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Re: È opportuno continuare a vivere?
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Re: È opportuno continuare a vivere?
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È a livello di "essenza" che io mi sento come non simile agli umani, non a questi umani (per essenza, a livello scientifico, intendo il "layout" neuronale, cioè la base delle percezioni sensoriali). Io credo di avere un layout neuronale completamente diverso da quello di tutti gli altri, mentre gli altri invece si assomigliano grossomodo. Ovviamente, non ho la verità in mano, si tratta di una sensazione inconscia. |
Re: È opportuno continuare a vivere?
Sì certo che è opportuno , nella misura in cui c'è qualcuno che ti vuole bene ,quando non avrai più nessuno sarà dura restare al mondo ...
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Re: È opportuno continuare a vivere?
Se resteremo fuori da noi stessi nel tentativo di vederci cogli occhi degli altri passeremo la vita a giudicare noi stessi e non vivremo mai.
Nè tenteremo mai di cambiare qualcosa. E' solo questo il meccanismo che genera l'immobilità, il non accettare qualcosa. Accettare che la nostra condizione è questa, questo dobbiamo fare, senza essere troppo duri con noi stessi, buona fortuna |
Re: È opportuno continuare a vivere?
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Re: È opportuno continuare a vivere?
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Dal punto di vista della maggioranza potrebbe risultare opportuno rimuovere l'ingranaggio che gira a vuoto, ma dal punto di vista individuale dell'ingranaggio le cose cambiano. All'ingranaggio singolo potrebbe non fregargliene nulla se tutto il meccanismo gira bene o male o risulta rallentato dal suo girare a vuoto, perché lo scopo dell'ingranaggio singolo non è quello di far girare bene e al meglio il meccanismo generale ma quello di sopravvivere lui singolarmente al meglio. Supponiamo che una persona sopravviva rubando. Ora non solo in questo caso si ha a che fare con una persona o un ingranaggio che non risulta utile al meccanismo generale, ma si ha a che fare con un ingranaggio che produce addirittura danni alla buona organizzazione degli altri ingranaggi e gira in senso contrario. Alla fine una funzione la svolge comunque, come una zanzara o un organismo parassita, ma una funzione che va contro gli scopi comuni e che non è integrata tra gli scopi dell'organismo ospite. Ora per me risulta ovvio che l'organizzazione (e chi si riconosce in questa e ne fa parte) potrebbe ritenere opportuno contrastare queste condotte fino ad arrivare in casi estremi a "rimuovere il problema" (così come un organismo si difende da un virus che risucchia risorse per colonizzarlo senza apportare alcun vantaggio agli scopi che cerca di raggiungere l'organizzazione), ma non è detto che questo punto di vista relativo all'opportunità di esistere in questi modi debba esser condiviso anche dal ladro stesso che dovrebbe arrivare, secondo questa logica qua, improvvisamente a suicidarsi se non riesce a cambiare e trovare sistemi alternativi per sopravvivere in certi modi. La criminalità sarebbe già sparita da un bel po' se fosse stato vero questo. La società ha costruito i suoi anticorpi ma per ora non è riuscita ad espellere definitivamente il virus né a rendere integrati gli scopi di queste organizzazioni parassitarie che continuano a replicarsi. L'etica del fine comune che sovrasta i fini individuali in tutto e per tutto è quella utilitaristica. Io personalmente non la condivido, penso che il fine comune dev'essere sempre subordinato ai fini individuali, se il fine comune richiede che degli individui devono esser sacrificati, per me non si ha a che fare con una società perfetta, ma tutt'altro. Finché i fini individuali andranno in forte conflitto con i fini dell'organizzazione allora si avrà a che fare con società imperfette per me, non so neanche se possano esistere società perfette in tal senso, io penso proprio di no perché di conflitti del genere, tra individui ed organizzazioni ce ne sono a bizzeffe. Il solo fatto che esistano individui "inutili" e in soprannumero per l'organizzazione fa di questa organizzazione un'organizzazione imperfetta perché risulta a monte incapace di far rientrare ed integrare tra i propri fini comuni anche quelli di questi individui qua. Che un fine lo si chiami "comune" solo perché per una certa organizzazione, che va per la maggiore, viene riconosciuto come prioritario, non risulta poi così corretto per me... Per essere comune deve davvero risultare come priorità per tutti. Se già condividi certi fini comuni che richiedono la tua distruzione e sono per te davvero delle priorità allora te lo dico chiaramente: fai bene e più che bene ad ammazzarti per questi motivi qua. Ma è vero che li condividi? Se tra i tuoi scopi c'è prioritariamente quello di sopravvivere in certi modi può essere che questo presunto "fine comune" del meccanismo che ti chiede di non esistere - per farlo funzionare al meglio - va in conflitto con i tuoi scopi prioritari, e non è più vero che risulta comune questo fine perché tu sei comunque un individuo che può ritirare questa forma di condivisione in ogni momento. Per le persone che fanno parte dell'organizzazione e che prosperano bene in questa risulta ovvio che ritengano poco opportune una serie di posizioni contrapposte a questa organizzazione, ma noi non dobbiamo valutare se risulta opportuno che noi viviamo secondo il loro punto di vista, ma secondo il nostro. E' vero che condividi i fini della società in base ai quali tu non dovresti proprio esistere? Fai bene ad ammazzarti, in linea di principio anche adesso si può rendere la società perfetta, basta che tutti i dissidenti, che non condividono in toto certi fini comuni si tolgano dalle palle spontaneamente e si convincano che non risulta opportuno vivere in contrasto con questi fini qua. Risposte a domande del genere di oggettivo hanno ben poco, hanno sempre a che fare con scopi e priorità, e questi possono variare da individuo ad individuo. Io penso che l'individui sfrutti l'organizzazione per raggiungere i suoi scopi, nessuno scopo dell'organizzazione per me risulterà prioritario e comune se va in conflitto con quel che va cercando l'individuo. Parlo di qualsiasi tipo di organizzazione, che sia la coppia, la famiglia, il gruppo di amici... E così via. Se tra i tuoi scopi risulta prioritario quello della sopravvivenza di una certa forma di organizzazione rispetto alla tua sopravvivenza individuale e hai calcolato bene che per te risulta più utile che vada avanti questa organizzazione rispetto alla tua stessa organizzazione, allora risulta più opportuno per te non vivere. Ma è un discorso che ha validità relativa. Non è che bisogna ragionarci troppo, è piuttosto soggettiva e dipendente dalle proprie priorità la cosa... Non si arriverà a conclusioni generali. Se per un individuo il fine comune è davvero una priorità assoluta rispetto a qualsiasi altro scopo (compresa la propria autoconservazione) dovrà agire solo in funzione di questo e se per raggiungerlo è necessario che muoia lo dovrebbe fare con una certa gioia perché otterrà proprio quel che desidera. |
Re: È opportuno continuare a vivere?
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Re: È opportuno continuare a vivere?
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Questa è sicuramente la risposta più completa finora, hai esposto tutti i particolari del tuo punto di vista. Sì, quando domando se sia opportuno per questo individuo continuare a vivere, intendo dal punto di vista di questa ipotetica società, tralasciando le sue sensazioni personali (posto che, come forse ho scritto in un'altra risposta, questo individuo si rende conto della propria situazione, e soffre nel continuare a vivere). Per il resto, credo di aver capito la tua risposta per ogni eventualità prospettabile. |
Re: È opportuno continuare a vivere?
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La domanda che bisognerebbe porsi per me è un'altra: questo individuo condivide o no gli scopi del punto di vista sociale uguale alla somma degli scopi degli individui che hanno più potere? :nonso: 1) Se la risposta è "sì" risulta ovvio che questa persona dovrebbe ammazzarsi volentieri visto che non riesce a vivere nei modi in cui la società circostante gli suggerisce o impone di vivere (con metodi coercitivi e punitivi). Visto che anche per questo individuo tutta questa roba qua risulterebbe assolutamente prioritaria - perché non avrebbe alcun altro scopo che si antepone a questo bene comune - dovrebbe farsi da parte volentieri. 2) Se la risposta è "no" si aprono altre prospettive e altri scenari in cui l'individuo potrebbe anche sopravvivere in modo conflittuale e antagonista sottraendo risorse utili per gli scopi di questa o quella organizzazione generale cercando di amplificare il proprio tornaconto il più possibile e sfruttando magari l'esistenza di altre forme di antagonismo già presenti e potenzialmente utilizzabili. Avevo fatto un esempio relativo ai parassiti di un organismo, ecco questi ospiti in qualche senso fisicamente fanno parte dell'organismo ma sottraggono risorse ai suoi scopi (il bene comune della colonia di cellule). L'organismo potrebbe desiderare liberarsi dai parassiti, ma i parassiti come si pongono in relazione a questo scopo, sono d'accordo? Lo condividono? Il bene comune che consegue l'organismo non prende in nessua considerazione i parassiti. Questi in fin dei conti non lo condividono affatto questo bene e non si potrebbe affermare a rigor di logica che un sistema utile a limitare le risorse che consumano i parassiti rappresenti un qualche bene per i parassiti, il bene c'è, ma è dell'organismo e non è più comune e condiviso anche con i parassiti. Associazioni criminali, sindacali e movimenti disubbidienti vari esistono proprio perché non è detto che il cosiddetto bene comune generale generato dalle persone che detengono maggior potere debba esser necessariamente condiviso da tutti. Se si è già tutti d'accordo allora risulta ovvio togliersi di mezzo secondo me, in questo senso la risposta è piuttosto semplice da dare: risulta opportuno togliersi di mezzo perché l'individuo è assolutamente d'accordo rispetto alla valutazione del bene comune come bene personale più alto da conseguire, visto che la propria autodistruzione faciliterebbe il conseguimento dell'obiettivo dovrebbe esser felicissimo di fare una cosa del genere. Io penso realisticamente ed in concreto che agli individui di questo bene comune non gliene freghi una mazza, là dove vien fuori una cosa del genere (bene comune), vien fuori perché non va in conflitto con gli scopi individuali e aiuta le persone che si associano a raggiungere certi scopi personali (e tra questi c'è anche la propria autoconservazione), se queste condizioni però non sono soddisfatte, le relazioni e tutto il resto (insieme al bene comune che dovrebbe tener coesa l'associazione) vanno a farsi benedire e la società perde questa sua unità ideale per trasformarsi in un'arena che contiene lotte e scontri vari tra classi. Queste non sono sensazioni, si tratta di osservare se gli scopi dell'individuo coincidono davvero con quelli allargati della società in cui sopravvive. Se l'ipotesi è che coincidono perfettamente, come ho già detto la risposta risulta ovvia e banale, risulta opportuno togliersi di mezzo, non c'è molto su cui ragionare. In una società ideale del genere un individuo non avrebbe troppe resistenze nell'autoeliminarsi quando risulta sicuro che la sua esistenza non risulta utile al bene comune. Una società ideale del genere comunque sarebbe costituita da individui ben diversi da quelli che esistono davvero. |
Re: È opportuno continuare a vivere?
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Questa è l'unica soluzione ad ogni problema; accettarlo |
Re: È opportuno continuare a vivere?
La mente e ingannatrice quando si trova in certe condizioni.
Ci si ritrova a pensare che niente cambierá, che le cose rimaranno cosi per sempre. E opportuno rimanere vivi sempre, anche quando sembra che la sfiga ci perseguita. |
Re: È opportuno continuare a vivere?
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Comunque, credo di aver capito il tuo concetto quasi completamente, ma c'è una cosa che non ho capito. Dici che anche le società esistenti al giorno d'oggi sono così, senza avere bisogno di ipotizzare l'esistenza di altre società per rispondere alla domanda. Alla fine però dici che una società ideale del genere sarebbe costituita da persone molto diverse da quelle esistenti nella realtà, quindi non esiste realmente. Ecco, non mi è chiaro questo passaggio. |
Re: È opportuno continuare a vivere?
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Forse perché tra i miei problemi c'è quello di non essere capace di agire? |
Re: È opportuno continuare a vivere?
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È ancora opportuno che continui a vivere? |
Re: È opportuno continuare a vivere?
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Re: È opportuno continuare a vivere?
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Re: È opportuno continuare a vivere?
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La cosa che non esiste concretamente adesso è una condivisione totale da parte di tutti gli individui di questo punto di vista qua. In questa società ideale che descrivi per definizione non esiste dissenso o conflitti tra scopi individuali o di piccoli gruppi e scopi conseguiti dall'organizzazione più potente in termini economici e di potere. Per forza di cose perciò risulterà preferibile in modo assoluto per l'individuo togliersi di mezzo se non trova spazio all'interno dell'organizzazione dato che i suoi scopi coincidono con quelli conseguiti dall'organizzazione e il suo bene coincide col bene comune. L'individuo però non si toglierebbe di mezzo per disperazione o perché sconfitto da un'organizzazione più potente che cerca di contrastare il conseguimento dei suoi scopi egoistici, ma perché risulta perfettamente d'accordo con l'organizzazione stessa, il suo egoismo coincide con l'egoismo dell'organizzazione, i suoi scopi sono quelli dell'organizzazione e viceversa. La risposta "risulta opportuno" perciò si raggiungerebbe subito secondo me se si pone questa ipotesi e renderebbe banale la domanda. E' come affermare prima che un gruppo ideale A di numeri è costituito da numeri pari e poi chiedersi se ogni numero di questo gruppo ideale A è divisibile per 2. Ovvio che sarà divisibile per 2, lo abbiamo posto già in modo molto evidente nella definizione stessa di com'è fatto questo gruppo ideale. |
Re: È opportuno continuare a vivere?
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Complimenti davvero, hai un'ottima capacità di spiegazione. |
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