Originariamente inviata da Gummo
(Messaggio 2986427)
Gummo autistico di oggi pomeriggio:
devo comprare degli occhiali nuovi, rimando il progetto da qualche settimana
Mi trovavo a passare per un centro commerciale dove c'è un negozio di occhiali che fa anche visite oculistiche, lo stesso negozio dove ho comprato gli occhiali precedenti: chi soffre di ansia sociale è abitudinario - studiare un ambiente, studiare gli individui che lo popolano, conoscerlo e sentirsi a proprio agio
Passo una prima volta davanti il negozio: vuoto. All'interno soltanto i commessi. Il decorso mentale degli eventi è semplice e lineare: faccio il mio ingresso, invento un sorriso, saluto, enuncio la mia necessità di visita oculistica ed occhiali; la commessa mi fa adagiare su una sedia, inizia a guardarmi dentro gli occhi, sviscera le particolari deformazioni dei miei particolari occhi, poi si alza e mi libera: vai, scegli la montatura che ti piace di più; io osservo le montature, le indosso, mi osservo, scelgo quella che più si adatta al mio viso, a chi sono. O quella che più si adatta all'immagine di me che vorrei avere. Dopo lunga e irrazionale analisi indico il modello desiderato al commesso, declino le sue offerte circa lenti indistruttibili o lenti capaci di autopulirsi con un semplice schiocco di dita, estraggo la carta di debito, pago, mi accordo per il ritiro. Una sequenza lineare. Una sequenza lunga da affrontare e da vivere. Desisto e proseguo.
Faccio un secondo giro del centro commerciale: il negozio è ancora vuoto. Mannaggia. A me piacciono i negozi con qualche avventore, non troppi, per carità, ma quel tanto che basta per far sì che io non sia al centro dell'attenzione. Odio le attenzioni! Non voglio aiuti. Voglio comprare le cose da me - voglio comprarmi, comprarmi. Inizio a pensare: entro? entro da solo? mi presento, dico quali sono i miei scopi, inizio a provare gli occhiali. Io e i commessi. No: infattibile. Ho bisogno di qualcuno che mi dia dei feedback sugli occhiali. Tornerò con qualcun altro.
Tiro dritto e me ne vado, inizio a osservare la vetrina di un negozio di scarpe. Mi servirebbero delle scarpe nuove. Ma le scarpe non sono la priorità. Ho delle scarpe un po' logore, ma proteggono i piedi; gli occhi hanno bisogno delle loro lenti. Allora torno a muovermi verso l'oculista, prendo coraggio, mi dico: gli occhiali devono piacere a me e soltanto a me! Non ho bisogno di qualcuno che mi dia un suo parere esterno!
Poi sono tornato indietro.
Tornerò domattina, forse con i miei genitori, forse da solo. Se fossi stato una persona normale ora avrei i miei occhiali; qualcuno starebbe fabbricando le lenti, lenti apposite per il modello che io ho scelto per me. Non ho scelto nulla come molte, troppe volte.
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