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A mio parere gli uomini cercano da sempre – attraverso la creazione di apposite istituzioni o tramite la diffusione di certi “miti sociali” - di dare stabilità e parvenza di immutabilità a tutte quelle realtà che – proprio perché umane – sono, per forza di cose, destinate a consumarsi o quanto meno a subire i contraccolpi di quella mutevolezza che non è altro che il cuore pulsante dell’esistenza stessa.
La precarietà è qualcosa che fa parte di noi e – per utilizzare termini cari alla filosofia esistenzialista – l’uomo non è altro che un “per sé” e non un “in sé”, qualità questa appartenente solo alle cose o alle realtà ormai cristallizzate e provviste di quella staticità mancante invece all’essere umano, che, giorno dopo giorno, costruisce faticosamente la sua identità (sempre liquida) attraverso scelte e prove giornaliere. Fondamentalmente sono contraria anch’io al matrimonio proprio perché ha la pretesa di dare fissità a quel “per sé” di cui parla Sartre, illudendolo di essere un “in sé”, ovvero ente provvisto di qualità fisse e stabili. Il dramma della condizione umana è invece proprio quello di doversi riconquistare giorno dopo giorno, faticosamente. Qui si parla di matrimonio e amore, ma il discorso che fa Sartre sull’amicizia è benissimo applicabile anche alla sfera sentimentale ed io lo condivido in pieno. Esempio: se io e Piero siamo stati amici oggi, questo non vuol dire che lo saremo anche domani, e ciò nella misura in cui ogni rapporto va sempre costruito di volta in volta, sulla fatica giornaliera. Ogni rapporto va continuamente rigenerato e non esiste l’idea che un sentimento possa vivere di rendita su ciò che è stato conquistato precedentemente. I rapporti umani sono appunto così, instabili, e la sfida più grande dell’uomo è accettare il fatto che ci si debba mettere in discussione, senza mai credere che si sia conquistati un affetto, la stima di qualcuno, un’identità una volta per tutte. È la fatica del vivere: nulla ci è dovuto, nemmeno l’amore e ogni giorno deve essere ricostruito pezzetto per pezzetto, con impegno e coscienza. Mettere una firma che valga da qui alla morte mi sembra ridicolo, perchè contravverrebbe proprio all’idea della necessità intima e reale di doversi conquistare qualcosa tutti i santi giorni, senza dare nulla per scontato. Questi tentativi di conferire stabilità a cò che è transeunte, mi sembrano solo specchio del timore degli esseri umani ad accettare il loro destino di esseri mutevoli, oltre che a rivelare il timore di doversi continuamente mettere in discussione. La sfida più grande è anche accettare con serenità che un legame possa rompersi e morire, forse anche perchè alcuni legami che possono avere un significato in un determinato periodo della nostra vita, possono anche perderlo in seguito. Questo discorso, però, non va scambiato con l’atteggiamento di chi pensa che, a partire da questa consapevolezza, non debba poi impegnarsi per la solida costruzione di un qualcosa che non sia effimero. Dalla mia esperienza di figlia non battezzata di una famiglia di atei per scelta, posso dirvi che, talvolta, proprio quando non ci si permette il lusso di ADAGIARSI su riti e regole apparenti, si è portati maggiormente a lavorare su se stessi, proprio in virtù dell’assenza di punti di riferimento CONCRETI. È così che sei obbligata a costruirti una legge etica interiore, che ti porta sempre a metterti indiscussione, visto che ti è preclusa la possibilità-salvagente (e anche un po’ ipocrita) di nasconderti come gli altri, dietro falsi riti o regole, volte solo a nascondere magari magagne e contraddizioni. Ad esempio, sono sempre stata l’allieva più educata di tutte, nonostante non avessi come gli altri bambini degli appigli “oggettivi” per mostrare di credere in certi ideali che gli altri sbandieravano tanto solo attraverso la retorica. Gli altri ragazzi, invece, adagiandosi su regole e istituzioni, erano molto meno portati a mettersi in gioco con la propria coscienza, perché delegavano all’esteriorità dei riti la fatica della scelta e della coerenza. Se compivo qualcosa di sbagliato quello che a casa mi si rivolgeva era sempre un appello alla COSCIENZA. Per carità, non dico che anche quelli che decidono di trovare appiglio in regole e tradizioni non possano avere lo stesso rigore, anzi; volevo solo sottolineare che proprio quelle persone che magari decidono di affidarsi solo alle loro risorse interiori di coscienza, impegno e volontà, sono più protese a portare avanti con coerenza la loro scelta, senza che ci sia un’istituzione o un regola a farti da “pungolo” per mantenere vivo un amore, un’amicizia, l’idea di rispetto per l’altro ecc. Tutto questo discorso va quindi sicuramente a sfavore del matrimonio come istituzione, anche se mi rendo conto che, vivendo all'interno di una società, il matrimonio possa comunque servire per tutelare i propri diritti e quelli dei figli. Resta il fatto che mi dà comunque fastidio tutta questa retorica attorno al matrimonio, questa esaltazione un po' borghese della coppia....la coppia intesa come nucleo troppo chiuso mi sembra spesso limitante (oltre che soffocante) e la trovo anche in contraddizione con quella che io reputo essere vera apertura mentale, oltre che a contravvenire un'idea più vasta di solidarietà umana, ovvero quella di cui parla Leopardi nella ginestra... |
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In realtà era questo lo scopo del mio "prolisso trattato" vs il matrimonio, mica un altro..... :wink: ehhehehhe |
Re: Matrimonio? le catene del nostro mondo
i matrimonio serve solo a pararti le spalle se succede qualcosa ad uno dei cognugi.
si hanno dei diritti che fan comodo. mia madre doveva sposarsi cn mio padre..sempre a rimandare..poi è morto e a lei nn è toccato un accidente..nn sapeva come mandare avanti la casa e la famiglia,oltre a dover pensare al dolore e alla perdita del compagno...dopo vario tempo gli toccò una pensione miserissima che serviva per dar da vivere ai figli.(noi eravamo figli leggittimi,lei non era considerata la moglie quindi nn gli spettava niente) quando tutti abbiamo ragiunto la maggiore età ce l'hanno tolta. se si fossero sposati nn avremmo avuto tutti questi problemi... |
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