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Re: Qual è il senso di lavorare...
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Un muratore che vedeva la sua realizzazione nel diventare un giornalista, ad esempio, non si sentirà realizzato, e non lo sarà, non avrà fatto ciò che realmente desiderava. Tu ne fai un discorso assoluto, ma io in nessun modo ho parlato in senso assoluto, e l'ho specificato più volte. P.S.: Vuoi negare che gli istinti regolino la sopravvivenza e la riproduzione? Bravo, la scienza del resto esiste così, tanto per... Dove ho detto che siano solo gli istinti a contare? Boh, continui a dirti ciò che vuoi sentirti dire per poter sfornare la risposta pronta che più ti aggrada. Saluti a te! Anzi, ti ringrazio se non vuoi più discutere, perché non mi interessa discutere con chi corregge il senso dei discorsi altrui a piacimento, così da poter rispondere in modo da darsi ragione. |
Re: Qual è il senso di lavorare...
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Il discorso è un po' diverso, io mi chiedo che senso abbia sopravvivere fisicamente lavorando, e quindi buttando la gran parte del tempo a disposizione, per fare qualcosa che non ha alcun senso se non può garantire la soddisfazione, o se questa soddisfazione è ormai irraggiungibile per qualche motivo. |
Re: Qual è il senso di lavorare...
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Re: Qual è il senso di lavorare...
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comunque, parlavo di archetipi, ovvio che ne risulta un ritratto normie, era voluto. Stavo parlando di come ci si immagina oggi il "lavorare". La tesi di fondo è che lavorare può significare tante altre cose. Quote:
Quartiere? Vedi, è proprio questa l'alienazione di cui parlo: fatichiamo a sentirci parte di un tutto. La transizione dal modello familiare allargato a quello mononucleare, ristretto, dei genitori e nonni (spesso manco quelli), ci ha privato di un senso di integrazione tale da sentirci responsabili del nostro prossimo. E questo ci fa sentire inutili, ci ostacola nel lavoro (non siamo connessi col territorio, quindi con i servizi di cui esso necessita), ci rende più distanti e soli. Quote:
Cerca di capire perché tutto ciò avviene, ma non in termini di colpa. Poi fai chiarezza sui tuoi valori, trova chi è affine e impegnati per essi. |
Re: Qual è il senso di lavorare...
Il tuo discorso da quello che ho capito correggimi se sbaglio è, fare un lavoro mentre si desidera farne un altro che però molto probabilmente non lo si farà mai e quindi c'è questo grande sconforto che porta ad essere insoddisfatti della vita in generale diciamo.
Come ho già detto in un'altra discussione, per me il lavoro che si fa se lo si odia fa parte di una buona dose di malessere, che inevitabilmente va ad influire su tutto il resto, io in primis, mi sono sempre depresso pensando al lavoro che facevo ma che non avrei voluto fare, e ancora oggi ho in mente un tipo di lavoro adatto a me ma che molto probabilmente non realizzerò mai, e ciò mi fa stare male, perchè avrò passato una vita a fare ciò che non volevo. P.S. Se posso essere realista/cinico, alla fine, che differenza fa sentirsi realizzati/soddisfatti in punto di morte? sapere di aver fatto ciò che si desiderava? a parte sentirsi bene con se stessi? nulla! non ha alcun senso in fine dei conti, è una cosa che nasce e muore dentro di noi. |
Re: Qual è il senso di lavorare...
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Avevo già letto bene la domanda |
Re: Qual è il senso di lavorare...
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Se ignori questo puoi tirare pure imballo tutta la scienza di cui disponi ma mi sa che degli uomini tieni una visione approssimativa e arcaica. Diciamo che non hai ancora superato la fase di Freud e "della vita fa schifo" adolescenziale. Per fortuna, almeno in questo, il resto della psicologia ha fatto passi avanti. :mrgreen: Ti lascio al tuo prodigo nichilismo sul non senso della vita, sul come comportarsi quando si manca la propria esistenza e alle istruzioni per l'infelicità. :mrgreen: Un vero toccasana per il forum. |
Re: Qual è il senso di lavorare...
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Io ti ripeto la domanda: dov'è che avrei esposto una tale visione dell'uomo e degli istinti? Ho detto che gli istinti regolino la sopravvivenza e la riproduzione, due meccanismi che nessuna cultura/intelligenza acquisita può sopprimere (almeno, per ora). Se la maggior parte degli aspiranti suicidi non riesce nel suo intento, è per l'istinto di sopravvivenza, se provi eccitazione sessuale nel vedere un seno nudo, è per l'istinto alla riproduzione. Poi grazie, so bene che l'uomo è tale, e si differenzia dagli animali, perché molto più distante dagli istinti rispetto ad essi, e quindi dotato di una certa auto-consapevolezza; io stesso so di essere molto distante dai miei istinti, forse più della norma. La scienza invece preferirei tirarla in ballo, l'imballo è quello dei pacchi :mrgreen: Quote:
Magari se lo rileggi, cercando di non interpretare i discorsi a modo tuo, attribuendomi frasi mai dette e concetti mai esposti, forse capirai che non dico affatto che la vita in sé faccia schifo anzi, la reputo un'occasione unica per realizzare ciò che si vuole di essa. Proprio per questo motivo, arrivare a fine vita senza aver realizzato ciò che si desiderava, equivale al non averla vissuta affatto, equivale ad aver buttato nel cesso l'unica occasione a disposizione per realizzarla, poiché dopo la morte di occasioni non ce ne saranno più. La fase adolescenziale l'ho superata da un pezzo, a livello mentale. *questa proprio non sono riuscito ad interpretarla, non è che me la spieghi? |
Re: Qual è il senso di lavorare...
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C'è chi si sentirebbe realizzato facendo l'ingegnere nucleare, e chi si sentirebbe realizzato avendo una moglie e dei figli, e in questo caso il lavoro, qualunque esso sia, passerebbe in secondo piano. Dico: c'è chi lavora per tutta la vita senza mai neppure provare a realizzare ciò che realmente desidera, solo per sopravvivenza fisica; ma quale senso avrà avuto allora quella sopravvivenza fisica, se tanto l'occasione di realizzare la propria vita non è stata sfruttata? Comunque sì, da un punto di vista oggettivo alla morte ciò che si è fatto o non fatto non avrà alcuna differenza. Però il non aver sfruttato l'unica occasione a propria disposizione, sempre oggettivamente, è un incredibile spreco, anche solo di tempo. Personalmente, se dovessi sapere con certezza di non poter realizzare ciò che desidero dalla mia vita, preferirei non vivere più, tanto sopravvivere fisicamente, per me, non avrebbe alcuna utilità, nessun senso (il discorso cambia se poi si ha una famiglia da mantenere). |
Re: Qual è il senso di lavorare...
Caro Strange Man
Sono poche le persone a fare un lavoro di cui sono veramente soddisfatte. La "soddisfazione" poi non dipende solo dal lavoro in sé ma anche, e soprattutto, da come la persona percepisce il suo stato. Ad esempio io oggettivamente credo di fare un lavoro dignitoso e ben pagato, ma soggettivamente non ne sono poi così soddisfatto. Mi rendo conto che la mancata soddisfazione, almeno nel mio caso, non è legata al lavoro in sé, ma alla mancanza di altri fattori che contribuiscono fortemente al benessere personale. Parlo soprattutto di una vita sociale e sessuale soddisfacente. Fatta questa premessa cerco di rispondere alla tua domanda. Se il lavoro che fai è oggettivamente poco soddisfacente per te, e hai la possibilità di cambiare mettiti in gioco e cambia (l'ho fatto anche io in passato). Troverai sicuramente delle forze che cercheranno di mantenerti al tuo stato attuale perché più "confortevole e sicuro" di un salto verso l'ignoto. Qualora per te cambiare lavoro fosse oggettivamente molto difficile, il senso di lavorare è comunque quello di accumulare delle risorse da spendere in altri "settori" della tua vita che ritieni importanti. Per molte persone (me compreso) è fondamentale avere il proprio corpo in salute, dei legami sociali forti e stabili, una casa. Potresti investire in questo senso. Un'ultima nota. La speranza muore nel momento in cui tu decidi di farla morire. La speranza rinasce e rinvigorisce nel momento in cui tu hai una forte convinzione di poter migliorare te stesso e la tua vita. Una domanda su cui tutti noi mi piacerebbe che riflettessimo è la seguente: "Sono davvero sicuro di aver fatto tutto ciò che è nelle mie possibilità per superare i problemi che oggi mi portano tanta sofferenza?" Almeno nel mio caso la risposta secca è: NO |
Re: Qual è il senso di lavorare...
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Nonostante qualcuno provi pena e tristezza per chi si realizza anche (o forse era solo :pensando:) attraverso il lavoro XD |
Re: Qual è il senso di lavorare...
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Comunque mi pare che abbiamo due visioni inconciliabili. Solo ti auguro e spero per te che la tua ambizione, se ne hai una, si realizzi. Prima o poi. Altrimenti potresti ritrovarti nella situazione tragica che descrivi. E quei panni, mi pare, non riusciresti a vestirli. E sarei curioso di sapere come andrebbe a finire. |
Bel post Marceline, hai trovato la giusta chiave di lettura secondo me :bene:
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Re: Qual è il senso di lavorare...
Se non vuoi vivere in mezzo ad una strada te tocca lavorá.
Personalmente non voglio vivere insieme ai miei per il resto dei miei giorni ma non perché con loro sto male (eccetto in alcuni casi) ma perché sono un essere indipendente e in quanto tale voglio sbrigarmela da sola e per farlo ho bisogno di soldi che posso avere solo lavorando. É un circolo. |
Re: Qual è il senso di lavorare...
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Stessa cosa per l'istinto alla riproduzione, un uomo può resistere alla tentazione di avere un rapporto anche se estremamente "spinto" dall'istinto, ma l'averlo momentaneamente battuto, non significa che da quel momento in poi non proverà più eccitazione, gli istinti sono inestinguibili per motivi naturali. Sul resto, beh, ti ringrazio. Non saprei come andrebbe a finire, se l'istinto mi spingerebbe a sopravvivere fisicamente, oppure se riuscirei a tenerlo a bada rinunciando, ragionevolmente (per me), a proseguire un qualcosa che reputerei ormai priva di alcun senso. |
Re: Qual è il senso di lavorare...
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Re: Qual è il senso di lavorare...
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Ognuno ha il suo modo di intendere la propria realizzazione, chi nel lavoro, chi nella famiglia, chi nell'aiutare il prossimo, ecc. La domanda è: lavorare solo per sopravvivere fisicamente, quale senso dovrebbe avere, se lo stesso lavoro che sei costretto a fare per sopravvivere, ti costa l'opportunità di vivere per come davvero desideri? La sopravvivenza fisica a quel punto sarebbe del tutto inutile, o magari anche no; cerco differenti punti di vista, il mio mi porta a pensare che sia inutile, ma ovviamente non è detto che il mio punto di vista sia corretto. Comunque la mia è una questione generale che personalmente non sto vivendo, non mi riferisco a me stesso quando pongo la domanda. Io ho ancora 20 anni, non lavoro né ho il bisogno impellente di farlo, e di possibilità, e tempo, per realizzare la mia vita ne ho ancora tantissime, per cui anche io risponderei seccamente "No" alla tua ultima domanda, sono ancora agli inizi... Però, e questa domanda invece riguarda anche me, mi chiedo se accontentarmi di trovare un lavoro che mi consenta di sopravvivere degnamente, oppure iniziare già da subito a inseguire la mia ambizione, che con un lavoro comune non si può in nessun modo conciliare, per questioni di tempo. |
Re: Qual è il senso di lavorare...
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C'è un mio caro amico di un altro forum (che saluto casomai stesse leggendo :ridacchiare: ) che la pensa in maniera simile. Ma vedi, il tempo non lo puoi "buttar via". Il tempo lo spendi, che tu voglia o no. Il lavoro è vita tanto quanto è vita fare i mestieri. Tanto quanto è vita andare al supermercato, al tabacchino, al cinema. Se speri in eventi terzi che giustifichino il significato della tua vita, ti stai affidando alla sorte, lasci scegliere ad essa se darti quello che realmente desideri oppure offrirti una vita insignificabile. Poi, che esistano lavori che rendono più facile il significare il proprio tempo, e lavori che invece ostacolano questa ricerca, è pacifico. Ma non è colpa della società, o del lavoro, se non trovi un senso nel lavoro. E' responsabilità tua cercare un significato in ogni cosa che fai, e se non ci riesci, prima di arrivare a pensare soluzioni esiziali, dovresti secondo me domandarti qual è la causa primaria che ti impedisce di trovare un senso in attività che la maggior parte delle persone svolgono senza grossi problemi. (non significa che la società sia perfetta così com'è, sia chiaro) |
Re: Qual è il senso di lavorare...
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Il mio però è un concetto che prescinde dall'autocolpevolizzazione, prescinde dalla soggettività; pongo la questione da un punto di vista terzo, oggettivo. Al costo di apparire cinico, faccio un esempio: un uomo che diventa disabile e non potrà più realizzare la sua ambizione, beh, non avrà più la possibilità di vivere la vita per come la desiderava. Poi potrà trovare un giusto compromesso e sentirsi comunque realizzato, ma se non lo troverà, se ciò che realmente vuole diventa impossibile da raggiungere, beh, la sua sopravvivenza fisica non ha più alcun senso. È colpa del disabile? Assolutamente no! Così come non è una colpa sprecare il tempo in lavori che permettono a malapena la sopravvivenza, privando della possibilità di vivere realmente. Non ne faccio un discorso di colpe, ma, oggettivamente, chi non ha più la possibilità di vivere come davvero vuole, può al massimo sopravvivere fisicamente, ma senza un senso, soltanto per l'istinto di sopravvivenza (o per il fatto di non porsi certe domande). Concordo sul fatto che, fin quando c'è speranza, bisogna tentare, infatti sono contrario al suicidio se non motivato da una totale, e oggettiva, mancanza di speranza. Ma chi si imbarca a fare il bidello per tutta la vita, ad esempio, quand'è che ci proverà? Non ci proverà mai, bisogna essere realisti (tra l'altro qui posso parlare per esperienza familiare). Per sopravvivere fisicamente, avrà bruciato l'occasione che la vita dà, e non avrà più alcuna possibilità, nessuno gli regalerà il biglietto: "Seconda chance". Voi mi darete del nichilista, io personalmente credo semplicemente di star analizzando freddamente una realtà esistente; se ho un pregio (o difetto?), è quello di sapermi distaccare dall'ottica umana analizzando con occhi "terzi", o magari non è così e mi sto sbagliando anche sul mio conto, potrebbe pure essere, non lo nego. |
Re: Qual è il senso di lavorare...
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Parli di realismo. A me non sembra realismo. Semplicemente mi sembri uno che non ha problemi reali di quello che sta parlando in modo astratto. Che che cosa vorrà dire poi "solo sopravvivenza fisica". Come se il non aver potuto raggiungere un obbiettivo (o più) distruggesse antropologicamente tutto il resto di quell'uomo, tutta la sua esistenza passata e futura. Pure tutto il suo corpo. Mah. Quote:
Amen. P.s.: Forse ti conviene tornare quaggiù insieme a noi. Magari guardando il resto degli uomini con occhi umani scoprirai l'umiltà, una delle più grandi qualità umane (che forse è quella che a volte ci fa tirare avanti). Sempre che non ti interessi eh. :sisi: |
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