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Re: Quelli che ci provano
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E posso garantire che sono una persona super timida, quando l'ho conosciuta io ho fatto due giorni a non parlarle a guardarla e basta Inviato dal mio HUAWEI NMO-L31 utilizzando Tapatalk |
Re: Quelli che ci provano
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*Sigh* |
Re: Quelli che ci provano
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Tutto il resto è aneddotico, voglio dire il colpo di culo può capitare a chiunque; rimane il punto di scegliere se si vuol semplicemente aspettare e sperare nella dea bendata, oppure fare qualcosa per aumentare le probabilità che qualche evento positivo accada. Si badi bene che io sono più dell'idea di svilupparsi come esseri umani a 360°, che concentrarsi sull'obbiettivo dell'acchiappo. Le relazioni con l'altro sesso non sono il senso della vita, sono solo una parte. Approfitto per rispondere su una questione a jacksparrow: mi chiedeva se le donne si fanno di certi problemi. La risposta è sì. Nel forum di PUA che frequento le iscrizioni femminili sono in crescendo. I problemi sono chiaramente diversi, ma hanno una radice comune: la difficoltà di dialogare con l'altro sesso, di accettare, tollerare e comprendere le diversità proprie e altrui, di trovare un modo mutuamente soddisfacente per essere felici. |
Re: Quelli che ci provano
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Non escludere comunque che il veder tutto questo come una montagna da scalare non sia esso stesso sintomo del disturbo che chi più chi meno condividiamo tutti qua su FS. |
Re: Quelli che ci provano
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Re: Quelli che ci provano
Quando l'approccio allo sconosciuto è superficiale, giusto per illudersi di avere avuto un contatto o una connessione con qualcuno, mi addolora.
Mi addolora vederlo fare. Per me i rapporti sono sempre profondi, la confidenza aperta a persone che non hai mai visto la trovo appunto il contrario dell'intimità Sono stronza sì, ho un padre che approccia gente tutto il giorno e continuamente e quelle volte che siamo insieme mi costringe ad uno stress incredibile (sto un po' esagerando, ma non troppissimissimo) |
Re: Quelli che ci provano
Invece, il rivolgersi a qualcuno, che per me è un gesto importante, se per superare la timidezza lo ripetessi mille volte e a casaccio, senza dargli nessun valore, cosa otterrei se non di dissociarmi dal gesto stesso?
Non è vero che ogni scambio dà qualcosa di buono, o che la chiacchiera colla vecchietta o il ragazzino ti restituiscono un frammento di infinito o di calore umano. |
Re: Quelli che ci provano
Giusto se sono affamata allora posso costruire un arrosto attorno ad una briciola, ma è tutta roba mia — il più delle volte.
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Re: Quelli che ci provano
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Alcuni di noi, tra cui il sottoscritto, non sono nati fobici, ma ci sono diventati col tempo, le batoste, le delusioni, le insicurezze, etc. Qualcuno ha avuto anche una vita sociale, anche prolungata, ma il risultato non è cambiato molto, evidentemente c'è qualcosa dentro, un malessere invisibile. Immagino che per molti qui il problema è solo conoscere ed entrare in intimità con una donna, poi il grosso è fatto. Per altri, oltre a questo, c'è anche il dopo che è fatto di incognite, ma questo vabbè è un altro discorso. Ti impari ad approcciare (sempre ammesso che riesci) ma poi? rimangono i problemi di fondo (fondamentalmente senso di inadeguatezza o proprio inadeguatezza reale alla società) che riemergeranno prima o poi |
Re: Quelli che ci provano
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Ma infatti non bisogna imparare tanto ad approcciare (quello eventualmente è un passo successivo), quanto a relazionarsi con gli altri. Questa è la sfida della stragrande maggioranza dell'utenza di questo forum (compresi molti di quelli convinti che con una ragazza risolverebbero tutto). Sul discorso dell'apparecchio hai ragione in una certa misura (rimane pur sempre necessario un atto di fiducia nei confronti dell'ortodonzista, io ne cambiai parecchi e ne ho avuti di disastrosi), ma la difficoltà di misurare i miglioramenti mentali è un limite intrinseco con cui bisogna rapportarsi. Il problema è accettare che non esiste soluzione univoca, e quindi non c'è neanche una strategia univoca. Ad esempio uno potrebbe definire la sua esistenza soddisfacente semplicemente per il fatto che riesce a portare a casa lo stipendio, pagarsi le bollette e relazionarsi socialmente per scopi pratici quando è strettamente necessario. Un'altra persona potrebbe ritenere la medesima esperienza avvilente. Quindi innanzitutto uno deve aver chiaro a sé quali sono i propri obiettivi. Poi bisogna anche vedere quali sono le risorse di cui si dispone. Se sono paraplegico hai voglia che mi dò come obiettivo quello di giocare a calcio. Parli di senso di inadeguatezza, e sai che è una sensazione che hai appreso. Sei fortunato, perché avrai più facilità, rispetto a chi ha vissuto per tutta la vita con tale sensazione, a credermi quando ti dico che si può minimizzarla e imparare a gestirla. Son qui anche io a farlo, e anche io sto facendo fatica in questo. Ma non sigifica che non sia possibile ottenere miglioramenti. Poi se ci piace come stiamo, possiamo benissimo continuare così. |
Re: Quelli che ci provano
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Capisco che gli approcci random ti addolorino, perché in essi c'è sublimata al tempo stesso tutta la speranza per un contatto fra umani e tutta la frustrazione nel comprendere quant'esso sia difficile. Però non vedo perché denigrare chi prova anche questa strategia. Può darsi che non sia un granché, ma può darsi che invece produca qualcosa. Anche se, proseguendo con la metafora, perché i semi mettano germoglio non vanno piantati sull'asfalto. |
Re: Quelli che ci provano
Ho l'impressione che si sia talmente concentrati sul gesto che poi a mala pena si riesce a vedere l'altro.
O peggio che si finisca a vedere l'altro come un mezzo per arrivare ad un fine. Cioè che l'altro debba essere il tramite e non il fine, però non in un senso bello. Ma è come quando si chiede di dare un'occasione, e ci si lamenta che questa occasione non venga data, ma io che occasione desidero? L'occasione di non rimanere solo? Di cambiare il mio status? Delle volte mi sembra come chiedere qualche cosa che non c'è. Tipo non lo so, faccio un esempio, mi innamoro di una strafiga attratta solo dalle figobulle che non mi penza propo Che cosa aveva da darmi, o io da dare a lei [ X) ] ? |
Re: Quelli che ci provano
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Non sarebbe stato possibile avere città, e neanche villaggi, ché senza fiducia avremmo dovuto temere un attacco furtivo la notte persino da chi abita appresso a noi. Non sarebbe possibile il commercio, con tutto ciò che ne consegue in termini di efficientamento della produzione. Avremmo dovuto ciascuno sostentarci col nostro prodotto. L'edilizia si basa sulla fiducia, che non abbiano risparmiato sul cemento e ti crolli in testa il soffitto alla prima scorreggia di Gaia. Non sarebbe stato neanche possibile esporsi sentimentalmente o sessualmente verso qualcun'altro. Sarebbe stato troppo rischioso, l'altra persona avrebbe potuto sfruttare la nostra vulnerabilità in termini per noi distruttivi. Le uniche persone di cui ci saremmo potuti fidare è dei legami di sangue. Quindi vediamo: economia di sostentanento o poco più, case fatiscenti di legno, sesso incestuoso e totale diffidenza per gli altri. Senza fiducia saremmo dei redneck! :D Spero di averti strappato un sorriso. I punti che sollevi sono importanti; ma non sono solo i tuoi. E potrebbero essere anche quelli di chi prova a superare questa distanza in qualche modo. E anche se è motivato da pulsioni sessuali non significa che ci sia solo un fine utilitaristico dietro. Il fatto che siamo attratti gli uni dagli altri è una forza naturale e benigna che ha contribuito a plasmare la società. Ciò non significa che siano tutti buoni e santi; ma credo sia importante, se è possibile (e capisco che con problemi di ansia possa anche non esserlo), dare fiducia agli altri, e vedere cos'hanno da trasmettere. Poi il passo successivo è imparare a chiedere fiducia, che è ancora più difficile, perché la fiducia si costruisce faticosamente e si distrugge in un attimo. Sull'innamoramento della strafiga boh, non so neanche se c'ho capito bene tutto, magari ci ritorno su. |
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