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Re: intenzione = risultato ?
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Il tuo assunto 1) è come dici banalmente vero... proprio perché costruito per arrivare a esserlo. ^_^ Quote:
Apparentemente no, perché l'esempio che fai del medico (curioso, era venuto in mente pure a me) rivela che potrebbe non bastare nemmeno così. Ma il punto è proprio questo. E infatti vedi che siamo d'accordo, molte persone semplificano tutto in questa forma elementare di (non) ragionamento dove intenzione=risultato, da cui poi se ne escono con "non hai ottenuto perché non lo volevi davvero". E se queste sparate producessero qualcosa (di positivo, chiaro) a me andrebbe anche bene, ma mi pare non sia così, mi pare anzi producano solo (o comunque di certo) frustrazione. E quindi PErcHèeEEe? >_< Detto questo, scusate la logorrea. E anche il florilegio di parentesi (le ho trovate comode nel discorso, un post di ispirazione Lisp :P). |
Re: intenzione = risultato ?
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Re: intenzione = risultato ?
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Re: intenzione = risultato ?
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Re: intenzione = risultato ?
Rilancio ancora una volta, cambiando prospettiva.
Lo stato intenzionale di un agente potrebbe anche non esser conosciuto dall'agente stesso. Attribuiamo intenzioni anche ad un bambino che poppa al seno materno, ma questo comportamento potrebbe non comportare alcuna pianificazione cosciente. Ad esserci una pianificazione, in questo caso la pianificazione c'è, il neonato deve riconoscere il seno, usare la bocca e poi poppare, ma il neonato potrebbe non saperne nulla (soltanto in modo cosciente però, perché qualcosa la sua mente a quanto pare la conosce e riconosce). L'intenzione per me rappresenta un tendere verso gli stati desiderati in base alle proprie credenze. Si può riconoscere che si tendeva verso uno stato anche a posteriori. Nel caso in cui succede qualcosa per caso e la persona poi risulta contenta... Come si spiega la cosa? La persona tendeva comunque verso quello stato anche se non ne sapeva nulla e non era presente una forma di pianificazione trasparente ed osservabile. Questo tendere non si potrà osservare in modo univoco appunto con un comportamento coerente e razionale, perché le credenze insieme ai desideri influenzeranno il comportamento osservabile. Non è detto che io condivida le stesse credenze e desideri di un altro agente. Un comportamento assurdo, disfattista o controproducente dal mio punto di vista magari risulta perfettamente centrato per l'altra mente in questo momento se si mettono insieme tutte le informazioni e desideri attivi dell'altra mente. La spiegazione "l'agente non desidera fare la tal cosa perché non sta facendo nulla che risulta correlato al tal desiderio" potrebbe andar bene per noi (ammesso che non risultiamo opachi anche a noi stessi in certi termini utili) ma non è detto che vada bene per l'altro. Una persona ferma in un certo posto magari sta tendendo verso certi stati anche se non la si osserva far nulla che per noi risulti correlato in modo "razionale" (e lo metto tra virgolette perché a questo livello la cosa risulta piuttosto soggettiva e relativa) a questi stati. I matti in fin dei conti sono quelle persone il cui stato interno in termini di credenze e desideri risulta piuttosto opaco in relazione al loro comportamento, ma secondo me c'è lo stesso, il problema è che siamo poi noi sani di mente che non riusciamo ad afferrare com'è fatto il mondo in cui vive un matto e i suoi desideri osservando il suo comportamento. In genere che si fa? Si taglia corto con un "il matto non vuole nulla". Se assumiamo che ogni agente qualche desiderio ce l'ha per forza di cose non può tirarsi fuori da questo stato del "tendere verso". Come ho detto prima secondo me non è necessario disporre di funzioni coscienti affinché siano presenti desideri e credenze. Ad un certo livello interpretiamo anche il comportamento di un programma che gioca a scacchi o a dama o a tris come finalizzato dal desiderio di portare la partita verso certi stati finali. In altri casi il comportamento a noi sembra confuso o opaco. Ora però mi chiedo: è il comportamento in sé ad essere non finalizzato in alcun modo (viene eliminata questa volontà a monte e si afferma, "l'agente adesso... Non vuole e non ha intenzione di far nulla"), o è una nostra incapacità di dare una spiegazione che collimi col comportamento della persona in termini di desideri e credenze che ce lo fa apparir tale? :nonso: |
Re: intenzione = risultato ?
Un'ultima riflessione.
Si può tendere anche verso stati inesistenti (secondo un certo grado di ragionevolezza :mrgreen:). Quando per secoli hanno cercato di quadrare il cerchio con riga e compasso avevano in mente un risultato e tendevano verso questo risultato qua (esibire una costruzione con riga e compasso). L'intenzione di un agente perciò può esser rivolta anche verso situazioni inesistenti. Adesso che ci ho pensato davvero bene, l'intenzione (al di là del fatto che la si intenda come cosciene o incosciente o in altri sensi) non solo non può determinare da sola il risultato, non può neanche determinare la maggior probabilità del verificarsi di un certo risultato in casi del genere. O dobbiamo concludere che non esiste adesso una costruzione del genere perché le persone che hanno cercato di affrontare questo problema non lo volevano abbastanza? :nonso: In ogni caso non è completamente assurda un'idea del genere sfocia soltanto in una forma di idealismo estremo in cui la volontà di una mente praticamente produce tutto. Secondo questo punto di vista se una mente davvero lo volesse potrebbe rendere reali anche le contraddizioni stesse. |
Re: intenzione = risultato ?
Premetto che hai preso in modo un po' tanto cavilloso per i miei gusti quelli che volevano essere post scherzosi e leggeri. Visto che mi sembra di capire che vuoi parlare seriamente vedo di risponderti seriamente per una volta per educazione ma non prometto di andare tanto oltre eh, non sono Winston. :P
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Non ho mai scritto che ti reputo un pessimista ma che reputo questo thread faccia parte del "solco pessimista" del forum se così lo si può definire. Ho fatto affermazioni su quello che hai scritto, non su di te. Penso siano due cose piuttosto diverse. Non sei d'accordo? Padronissimo di non esserlo, per carità, è soltanto un punto di vista, ma non capisco perché il tuo sia così tanto più rispettabile del mio al punto di sentirti in diritto di sbraitarmi contro che dovevo chiederti e bla bla tutto il resto del pistolotto. Per quanto riguarda la "gratuità dell'inferenza" penso lo sia almeno meno della tua, in quanto se mi viene posta una domanda che mi sa di retorica come quella del tuo thread a me le conclusioni su dove si voglia andare a parare vengon alquanto spontanee (e infatti mi hai confermato che son giuste). Quote:
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L'utilità della domanda retorica che hai posto qual è? Quote:
Per quanto riguarda la fissazione non ho mai detto che tu sia fissato, ma che è uno di quegli argomenti ricorrenti nel forum, del tipo "quali sono le frasi che vi fanno più male?", penso di averne aperti pure io di thread del genere, pensa te. Quote:
Se ho un'equazione che dice che 2 = 4 non m'invento certo che il 2 a sinistra è scontato, semplicemente dico che è falsa, e che occorre aggiungere 2 al primo membro o togliere 2 al secondo per renderla un'affermazione vera. |
Re: intenzione = risultato ?
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Se si aggiunge un altro "2" al primo membro non abbiamo più un'affermazione equivalente alla prima, ma un'altra. E lo si vede bene che è un'altra infatti "2 = 4" è falsa mentre "2 + 2 = 4" è vera. se "intenzione = risultato" è un'asserzione simile a "2 = 4" o è vera o è falsa, non è che poi aggiungi altri elementi e pensi di aver reso vera l'asserzione di partenza, hai affermato in realtà qualcos'altro, quella di partenza resta falsa. Se la domanda verte sull'asserzione di partenza risulta ininfluente far notare che aggiungendoci elementi si ottiene una frase vera. Se si chiude subito il discorso ed è assolutamente evidente che è falsa come "2 = 4" chiudiamolo subito. Secondo me resta ancora aperto il problema perché mentre con i numeri naturali abbiamo fissato un bel po' di vincoli che ci permettono di dedurre che "2 = 4" è falsa, con il concetto di intenzione, che rimane ancora problematico ed aperto (e questo problema ricorre in molti problemi legati a tutte le definizioni che cercando di spiegare cos'è una mente), abbiamo lasciato un po' vago tutto. Per me, nel caso specifico, non abbiamo a che fare con un problema ben definito. In effetti quando qualcuno ha posto in essere delle definizioni più stringenti di concetti usati in modo intuitivo e frammentario, non è che ha verificato qualcosa, ha solo proposto una definizione che cercava di "inglobare" questo concetto vago. Certe definizioni hanno preso storicamente il sopravvento sui concetti intuitivi d'uso popolare (che venivano usati magari sono in certe situazioni che non risultavano problematiche), infatti oggi abbiamo a che fare con definizioni più stringenti (abbiamo funzioni di punti e non più figure trattate in modo intuitivo) che forse non equivalgono esattamente a quel che pensavano i nostri antentati. Oggi parliamo di numeri, rette, piani e così via, ma credo che in relazione a tutta la mole di vincoli che abbiamo messo in mezzo ed usato, ne abbiamo una percezione ben diversa, si è passati da qualcosa di molto vago a qualcosa di meno vago. La psicologia è una scienza neonata in confronto ad altre scienze e ci troviamo perciò in un medioevo concettuale per me, viene usato troppo spesso un linguaggio non tecnico ma che poi usa le parole in modo troppo vago, per rispondere a quesiti come quello posto in questa discussione bisogna per forza di cose cercare di superarlo rendendo chiaro e nitido quel che risulta sfocato (e che risulta utile comunque nell'esser sfocato per altri fini). Quel che risultava inverificabile in passato a causa dei buchi di senso di certi concetti diviene verificabile oggi, dato che questi buchi di senso sono stati colmati (in pratica si usa la stessa parola ma con associato un concetto più definito che ingloba ed estende quello usato in passato). Qua, secondo me, bisogna fare una cosa del genere. Bisogna partire da domande come "cos'è l'intenzione?", "quando è presente l'intenzione di far questa cosa?", bisogna costruire una teoria del genere e vedere se risulta abbastanza convincente nell'inglobare i concetti intuitivi (un po' per tutti) e si va avanti. Io a questo punto mi ritiro, ho visto che risulta abbastanza difficile la cosa, all'inizio la risposta sembrava banale, poi ho iniziato a pensare a situazioni limite che non sapevo come dover trattare e ho lasciato perdere. Può essere anche che è un concetto troppo confuso e va eliminato proprio e si possono costruire teorie della mente che ne fanno a meno e che funzionano meglio. In effetti in psicologia molti autori hanno deciso di "sostituire" il concetto di volontà con quello di motivazione. In pratica il concetto di volontà è un po' sparito già dai libri di psicologia generale. |
Re: intenzione = risultato ?
Per renderla un'affermazione vera.
Mamma mia quante parole per una correzione semplicissima (direi meglio precisazione perché "un'affermazione" era sottinteso). |
Re: intenzione = risultato ?
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Re: intenzione = risultato ?
Intenzione e tentativo hanno la stessa etimologia, siccome le parole non nascono a caso, evidentemente era già chiaro che ci fosse una correlazione fra le due cose.
Quindi intenzione + tentativi = risultato. Il risultato può comunque essere fuori dalla portata del singolo, per cui si può aggiungere all'equazione esperienza, impegno, aiuto (o botta di culo, o cooperazione, come si vuole), e realismo per assicurarsi un risultato di cui poter godere in tempi ragionevoli :interrogativo: Però, di quale risultato stiamo parlando? :interrogativo: |
Re: intenzione = risultato ?
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Re: intenzione = risultato ?
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L'intezione tua era una cosa, quel che hai ottenuto un'altra. Stava a me capirli come tu li intendevi o stava a te selezionare meglio il contesto o il momento o le persone per il tuo scherzo? Ci sarebbe da discutere pure qui, ma se ti sta bene io lascerei la domanda senza risposta, così è in equilibrio e non se ne parla più. Quote:
Sbaglio mio di aver preso il tuo post come riferimento. Ma dovendo fare una contestazione al discorso, rispondere a quello di un altro cosa sarebbe cambiato nel merito e nel risultato? Alla fine il "pistolotto" te lo sei beccato tu proprio perché sei entrato nel merito confermandomi che sostieni in tutto o in parte una mentalità che io invece contesto, altrimenti avrei risposto a qualcun altro (a parte chi ho in ignora), non a te, o magari a nessuno. Il punto era proprio questo: c'è un "solco pessimista": secondo me no, secondo te si. Individuare una distinzione inventandosi una discriminante equivale al fare delle categorie, io di qua tu di là. Tirare una riga in terra e dire chi sta di là è negativo, non fa di chi sta di quà un "positivo", è una furbizia che non risolverà niente per nessuno, e io non voglio stare ne di quà ne di là, io sta riga non la voglio e basta. Quote:
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L'intento era prima di tutto di verificare quanti erano d'accordo con la premessa iniziale e quanti no, per mia curiosità personale. E successivamente contestare il concetto e tutto ciò che ne deriva per chi lo ritiene corretto, o per chi si comporta come se lo fosse, e la sua applicazione per conto terzi, in quanto dannoso. I benefici a carico di una persona (possibilissimo, non l'ho mai messo in dubbio) non annullano i danni a carico di un'altra. Se non è automatico che tale mentalità produca sempre e su chiunque un bene, va combattuta nel suo uso sistemico, lasciando alle singole persone di abbracciare per sè stesse ciò che più sentono che può aiutarle (pure battere la testa al muro se ti aiuta, per me va bene). Usare questo approccio responsabilizzante di volta in volta su di una singola persona non è sufficiente. Questo è un forum, quello che scrive uno in risposta a un altro si riverbera su tutti quelli che stanno leggendo e che si riconoscono in quanto viene scritto. Se il concetto che passa è che una condizione riconosciuta come patologica (la FS lo è o no? mettiamoci d'accordo) sia prima di tutto una responsabilità personale, passa anche il concetto che il problema sia una forma di irresponsabilità non una patologia, e passa anche il concetto che ne consegua un demerito, il quale oltre a essere un'idiozia non va d'accordo col principio stesso del disturbo e rischia di peggiorare la cosa. Il rischio per me è sufficiente per porre la questione come un problema. (E non siamo d'accordo sulla retorica, manco per niente.) Quote:
Il mio punto di vista sulla questione viene dopo, a titolo personale, come mia risposta a quella domanda, e non rende negativa la domanda in sè ne il thread. Inoltre casomai partiva dal presupposto rovescio, se manca il risultato si può farmene una colpa? Secondo una linea di pensiero sembra che addirittura si debba. Semplicemente non sono d'accordo. E il fatto che a fronte di un mancato risultato non ne consegua una colpa, non significa sottintendere che i tentativi sono inutili. Quote:
Purtroppo c'è ben altro. Scuole di pensiero, convinzioni e mentalità, a volte al limite del religioso. Salto tutto il resto per semplificare, ci sarebbero molte altre cose da dire. Detto questo mi scuso se quanto ho scritto ti ha in qualche modo dato fastidio, perché certamente non era quella l'intenzione. Stesso dicasi per chiunque altro. Ora ti lascio spazio per una dovuta replica (per educazione, restituisco la cortesia). Poi credo che lascerò il thread aperto per chi vuole aggiungere, e me ne andrò definitivamente perché mi sono rotto i coglioni de sta menata dei positivi e negativi, che finché c'è di mezzo sta cosa qualsiasi discorso potrà sempre essere facilmente e comodamente "risolto" riconducendolo a questo alibi. |
Re: intenzione = risultato ?
Anche per me non cambia assolutamente niente. Puntare il dito sul fatto che l'intenzione non è in sé sufficiente è per me bastante per considerarlo un argomento pessimista*. Ciò va da sé che non faccia di me una persona positiva, e tanto meno di te una persona pessimista, non son d'accordo che crei alcuna categoria. Direi che non ho molto altro da aggiungere se non che non veniva fatta alcuna menzione della FS, se il risultato è guarire dalla FS o da qualsivoglia altra condizione patologica, le cose cambiano non di poco e son sicuramente più disponibile a darti ragione che sia una cretinata, io partivo dal presupposto che si parlasse di un risultato comune e non di condizioni patologiche, forse era meglio specificarlo perché son due cose parecchio diverse.
*n.b.: questo non significa che ogni argomento pessimista vada per me eradicato dal forum e buttato nel cesso. |
Re: intenzione = risultato ?
Siamo in un forum di fobia sociale, siamo qui per questo, e la discussione l'ho aperta in "sociofobia forum generale", non in offtopic.
Detto questo è palese che la pensiamo in modo differente. Risposto hai risposto. Saluti. |
Re: intenzione = risultato ?
E questo che c'entra, non significa certo che il risultato debba essere la guarigione ma che la persona che vuol raggiungere il risultato soffra di FS. Di nuovo due cose a mio avviso ben diverse.
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Re: intenzione = risultato ?
Ragazzi, cmq a me tra tanti lunghissimi post, non è mica chiaro il succo succo di questo thread.
Cioè, sinteticamente, cosa si vuole affermare? Sull'uguaglianza del titolo siamo tutti d'accordo che è super ovvio che in generale è falsa, e quindi? |
Re: intenzione = risultato ?
Quote:
Se A dice di avere intenzione di trovare una donna che gli piace e non ci riesce (non riesce a far certe cose che gli permetterebbero di ottenere l'effetto) mentre B dice che questa intenzione A non ce l'ha altrimenti riuscirebbe a farle queste cose (torniamo alla formula "intenzione=risultato"). Come si risolve il problema? Soprattutto mi chiedo: ma una discussione del genere risulta sensata e atterra in qualcosa di concreto? Uno dei due ha realmente ragione, o a monte risulta un po' confusa questa cosa? In pratica poi le discussioni presenti nel forum vertono su questioni del genere. |
Re: intenzione = risultato ?
Ma se si prendono le definizioni dei due sostantivi della lingua italiana per come sono, io non vedo cosa ci sia di ambiguo:
Intenzione = Partecipazione della volontà e dell'intelligenza nel decidere e compiere un'azione. Risultato = Esito conclusivo e definitivo che contrassegna un procedimento o ne convalida l'efficacia o l'esattezza, spec. nell'ambito di un'attività. Come può il solo fatto di decidere di compiere un'azione portare ad un esito conclusivo e definitivo? Un intento prevede di decidere di compiere un'azione, è qualcosa in più di una decisione, quindi non può neppure darsi il caso banale in cui il risultato sia esso stesso prendere una decisione, in questo caso non sarebbe mica un intento, perché non prevede di compiere un'azione. Di conseguenza l'equazione non sarà mai vera senza aggiungere almeno questo termine qua, e ce lo dice la defizione stessa del termine: Tentativo = Azione diretta a conseguire un intento in relazione a un ambito limitato di possibilità. Per me non c'è tanto da elucubrarci sopra, l'affermazione non è vera e basta. Se poi si vuol cercare di ridefinire le parole a piacimento è un altro discorso... A me sembra che il topic si riferisca a quei casi in cui la persona che la dice non concepisce le difficoltà piccole o grandi dell'altra persona e fa passare il "tentativo" come qualcosa di talmente banale da essere nullo, questo è particolarmente comune in tutte quelle situazioni sociali dove certi meccanismi e certe azioni si danno estremamente per scontate. Es.: integrarsi in un gruppo di persone: "dipende solo da te". Ma anche qui non è che la persona dice "dipende solo dalla tua intenzione", con "dipende solo da te" intende che dipende dall'intenzione E dalle azioni; che poi non sia neppure così semplice tralasciamolo per un momento, ma io questa asserzione così come è scritta credo di non averla sentita dire neppure da parte dei guru motivazionali più invasati. |
Re: intenzione = risultato ?
Da quello che ho capito XL vuole una definizione rigorosissima di cosa sia un'intenzione.
Qui si aprirebbe un dibattito filosofico abbastanza pesante, che effettivamente c'è in filosofia, su quale sia il modo corretto per descrivere gli stati mentali, come credenze e desideri. La cosiddetta folk psychology, o psicologia popolare, o psicologia ingenua, è la capacità delle persone di attribuire agli altri volontà, credenze, desideri sulla base del comportamento. È una cosa che tutti facciamo. Non è ben fondata, perché è vero che come dice XL non è effettivamente del tutto chiaro dove "atterri", però secondo me non si può nemmeno dire che non abbia alcun senso. Perché c'è un motivo se negli umani hanno si è evoluta questa psicologia ingenua: funziona, è funzionale a rappresentarsi e descrivere gli altri e predirne il comportamento. |
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