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Re: la gente mi/ci odia. Motivo: esistiamo.
clizia mi daresti dettagli di questi libri per favore?
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Re: la gente mi/ci odia. Motivo: esistiamo.
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Susan Cain, Quiet, il potere degli introversi in un mondo che non sa smettere di parlare, Bompiani |
Re: la gente mi/ci odia. Motivo: esistiamo.
Per farla molto breve sono i timidi quelli sbagliati non la società.
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Re: la gente mi/ci odia. Motivo: esistiamo.
grazie mille
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Re: la gente mi/ci odia. Motivo: esistiamo.
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Io faccio sempre questo esempio per farmi capire: A e B sono molto distanti, A non riesce a toccare B e B non riesce a toccare A; di chi è la colpa che non si toccano? Secondo me di nessuno. Non è proprio una questione di colpa. Toglietevi dalla mente il concetto di colpa, di responsabilità e di giustizia. Sono troppo distanti, stop. Sgomberiamo la nostra mente da concetti scomodi. La via per toccare altre persone, le più vicine, qualora dovesse essere faticosa, dobbiamo alleggerirla il più possibile. Tutto quello che abbiamo fatto in passato è stato fatto perché eravamo e siamo in un certo modo. Non ci dobbiamo sentirci in colpa, perché la colpa non esiste, esiste solo il nostro modo di essere che può essere più o meno distante da quello degli altri. |
Re: la gente mi/ci odia. Motivo: esistiamo.
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Re: la gente mi/ci odia. Motivo: esistiamo.
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Quello che dici è anche giusto, in linea di principio. E lo sarebbe anche di fatto in una società in cui ci fossero tanti A quanti B. Invece nella società vera magari il 95% degli individui è A e il 5% è B, e gli A hanno dalla propria parte il vantaggio della maggioranza e lo usano per affermare se stessi limitando i B (o, se preferisci, gli A costituiscono un ecosistema in cui si toccano tutti tra di loro e non toccano quasi alcun B). |
Re: la gente mi/ci odia. Motivo: esistiamo.
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Tutti siamo d'accordo del fatto che nascere introversi o particolari non sia una colpa, ma io aggiungo: venire traumatizzati in itinere è una colpa? Allora alcuni controbattono, usando il concetto di palle-coraggio-forza di volontà, dicendo: "Tu hai le potenzialità, ma ti stai sabotando da solo, perché non hai le palle, quindi è colpa tua". E' un non-sense: se consideriamo che io non ho abbastanza "palle" per costruire un rapporto con una donna, chi ci rimette? Chi è che paga per questa cosa? Pago io. E' secondo voi io dovrei andare incontro ad una situazione negativa solo perché non ho forza di volontà per andarci? La forza di volontà ce l'abbiamo se l'obiettivo ci interessa o se il pericolo ci fa paura. Se la forza di volontà non è sufficiente, si vede che ci altri fattori in gioco. |
Re: la gente mi/ci odia. Motivo: esistiamo.
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Re: la gente mi/ci odia. Motivo: esistiamo.
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I timidi, solitamente, già si "danno da fare"; utilizzano forza di volontà per ricevere consensi e sentirsi parte di un gruppo. |
Re: la gente mi/ci odia. Motivo: esistiamo.
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Re: la gente mi/ci odia. Motivo: esistiamo.
io dico la mia in alcuni contesti sono io che parlo poco,ma ormai dopo tante esperienze lintroverso il timido sa gia che non piacera' mai come l'estroverso io lo so gia,alle donne algi uomini,mentalmente sa gia che dovra' fare quella parte...poi non so voi ma negli ultimi 2 anni ho trovato tanta freddezza nel resto del mondo...la gente la societa di aspettano tutti gente che socievole...i timidi che si inserisocno ci sono ma non sono molti...qualcuno che trova il contesto adatto ce...ma l'introveros medio spesso finisce nella solitudine perche non si sente capito,e non si adatta perche quando vedi che il 70 per cento delle persone son diverse da te e non riesci a crearti legami perche i tuoi simili sono pochi...
la mia forza e stata quella di migliorare il mio aspetto fisico,farmi il culo in palestra e in piscina,crearmi delgi hobby in barba agli altri... |
Re: la gente mi/ci odia. Motivo: esistiamo.
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Se hai letto i miei post precedenti, vedi che non sto ventilando l'idea che l'introversione sia una colpa del timido; e tantomeno che l'esclusione che subisce il timido sia una colpa del timido. A tal proposito ho scritto: Quote:
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Re: la gente mi/ci odia. Motivo: esistiamo.
sostituierei la nostra società con tutte le specie animali viventi :pensando:
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Re: la gente mi/ci odia. Motivo: esistiamo.
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Qui volevo dire che è assurdo pensare che non si eviti una situazione che infastidisce per pura mancanza di forza di volontà. |
Re: la gente mi/ci odia. Motivo: esistiamo.
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Re: la gente mi/ci odia. Motivo: esistiamo.
Muttley, ti faccio una domanda.
Supponiamo che tu arrivi nel contesto di una compagnia di persone che non si conoscono tra loro e non conoscono te, e che questa gente (compreso te) sia da oggi obbligata da fatti esterni a interagire quotidianamente. Supponiamo che dopo, diciamo, un mese tutte queste persone siano solite parlare e scherzare tra loro, ma non con te; siano solite uscire assieme la sera tra loro senza invitarti tranne quando lo imponga il caso; supponiamo che queste persone ti trattino sistematicamente in modo disconfermante, e che facciano cioè un po' come se tu non esistessi, o come se tu fossi un essere di rango leggermente inferiore. Supponiamo anche che tu sia certo di non aver fatto alcun torto nei loro confronti. La mia domanda è: indipendentemente dalle cause di tutto questo, lo riterresti un semplice costrutto della tua immaginazione senza alcun legame con la realtà? Dico perché... se rispondi "sì" mi preoccupi. :ridacchiare: |
Re: la gente mi/ci odia. Motivo: esistiamo.
Per quanto mi riguarda, riformulerei la frase cosí: quasi tutte le donne mi odiano :piangere:
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Re: la gente mi/ci odia. Motivo: esistiamo.
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Allora, certo che non possiamo essere dentro la testa degli altri, ma a volte certe cose sono così esplicite e palesi che non bisogna fare lo sforzo di intuirle o ipotizzarle nella nostra mente: semplicemente accadono. Se vieni insultato, denigrato o bullizzato, non mi pare che ci sia nulla da interpretare; i fatti sono quelli e basta. Quindi, magari, determinate reazioni sono figlie di accadimenti concreti e reali, che non hanno nulla a che vedere con proiezioni paranoiche della mente. Ora ti rispondo sul fraintendimento di segnali più blandi e soggetti a interpretazione personale. Allora, se da bambino qualcuno mi ha pestato il piede per cattiveria (riprendo l'esempio fatto da te), è ovvio che da adulto devo stare attento a non generalizzare e credere che tutte le "pestate di piedi" siano frutto di un volontario atto maligno. Però magari un individuo può reputarsi in grado di distinguere i vari significati sottesi alle diverse pestate di piedi, grazie alla capacità di osservazione, all'intelligenza, all'esperienza pregressa che mi permette di dare un significato il più vicino alla realtà. Ammettiamo che i soggetti a, b, c, d in diversi contesti mi abbiano pestato il piede. Ecco, starà a me e alla mia intelligenza discriminare e dare significato alle singole azioni, a seconda del contesto. Magari a mi avrà pestato il piede solo per sbaglio, mentre b lo avrà fatto solo perché voleva attirare la mia attenzione, e c lo avrà fatto per scherzare; però sarò anche in grado di valutare se d abbia compiuto lo stesso gesto semplicemente per aggressività o per infastidirmi. Insomma, penso che stia alla persona consapevole e intelligente interpretare di volta in volta la situazione. Tu dai per scontato che se si accusa qualcuno di comportarsi male sia per forza frutto di paranoia e generalizzazione di esperienze negative pregresse. Per me è sbagliato questo voler sospendere il giudizio a tutti i costi, solo perchè alla fine non possiamo sapere con certezza cosa muove l'azione altrui. Ma mica siamo tutti autistici che manchiamo della cosiddetta "teoria della mente" e quindi non sappiamo districarci nelle relazioni sociali perché incapaci di interpretare correttamente i segnali non verbali. Personalmente penso che l'interpretazione del prossimo sulla base della teoria della mente, (che permette "il "rappresentarsi internamente gli stati mentali", riferiti a se stessi e altri") sia una caratteristica dell'uomo pensante e capace di usare criticamente il suo cervello. Credo di essere in grado di riconoscere quando una critica mi viene mossa in maniera costruttiva e quando mi viene mossa solo per aggredire. Riconosco quando un collega mi dà consigli costruttivi per il mio bene e quello che lo fa solo per esercitare il suo potere perchè sa di essere più anziano e di ricoprire un ruolo superiore al mio. Insomma, io credo che stia all'intelligenza e allo spirito critico del singolo valutare di volta in volta gli accadimenti. Però adesso ridurre tutto a fantasia o a eccesso di reazione sulla base di ricordi infantili mi sembra esagerato. Sicuramente l'aver vissuto certe cose ci spinge ad essere più diffidenti e guardinghi verso l'esterno, ma non per questo determinate esperienze negative hanno solo la funzione di creare un effetto distorsivo sulla percezione della realtà, perché possono anche servire a renderci più "smaliziati", critici e sensibili nei confronti di determinate dinamiche umane. Tu fai l'esempio della persona che risponde male non perchè ce l'abbia col suo interlocutore ma solo perché è nervoso in quel momento. Bè, secondo i miei parametri comportamentali, una persona che sfoga la sua rabbia e il suo nervosismo sul primo che capita è una persona negativa e quindi da biasimare, perché i posti di lavoro sono pieni di gente che con la scusa del nervosismo tratta a pesci in faccia colleghi e collaboratori e non mi sembra giusto che io debba comprenderlo e giustificarlo sempre, quando è proprio l'altra persona a non porsi il problema di distinguere i propri stati emotivi interiori dal mondo esterno che lo circonda, riversando su di esso tutta la propria frustrazione. Comunque, per me, la strategia per vivere meglio non è negare a se stessi la possibilità di interpretare i comportamenti altrui portando avanti un garantismo a tutti i costi nei confronti del prossimo, quanto imparare a ridimensionare i giudizi altrui non lasciandosi ferire o condizionare da questi. E' imparare quindi a dare importanza alle cose che valgono veramente, ridimensionando quelle che per noi non ce l'hanno... |
Re: la gente mi/ci odia. Motivo: esistiamo.
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Ad esempio, in un contesto lavorativo se tutti vanno a pranzo insieme, riterrei irrispettoso il non essere sistematicamente invitato, ma di certo non lo scoprire che alcuni colleghi escono insieme a volte anche la sera, senza invitare me. Certo, magari non mi farebbe piacere, ma è un'altra cosa. In questo senso, ognuno è reponsabile dei propri stati emotivi. Da come parli tu, invece, sembra quasi che ci sia un obbligo di scherzare, parlare, uscire con tutti a priori per non discriminare nessuno: ma quando mai? Tra l'altro prova a chiederti se una tale modalità ti piacerebbe da ambo i lati (come persona che non verrebbe mai esclusa ma anche come persona che sarebbe obbligata a frequentare tutti). Quote:
Mi sembra un po' che questa discussione sia diventata un dialogo tra sordi. Quote:
Tuttavia, anche se pure io avverto questo garantismo muttlesco di cui tu parli, poi lui scrive: Quote:
Quello che rende la discussione un dialogo tra sordi è la tecnica muttlesca di contrapposizione tra due estremi: voi fate i vittimisti, atteggiamento che io reputo (a ragione) sbagliato? Bene, allora io controbilancerò mettendovi dinnanzi uno sfrenato garantismo dei comportamenti altrui. Per come la penso io però, il mondo, e la nostra vita, non hanno bisogno di contrapposizioni antitetiche (motivo per cui sono contrario ad esempio anche ad una antireligiosità alla Odifreddi la cui sostanza è un atteggiamento intollerante e supponente almeno tanto quanto quello delle religioni stesse), bensì della famosa "via di mezzo". :mrgreen: Se tendi la corda oltremisura, si spezzerà. Se la lasci troppo lenta, non suonerà. |
Re: la gente mi/ci odia. Motivo: esistiamo.
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Col discorso di Muttley non concordo su uno specifico elemento cardine che sorregge l'intera sua argomentazione: lui risponde ai topic altrui dando per scontato che, se qualcuno si lamenta per un accadimento, lo faccia sempre e necessariamente a causa di schemi interpretativi distorti; ma dato che lui non è presente alle situazioni che vengono riportate qui sul forum, non capisco perchè salti subito alle conclusioni dicendo che ci sia del vittimismo nel lamentarsi di qualcosa o che i fatti riportati siano gonfiati da un'immaginazione troppo influenzata dai ricordi infantili. :nonso: Inoltre, se magari raccontassi una cosa di me o del mio vissuto, mi darebbe senz'altro fastidio che mi si desse della vittima o della "travisatrice impenitente", perchè mi apparirebbe come un considerare l'altro come meno capace di discernimento e pensiero critico...un conto è dare un consiglio di tipo generale, un conto è additare qualcuno a finta vittima. Non so, se raccontassi una mia vicenda personale e mi venisse detto ciò, io mi offenderei, non so tu, Passanger... :moltoarrabbiato: Mi sembra che questo atteggiamento denoti un mancato riconoscimento dell'umanità altrui, perchè, personalmente, io prima desidererei solidarietà ed empatia dagli altri, poi gradirei anche qualche consiglio costruttivo. Ci devono essere entrambe le cose... |
Re: la gente mi/ci odia. Motivo: esistiamo.
Su quello che dici tu, clizia, ovviamente concordo, però è pur vero che l'accusa di vittimismo di muttley è pienamente giustificata dal titolo del topic.
Ovvio che bisogna poi vedere quanto l'atteggiamento vittimistico sia confinato a momenti di sconforto/depressione che possono capitare a tutti. Anche a me capita di fare la vittima se sono pesantemente depresso, ma non mi pare di fare del vittimismo uno stile di vita: ci sono i momenti di sconforto in cui è lecito anche lamentarsi, sfogarsi, fare la vittima; e ci sono i momenti di lucidità in cui si affrontano con maggiore consapevolezza, oggettività e distacco i propri problemi. Quando i primi momenti iniziano ad essere la maggioranza rispetto ai secondi, c'è qualcosa che non va, e si rende necessaria - nel bene della persona - una psicoterapia (o un cambio di psicoterapia, se la persona è già in psicoterapia poiché vuol dire che quella in corso non sta funzionando). Che molti su questo forum ci marcino a priori sul vittimismo, depressione o non, mi pare lapalissiano e innegabile. Certo, quello su cui ti do pienamente ragione è che non si può accusare qualcuno di vittimismo (che per definizione non è circoscrivibile a un caso isolato) sulla base di un unico episodio, per cui l'entrata di muttley in questo topic in quel senso può a ragione essere risultata irritante a chi il topic l'ha aperto, mancando un po' di empatia (ma anche questo capita anche a me, nessuno è perfetto). |
Re: la gente mi/ci odia. Motivo: esistiamo.
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Capisco ciò che affermi, ma personalmente non trovo poi così inutile comprendere il proprio passato. È un modo per crescere e prendere consapevolezza di sé...questa consapevolezza è poi fondamentale per muoversi con lucidità e coscienza nel futuro, senza rimanere in balia di persone, stati mentali o situazioni. Quote:
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Re: la gente mi/ci odia. Motivo: esistiamo.
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Tutto quello che dici è giusto. Però non hai letto bene quello che ho scritto io: Quote:
Potrebbe anche darsi che l'individuo in questione sia uno stronzo senza speranze, e venga eslcuso per questo. Ma il mio punto è che l'esclusione a cui uno è soggetto è un fenomeno reale ed oggettivo: non un costrutto paranoico come sembra suggerire muttley. |
Re: la gente mi/ci odia. Motivo: esistiamo.
Naturalmente sono d'accordo con questo:
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Re: la gente mi/ci odia. Motivo: esistiamo.
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Credo che almeno tre Logical Fallacies facciano capolino, di tanto in tanto, nel suo modo di argomentare su questa questione. :figo: |
Re: la gente mi/ci odia. Motivo: esistiamo.
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:pensando: Sartre aveva letto Freud? Da quello che dici sebrerebbe proprio di no. |
Re: la gente mi/ci odia. Motivo: esistiamo.
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(p.s. ma poi non era Sartre che diceva "L'enfer c'est les autres"?....) |
Re: la gente mi/ci odia. Motivo: esistiamo.
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Ho vissuto anch'io la mia bella fase paranoica e da bassa autostima in cui pensavo di risultare spiacevole a tutti e mi autoescludevo, evitavo, non spiccicavo una parola manco a pagarla, non lasciavo trapelare alcunché di me stesso, etc., autoescludendomi a priori (come dare agli altri la colpa di ciò, in questi casi?). Dire che si è esclusi per la propria "recitazione" introversa (da tutti?) francamente sa un po' di vittimismo. Io stesso escludo a priori gli estroversoni dalle mie frequentazioni, poiché non ci vedo grandi probabilità di comunicazione e di affinità. È un mio diritto, esattamente come è loro diritto escludere (non voler frequentare) me. Potrò restarci male a volte, arrabbiarmi per ciò, ma - ripeto - delle mie emozioni sono responsabile io e non faccio certo a loro colpa per questo. Io credo che, molto più che avere una recitazione per così dire "efficiente", "rapida", "estroversa", l'importante sia comunicare con gli altri, con i propri tempi e le proprie difficoltà anche, ma senza chiudersi a riccio e rifiutare il contatto con gli altri, senza perdere la fiducia negli altri. Io non mi sento "escluso" a priori dagli altri per la mia "recitazione introversa" (non da tutti, e direi nemmeno dalla maggioranza oggi). Poi non so, io credo che molti introversi si vogliano calare anche in ambienti che non sono il loro habitat naturale e finiscono in un modo abbastanza scontato per restarci male e soffrirne, ma non so se questo è il tuo caso. |
Re: la gente mi/ci odia. Motivo: esistiamo.
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Comunque ora rientrerei in topic :) |
Re: la gente mi/ci odia. Motivo: esistiamo.
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Secondo me stai confondendo un po' i piani, o sono io che non li ho esplicitati abbastanza chiaramente. Ci sono (almeno) tre piani in questa discussione: A) Il primo è un piano psicologico. L'esclusione sociale (intesa in senso neutro, senza giudizi morali) è un fatto del tutto soggettivo oppure ha una sua oggettività? B) Il secondo è un piano logico-consequenziale. Quali sono le cause delle dinamiche di esclusione sociale, e quali invece le conseguenze? C) Il terzo è un piano morale. Si deve dare la colpa a qualcuno per queste dinamiche di esclusione? E se sì, a chi: al timido, alla società, a tutti e due? La mia risposta al problema (A) è che decisamente c'è un aspetto oggettivo nelle dinamiche di esclusione sociale: non si tratta solo di "pura immaginazione". La mia risposta al problema (B) credo di averla chiaramente data nel post in cui parlavo del ciclo disfunzionale che si viene a creare, che comincia dalla cattiva recitazione del timido, e si reitera salvo essere rotto da eventi di solito esterni e casuali. La mia risposta al problema (C) è che tendenzialmente non so se ha molto senso parlare di colpa in contesti come questo in cui le interazioni sociali sono troppe e troppo complesse. Però sono sicuro che, se mai c'è da dare una colpa (sì, proprio nel senso morale del termine, non in quello causale), tale colpa (salvo casi davvero particolari) non possa essere attribuita al timido. Quote:
Quando parlo di recitazione non faccio nessun riferimento alla polarità introversione/estroversione. Per me non ci sono due recitazioni possibili, ma molteplici, una o anche più d'una per ogni individuo. Certo, poi per comodità mi riferisco (in altri topic) a certi comportamenti come "recitazione infantile", "recitazione virile" ecc, ma questo non vuole essere limitante. Per "buona recitazione" o meglio "recitazione adeguata" (concetto che naturalmente dipende dal contesto) non intendo la brillantezza estroversa. Quella può, ma non per forza deve, andare bene in certi contesti per certi individui. Io intendo semplicemente un modo efficace (in un dato contesto) di esprimere all'esterno ciò che si è all'interno (o al limite ciò che non si è, se l'intenzione è quella di mentire). |
Re: la gente mi/ci odia. Motivo: esistiamo.
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Non la penso così, per ragioni specifiche. Ma credo che sarebbe interessante discuterne, appunto, in un altra sezione del forum (o in un altro forum, se ne esiste uno adeguato...) |
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