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Re: Il Commediaforum
Presente per il canto numero quattro! quando lo dice lei, Maestro!
--- Se ho tempo, lascio qualche commento su quanto detto fino ad ora. |
Re: Il Commediaforum
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Tu se’ lo mio maestro e ’l mio autore, tu se’ solo colui da cu’ io tolsi lo bello stilo che m’ ha fatto onore. (Inf. I, 85-87) Comunque vorrei aggiungere qualche altra cosa sulla questione del gran rifiuto e su altri passi del canto, prima di passare al successivo. Magari stasera riesco a trovare modo e tempo. |
Re: Il Commediaforum
Non molliamo 'sto III canto, dai :occhiali:
Dalle mie povere letture mi sembra di aver capito che l'unico candidato credibile, oltre a Celestino V, per essere colui che fece per viltade il gran rifiuto è Pilato. Il solo che possa assurgere a exemplum universale di menefreghismo, e la cui rinuncia è stata capitale per le sorti dell'umanità come quella di Celestino, che ha spianato la strada a Bonifacio VIII. Inoltre, se non si trattasse del governatore della Giudea, sarebbe l'unico responsabile della morte di Cristo che sfuggirebbe alla punizione (Caifa e gli anziani del Sinedrio si troveranno nella bolgia degli ipocriti, Giuda come noto è in bocca a Lucifero). Qualcuno vuol prendere posizione? :occhiali: |
Re: Il Commediaforum
Ammazza che entusiasmo di pubblico :sisi:
Ancora sulla questione del gran rifiuto, aggiungo che Celestino V fu canonizzato nel 1313, e probabilmente le date più accreditate di composizione dell'Inferno consentono di dire che Dante avrebbe potuto evitare di mettere o dare l'idea di mettere tra gli ignavi un santo, ma come è noto il Sommo non si faceva scrupoli ad andare contro le dottrine teologiche più ortodosse quando doveva affernare le sue convinzioni. Del resto, l'autore della bolla di canonizzazione fu Clemente V, un papa di cui Dante aveva un'opinione se possibile ancora peggiore di Bonifacio (di più laida opra), in quanto iniziatore della cattività avignonese con l'asservimento della Chiesa alla monarchia francese e a causa del suo mancato sostegno alla missione di restaurazione imperiale che Dante sognò attraverso Enrico VII. Dò qualche altro spunto di riflessione per qualche volenteroso :occhiali: e poi penso che da domani potremo cominciare a leggere e da venerdì 21 settembre a commentare il IV canto: 1) Caronte è rappresentato in maniera molto meno "descrittiva" e dettagliata di quanto avvenga nell'Eneide, eppure con pochi tratti la sua personalità è evidenziata in maniera se possibile ancora più efficace, attraverso le sue azioni (il gridare, l'acquietarsi delle lanose gote, gli occhi di bragia che fulminano i dannati), secondo quella concretezza propria dello stile di Dante in tutta l'Opera. 2) I dannati si comportano esattamente come Virgilio aveva preannunciato*. Alle parole di Caronte, si abbandonano a maledizioni contro tutto ciò che ha contribuito alla loro venuta al mondo, desiderando di non essere mai nati, la morte intesa come annullamento totale per sfuggire alle sofferenze. 3) Dante passa all'altra sponda dell'Acheronte senza che ne venga descritto il modo, perdendo i sensi dopo un lampo e recuperandoli (come sarà narrato all'inizio del IV canto) dopo un tuono. La separazione tra i due canti rende ancora più volutamente sospeso il tempo del passaggio e misterioso l'attraversamento del fiume. Qualcosa di simile avverrà per il passaggio dal II al III cerchio, e si può ipotizzare che il Poeta voglia inserire una variatio nel luogo comune ripetitivo del passaggio da una zona all'altra, oppure (o anche) che in questi primi canti l'arte di Dante, a confronto con una materia relativamente nuova, sia ancora poco ferrata nell'inventare e rendere poetici questi momenti, e ricorra ad espedienti scenici di questo tipo (quasi effetti speciali) per vivacizzare la narrazione. In seguito, saranno altre le modalità prescelte per enfatizzare il passaggio da un settore all'altro dell'Inferno (che equivale, nella rigorosa concezione dantesca, a un passaggio tra diverse disposizioni morali e attaggiamenti emotivi). *ch'a la seconda morte ciascun grida (Inf., I 117) può essere inteso anche come ciascuno attesta col proprio dolore la propria dannazione (che in questo caso sarebbe la seconda morte), ma personalmente tendo a preferire la prima interpretazione, visto che di essa si ritroveranno altri esempi più chiaramente da ascriversi a questa lettura. |
Re: Il Commediaforum
Che cos'è una "metaria"? :interrogativo:
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Re: Il Commediaforum
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Re: Il Commediaforum
Visto che lettore diligente? :timidezza:
Però devo ancora leggerlo il terzo canto. :timidezza: Promette bene, a giudicare dal trailer e dai commenti che ho letto finora. :) |
Re: Il Commediaforum
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Re: Il Commediaforum
Essendo ora in altre faccende affacendata, non posso dedicare la dovuta considerazione a Celestino... c'è tempo fino al week end?
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Re: Il Commediaforum
Certo che c'è tempo, cominceremo a commentare il IV canto da venerdì prossimo.
Intanto una domanda al volo :occhiali: Dante ha appena finito di leggere le memorabili terzine scolpite, secondo l'uso medioevale per le città, sulla porta dell'Inferno e dice: Queste parole di colore oscuro vid’ïo scritte al sommo d’una porta; per ch’io: "Maestro, il senso lor m’è duro". Perché duro? Non sembrano di difficle comprensione... |
Re: Il Commediaforum
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O duro è inteso nel senso di aspro, spiacevole, che crea sofferenza, oppure Dante non capisce come ci spossa essere un luogo dove non esiste la speranza, quindi apparentemente dove la pietà divina non ha potere... |
Re: Il Commediaforum
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Se scolpita sulla porta dell'inferno invece della nota iscrizione avesse letto "SPINGERE", il nostro grande poeta avrebbe incontrato le stesse difficoltà di comprensione. |
Re: Il Commediaforum
Direi che sia la spiegazione di Myway che quella di Labocania riassumono bene le possibili spiegazioni.
E' ovvio che Dante sia scosso e frastornato dall'esperienza assolutamente eccezionale che sta vivendo (dall'aver smarrito la retta via all'avere d'error la testa cinta, come dirà dopo, anche se alcuni preferiscono la lezione d'orrore). Ma credo che ci possa essere qualcosa in più: come ha fatto notare Myway, le parole scritte sulla porta dell'Inferno sono angoscianti, e soprattutto trasportano il vivente in una dimensione che non ha mai potuto sperimentare, l'eterno (Dinanzi a me cose non fuor create / se non etterne, e io etterno duro). La speranza, ultima risorsa dell'uomo, è negata e Dante, appena prelevato dall'esperienza quotidiana, non sa capacitarsene. Lo è talmente che al solo udire, senza poter vedere, le grida e i lamenti dei dannati (di cui noterà per la prima volta le diverse lingue: la Babele degli idiomi aggiunge straniamento a straniamento) scoppia a piangere, in quello che è a mio avviso uno dei passaggi più toccanti del canto insieme a quello delle scene di disperazione dei dannati sulla riva dell'Acheronte. Quella dimensione è ancora "troppo" per lui, non riesce a capacitarsi della scala temporale su cui vengono proiettate le azioni umane e la giustizia divina che le sanziona, ne rifugge quasi pur condividendo la necessità di punire il peccato (ben diverso atteggiamento avrà nei momenti in cui il suo animo si troverà più in sintonia nel condannare particolari categorie di peccatori, e già si può vedere in questo canto il cambiamento di tono del narratore Dante una volta che il personaggio Dante incontanente intesi e certo fui / che questa era la setta dei cattivi, / a Dio spiacenti e a' nemici sui). Non a caso, infine, Virgilio deve ancora una volta esortarlo a non avere paura, e questo proprio in risposta alla sua domanda sul senso dell'iscrizione infernale, che quindi in realtà non viene spiegata al discepolo. Motivo in più per credere che non di difficoltà di comprensione si tratti, ma di turbamento dell'animo di fronte all'ineluttabilità e all'eternità delle decisioni della giustizia divina. |
Re: Il Commediaforum
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La posizione la prendo rispetto al primo, non condividendo affatto la scelta di Dante di collocare Celestino V tra gli ignavi. La sua natura di frate eremita, la modalità di elezione, i pochi mesi da Papa (tra Carlo d'Angiò e "tale" cardinal Caetani), l'abdicazione e la prigionia ne fanno una vittima dei Poteri dell'epoca e dello stesso futuro Bonifacio VII. In generale, non mi piace l'approccio di Dante su alcuni punti... come se mancasse un'analisi critica. Intendo dire che parte dei personaggi che colloca all'Inferno, a una più attenta e profonda analisi non dovrebbero esserci. Pensiamo a Giuda... il più fidato degli Apostoli, quello che più ama Gesù e senza il quale la volontà divina (la morte e Resurrezione di Cristo per la salvezza degli uomini) non avrebbe potuto verificarsi. Lo stesso dicasi per Ponzio Pilato. Mi rendo conto, però, che ora questo discorso sia fuorviante e non rientri nell'analisi che si portava avanti. |
Re: Il Commediaforum
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Lo snobbone Petrarca ^^ fece di Celestino un esempio di vita dedita alla contemplazione, per dire che già poco dopo Dante l'attribuzione del gran rifiuto era tutt'altro che pacifica. C'è da dire che il vidi e conobbi si adatta più a un contemporaneo che a un personaggio dell'era antica. Personalmente anch'io avrei evitato di condannare così duramente Celestino e avrei scelto Pilato, ma è probabile, anche se non certo, che Dante abbia voluto condannare fin dal principio del suo poema lo squallore morale in cui gli interessi temporali dei papi (di Bonifacio, in questo caso) avevano gettato la Chiesa. La scelta di non nominare il peccatore può essere un residuo di riguardo verso il sant'uomo eremita o un modo per tenere nell'anonimato e non soffermarsi oltre a descrivere il principale esponente della categoria che bisogna solo guardare per poi passare oltre. Quote:
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Re: Il Commediaforum
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Inrealtà, quello che intendevo dire (vedasi anche AntiPantehon) è una certa carenza di spirito critico nell'inquadrare alcuni personaggi che mi sorprende in Dante (che, invece, dimostra sempre grande acume e atipica, per l'epoca, lettura di fatti e personaggi storici). |
Re: Il Commediaforum
Winston qual è la scadenza per la lettura del quarto canto?
Non sarebbe meglio scrivere la data a inizio topic? :interrogativo: |
Re: Il Commediaforum
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Personalmente sono propenso a credere che la riverenza per il ruolo e la funzione del successore di Pietro (di cui nel corso del Poema stesso egli riconosce più volte l'importanza, anche quando condanna il peccato dei singoli che la ricoprivano): E se non fosse ch’ancor lo mi vieta la reverenza de le somme chiavi che tu tenesti ne la vita lieta, io userei parole ancor più gravi (Inf. XIX, 100-103) sia tale da imporre che chi macchia quella carica venga punito sempre duramente. Celestino, in questa interpretazione, avrebbe rifiutato la chiamata della Grazia, si sarebbe tenuto da meno di quello che è (comportamento bollato come pusillanimità) e avrebbe stimato se stesso insufficiente al compito di far fronte agli appetiti temporali dentro e fuori la Chiesa e di riportare quest'ultima alla sua missione puramente spirituale (come auspicavano in molti, specie tra i francescani più ardenti, ad es. Jacopone da Todi). Ciò provocò l'ascesa al soglio di Bonifacio, con le ben note, nefaste conseguenze per Firenze e l'Italia. Con la mentalità moderna il gesto di Pier da Morrone potrebbe essere qualificato come volontà di tenere le "mani pulite", constatata l'impossibilità materiale per un povero eremita di una provincia del Regno angioino di far fronte ai "poteri forti", e consapevolezza dei propri limiti: la vita contemplativa e l'onestà del singolo restano l'unica risorsa di fronte alla corruzione generalizzata della vita "attiva". Ma Dante ha la grande risorsa della fede, e non può pensare che ci si possa tirare indietro davanti al compito a cui la Provvidenza chiama ciascuno, secondo i suoi mezzi e la sua posizione nella società. Celestino ha rifiutato quello che Dante ha invece accettato nel canto precedente a questo. E non a caso, come più volte avverrà in seguito, Dante si libera da inclinazioni negative che riguardano lui stesso e la sua esperienza precedente grazie anche all'incontro "catartico" con figure di dannati che quelle tendenze esemplificano. Quote:
http://www.fobiasociale.com/tre-vers...i-giuda-25755/ |
Re: Il Commediaforum
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Re: Il Commediaforum
Oh, ma allora se non lo porto avanti io 'sto topic muore di solitudine? :sisi:
Cominciamo con le cose semplici del IV canto, per ora, dai. Virgilio, secondo voi, per la sorte di chi impallidisce a inizio canto? :occhiali: |
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