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Re: Il Commediaforum
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P.S.: Nei suoi pellegrinaggi pare che Paolo, prima di arrivare a Roma, si fermasse a Napoli (da cui l'origine del nome della Mecca del Calcio :occhiali: ). |
Re: Il Commediaforum
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E' ovvio che fosse interessato a far diffondere il proprio messaggio, nei suoi vari livelli di lettura, si parla infatti di chiesa di pietro e di chiesa di giovanni, ma quello che è venuto dopo quanto a gerarchie ecc è apputno derivato da dispute tra varie fazioni che si sono avute nei primi secoli d.C. |
Re: Il Commediaforum
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Re: Il Commediaforum
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E poi ultimamente ho avuto la testa parecchio ingombra, più del solito, ora spero di essere più tranquillo e di avere più tempo. Quote:
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Anche qui c’è il motivo dello sguardo della donna come motivo ispiratore dell’azione dell’uomo e della donna come tramite per l’elevazione a Dio. In più c’è il paragone tra la rivoluzione celeste, mossa dallo splendore di Dio (quasi anticipazione del dantesco L’amor che move il sole e l’altre stelle) e lo splendore degli occhi della donna che ispirano talento all’uomo di seguirla. E nel II canto c’è anche il riferimento alla struttura celeste, come hai notato. Quote:
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Re: Il Commediaforum
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Re: Il Commediaforum
mai pensato di scaricare e leggere la DC sull'ebook o sul tablet? :mrgreen:
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Re: Il Commediaforum
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http://www.finanzaonline.com/forum/a...o_satana-2.jpg |
Re: Il Commediaforum
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E' Moon che voleva squalificare il capolavoro del duca del Sommo :occhiali: |
Re: Il Commediaforum
tsk, ormai anche dante si è modernizzato :sisi:
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Re: Il Commediaforum
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Re: Il Commediaforum
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Re: Il Commediaforum
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Sui primi due canti, dal punto di vista narrativo c'è poco da dire che non sia già abbondantemente reperibile su Wikipedia e per i commenti ci sono le pagine precedenti, non sono argomenti che si possano svolgere in due parole e io non ho il dono della sintesi, sorry :occhiali: Praticamente rischierei di riscrivere per intero i post precedenti :sisi: Passiamo invece velocemente al III canto ché qui se non comincio io non scrive nessuno, pare (vabbé che anche dopo... :sisi:). Propongo degli spunti di riflessione sintetici sui quali quei pochi temerari che si avventurano qui saranno i benvenuti se vorranno dare il loro contributo. 1) Questo canto, oltre ad essere il primo che ci introduce in medias res, è anche quello che più risente dell'influsso virgiliano (soprattutto per quanto riguarda l'ingresso nell'Ade di Enea e la raffigurazione di Caronte), ma con ben diversa efficacia plastica e drammatica. 2) La novità più grande (non solo rispetto ai classici, ma anche rispetto alla precedente tradizione cristiana) è rappresentata dalla folla incommensurabile (ch'io non averei mai creduto / che morte tanta n'avesse disfatta) dei vili o pusillanimi (il termine "tecnico" di ignavi è stato sottoposto a diverse critiche, ci si potrebbe aprire un discorso a parte), quelli che non scelsero mai da che parte stare e che non vissero per davvero. La loro rappresentazione è tanto più efficace se confrontata con il modo in cui Dante ha appena superato le proprie, di paure, nel canto precedente (ancora davanti alla porta dell'Inferno Virgilio lo esorta a non avere sospetto, paura, gli dice che ogne viltà convien che sia morta), e a come ha pagato di persona, in vita, per avere preso posizione e avere fatto il proprio dovere. 3) Colui che fece per viltade il gran rifiuto. Chi era costui? (cit.)* :occhiali: *Warning: fosse per me, su questo punto ci potremmo discutere anche un anno ^^ |
Re: Il Commediaforum
(Ri) letto anche io... come sempre parto dai punti suggeriti da Winston.
1) l'efficacia plastica e drammatica di Dante rispetto a Virgilio, mi consenta (da leggersi alla cavalleresca maniera), è frutto anche della diversa visione che della morte e dell'al di là i due hanno maturato per cultura. Dante inevitabilmente subisce l'influenza della religione cristiana medioevale (che definì anche le arti figurative con teschi e veli della morte in ogni dove!). 2) Questo è un punto, a mio avviso, davvero molto interessante... il buon Dante nel canto precedente confessa i propri timori dichiarando addirittura di voler rinunciare. Virgilio, quindi, lo mette al corrente dell'intervento di tre donne a suo favore. Ora, mi chiedo, se non vi fosse stato intervento divino, Dante, sponte sua, avrebbe peccato di gran viltade anche egli, no? Il discorso è molto più amplio e sconfina, ahimé, nel solito problema aperto (almeno per me è tale) del libero arbritrio e la volontà divina (provvidenza, fato, destino). Poveri ignavi, insomma... giudicati così severamente da colui che poco prima rischiava di esserlo egli stesso, ignavo. 3) Io studiai a scuola che si trattasse di Celestino V. La questione temo sia aperta... comunque Celestino non me lo doveva banalizzare così, il Dante. Contributo personale (in parte in risposta ad alcuni punti sollevati da Viridian). Contestualizzando storicamente Dante, verrebbe da pensare che la critica agli ignavi, a coloro che non hanno scelto in vita fra Bene e Male risultando così "non vivi", non sia solo strettamente religiosa, ma anche politica (riferendomi agli scontri tra le due fazioni guelfe e ghibelline in relazione ai quali Dante scelse, pagando tutte le conseguenze che una scelta inevitabilmente comporta). Dal punto di vista religioso, il tema della Scelta è di particolare interesse e ritorna in diversi filosofi in diverse epoche storiche (si pensi alla vita come scommessa di Pascal o Kierkegaard). Per la Chiesa cattolica credo sia ineluttabile che essa venga compiuta (in particolare durante il medioevo quando i dettami religiosi investivano in toto il vissuto) e, in fondo, concordo con ciò (potrà essere una scelta più o meno cosciente, ma credo che alla fine la si faccia). Messer Winston, ma come? non mi fa nessun riferimento al contrappasso?? il primo canto in cui viene presentato! Correre dietro una bandiera bianca, senza schieramenti per l'eternità coperti di mosche che lacerano le carni (degradante, no?). Quella del contrappasso è la cosa più innovativa e creativa della Commedia, per me! |
Re: Il Commediaforum
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C'è invidia nel senso che gli Ignavi non sono accettati in Paradiso perché non hanno scelto il bene, ma non sono accettati neanche all'Inferno perché non hanno scelto neanche il male. Sono nell'Anti-inferno... in quest'ottica, loro invidierebbero qualunque altra "vita" (o destino). Almeno credo... Winston ci sarà di maggiore aiuto. |
Re: Il Commediaforum
Purtroppo non ho il tempo di rispondere in maniera esaustiva alle questioni poste, dico solo che l'interpretazione di Celestino V non è univoca, anche se è la più "gettonata" per via della contemporaneità con Dante (vidi e conobbi) e delle conseguenze che la sua rinuncia ebbe, con l'ascesa di Bonifacio. Dante invece non rifiuta la chiamata della Grazia, pur avendo paura durante il cammino, una volta assicurato da Virgilio che effettivamente lui è stato scelto a compiere quel percorso per l'amore di Beatrice e in pro del mondo che mal vive. Personalmente avrei trovato più giusta la condanna di Pilato al posto di Celestino, che in fondo non fu altro che un vaso di coccio sottoposto alle tremende pressioni dei vasi di ferro degli interessi temporali (gli Angioini a Napoli in particolare) che cercavano di condizionare la vita della Chiesa.
Detto questo, per me iniziano le ferie e vado giù nella terra natìa in vacanza. Non credo di potermi connettere, per cui il forum sarà liberato della mia presenza per un paio di settimane. Se qualcuno vorrà dare qualche altro contributo al topic, nel frattempo, è il benvenuto. Non strappatevi troppo i capelli in mia assenza, eh :sisi: |
Re: Il Commediaforum
OK, è ora di riprendere il cammino :occhiali:
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L'ateismo invece, la negazione dell'immortalità dell'anima, è condannata come eresia, anzi è l'unico tipo di eresia di cui si incontreranno due esponenti (Farinata degli Uberti e Cavalcante dei Cavalcanti) nel meraviglioso X canto. Quote:
Invidia non direi che ce ne sia, se non nel senso che la loro sorte è la peggiore o meglio la più degradante che possa toccare in assoluto, paragonabile solo forse a quella degli ultimi peccatori dell'Inferno (i traditori dei benefattori), per i quali Dante userà la stessa concisione (anzi, di più) ed eviterà qualunque incontro diretto. |
Re: Il Commediaforum
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Lo dice Faber:occhiali: |
Re: Il Commediaforum
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L'appoggio celeste al suo viaggio serve più che altro a giustificarlo, per come la vedo io, perché oltre al peccato di viltade c'è anche quello di follia, intesa come arrogante presunzione nei propri mezzi (quella di cui si macchiò Ulisse con il suo folle volo, che tentò di compiere lo stesso viaggio del Sommo, ma non con le stesse finalità e senza accettare umilmente di farsi strumento della volontà divina). Il coraggio di Dante sta proprio nell'accettare quest'atto d'amore incondizionato di Dio (tramite le tre donne benedette), indipendentemente da quanto lui stesso o altri si reputi degno di ciò (me degno a ciò né io né altri crede). Quote:
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Anche l'invenzione del contrappasso fa parte, a mio parere, dell'esigenza di realismo che Dante tenta di soddisfare per rendere più "vero" il proprio racconto. In questo caso l'insegna anonima rappresenta un qualsiasi ideale che i vili sono costretti a seguire, mentre lacrime e sangue che mai spesero in vita a lottare per un nobile fine, sono ora pasto di immondi vermi e gli stimoli ad agire che mai sentirono sono ora provvisti da mosche e vespe. Il contrappasso è del tipo per contrasto (rappresentazione iperbolica del comportamento contrario al peccat punito), alternativo a quello per analogia (ripetizione di un comportamento simile a quello tenuto in vita). Anche dal tipo di pena, a me sembra che l'ignavia sia piuttosto una forma di egoismo, di eccessivo risparmio di sé stessi di fronte alle questioni della vita (soprattutto morali), certo dettato anche da una forma di paura delle conseguenze e da una considerazione eccessivamente modesta di sé stessi (da qui la possibile interpretazione di viltà o pusillanimità... e di fobia/scarsa autostima proposta da Viridian). Quote:
Invece i pusillanimi non hanno davvero vissuto, perché vivere per l'uomo è lasciare traccia del suo passaggio, è usare le prerogative che la Provvidenza gli ha donato per influire attivamente nella realtà (in un senso o nell'altro). Gli ignavi hanno semplicemente vegetato, non agito. Le loro energie sono state spese unicamente per la prosecuzione della loro vita materiale e il loro sostentamento, nulla più. Per loro contava solo la propria persona (fisica, non morale), e in questo senso per sé fuoro. Ora invece seguono quanto di più astratto e impersonale vi possa essere (un'insegna anonima) e sostentano le forme più umili e degradate di vita. Il barlume di coscienza che resta loro fa capire lo scarto tragico tra questa condizione e quella di tutti gli altri, e scattare il rimpianto di non aver saputo cambiarla (rimpianto che i dannati riservano invece in genere alla vita terrena, o alla morte, all'annullamento definitivo dell'anima come fine delle sofferenze: ma nessuno di loro desidererebbe di aver vissuto, seppure sanz'infamia, come gli ignavi). |
Re: Il Commediaforum
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Comunque non è la categoria di dannati che Dante guarda con occhio più spietato, tutt'altro. A due di loro dedica un canto strappalacrime, il bellissimo XIII. |
Re: Il Commediaforum
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Interessante l'interpretazione dell'incapacità decisionale, anche se personalmente ritengo che gli ignavi non fossero tanto paralizzati dal dubbio, quanto decisi a... non decidere per preservare il loro tranquillo status quo. Il girare in continuo assume anche la funzione di costringere gli ignavi a un'attività perenne, al contrario di quanto fecero in vita. Quote:
Come ho detto prima, la peculiarità dell'uomo, di ogni uomo, è per Dante l'agire in un modo o nell'altro nella realtà che lo circonda: questo può essere inteso come il modo per esplicare la propria "personalità". Ma un termine come la fobia sociale non impedisce necessariamente l'agire. Quote:
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