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Ti pare una buona risposta?
A me sembra solo l'espressione del disfattismo di chi ha paura di ammettere che con la forza d'animo si può cambiare. Non credo che la sola forza d'animo possa servire al cambiamento. L'aiuto di un terapeuta è indispensabile per superare certi ostacoli, ovviamente il tutto coaduivato con la volontà della persona nel voler crescere. P.s. in questo forum ho l'impressione che tanti si piangono addosso e non fanno nulla per cambiare. A loro rivolgo questa domanda. Ma voi volete VERAMENTE cambiare? |
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Proprio come dici tu, la cosa che più mi ha stupito è la nuova comprensione per i difetti, i limiti e le imperfezioni che sono propri dello stare al mondo, un aspetto che metto in pratica di tutti i giorni sdrammatizzo usando moltissimo l’autoironia. La cosa mi ha stupito molto, in particolare se penso quanto io fossi stato ossessionato dalla perfezione irraggiungibile (il mio libretto universitario è una cantilena di 21 “trenta e lode” di fila, più tre “trenta“) mentre credo onestamente di essere molto più felice adesso, anche se pasticcio, faccio le mie gaffe o dimentico la roba in giro. Penso di aver recuperato qualcosa di fanciullesco, proprio come i bambini non si preoccupano del giudizio degli altri ma vivono tutto con gioiosa spontaneità. Ti auguro ogni bene, c. k. |
chebbello. ç_ç
ma quindi la fobia sociale dovrebbe precludere la capacità di avere relazioni con le ragazze? [io non ho mai avuto problemi con le ragazze, e penso di soffrire di fobia sociale] [non fucilatemi, vi amo tutti] |
Complimenti!
il tuo post è veramente utile e dà tanta speranza e in fondo se siam qui è sopratutto per trovare la speranza e la forza di vincere la nostra guerra. Sapere che qualcuno ne è uscito sapere come ne è uscito è quello che cercavo |
la tua storia è simile alla mia in molti punti, clark. e c'è la stessa reazione:
PRIMA NOI FACCIAMO RESISTENZA ALLA TERAPIA, poi, QUANDO LA RACCONTIAMO, gli altri OPPONGONO RESISTENZA. Perché avete così bisogno di stare male e di non guarire? |
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Usciamo, prendioamo contatti con uno psicologop pischiatra. Seguiamo le sue istruzioni. i primi miglioramenti saranno incoraggianti. |
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movimento a difesa della fobia sociale in italia:
tutti cambiano prima o poi non diventate skiafi di psicologo cambiate quando vi sentite pronti voi e cambiate come volete voi non come vi dicono gli altri :D |
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...e così nascono i fobici :). |
Mi sono venute altre due curiosità, se posso permettermi di chiedere:
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Per la diagnosi. Non ne ho mai parlato qui sul fourum perché - semplicemente - non mi è mai stata fatta. La prima seduta servì per farmi un po’ parlare, comprendere il mio problema e formulare il “contratto”. Poi incominciammo a lavorare. Ad ogni modo non ne sentii mai la mancanza né pensai di chiederla, anche perché – specie verso la fine – i nostri incontri avevano un carattere pratico ed applicativo ed erano tutti orientati a risolvere nel migliore dei modi le situazioni reali che di volta in volta vivevo. Effettivamente, con il senno di poi, mi sarebbe sembrato normale anche ricevere anche una batterai di test, ma questo non accadde né allora né dopo. Non sono un medico, né ho alcuna competenza specialistica di questo tipo, quindi non mi sento nemmeno di azzardare un’auto-diagnosi, anche se generica. Mi pare soltanto che il mio non sia stato affatto un disturbo canonico, chi si possa cioè esprimere con un termine preciso ed univoco, piuttosto una insieme di problemi intrecciati fra loro, che però erano tutti nel campo emotivo e relazionale. Gli elementi più evidenti erano una distimia totale, che andava dal disgusto nel guardare anche solo la propria immagine riflessa alla repulsione per la propria calligrafia, un radicato atteggiamento evitante per le situazioni sociali e i rapporti personali. Pignoleria all’estremo e spirito di perfezionismo portato all’eccesso. Accanto a questi c’erano timore quasi fobico per le donne, dove però il desiderio di dare e ricevere affetto si scontrava con una serie di inibizioni fortissime per tutto quello che ha a che fare con il corpo, tra cui le emozioni negative legate all’ essere toccato. Ecco, questi sono gli elementi principali. Se tutto questo abbia un origine ereditaria, sia un vissuto personale o una combinazione di tutte e due non lo dire, né ormai mi interessa più di tanto. In famiglia non ci sono casi simili, anche se terminata la terapia, mi venne in mente una considerazione inquietante. Tutta la mia vita precedente era stata segnata da un contrasto violento fra ottime capacità mentali e grandi successi “curriculari” da un parte, ed un’ incapacità quasi completa di comunicare sul piano emotivo e di sapermela cavare in un contesto sociale anche banalissimo dall'altra. Giusto per dirla una, verso i diciott’anni ci furono due “prime volte”: la prima pubblicazione di un mio lavoro su una rivista storica e la prima volta in discoteca. - La prima andò liscia liscia; accettarono il testo senza battere ciglio e mi presi un sacco di elogi, sebbene all’epoca ero appena diplomato e nell’ambiente fossi un totale outsider; - La seconda invece andò diversamente: passai due ore a piangere nei cessi, sconvolto dal contrasto fra quello che avrei potuto e dovuto fare in quella particolare situazione e quello che sapevo effettivamente fare, ovvero poco più che guardare. Verso le due vennero a raccattarmi per portarmi a casa. Proprio di recente, informandomi un po’, scoprii una certa somiglianza fra certi aspetti della mia vecchia personalità ed alcune manifestazioni esteriori di malattie come l’autismo, dove ad esempio doti intellettuali raffinatissime convivono con una chiusura emotiva completa e serie difficoltà relazionali. Mi ricordo anzi un episodio di diversi anni fa, quando un collega di lavoro buttò li una frase del tipo “Guarda, sembri proprio quello di ‘A beautiful mind’! ”. Li per li mi sentii molto gratificato, ed ingenuamente trovai gradevole che qualcuno mi paragonasse ad un attore, ma anni dopo quella frase prese un senso molto più sinistro, quando l’allusione ai disturbi mentali di Nash mi fu chiara. Eppure non potevo dargli torto, specie pensando a certe mie manifestazioni di allora che di certo non erano passate inosservate. Sempre rigidissimo, assorto perennemente nei miei pensieri, abile a risolvere i problemi più complessi e cervellotici, parlottavo da solo con le cuffiette in testa ecc. Per fortuna, è acqua passata. La riservatezza e le informazioni. Altro punto complesso. Non credo che i risultati che ho avuto siano meno belli se le persone che mi circondano conoscono solo una parte del mio passato. Mi sono chiesto più volte se devo dire tutto o raccontare qualcosa di me in un contesto che non sia quello virtuale di un forum, oppure quello protetto di uno studio. Credo di no, anche perché se mi mettessi a raccontare tutto, ad esempio ai miei genitori, ne verrebbe più male che bene: si agiterebbero inutilmente, si farebbero mille pensieri inutili, magari tormentandosi senza scopo per sapere se sono stati dei bravi genitori e tutto questo poteva essere evitato. No, non mi sembra umanamente di dover dar loro questo dispiacere e per il momento va bene così. Penso che l’unica persona che dovrà saperlo sarà una futura “Lei”, quella con la “L” maiuscola, poiché mi pare doveroso che la persona con cui condividerò (spero) il resto della mia vita sappia tutto fino in fondo. Ma per questo c’è ancora tempo. Inoltre, parte di questa complessa situazione è legata ad una violenza che ho subito da piccolo, e che proprio questa situazione è intrecciatamolto da vicino con tutti i miei rapporti con il mondo femminile. Non sono proprio cose che si raccontano a cuor leggero, ed anche sul forum ne ho parlato solo per brevissimi accenni molto fugaci. |
Re: La mia vittoria: una testimonianza. La storia completa.
Per chi ancora non lo avesse letto...
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Re: La mia vittoria: una testimonianza. La storia completa.
Ooh, il mitico topic di Clark Kent con l'altrettanto mitica disputa barda-cali (ringrazio ramo per averlo ripostato).
Superman, se ci sei batti un post (non potendo accendere un faro come con Batman…) Era da un po' che volevo scriverti alcune cose, ma l'enorme mole del tuo topic e di alcuni tuoi post mi aveva sempre fatto perdere il filo quando cercavo di riordinare le mie idee poche ma confuse. Cerco di sintetizzare al massimo perché l'ora è tarda e le facoltà mentali (già poco svelte di loro) sono in riserva... Mi scuso anticipatamente se le risposte alle mie domande sono già implicite in qualche tuo altro post, ma ora come ora il mio hard-disk mentale sembra segnalarmi che non è così... Dunque, da personaggio letterario a personaggio letterario :D voglio innanzitutto esprimerti la mia approvazione per lo stile e l’obiettivo di confronto e supporto costruttivo con cui scrivi i tuoi post, anzi una delle ragioni che mi hanno spinto ad iscrivermi è proprio il poter rispondere e discutere alcune tue considerazioni. Condivido la tua impostazione generale, e sono arrivato anch’io ad alcune tue conclusioni sulla differenza tra modo di essere e modo di presentarsi agli altri. In linea di principio condivido la necessità di eliminare i pensieri disfunzionali, ma (e ora incominciano le dolenti note, cit.) è l'applicazione pratica dei pensieri "ottimisti" che mi sembra scontrarsi con le varie sfumature della realtà. Prendo un esempio riguardante (guarda caso, eh?) il rapporto con l'altro sesso: - Convinzione originale: “Sono un vero cesso. Nessuna donna potrà mai trovarmi attraente. Se qualcuna mi guarda è per ridere di me” - Reazione (emotiva, interna): “Cos’ho fuori posto?” “Cazzo hai da guardare, sarai bella tu!” Perché provi gusto a umiliarmi?” - Reazione (fisica, esterna): distogliere lo sguardo, abbassare gli occhi, adottare una postura rigida, contegno sdegnoso, ostentare indifferenza e distacco, nascondersi, fuggire ecc. ecc. - Emozioni : delusione, ansia compressa, rabbia, vegogna - Nuova convinzione “Vado bene cosi come sono”, “Diverse donne possono trovarmi attraente”, “Se qualcuna mi guarda, di solito è per manifestare interesse e curiosità”. - Reazione (emotiva, interna): “Wow!” ; “Naturale, perché dovrebbe essere altrimenti?” , “Che situazione interessante, vediamo cosa succede!” - Reazione (fisica, esterna): tenere lo sguardo e mantenere il contatto con gli occhi, postura rilassata, atteggiamento amichevole, manifestare apertura, sorridere, godersi il sorriso ricambiato ecc. - Emozioni : curiosità, sopresa, gioia, consapevolezza Condivido la pars destruens, ma delle prime tre frasi evidenziate, alla prima ci arrivo quando mi sveglio bene, la seconda la ammetto solo sul piano teorico, la terza NON E' VERA (e non è un pensiero disfunzionale). Quanto alle situazioni interessanti, anche se mi convinco che alcune lo siano (ma devo proprio farmi un lavaggio del cervello per farlo:D), NON E' MAI SUCCESSO NIENTE. Ho letto poi la tua risposta a Giordano sull'approccio nella pratica dei fatti (http://www.fobiasociale.com/la-mia-v...941/pagina-11/ e pagina successiva, per non quotare all'infinito), e ti confesserò che quando riesco a far tacere il mio "critico interiore" riesco anch'io a far durare certi sguardi una frazione di secondo in più, ma MAI che venga guardato anch'io se non... perché sto guardando io (della serie, "ma che vorrà questo?"). Prima, tutti i miei tentativi seguivano schemi, strategie, piani, erano approcci molto metodici, lungamente studiati e altrettanto profondamente pensati, degni quasi di un manuale. Sembra strano, ma se ora qualcuno mi chiedesse “come fai?” non sono nemmeno in grado di dare una risposta, ma non per reticenza o pudore, ma perché nemmeno io so esattamente cosa accade. Certe situazioni, semplicemente, “mi accadono”, mi ci trovo in mezzo senza nemmeno saperlo. Ecco, il prima sono io (ovviamente posso scrivere un manuale per i fallimenti). Il dopo... figlio mio, se non sai dirlo tu come fai, come posso capirlo io:D? Ti ci trovi in mezzo senza nemmeno saperlo? Ma allora è cu£o... scherzo, eh? La cosa è piuttosto difficile da spiegare, proprio perché si tratta di qualcosa di irriducibile al logos, ma forse può essere afferrata con una metafora. Immagina che qualcuno voglia dipingere come un grande artista, ma gli domandi prima di tutto che marca strumenti usa. Il problema è stato mal posto o mal compreso. Se qualcuno ha talento, sentimento e freschezza d’ispirazione dipinge bene anche intingendo il cottonfioc nel colore, mentre un cialtrone non combinerà nulla di buono nemmeno con i pennelli più costosi del mondo. Ecco qua, sono un cialtrone:D... Cosa faccio io per passare al contatto diretto? E’ un po’ se tu chiedessi ad un automobilista se è meglio guidare in terza o in seconda. Dipende dalla strada, dalla pendenza, dal tracciato, dal tipo di fondo, dalla velocità che tieni dalla velocità e da mille altre fattori che devono essere valutati li per li, senza che ci sia una riposta giusta a priori. Di volta in volta mi sono comportato d’istinto, senza star li a pensarci tanto e buttandomi sempre subito. Un paio di volte, tanto per fare un esempio, chiesi semplicemente “ti va di ballare?”, in altre situazioni cominciammo a far commenti sui treni in ritardo, una volta ancora la avvicinai con disinvoltura e semplicemente le “Ciao, sono A….” (per la cronaca, in quest’ultimo caso, non ottenni nulla, ma rimediai una grandiosa soddisfazione). Alèè, con un solo paragone due fobie (non sono propriamente Schumacher...), ecco perché faccio schifo in entrambi i campi... Qui però sono più in disaccordo, Clark; dovresti sapere che per molti (per me sicuramente) buttarsi d'istinto a kamikaze (anche in situazioni "estreme") può essere deleterio, un po' come voler sfondare the wall (cit.) a testate: forse alla 10000esima ci riusciresti pure, ma prima ti ricoverano per trauma cranico (leggi autostima livello fossa delle Marianne per i continui e ininterrotti rifiuti, ed è una cosa che può capitare, anche se dopo ogni rifiuto cerchi di dirti "vabbè, alla prossima andrà meglio"). Comunque, il problema principale per me è che, anche ammesso che riesca a imbastire quelle frasi di apertura che hai riportato dopo, non saprei come far capire il mio interesse di quel tipo senza risultare inopportuno e innaturale. Felicità a tutti, c.k. Felicità anche a te Clark, te la meriti... |
Re: La mia vittoria: una testimonianza. La storia completa.
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Che significa in questo caso "guardare oltre le apparenze"? Che chi la corteggiava (o timidamente voleva farlo ma non vi riusciva) era sempre e comunque il solito maniaco-represso-porco ecc.? Un uomo doveva per forza esserle SOLO amico per dimostrare di guardare oltre le apparenze? Cavolo, dopo aver letto questo io scapperei ancora più veloce da una del genere... Dammi pure del paranoico, però sii convincente, eh, Clark:D? |
Re: La mia vittoria: una testimonianza. La storia completa.
Ma si era lei che era una bella maialona ma lo nasconde... :D
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Re: La mia vittoria: una testimonianza. La storia completa.
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Maialona o no, per me poteva fare quello che voleva, l'importante era che trattasse e considerasse degno di rispetto chi era interessato a lei. Oh, Clark, su Krypton c'è l'ADSL:D? Se ci sei, fatti sentire. |
Re: La mia vittoria: una testimonianza. La storia completa.
Seppure in ritardo (mi sono iscritto da poco) ti faccio i miei complimenti ed il mio più sincero in bocca al lupo per una vita ricca di felicità. :)
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Re: La mia vittoria: una testimonianza. La storia completa.
Le osservazioni di Winston Smith sono molto interessanti e mi danno l'occasione per parlare di alcune esperienze recenti.
Non ho ora particolari difficoltà ad allacciare relazioni femminili, anche di semplice amicizia, senza cioè nessuna componente erotica o sentimentale. L'aspetto positivo non è solo la quantità bensì la qualità: in altre parole, anche se di semplici amicizie si tratta, è possibile facilmente condividere argomenti piuttosto profondi e sicuramente non banali, come ad esempio i sentimenti e le emozioni. Questo riguarda sì persone nuove ma anche conoscenze di più vecchia data, che in questi ultimi tempi si sono approfondite e consolidate. Può accadere cosi ad esempio di essere in compagnia di una o più amiche, anche in un contesto molto semplice, ad esempio seduti al tavolino di un caffè in piazza, a parlare del più del meno, e sentire uscite di questo tipo: "Ma ti sei accorto di come quella volta lei ti spogliava con gli occhi?" "Tizia quella sera non faceva che guardarti" "Guarda che fra noi ragazze era chiaro come il sole che Caia ci stava provando quella sera..." "Hei, fermo! Hai vista quella del tavolo vicino che sguardo assassino ti ha lanciato?" Cose del genere mi sono state detta da così tante persone diverse (che sicuramente non si conoscono fra loro) sono riferite a contesti molto vari (lavoro, svago, per strada ecc.), in tempi piuttosto distanziati ed hanno così tanti elementi comuni rendere improbabile l'idea di una burla architettata ai miei danni oppure di un tentativo deliberato di prendersi gioco di me. Inoltre sono tutte persone che ritengo fidate. Bene, la cosa più interessante è questa: solo una parte piuttosto piccola di queste situazioni sono state effettivamente percepite come tali. In altre parole, poteva accadere che io avessi visto la tal persona, ma che non avessi notato nulla di speciale nel suo comportamento. In alternativa, ricordavo sì di aver parlato con quella ragazza, ma avevo considerato il suo comportamento come l'espressione di una generica cortesia, senza nulla di più. Altre volte addirittura non avevo visto né la persona né - ovviamente - decifrato i suoi messaggi. La situazione mi ricorda una seduta piuttosto intensa, in cui io buttai con angoscia una domanda che mi stava particolarmente a cuore: "Perché, in tutti questi anni, nessuna donna mi ha mai dimostrato la sua attenzione né fatto capire il suo interesse?" La risposta arrivò come una fucilata, e ricordo ancora la particolare frase che mi sentii dire, tanto da poterla citare perfettamente memoria: "Nello stato mentale in cui era, una donna avrebbe potuto farle i balletti russi davanti agli occhi e lei non l'avrebbe nemmeno notata." Al di la di come mi sentii in quel momento, la spiegazione che mi diede fu molto persuasiva: spesso una persona che si ritiene infallibilmente sfortunata in amore, non è altro che una persona poco capace di riconoscere ed interpretare i segnali di interesse che vengono dal sesso opposto. In alcuni casi si tratta semplicemente di farsi un po' le ossa, di affinare le proprie capacità con un sistema di prove/errori (come ho per altro raccontato sopra) in certi altri casi si tratta di un problema ben diverso. Esiste - mi spiegò - un principio della percezione secondo cui non si registrano tutti i segnali sensoriali, ma soltanto quelli di cui a priori ammettiamo l'esistenza e la possibilità. Se il quadro di riferimento di una persona (o, in paroloni, il suo paradigma) dice "nessuna donna potrà mai trovarmi attraente", allora tutte le prove che non coerenti con tale modello subiranno diversi trattamenti così da non risultare destabilizzanti: - vengono soppresse: io non vedo la ragazza che mi sorride, sebbene lei sia nel mio campo visivo; - vengono attenuate: un approccio seduttivo viene percepito come una manifestazione neutra di semplice cortesia sociale; - vengono distorte: un approccio gentile è letto come una burla o un crudele scherzo; Questa attenzione selettiva è a volte complicato da un delizioso auto-sabotaggio, di cui personalmente ero un maestro: starmene in disparte, specie verso la periferia dell'ambiente, tenere lo sguardo basso mentre cammino, o ancora leggere qualcosa o fissare la linea visuale su cose insignificanti, il piatto, particolari dell'arredo ecc. La cosa rasentava oggettivamente il più nero masochismo, ma se ci pensate bene, aveva dei vantaggi secondari non da poco: mi dispensava infatti dal dover agire, poiché è evidente che non posso avvicinare una donna di cui nemmeno mi accorgo. In questo modo evitavo non solo la tremenda ghigliottina del rifiuto, una sentenza di morte per la mia già vacillantissima autostima, ma evitavo di infilarmi in una situazione da incubo se sei lei avesse detto di si, perché allora si sarebbero aperte le cataratte delle mie peggiori paure: "Cosa gli dico?", "Cosa dico (dopo)?", "Cosa starà pensando di me?", "Dove la porto?", "Cosa faccio se mi tocca" e continuate un po' voi come vi pare... La così si risolse un paio di mesi dopo, quando finalmente il lavoro di terapia riuscì a mandare in pezzi il vecchio paradigma ed ha sostituirlo con uno più semplice, ottimistico e produttivo quanto l'altro era cupo ed autodistruttivo: "posso andar bene così come sono". Da quel momento fu diverso: cioè che percepivo era all'improvviso coerente con il mio modello, quindi veniva riconosciuto esattamente come tale. Il mondo, in altre parole, si era all'improvviso popolato di donne che parevano improvvisamente accorgersi della mia esistenza, eppure ero la stessa persona che ero stato per anni ed anni. Da li cominciai a fare esperimenti, ma le condizioni di fondo erano diverse, quindi diversi sono stati i risultati. |
Re: La mia vittoria: una testimonianza. La storia completa.
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Ma mi chiedo: se, per assurdo, un gran figo, con un corpo da sballo e da sbavo si convincesse che "nessuna donna potrà mai trovarlo attraente", effettivamente non si accorgerebbe col tempo che invece molte gli vanno dietro? Realmente non noterebbe le donne che ci provano con lui? Io non credo, è troppo irrealistico. Nessun dubbio che l'autopersuasione esista, e sicuramente è molto incisiva: ma fino a certi limiti. Credo che sia più plausibile che molti qui hanno un brutto corpo, una brutta personalità e per questo sono evitati dalla maggiorparte delle donne. Certo, ci sarà sicuramente qualcuna che sarà interessata a noi, che noi non vedremo perché riteniamo che da tutte siamo disprezzati, ma sarà l'ago nel pagliaio, l'eccezione che conferma la regola. Dubito che ci siano così tante donne che ci lanciano segnali e noi non li captiamo perché abbiamo il ricevitore spento. |
Re: La mia vittoria: una testimonianza. La storia completa.
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Seriamente, è verissimo quanto ha detto Clark Kent sul fatto che i pensieri disfunzionali possono avere una tale forza da tagliarci le gambe e farci dare la zappa sui piedi da soli, anche quando le situazioni potrebbero essere favorevoli. Ci sono però due considerazioni che mi sentirei di fare, probabilmente più attinenti al mio caso: 1) il quadro di riferimento di cui parla Clark, almeno per me, non è un deus ex machina calato dall'alto o partorito dalla mia mente, che mi sforzo di imporre e applicare alla realtà; il rapporto causa-effetto è l'opposto: è l'assenza di segnali di interesse o comunque la mia incapacità di rendermi interessante che mi ha fatto man mano delineare gradualmente quali siano i miei problemi di approccio. Fino a un po' di anni fa, non avevo razionalizzato neanche l'idea di averli, questi problemi. Poi, certo, la botta all'autostima e il pessimismo verso il futuro che derivano da questa constatazione certamente riducono ulteriormente le possibilità di cogliere/creare eventuali occasioni favorevoli; 2) è vero che sono pessimista, ma, anche leggendo questo forum da un bel po' prima di iscrivermi, mi sono almeno reso conto che generalizzare è il male (cit.), e che quindi almeno sul piano teorico, non posso negare la possibilità che una donna possa essere interessata a me (non che la pura teoria sollevi di molto il morale, ma tant'è..:D). Fidando quindi nelle mie capacità di osservatore e ascoltatore (parlo poco, specie in presenza di donne, quindi devo evitare di fare come le tre scimmiette e sviluppo gli altri due sensi:D), ho cercato di riesaminare con la maggiore obiettività possibile i vari "presunti segnali" che posso aver ricevuto. Ebbene, o le mie paranoie sono troppo forti oppure nessuna donna è veramente stata interessata a mettersi con me:D. Per usare le parole dello psicologo di Clark, nessuna ha mai fatto "balletti russi" di fronte a me (me ne sarei accorto e come); al massimo c'è stato qualche scambio di battute, talvolta anche cordiale e ripetuto, ma mai, per esempio, una volontà da parte altrui di rimanere per più tempo del solito in mia presenza, di suggerire un'uscita, ecc. Sguardi come quelli di cui parla Clark ai tavolini del bar, poi, per me sono fuori dalla grazia di Dio (nè io me ne sono mai accorto, nè mai nessun amico con cui sono uscito mi ha detto: "Vedi quella come ti guarda"). Io poi, sia all'università sia al lavoro, ho sempre avuto la "buona sorte" di incontrare ragazze in netta maggioranza già fidanzate, per cui una buona parte di dubbi per eventuali segnali "ambigui" me li sono tolti abbastanza presto (salvo, in un caso, rimanere in attesa per anni a sognare e fantasticare che forse, un giorno... ma questo errore ho giurato a me stesso di non commetterlo più). |
Re: La mia vittoria: una testimonianza. La storia completa.
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Re: La mia vittoria: una testimonianza. La storia completa.
Io sono brutto, comunque.
Brutto e basso. Basso e brutto. :D |
Re: La mia vittoria: una testimonianza. La storia completa.
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Diciamo che parlo per me solamente XD. |
Re: La mia vittoria: una testimonianza. La storia completa.
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Re: La mia vittoria: una testimonianza. La storia completa.
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Ma purtroppo non posso aspettarmi nient'altro che un apprezzamento forzato .-. |
Re: La mia vittoria: una testimonianza. La storia completa.
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Re: La mia vittoria: una testimonianza. La storia completa.
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Comunque è stato quel "volenterosa" che m'ha ingannato :D... |
Re: La mia vittoria: una testimonianza. La storia completa.
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Ho appena fatto le foto per la patente e... ...che bel ragazzo! :tongue: Mi sono innamorato di me stesso. :D Ho capito solo ora perché mi vedo brutto: gli occhiali! O.O Mi metterò le lenti a contatto... :D |
Re: La mia vittoria: una testimonianza. La storia completa.
Auguri, però sei OT -_-
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Re: La mia vittoria: una testimonianza. La storia completa.
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Soprattutto non capisco perché ci sia tanta variabilità in come mi trovo: in certe foto brutto, in altre decente, in altre orribile, in altre perfino carino (mai strafigo comunque, non sia mai :D) Buh! :rolleyes: |
Re: La mia vittoria: una testimonianza. La storia completa.
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Re: La mia vittoria: una testimonianza. La storia completa.
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Considerando anche che tra quelle poche ci saranno anche quelle non piacciono a noi, il che è un fattore poco citato ma fondamentale. |
Re: La mia vittoria: una testimonianza. La storia completa.
Grazie Clark, la tua testimonianza, oltre ad essere scritta alla grande (dovresti scrivere un libro, non scherzo) mi è stata di grande aiuto ed ispirazione. Ho deciso di andare da una psicoterapeuta e di farmi insegnare quali armi dovro uttilizzare per sconfiggere il mostro che abita in me da più di 20 anni.
Mi fa sorridere la tua vicenda legata al ballo. Per anni ho sempre pensato che sia una delle migliori discipline dove uno può veramente lasciarsi andare, liberare tutto se stesso. Me ne dai conferma ed anche in questo mi dai una spinta nel volerci provare. Vorrei porti una domanda: quando sei riuscito a sconfiggere il tuo male, ti è venuto in mente di ritrovare e parlare con gli amici che nel tempo avevi perso proprio a causa di esso? In bocca al lupo. ;) |
Re: La mia vittoria: una testimonianza. La storia completa.
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Re: La mia vittoria: una testimonianza. La storia completa.
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