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Re: Le persone sono davvero felici?
UNa volta chiamando il telefono amico,mi rispose un volontario al quale raccontai quanto mi sentissi sola e infelice e quanto fossi infelice vedendo tutti gli altri accoppiati o con famiglia,lui mi rispose dicendo:ma lei cosa ne può sapere se dietro questa apparente felicità possono magari esserci litigi o tradimenti.
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Re: Le persone sono davvero felici?
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che possono farlo si accoppiano e continuano ad accoppiarsi? :nonso: Sono tutti masochisti? |
Re: Le persone sono davvero felici?
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Re: Le persone sono davvero felici?
Ma alla fine la ricerca del partner si riduce ad una questione di adeguamento sociale, ci si accoppia per non restare isolati ma non è felicità quella. Quante volte si sente dire "mi devo sistemare", è appunto un dovere che ci viene imposto da una società che si basa sulla coppia e sulla famiglia, non è un desiderio.
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Re: Le persone sono davvero felici?
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Re: Le persone sono davvero felici?
nessuno è realmente felice, i normies appaiono più felici di un solitario nella misura in cui grazie alla socialità dimenticano che la vita è una barzelletta crudele.
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Re: Le persone sono davvero felici?
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boh realisticamente parlando un essere perennemente felice è un essere finito , è arrivato alla fine , gestisce la partita e poi spegne tutto . l infelicità è molto più stimolante , richiede azioni. |
Re: Le persone sono davvero felici?
Sicuramente dirò cose già dette, non ho letto tutto.
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Può anche essere che ci sia una disfunzione ormonale, nell'umore o di altro tipo che però è il caso di fare accertamenti e ricevere una diagnosi, così uno stabilisce se la base fisiologica è già il problema oppure no. Quote:
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Re: Le persone sono davvero felici?
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La motivazione ad agire pare che cresca insieme al grado di felicità, in pratica pare sia vero il contrario. Secondo me comunque non è tanto l'infelicità in sé a spingere all'inazione o la felicità in sé a fare agire, è la percezione di quanto facilmente si possono soddisfare certi bisogni che può spingere o meno ad agire. Uno che percepisce che per bere non deve fare sforzi sovraumani ma andare a prendere l'acqua in frigo, sarà molto più motivato ad agire e muoversi verso il frigo da una stanza all'altra di un tizio che dovesse percepire di dover andare a prendere un bicchiere d'acqua sulla cima di una montagna e non è uno scalatore provetto, hanno sete entrambi, ma il primo magari farà qualcosa per soddisfare la sete, il secondo è probabile che non farà più nulla. Questi bisogni base infatti li soddisfano anche molti depressi (perché l'acqua si trova nelle vicinanze ed è accessibile) e ce la fanno ad agire per soddisfarli, altrimenti sarebbero dovuti già essere morti tutti. Di sicuro poi il primo (quello con l'acqua vicina nel frigo o abbordabile) avrà un umore migliore rispetto al secondo e sarà un po' più felice, ma alla fine non è stata direttamente la felicità o l'infelicità a spingere ad agire o meno, li vedo più come effetti simili alla soddisfazione o insoddisfazione che come stimoli ad agire, la ricompensa soggettiva attesa dovrebbe essere commisurata agli sforzi soggettivi in qualche modo, quando si quadra questo cerchio in termini mentali si agisce, chi è più infelice secondo me in passato è riuscito a quadrarlo poche volte, percepisce che non può trovare facilmente in giro cose che gli andranno bene in tal senso per soddisfare certi bisogni inappagati o valuta che le probabilità sono scarse o che ci vogliono troppi sforzi e il gioco non vale più la candela, per questo non agisce ed è più infelice dell'altro, di quello che agisce. E' comunque una cosa relativa, non credo si possa rendere oggettiva, dipende dalla soddisfazione attesa relativa a un bisogno costruita in base a quella già percepita in passato e quanto facilmente si crede di poter riuscire. Di bisogni ne saltano fuori sempre altri e di nuovi inoltre si rinnovano i precedenti (se uno ha voglia di far sesso una volta soddisfatta questa voglia poi ritorna ciclicamente, e così un mucchio di altra roba) non penso che sia un problema quello di finire in uno stato dove non esistono più bisogni da soddisfare. Il problema vero per me è la percezione di quanti sforzi si dovranno mettere in campo per soddisfare questi bisogni in relazione alla soddisfazione attesa. Se nella percezione e valutazione soggettiva le cose sono bilanciate e le possibilità sono abbastanza ragionevoli si agirà per soddisfarli, altrimenti non si farà più nulla. Quando queste valutazioni risultano corrette (si sono valutate bene le probabilità di riuscita, gli sforzi e quanto si potrebbe esser capaci di gestire tutto) io mi chiedo davvero come possa un intervento psicologico e quattro chiacchiere in una stanzetta modificare le cose, bisogna investire risorse materiali e sociali più concrete se si vuole davvero cambiare qualcosa. Ma siccome in pratica non frega davvero un cazzo a nessuno (e mi ci metto anche io, anche io magari sono egoista e penso agli affari miei), questa è la verità, le cose resteranno così come sono. Secondo me perciò è falso che le persone infelici o cambiano qualcosa o si ammazzano, possono rimanere in questi stati anche per tutta l'esistenza o per anni cambiando molto meno di quelle più felici e finendo nello stato che descrivi, gestiscono la partita finché riescono (mangiando bevendo e dormendo male), e poi si spegne tutto. L'inazione non è causata dall'infelicità, sono certi altri fattori che rendono infelici perché non si riescono a soddisfare certi bisogni in modi ragionevoli o con sforzi ragionevoli, ed è da questo che consegue l'assenza di motivazione ad agire o la scarsa motivazione insieme alla comparsa di stati dell'umore depressi e sempre più depressi. L'inazione in presenza di troppa felicità è una cosa ipotetica che non ha mai visto nessuno in giro. L'inazione in presenza di infelicità una cosa concreta che si vede spesso. Queste teorie l'ho già scritto, fanno acqua da tutte le parti, se si osservano i fatti. Non rappresentano descrizioni realistiche delle motivazioni che spingono le persone ad agire in certi modi, non funzionano come spiegazioni motivazionali se si osserva poi quel che accade concretamente in giro. Per me l'asimmetria creata da certe forme di disuguaglianza può amplificare la percezione degli sforzi per soddisfare certi bisogni da individuo a individuo e a cascata poi genererà anche persone più felici o meno felici. |
Re: Le persone sono davvero felici?
La felicità o l'infelicità si adagiano su binari prestabiliti, le azione di rivalsa che cambiano la vita sono storie da film che ben di rado trovano riscontro nella realtà. Bensì una condizione di malessere si autoalimenta negli anni e viene ancor più alimentata dall'ambiente esterno che getta benzina sul fuoco in continuazione. Basti vedere come situazioni problematiche nell'età della crescita e della formazione di un individuo (infanzia-adolescenza) sfociano al 90 % dei casi in un disastro nella vita adulta. I casi contrari sono talmente rari che finiscono in televisione, ma dietro c'è sempre una base solida su cui poggiare, da solo con le sue forze nessuno può niente. Per uno che ce la fa ce ne sono milioni che sprofondano negli inferi più oscuri e crepano fra atroci agonie e tormenti, ma ovviamente nessuno ne vuol sentir parlare.
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Re: Le persone sono davvero felici?
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E' un'esperienza comune quanto persone sgradevoli lascino effetti duraturi e basti anche solo pensarle per sviluppare l'associazione di idee di doverne stare lontani. So benissimo che vale anche per me e di suscitare la stessa sensazione in tutti quelli/e che ho conosciuto senza poi approfondire la frequentazione. Va così, non è uscito il nostro numero, o almeno il mio. |
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Il problema è che fin da piccolo ti costruisci i giri e soprattutto il carattere , se non lo fai poi rimani da solo. Uno che viene preso per il culo fin dalle elementari o che non se lo caga nessuno è sulla buona strada per finire un 25-30enne solo. |
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