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Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
F. PETRARCA, "MOVESI IL VECCHIEREL CANUTO ET BIANCO"
Movesi il vecchierel canuto et biancho del dolce loco ov'à sua età fornita et da la famigliuola sbigottita che vede il caro padre venir manco; indi trahendo poi l'antiquo fianco per l'extreme giornate di sua vita, quanto piú pò, col buon voler s'aita, rotto dagli anni, et dal cammino stanco; et viene a Roma, seguendo 'l desio, per mirar la sembianza di colui ch'ancor lassú nel ciel vedere spera: cosí, lasso, talor vo cerchand'io, donna, quanto è possibile, in altrui la disïata vostra forma vera. metto la parafrasi altrimenti non legge nessuno:pensando: Parafrasi: Si muove il vecchierello canuto e pallido dal dolce luogo dove ha condotto la sua vita, e dalla famigliola sbigottita che vede andare via l'amato padre. Di lì trascinando le vecchie membra poi per le ultime giornate della sua vita, quanto più puo', con la buona volontà si aiuta, piegato dagli anni e spossato dal cammino, e giunge a Roma, seguendo il desiderio, per ammirare l'immagine di Colui che ancora spera di vedere lassù nel cielo (si tratta dell'immagine del volto di Gesù, impressa nel velo della Veronica, conservata in S. Pietro a Roma). Così, infelice, talora io vado cercando nelle altre donne, per quanto sia possibile, mia signora, la desiderata vostra perfetta immagine (si riferisce a Laura). F. PETRARCA "SOLO ET PENSOSO I PIU' DESERTI CAMPI" Solo et pensoso i piú deserti campi vo mesurando a passi tardi et lenti, et gli occhi porto per fuggire intenti ove vestigio human l’arena stampi. Altro schermo non trovo che mi scampi dal manifesto accorger de le genti, perché negli atti d’alegrezza spenti di fuor si legge com’io dentro avampi: sì ch’io mi credo omai che monti et piagge et fiumi et selve sappian di che tempre sia la mia vita, ch’è celata altrui. Ma pur sí aspre vie né sí selvagge cercar non so ch’Amor non venga sempre ragionando con meco, et io co’llui. Parafrasi: Solo e pensieroso vado percorrendo i più deserti campi a passi lenti e porto gli occhi intenti a evitare i luoghi dove orme umane segnino il terreno. Non trovo altro riparo che mi salvi dal manifesto accorgimento delle genti, perchè negli atti privi di allegria si legge esteriormente come io dentro avvampi d'amore; tanto che io ormai credo che i monti, le pianure, i fiumi e i boschi sappiano di che specie sia la mia vita, che è celata agli altri. Ma tuttavia non so trovare vie così impervie e solitarie da impedire che Amore venga sempre a parlare con me, e io con lui. |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
http://www.arte.it/foto/orig/95/1578-7_412_0.jpg
SAFFO, "I SEGNI DELL'AMORE" Sembra a me simile agli dèi quell'uomo, che di fronte a te siede e da presso il dolce tuo parlare ascolta, e il riso amabile; proprio questo a me il cuore nel petto fa balzare: se ti vedo subito non so più nulla dire, ma la lingua si spezza, sottile presto sotto la pelle corre un fuoco, con gli occhi niente più vedo, rombano le orecchie sopra me si versa sudore, un tremito tutta mi assale, più verde dell'erba divento, e dal morire poco lontana mi sembro; ma tutto si puo' sopportare. SAFFO, "CARME DELLA VECCHIAIA" Onorate i bei doni delle Muse dal seno ornato di viole, fanciulle, danzate secondo la cetra armoniosa, amante del canto. A me invece la pelle, un tempo così liscia, la vecchiaia ormai l'ha distrutta; bianchi sono divenuti i capelli da neri; si è appesantito l'animo mio, le ginocchia non mi sorreggono, le quali prima erano agili a danzare come cerbiatti. Perciò io piango spesso, ma che cosa potrei fare? Non è possibile che un uomo eviti la vecchiaia. Così raccontano di Titono: Eos dalle braccia rosate presa d'amore giunse alle estremità della terra portandolo, bello e giovane com'era; e tuttavia la grigia vecchiezza col tempo lo afferrò, pur avendo una sposa immortale. (Titono o Titone= principe troiano, figlio del re Laomedonte, re di Troia. Amato da Eos, l'Aurora, ebbe da Zeus, per preghiera di lei, l'immortalità ma non la giovinezza eterna, sicchè divenne sempre più decrepito, finchè non fu mutato in cicala) |
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RUFINO, "ANTOLOGIA PALATINA" V 21
Non te lo dicevo, Prodice,"Invecchiamo", non te lo dicevo "la fine dell'amore giungerà presto"? Ecco adesso le rughe, la canizie, il corpo logoro, e la bocca non possiedono più le grazie di prima. Forse qualcuno adesso ti cerca, superba, ti adula, ti supplica? Come a una tomba ora ti passiamo davanti. |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
MATTEO MARIA BOIARDO, "INAMORAMENTO DE ORLANDO" (OD ORLANDO INNAMORATO) (I,I,1-3)
Signori e cavallier che ve adunati Per odir cose dilettose e nove, Stati attenti e quïeti, ed ascoltati La bella istoria che ’l mio canto muove; E vedereti i gesti smisurati, L’alta fatica e le mirabil prove Che fece il franco Orlando per amore Nel tempo del re Carlo imperatore. Non vi par già, signor, meraviglioso Odir cantar de Orlando inamorato, Ché qualunche nel mondo è più orgoglioso, È da Amor vinto, al tutto subiugato; Né forte braccio, né ardire animoso, Né scudo o maglia, né brando affilato, Né altra possanza può mai far diffesa, Che al fin non sia da Amor battuta e presa. Questa novella è nota a poca gente, Perché Turpino istesso la nascose, Credendo forse a quel conte valente Esser le sue scritture dispettose, Poi che contra ad Amor pur fu perdente Colui che vinse tutte l’altre cose: Dico di Orlando, il cavalliero adatto. Non più parole ormai, veniamo al fatto. LUDOVICO ARIOSTO, "ORLANDO FURIOSO" (I,1-4) Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori, le cortesie, l’audaci imprese io canto, che furo al tempo che passaro i Mori d’Africa il mare, e in Francia nocquer tanto, seguendo l’ire e i giovenil furori d’Agramante lor re, che si diè vanto di vendicar la morte di Troiano sopra re Carlo imperator romano. Dirò d’Orlando in un medesmo tratto cosa non detta in prosa mai, né in rima: che per amor venne in furore e matto, d’uom che sì saggio era stimato prima; se da colei che tal quasi m’ha fatto, che ’l poco ingegno ad or ad or mi lima, me ne sarà però tanto concesso, che mi basti a finir quanto ho promesso. Piacciavi, generosa Erculea prole, ornamento e splendor del secol nostro, Ippolito, aggradir questo che vuole e darvi sol può l’umil servo vostro. Quel ch’io vi debbo, posso di parole pagare in parte e d’opera d’inchiostro; né che poco io vi dia da imputar sono, che quanto io posso dar, tutto vi dono. Voi sentirete fra i più degni eroi, che nominar con laude m’apparecchio, ricordar quel Ruggier, che fu di voi e de’ vostri avi illustri il ceppo vecchio. L’alto valore e’ chiari gesti suoi vi farò udir, se voi mi date orecchio, e vostri alti pensier cedino un poco, sì che tra lor miei versi abbiano loco. Che belli!:cuore::cuore::cuore: Come vorrei leggerli tutti il prima possibile! Dannata università che mi toglie il tempo!:( |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
CECCO ANGIOLIERI, "S'I FOSSE FOCO, ARDEREI 'L MONDO"
S’i’ fosse foco, arderei ’l mondo; s’ i’ fosse vento, lo tempesterei (tempestarei); s’i’ fosse acqua, i’ l’annegherei; s’i’ fosse Dio, mandereil’ en profondo; s’i’ fosse papa, sare’ (serei) allor giocondo, ché tutti cristïani imbrigherei (embrigarei); s’i’ fosse ’mperator, sa’ che farei? A tutti mozzarei lo capo a tondo. S’i fosse morte, andarei da mio padre; s’i’ fosse vita, fuggirei da lui: similemente farìa da mi’ madre. S’i’ fosse Cecco, com’i’ sono e fui, torrei le donne giovani e leggiadre: e vecchie e laide lasserei altrui. Parafrasi: Se io fossi fuoco brucerei il mondo, se fossi vento lo scuoterei con tempeste, se fossi acqua lo sommergerei, se fossi Dio lo farei sprofondare in un abisso, se io fossi papa sarei allora felice, poichè tutti i cristiani metterei nei guai, se io fossi imperatore, sai che farei? A tutti mozzerei la testa. Se io fossi la morte andrei da mio padre, se io fossi la vita fuggirei da lui, e similmente farei con mia madre. Se io fossi Cecco, come sono e fui, prenderei per me le donne giovani e belle, e le vecchie e brutte lascerei agli altri. CECCO ANGIOLIERI, "TRE COSE SOLAMENTE M'ENNO IN GRADO" Tre cose solamente m'ènno in grado, le quali posso non ben ben fornire, cioè la donna, la taverna e 'l dado: queste mi fanno 'l cuor lieto sentire. Ma sì mme le convene usar di rado, ché la mie borsa mi mett' al mentire; e quando mi sovien, tutto mi sbrado, ch'i' perdo per moneta 'l mie disire. E dico: " Dato li sia d'una lancia! ", ciò a mi' padre, che mmi tien sì magro, che tornare' senza logro di Francia. Ché fora a torli un dinar più agro, la man di Pasqua che ssi dà la mancia, che far pigliar la gru ad un bozzagro. Parafrasi: Tre cose solamente mi sono a gradimento, le quali non riesco a procurarmi come vorrei: cioè la donna, la taverna e il gioco, queste mi fanno sentire il cuore lieto. Ma così di rado me le posso permettere, poichè le mie finanze mi smentiscono, e quando mi sovviene sbraito tutto, perchè io a causa dei soldi perdo i miei desideri. E dico: "Sia trafitto da una lancia!", e ciò a mio padre, che mi tiene così magro, che potrei tornare dalla Francia a piedi senza dimagrire ancora. Sarebbe più difficile sottrargli un denaro dalla mano la mattina del giorno di Pasqua, che far catturare una gru ad una poiana. |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Il nulla.
Non ho obiettivi né ambizioni. Sono il nulla circondato dal nulla. Non un rumore. Non un respiro. Niente. Esso mi pervade e mi asseta l'anima. Non v'è conquista né sconfitta. Ora vegeto. I sensi sono all'erta, in attesa di qualcosa. Ma volo, seppur seduto, con la mente sono già altrove. I piedi: ormai invisibili pregano pietà. Un ghigno perverso mi bagna il viso. Ora sono terra. Ora sono fuoco. Ora sono foglia. Ora sono cielo. Non ho più alibi né giustificazioni. E come se avessi le ali, m'ergo verso il cielo. E lascio a voi, anime stanche, tutto ciò di cui possiate godere. |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
L'allegra morte.
Emarginazione. Solitudine. Disperazione. Vuoto. Mancanza di stima. Cancellare, rinnegare, abolire, uccidere. Sopportare. Ingoiare. Detestare. Odiare. Infine, morire. Il raggio di una vita che si conclude in una manciata di anni. E non rimane molto per cui sperare, non molto per cui immaginare. Distese infinite e sperdute di solitudine attendono mascherate. Illusione. Ragione. Compromessi. Tutto ciò in una manciata di ore. Poi, la fine. La decomposizione. La putrefazione. L'allegra morte che se la ride amabilmente in solitudine. |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Dippold l'ottico
Che cosa vedete adesso? Globi di rosso, giallo, porpora. Un momento! E adesso? Mio padre e mia madre e le mie sorelle. Bene! E ora? Cavalieri in armi, donne bellissime, visi delicati. Provate questa. Un campo di grano - una città. Molto bene! E ora? Una giovane donna e angeli chini su di lei. Una lente più forte! E ora? Molte donne dagli occhi luminosi e le labbra socchiuse. Provate questa. Un bicchiere su un tavolo, nient'altro. Ah, capisco! Provate questa lente! Solo uno spazio aperto - non vedo niente di particolare. Bene, e ora! Pini, un lago, un cielo d'estate. Va meglio. E adesso? Un libro. Leggetemi una pagina. Non posso. I miei occhi sono attratti oltre la pagina. Provate questa lente. Abissi d'aria. Magnifico! E ora? Luce, soltanto luce, che trasforma tutto il mondo sottostante in giocattolo. Benissimo, faremo gli occhiali così. (Edgar Lee Masters, Antologia di Spoon River) |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Sono tutte di Wislawa Szymborska, una delle mie poetesse preferite.
Scrivere un curriculum Che cos'e' necessario? E' necessario scrivere una domanda, e alla domanda allegare il curriculum. A prescindere da quanto si e' vissuto e' bene che il curriculum sia breve. E' d'obbligo concisione e selezione dei fatti. Cambiare paesaggi in indirizzi e malcerti ricordi in date fisse. Di tutti gli amori basta quello coniugale, e dei bambini solo quelli nati. Conta di piu' chi ti conosce di chi conosci tu. I viaggi solo se all'estero. L'appartenenza a un che, ma senza perche'. Onorificenze senza motivazione. Scrivi come se non parlassi mai con te stesso e ti evitassi. Sorvola su cani, gatti e uccelli, cianfrusaglie del passato, amici e sogni. Meglio il prezzo che il valore e il titolo che il contenuto. Meglio il numero di scarpa, che non dove va colui per cui ti scambiano. Aggiungi una foto con l'orecchio in vista. E' la sua forma che conta, non cio' che sente. Cosa si sente? Il fragore delle macchine che tritano la carta. Ringraziamento Devo molto a quelli che non amo. Il sollievo con cui accetto che siano più vicini a un altro. La gioia di non essere io il lupo dei loro agnelli. Mi sento in pace con loro e in libertà con loro, e questo l'amore non può darlo, né riesce a toglierlo. Non li aspetto dalla porta alla finestra. Paziente quasi come un orologio solare, capisco ciò che l'amore non capisce, perdono ciò che l'amore non perdonerebbe mai. Da un incontro a una lettera passa non un'eternità, ma solo qualche giorno o settimana. I viaggi con loro vanno sempre bene, i concerti sono ascoltati fino in fondo, le cattedrali visitate, i paesaggi nitidi. E quando ci separano sette monti e fiumi, sono monti e fiumi che si trovano in ogni atlante. E' merito loro se vivo in tre dimensioni, in uno spazio non lirico e non retorico, con un orizzonte vero, perchè mobile. Loro stessi non sanno quanto portano nelle mani vuote. "Non devo loro nulla" - direbbe l'amore su questa questione aperta. Il 16 maggio 1973 Una delle tante date Che non mi dicono più nulla. Dove sono andata quel giorno, che cosa ho fatto - non lo so. Se lì vicino fosse stato commesso un delitto - non avrei un alibi. Il sole sfolgorò e si spense Senza che ci facessi caso. La terra ruotò E non ne presi nota. Mi sarebbe più lieve pensare Di essere morta per poco, piuttosto che ammettere di non ricordare nulla benché sia vissuta senza interruzioni. Non ero un fantasma, dopotutto, respiravo, mangiavo, si sentiva il rumore dei miei passi, e le impronte delle mie dita dovevano restare sulle maniglie. Lo specchio rifletteva la mia immagine. Indossavo qualcosa d'un qualche colore. Certamente più d'uno mi vide, Forse quel giorno Trovai una cosa andata perduta. Forse ne persi una trovata poi. Ero colma di emozioni e impressioni. Adesso tutto questo è come Tanti puntini tra parentesi. Dove mi ero rintanata, dove mi ero cacciata - niente male come scherzetto perdermi di vista così. Scuoto la mia memoria - Forse tra i suoi rami qualcosa Addormentato da anni Si leverà con un frullo. Addio a una vista Non ce l'ho con la primavera perché è tornata. Non la incolpo perché adempie come ogni anno ai suoi doveri. Capisco che la mia tristezza non fermerà il verde. Il filo d’erba, se oscilla, è solo al vento. Non mi fa soffrire che gli isolotti di ontani sulle acque abbiano di nuovo con che stormire. Prendo atto che la riva di un certo lago è rimasta - come se tu vivessi ancora - bella come era. Non ho rancore contro la vista per la vista sulla baia abbacinata dal sole. Riesco perfino ad immaginare che degli altri, non noi siedano in questo momento su un tronco rovesciato di betulla. Rispetto il loro diritto a sussurrare, a ridere e a tacere felici. Suppongo perfino che li unisca l'amore e che lui la stringa con il suo braccio vivo. Qualche giovane ala fruscia nei giuncheti. Auguro loro sinceramente di sentirla. Non esigo alcun cambiamento dalle onde vicine alla riva, ora leste, ora pigre e non a me obbedienti. Non pretendo nulla dalle acque fonde accanto al bosco, ora color smeraldo, ora color zaffiro, ora nere. Una cosa soltanto non accetto. Il mio ritorno là. Il privilegio della presenza - ci rinuncio. Ti sono sopravvissuta solo e soltanto quanto basta per pensare da lontano. |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Beh, data l'ora...
THE THOUGHT-FOX I imagine this midnight moment’s forest: Something else is alive Beside the clock’s loneliness And this blank page where my fingers move. Through the window I see no star: Something more near Though deeper within darkness Is entering the loneliness: Cold, delicately as the dark snow, A fox’s nose touches twig, leaf; Two eyes serve a movement, that now And again now, and now, and now Sets neat prints into the snow Between trees, and warily a lame Shadow lags by stump and in hollow Of a body that is bold to come Across clearings, an eye, A widening deepening greenness, Brilliantly, concentratedly, Coming about its own business Till, with a sudden sharp hot stink of fox It enters the dark hole of the head. The window is starless still; the clock ticks, The page is printed. |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Un grandissimo poeta, troppo spesso dimenticato (come la Achmatova non uso mai il femminile di poeta).
Love is Not All (Sonnet XXX) by Edna St. Vincent Millay Love is not all: it is not meat nor drink Nor slumber nor a roof against the rain; Nor yet a floating spar to men that sink And rise and sink and rise and sink again; Love can not fill the thickened lung with breath, Nor clean the blood, nor set the fractured bone; Yet many a man is making friends with death Even as I speak, for lack of love alone. It well may be that in a difficult hour, Pinned down by pain and moaning for release, Or nagged by want past resolution's power, I might be driven to sell your love for peace, Or trade the memory of this night for food. It well may be. I do not think I would. |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Tre grandi poeti le cui biografie condividono la stessa tragica fine.
Dream Song 29 by John Berryman There sat down, once, a thing on Henry's heart só heavy, if he had a hundred years & more, & weeping, sleepless, in all them time Henry could not make good. Starts again always in Henry's ears the little cough somewhere, an odour, a chime. And there is another thing he has in mind like a grave Sienese face a thousand years would fail to blur the still profiled reproach of. Ghastly, with open eyes, he attends, blind. All the bells say: too late. This is not for tears; thinking. But never did Henry, as he thought he did, end anyone and hacks her body up and hide the pieces, where they may be found. He knows: he went over everyone, & nobody's missing. Often he reckons, in the dawn, them up. Nobody is ever missing. Morning Song by Sylvia Plath Love set you going like a fat gold watch. The midwife slapped your footsoles, and your bald cry Took its place among the elements. Our voices echo, magnifying your arrival. New statue. In a drafty museum, your nakedness Shadows our safety. We stand round blankly as walls. I'm no more your mother Than the cloud that distills a mirror to reflect its own slow Effacement at the wind's hand. All night your moth-breath Flickers among the flat pink roses. I wake to listen: A far sea moves in my ear. One cry, and I stumble from bed, cow-heavy and floral In my Victorian nightgown. Your mouth opens clean as a cat's. The window square Whitens and swallows its dull stars. And now you try Your handful of notes; The clear vowels rise like balloons. The Broken Tower by Hart Crane The bell-rope that gathers God at dawn Dispatches me as though I dropped down the knell Of a spent day - to wander the cathedral lawn From pit to crucifix, feet chill on steps from hell. Have you not heard, have you not seen that corps Of shadows in the tower, whose shoulders sway Antiphonal carillons launched before The stars are caught and hived in the sun's ray? The bells, I say, the bells break down their tower; And swing I know not where. Their tongues engrave Membrane through marrow, my long-scattered score Of broken intervals ... And I, their sexton slave! Oval encyclicals in canyons heaping The impasse high with choir. Banked voices slain! Pagodas campaniles with reveilles out leaping- O terraced echoes prostrate on the plain! ... And so it was I entered the broken world To trace the visionary company of love, its voice An instant in the wind (I know not whither hurled) But not for long to hold each desperate choice. My word I poured. But was it cognate, scored Of that tribunal monarch of the air Whose thighs embronzes earth, strikes crystal Word In wounds pledged once to hope - cleft to despair? The steep encroachments of my blood left me No answer (could blood hold such a lofty tower As flings the question true?) -or is it she Whose sweet mortality stirs latent power?- And through whose pulse I hear, counting the strokes My veins recall and add, revived and sure The angelus of wars my chest evokes: What I hold healed, original now, and pure ... And builds, within, a tower that is not stone (Not stone can jacket heaven) - but slip Of pebbles, - visible wings of silence sown In azure circles, widening as they dip The matrix of the heart, lift down the eyes That shrines the quiet lake and swells a tower... The commodious, tall decorum of that sky Unseals her earth, and lifts love in its shower. |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
La sostanza dove io manco
da "Antenata" di Mariangela Gualtieri La sostanza dove io manco è tutta avvolta nella coperta di lana. Di quelli che più volte ho toccato ricordo le mani le facce le pance le voci le pettinature. Mi stanno aiutando. (Enigma: io sono la mancanza - la mancanza che sono - sono ciò da cui manco - sono tutta mancanza - e non c'è nostalgia - neppure lontananza - essendo ciò che manca - adesso e sempre - io) Nome che stai al centro da "Nei leoni e nei lupi" di Mariangela Gualtieri Nome che stai al centro, il tuo suono ciocca e s'imperla di voci ma nessuna ti tiene, nessuna ti osa in suoni, in lettera e in cifra. Nelle tue solitudini di mai chiamato. Come tutto è assai strano. A me sembra. Assai strano. Ti piantóno, ti indago, mi avvicino in millimetri. Ti ho nella voce senza che esca in suono. Sei la terra e la morte... di Cesare Pavese Sei la terra e la morte. La tua stagione è il buio e il silenzio. Non vive cosa che più di te sia remota dall'alba. Quando sembri destarti sei soltanto dolore, l'hai negli occhi e nel sangue ma tu non senti. Vivi come vive una pietra, come la terra dura. E ti vestono sogni movimenti singulti che tu ignori. Il dolore come l'acqua di un lago trepida e ti circonda. Sono cerchi sull'acqua. Tu li lasci svanire. Sei la terra e la morte. Tutte le lettere d'amore sono ridicole di Fernando Pessoa Tutte le lettere d'amore sono ridicole. Non sarebbero lettere d'amore se non fossero ridicole. Anch'io ho scritto ai miei tempi lettere d'amore, come le altre, ridicole. Le lettere d'amore, se c'e' l'amore, devono essere ridicole. Ma dopotutto solo coloro che non hanno mai scritto lettere d'amore sono ridicoli. Magari fosse ancora il tempo in cui scrivevo senza accorgermene lettere d'amore ridicole. La verita' e' che oggi sono i miei ricordi di quelle lettere a essere ridicoli. (Tutte le parole sdrucciole, come tutti i sentimenti sdruccioli, sono naturalmente ridicole). Da leggere il mattino e la sera da "Poesie 1933-1938" di Bertolt Brecht Quello che amo mi ha detto che ha bisogno di me Per questo ho cura di me stessa guardo dove cammino e temo che ogni goccia di pioggia mi possa uccidere Uomo e donna a letto alle 10 pomeridiane (Charles Bukowsky) Mi sento come una scatola di sardine, disse lei. Mi sento come un cerotto, dissi io. Mi sento come un panino al tonno, disse lei. Mi sento come un pomodoro a fette, dissi io. Mi sento come se stesse per piovere, disse lei. Mi sento come se l'orologio s'è fermato, dissi io. Mi sento come se la porta fosse aperta, disse lei. Mi sento come se stesse per entrare un elefante, dissi io. Mi sento che dovremmo pagare l'affitto, disse lei. Mi sento che dovresti trovare lavoro, disse lei. Non me la sento di lavorare, dissi. Mi sento che di me non te me ne importa, disse lei. Mi sento che dovremmo far l'amore, dissi io. Mi sento che l'amore l'abbiamo fatto fìn troppo, disse lei. Mi sento che dovremmo farlo più spesso, dissi io. Mi sento che dovresti trovare lavoro, disse lei. Mi sento che dovresti trovare lavoro, dissi io. Mi sento una gran voglia di bere, disse lei. Mi sento come una bottiglia di whisky, dissi io. Mi sento che finiremo come due ubriaconi, disse lei. Mi sento che hai ragione, dissi io. Mi sento di mollare tutto, disse lei. Mi sento che ho bisogno d'un bagno, dissi io. Anch'io mi sento che hai bisogno d'un bagno, disse lei. Mi sento che dovresti lavarmi la schiena, dissi io. Mi sento che tu non mi ami, disse lei. Mi sento che ti amo, dissi io. Mi sento quel coso dentro adesso, disse lei. Anch'io sento che adesso quel coso è dentro di te, dissi io. Mi sento che adesso ti amo, disse lei. Mi sento che ti amo più di te, dissi io. Mi sento benone, disse lei, ho voglia di urlare. Mi sento che non la smetterei più, dissi io. Mi sento che ne saresti capace, disse lei. Mi sento, dissi io. Mi sento, disse lei. Che te ne fai di un titolo? (Charles Bukowski) Non ce la fanno i belli muoiono tra le fiamme: sonniferi, veleno per i topi, corda, qualunque cosa........ si strappano le braccia, si buttano dalla finestra, si cavano gli occhi dalle orbite, respingono l'amore respingono l'odio respingono, respingono. non ce la fanno i belli non resistono, sono le farfalle sono le colombe sono i passeri, non ce la fanno. una lunga fiammata mentra i vecchi giocano a dama nel parco una fiammata, una bella fiammata mentre i vecchi giocano a dama nel parco al sole i belli si trovano nell'angolo di una stanza accartocciati tra ragni e siringhe, nel silenzio, e non sapremo mai perchè se ne sono andati, erano tanto belli. non ce la fanno i belli muoiono giovani e lasciano i brutti alla loro brutta vita. amabili e vivaci: vita e suicidio e morte mentre i vecchi giocano a dama sotto il sole nel parco. |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Monologo per Cassandra
Sono io, Cassandra. E questa è la mia città sotto le ceneri. E questi i miei nastri e la verga di profeta. E questa è la mia testa piena di dubbi. È vero, sto trionfando. I miei giusti presagi hanno acceso il cielo. Solamente i profeti inascoltati godono di simili viste. Solo quelli partiti con il piede sbagliato, e tutto poté compiersi tanto in fretta come se mai fossero esistiti. Ora rammento con chiarezza: la gente al vedermi si fermava a metà. Le risate morivano. Le mani si scioglievano. I bambini correvano dalle madri. Non conoscevo neppure i loro effimeri nomi. E quella canzoncina sulla foglia verde - nessuno la finiva in mia presenza. Li amavo. Ma dall’alto. Da sopra la vita. Dal futuro. Dove è sempre vuoto e nulla è più facile che vedere la morte. Mi spiace che la mia voce fosse dura. Guardatevi dall’alto delle stelle - gridavo - guardatevi dall’alto delle stelle. Sentivano e abbassavano gli occhi. Vivevano nella vita. Permeati da un grande vento. Con sorti già decise. Fin dalla nascita in corpi da commiato. Ma c’era in loro un’umida speranza, una fiammella nutrita del proprio luccichio. Loro sapevano cos’è davvero un’istante, oh, almeno uno, uno qualunque prima di - È andata come dicevo io. Solo che non ne viene nulla. E questa è la mia veste bruciacchiata. E questo è il mio ciarpame di profeta. E questo è il mio viso stravolto. Un viso che non sapeva di poter essere bello. (Wislawa Szymborska) |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Scrivere il Curriculum
Che cos’è necessario? È necessario scrivere una domanda, e alla domanda allegare il curriculum. A prescindere da quanto si è vissuto il curriculum dovrebbe essere breve. È d’obbligo concisione e selezione dei fatti. Cambiare paesaggi in indirizzi e malcerti ricordi in date fisse. Di tutti gli amori basta quello coniugale, e dei bambini solo quelli nati. Conta più chi ti conosce di chi conosci tu. I viaggi solo se all’estero. L’appartenenza a un che, ma senza perché. Onorificenze senza motivazione. Scrivi come se non parlassi mai con te stesso e ti evitassi. Sorvola su cani, gatti e uccelli, cianfrusaglie del passato, amici e sogni. Meglio il prezzo del valore e il titolo che il contenuto. Meglio il numero di scarpa, che non dove va colui per cui ti scambiano. Aggiungi una foto con l’orecchio in vista. È la sua forma che conta, non ciò che sente. Cosa si sente? Il fragore delle macchine che tritano la carta. (Wislawa Szymborska) |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Nulla è in regalo
Nulla è in regalo, tutto è in prestito. Sono indebitata fino al collo. Sarò costretta a pagare per me con me stessa, a rendere la vita in cambio della vita. È così che è stabilito, il cuore va reso e il fegato va reso e ogni singolo dito. È troppo tardi per impugnare il contratto. Quanto devo Mi sarà tolto con la pelle. Me ne vado per il mondo tra una folla di altri debitori. Su alcuni grava l’obbligo di pagare le ali. Altri dovranno, per amore o per forza, rendere conto delle foglie. Nella colonna Dare ogni tessuto che è in noi. Non un ciglio, non un peduncolo da conservare per sempre. L’inventario è preciso, e a quanto pare ci toccherà restare con niente. Non riesco a ricordare dove, quando e perché ho permesso che aprissero questo conto a mio nome. La protesta contro di esso la chiamiamo anima. E questa è l’unica voce che manca nell’inventario. (Wislawa Szymborska) |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Quando ecco ma
Quando, talor frattanto, forse sebben così, giammai piuttosto alquanto, come perché bensì. Ecco repente altronde, quasi eziandio perciò, anzi altresì la onde purtroppo, invan però. Ma se perfin mediante quantunque atteso ché ahi! sempre nonostante con ciò sia cosa ché. (Pier Coccoluto Ferrigi) |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
GRAMMI
Ho un grammo di pensiero nel cervello che illude concretizza assorbe peso vivendo Ho un grammo di nitroglicerina che fa esplodere molti culi Ho visto un coccige staccarsi per ancorarsi sul terreno l’ho raccolto e navi di stronzate si sono disperse nell’inconsistenza Ho un grammo di culo fra le mani che si confronta con il grammo di pensiero che stringo fra le tempie gioco di scacchi scacco al pedone re e regina sono fuori dal quadrato Grammi della mia coscienza sotterrano il tuo culo grasso che contiene chili di merda Sei maleodorante con la tua boccetta di profumo fra le dita la tua scia di essenza che ti trascini dietro e invade il mio naso rappresenta la melma capitalista che tenta di sotterrarmi Sei melma e ti vanti sei melma e ti lavi ma non fai abbastanza sei fottuto come me ma io non sono come te io ho il mio marciapiede ogni mattonella è un racconto prova a staccare un sampietrino e a sfogliarlo leggerai e capirai prova a percorrere invece di camminare prova a sentire il mio sguardo è solo un grammo di nitroglicerina sulle tue pupille Gervaso Curtis " |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
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Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Mentre noi siamo qui, fra consuete (Sandro Penna)
Mentre noi siamo qui, fra consuete cose sepolti, - è sul mondo la luna e bagna il canto ai contadini. Quete ascoltano le siepi. Il fondo ascolto della mia vita a quel lume di luna. |
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