi alla mia tavola ne’ ridi ne’ canti ne’ vivi per me. Siamo estranei tu e me stessa e la mia casa. Sei un estraneo un ospite che non cerca che non vuole piu’ che un letto a volte. Che ci posso fare se non cedertelo. Ma io vivo da sola. Idea Vilarino |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
appena sfornata...
Alberi e nebbia I rami questa mattina sono di un pallore irreprensibile come guance sbavate dalla noia Le fantasie mia nebbia quotidiana muovono millimetri ad una quota che non è più che un sussurro di terra. Sorriso che non ti spogli davanti ad uno sconosciuto, sconosciuto per me devi rimanere per essere fantasmagoria di nebbia nell’assenza. |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Molti zero
Senza voce l'insegnante si alza davanti a una classe di pallidi bambini dalle labbra serrate. La lavagna alle sue spalle tanto nera quanto il cielo che dista anni luce dalla terra. È il silenzio che l'insegnante ama, il gusto dell’infinito che trattiene. Le stelle come le impronte di denti sulle matite dei bambini. Ascoltatelo, dice felice. Charles Simic |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Saluterò di nuovo il sole
Saluterò di nuovo il sole, e il torrente che mi scorreva in petto, e saluterò le nuvole dei miei lunghi pensieri e la crescita dolorosa dei pioppi in giardino che con me hanno percorso le secche stagioni. Saluterò gli stormi di corvi che a sera mi portavano in offerta l’odore dei campi notturni. Saluterò mia madre, che viveva in uno specchio e aveva il volto della mia vecchiaia. E saluterò la terra, il suo desiderio ardente di ripetermi e riempire di semi verdi il suo ventre infiammato, sì, la saluterò la saluterò di nuovo. Arrivo, arrivo, arrivo, con i miei capelli, l’odore che è sotto la terra, e i miei occhi, l’esperienza densa del buio. Con gli arbusti che ho strappato ai boschi dietro il muro. Arrivo, arrivo, arrivo, e la soglia trabocca d’amore ed io ad attendere quelli che amano e la ragazza che è ancora lì, nella soglia traboccante d’amore, io la saluterò di nuovo. Forugh Farrokhzad |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Canto rassegnato
Vieni, mio dolce amico: sulla bianca e soda strada noi seguiteremo finché tutta la valle s'inazzurri. Vieni: è tanto soave camminare a te d'accanto, anche se tu non m'ami. C'è tanto verde, intorno, tanto odore di timo c'è, e sono così ariose, nell'indorato cielo, le montagne: è quasi come se anche tu mi amassi. Arriveremo giù, fino a quel ponte sorretto dallo scroscio del torrente: là tu continuerai pel tuo cammino. Io resterò sul greto, fra i cespugli, dove l'acqua non giunge, fra le pietre chiare, rotonde, immote, come dorsi di una gregge accosciata. Col mio pianto vitreo, pari a lente che non pecca, io specchierò e raddoppierò le stelle. Antonia Pozzi (Milano 1912 - Milano 1938) |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Il paradiso sui tetti
Sarà un giorno tranquillo, di luce fredda come il sole che nasce o che muore, e il vetro chiuderà l'aria sudicia fuori del cielo. Ci si sveglia un mattino, una volta per sempre, nel tepore dell'ultimo sonno: l'ombra sarà come il tepore. Empirà la stanza per la grande finestra un cielo più grande. Dalla scala salita un giorno per sempre non verranno più voci, né visi morti. Non sarà necessario lasciare il letto. Solo l'alba entrerà nella stanza vuota. Basterà la finestra a vestire ogni cosa di un chiarore tranquillo, quasi una luce. Poserà un'ombra scarna sul volto supino. I ricordi saranno dei grumi d'ombra appiattati così come vecchia brace nel camino. Il ricordo sarà la vampa che ancor ieri mordeva negli occhi spenti. Cesare Pavese |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Io non sono nessuno! E tu chi sei?
Nessuno pure tu? Allora siamo in due, ma non lo dire! Potrebbero bandirci, e tu lo sai! Che grande noia, essere qualcuno! Quanto volgare dire il nome tuo Per tutto giugno-come fa la rana- a un pantano che ti ammira. Emily Dickinson |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Il tempo perso
Sulla porta dell'officina d'improvviso si ferma l'operaio la bella giornata l'ha tirato per la giacca e non appena volta lo sguardo per osservare il sole tutto rosso tutto tondo sorridente nel suo cielo di piombo fa l'occhiolino familiarmente Dimmi dunque compagno Sole davvero non ti sembra che sia un po’ da coglione regalare una giornata come questa ad un padrone? Jacques Prevert |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Il salice
E il decrepito fascio degli alberi PUSKIN Io crebbi in un silenzio arabescato, in un'ariosa stanza del nuovo secolo. Non mi era cara la voce dell'uomo ma comprendevo quella del vento. Amavo la lappola e l'ortica, e più di ogni altro un salice d'argento. Riconoscente, lui visse con me la vita intera, alitando di sogni con i rami piangenti la mia insonnia. Strana cosa, ora gli sopravvivo. Lì sporge il ceppo, e con voci estranee parlano di qualcosa gli altri salici sotto quel cielo, sotto il nostro cielo. Io taccio....come se fosse morto un fratello. Anna Achmatova |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Accarezzami, amore,
ma come il sole che tocca la dolce fronte della luna. Non venirmi a molestare anche tu con quelle sciocche ricerche sulle tracce del divino. Dio arriverà all'alba se io sarò tra le tue braccia. Alda Merini, da "Alla tua salute, amore mio" |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Srečko Kosovel - PAROLE SEMPLICI
Amo queste semplici parole dei nostri carsici contadini, le amo, sì, le amp più di voi, poeti cittadini. Son come la limpida landa sopra una quiete, verde dolina, son come i pini e le pietre che vegliano sulla dolina. Le amo, amo il loro aspro silenzio; come una ruvida mano, ancora, bimbo smarrito, mi chiamano sempre di nuovo a sé... |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Un'oasi nell'attimo
Se venite a cercarmi, sono dietro il territorio del nulla. Dietro il territorio del nulla c'è un luogo. Dietro il territorio del nulla le vene dell'aria [sono] ricolme di messaggeri che notizie riportano, dei fiori dischiusi dei più lontani cespugli della terra. E sulle sabbie, incisi sono i segni dei cavalli di teneri cavalieri che all'alba corsero su in cima alla collina, là dove s'innalza il papavero al cielo. Dietro il territorio del nulla, è dischiuso l'ombrello della supplica: suona la campanella della pioggia, perché corra la brezza di un'arsura al picciolo di una foglia. Qui l'uomo è solo e in questa solitudine, scorre l'ombra di un olmo fino all'eternità. Sa a cercarmi venite, venite delicati e lenti, non sia mai che si screpoli la fragile porcellana della mia solitudine. Sohrab Sepehri |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Ah, io solo so
quanto mi duole il cuore senza fede né legge, senza melodia né ragione. Solo io, solo io, e non lo posso dire perché sentire è come il cielo. Si vede, e non c'è nulla da vedere. Fernardo Pessoa |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Poesia
Ogni giorno dimentico com'è. Guardo il fiume salire a grandi passi sopra la città. A nessuno appartengo. Poi mi ricordo delle scarpe, come calzarle, come curvarmi per allacciarle e scrutare la terra. Charles Simic |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di Sole: ed è subito sera. (Salvatore Quasimodo - Ed è subito sera) |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Primo giorno
Lenzuola bianche in un armadio Lenzuola rosse in un letto Un figlio in una madre La madre nei dolori Il padre davanti alla stanza La stanza nella casa La casa nella città La città nella notte La morte in un grido E il figlio nella vita. Jacques Prevert |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
In famiglia
La madre fa la maglia Il figlio fa la guerra Lei la madre lo trova del tutto naturale E il padre invece il padre cosa fa? Lui fa gli affari Sua moglie fa la maglia Suo figlio fa la guerra Lui il padre fa gli affari E lo trova del tutto naturale E il figlio Il figlio lui cosa ne pensa? Niente non pensa proprio niente il figlio La madre fa la maglia il padre fa gli affari lui fa la guerra Quando l'avrà finita Farà gli affari con suo padre La guerra continua la madre continua con la maglia Il padre continua con gli affari Il figlio muore ammazzato e non continua La madre e il padre vanno al cimitero Trovano questo del tutto naturale padre e madre La vita continua con la sua maglia la sua guerra e i suoi affari Affari e guerra maglia e guerra Affari affari affari La vita continua con il suo cimitero. Jacques prevert |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
due tra le mie preferite di Bertolt Brecht
1) Quello che in te era altura Quello che in te era altura lo hanno spianato e la tua valle L'hanno interrata Sopra di te passa una strada comoda. 2) Da leggere il mattino e la sera Quello che amo mi ha detto che ha bisogno di me Per questo ho cura di me stessa guardo dove cammino e temo che ogni goccia di pioggia mi possa uccidere. |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
La gioia avvenire
Potrebbe essere un fiume grandissimo Una cavalcata di scalpiti un tumulto un furore Una rabbia strappata uno stelo sbranato Un urlo altissimo Ma anche una minuscola erba per i ritorni Il crollo d’una pigna bruciata nella fiamma Una mano che sfiora al passaggio O l’indecisione fissando senza vedere Qualcosa comunque che non possiamo perdere Anche se ogni altra cosa è perduta E che perpetuamente celebreremo Perché ogni cosa nasce da quella soltanto Ma prima di giungervi Prima la miseria profonda come la lebbra E le maledizioni imbrogliate e la vera morte Tu che credi dimenticare vanitoso O mascherato di rivoluzione La scuola della gioia è piena di pianto e sangue Ma anche di eternità E dalle bocche sparite dei santi Come le siepi del marzo brillano le verità. Franco Fortini, Foglio di via |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Io sono ciò che manca
Io sono ciò che manca dal mondo in cui vivo, colui che tra tutti non incontrerò mai. Ruotando su me stesso ora coincido con ciò che mi è sottratto. Io sono la mia eclissi la contumacia e la malinconia l’oggetto geometrico di cui per sempre dovrò fare a meno. Valerio Magrelli |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Ho visto che nel thread non è citata ...vige troppo patriottismo ..troppo Montale e Alighieri :D
Inizio a contribuire con una bellissima (e forse è un eufemismo) poesia di Neruda : POSSO SCRIVERE I VERSI PIU' TRISTI Posso scrivere i versi più tristi questa notte. Scrivere, ad esempio : La notte è stellata, e tremolano, azzurri, gli astri in lontananza. Il vento della notte gira nel cielo e canta. Posso scrivere i versi più tristi questa notte. Io l'amai , e a volte anche lei mi amò . Nelle notti come questa la tenni tra le mie braccia. La baciai tante volte sotto il cielo infinito. Lei mi amò, a volte anch'io l'amavo. Come non amare i suoi grandi occhi fissi. Posso scrivere i versi più tristi questa notte. Pensare che non l'ho. Sentire che l'ho perduta. Udire la notte immensa, più immensa senza lei. E il verso cade sull'anima come sull'erba la rugiada. Che importa che il mio amore non potesse conservarla. La notte è stellata e lei non è con me. E' tutto. In lontananza qualcuno canta. In lontananza. La mia anima non si rassegna ad averla perduta. Come per avvicinarla il mio sguardo la cerca. Il mio cuore la cerca, e lei non è con me. La stessa notte che fa biancheggiare gli stessi alberi. Noi quelli di allora, più non siamo gli stessi. Più non l'amo, è certo, ma quanto l'amai. La mia voce cercava il vento per toccare il suo udito. D'altro. Sarà d'altro. Come prima dei suoi baci. La sua voce, il suo corpo chiaro . I suoi occhi infiniti. Più non l'amo, è certo, ma forse l'amo . E' così breve l'amore, ed è sì lungo l'oblio. Perché in notti come questa la tenni tra le mie braccia, la mia anima non si rassegna ad averla perduta. Benché questo sia l'ultimo dolore che lei mi causa e questi siano gli ultimi versi che io le scrivo. |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
E dopo la poesia struggente e malinconica ,una per farsi 2 risate (oddio.....) ...la politica "all'italiana" xD
ER COMPAGNO SCOMPAGNO di Trilussa Un Gatto, che faceva er socialista solo a lo scopo d'arivà in un posto, se stava lavoranno1 un pollo arosto ne la cucina d'un capitalista. Quanno da un finestrino su per aria s'affacciò un antro Gatto: - Amico mio, pensa - je disse - che ce so' pur'io ch'appartengo a la classe proletaria! Io che conosco bene l'idee tue so' certo che quer pollo che te magni, se vengo giù, sarà diviso in due: mezzo a te, mezzo a me... Semo compagni! - No, no: - rispose er Gatto senza core io nun divido gnente co' nessuno: fo er socialista quanno sto a diggiuno, ma quanno magno so' conservatore! |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Rincaro la dose :D sempre di Trilussa!
L' ELEZZIONE DER PRESIDENTE Un giorno tutti quanti l'animali Sottomessi ar lavoro Decisero d'elegge' un Presidente Che je guardasse l'interessi loro. C'era la Societa de li Majali, La Societa der Toro, Er Circolo der Basto e de la Soma, La Lega indipendente Fra li Somari residenti a Roma, C'era la Fratellanza De li Gatti soriani, de li Cani, De li Cavalli senza vetturini, La Lega fra le Vacche, Bovi e affini... Tutti pijorno parte a l'adunanza. Un Somarello, che pe' l'ambizzione De fasse elegge' s'era messo addosso La pelle d'un leone, Disse: - Bestie elettore, io so' commosso: La civirtà, la libbertà, er progresso... Ecco er vero programma che ciò io, Ch'è l'istesso der popolo! Per cui Voterete compatti er nome mio... - Defatti venne eletto propio lui. Er Somaro, contento, fece un rajo, E allora solo er popolo bestione S'accorse de lo sbajo D'ave' pijato un ciuccio p'un leone! - Miffarolo!... Imbrojone!... Buvattaro!... - Ho pijato possesso, - Disse allora er Somaro - e nu' la pianto Nemmanco si morite d'accidente; Silenzio! e rispettate er Presidente! |
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